“Dimmi perché…”
“Hey! Eccoti
qua! Ma cosa…?”
Finn vide la sua ragazza arrivare con passo spedito verso
la sua vettura, dov’era appoggiato.
Aveva il volto contratto in una smorfia
concentrata e perplessa.
Si appoggiò anche lei contro lo sportello dell’auto
e incrociò le braccia al petto.
Quello non era mai un buon segno, Finn lo sapeva.
Finn era uno che aveva poche, ma reali certezze nella sua
esistenza. Questa era una di quelle.
“Rachel, così mi fai preoccupare…”
La sua ragazza si girò di scatto verso di lui e
con la fronte corrugata lo guardò negli occhi.
“Questa cosa non dovrei dirla a nessuno, Finn. Non sarebbe giusto, ma ho bisogno che tu lo sappia.
In passato ho già tradito la fiducia di molti miei amici. E in questo caso si
parla del mio migliore amico. Non voglio, credimi Finn,
commettere gli stessi errori del passato, ma devi sapere. Devi sapere perché io sono sua amica e penso che non
si trovi in una condizione di piena lucidità mentale e perciò voglio aiutarlo.
Ma non so come. Ho e abbiamo bisogno di altri pareri!” disse Rachel,
guardandolo per tutto il tempo negli occhi e afferrando il suo braccio, come a
volersi aggrappare all’unica boa di salvataggio su cui poteva contare.
Finn capì che si trattava di una cosa seria. Lo capì dallo
sguardo di lei.
Teneva al suo migliore amico.
Ma…
“Un momento, Rachel. Stiamo…
stiamo parlando di Kurt?” chiese lui, titubante.
Lei strinse gli occhi e annuì gravemente.
“Rachel, cosa è successo a Kurt?” chiese
lentamente, timoroso di scoprire una verità troppo difficile da sopportare.
“Finn, dobbiamo
parlarne anche con gli altri, ma prima ho bisogno che tu capisca esattamente
cosa gli passa per la testa. Io non posso farlo, perché non saprei come
comportarmi con lui, cosa dirgli e soprattutto che atteggiamento avere con lui
per tutto il tempo. Sarei completamente imparziale e non mi ascolterebbe. Con
te sarebbe diverso. Devi parlargli. Seriamente, ma anche con tutta la
gentilezza possibile. Me lo prometti?”
“Sì, ma così non ci capisco nulla, Rach.” le spiegò, grattandosi la nuca nervosamente e
abbassando lo sguardo.
“Beh, le cose stanno così. Stavo uscendo
dall’ingresso posteriore per evitare le solite granite di rito, per poi entrare
in teatro e provare un po’. Sai, sono passata nell’ala delle classi delle materie
umanistiche, quella meno frequentata a quest’ora. Ed è in questo modo che, con
le orecchie bene all’erta per evitare i soliti idioti, ho sentito la voce di
Kurt ridacchiare. Proveniva da un corridoio che finiva in un vicolo cieco, dove
ci sono solo degli armadietti ed un ripostiglio delle scope. Era qualche metro
poco più avanti e allora, sentendo una seconda voce maschile che non sono
immediatamente riuscita a riconoscere, mi sono appostata dietro l’angolo per
dare un’occhiata e… Oh, non mi crederai mai, ma ho
visto Kurt che mi dava le spalle appoggiato dietro l’ultimo armadietto e di
fronte a lui c’era… c’era Karofsky.
David Karofsky. Ma parlavano amabilmente. Non sono
riuscita a capire nulla di quella conversazione, ma sentivo il loro tono di
voce. Erano entrambi calmi e quasi giocosi. Kurt ogni tanto rideva e anche Karofsky qualche volta mi è sembrato che gli sorridesse. E
fino a questo punto la mia era solo semplice curiosità, ma poi Kurt ha
appoggiato una mano sul braccio dell’omofobo e lo accarezzava. Lo accarezzava, Finn! A quel punto volevo saperne di più. Così sono rimasta
nascosta dietro l’angolo e subito dopo Karofsky si è
avvicinato di molto a Kurt e gli ha sussurrato qualcosa all’orecchio. Non sarà
stato qualcosa di piacevole, perché Kurt l’ha spinto via. A quel punto, potrai
immaginare benissimo qual è stata la mia reazione. Sono uscita dal mio
nascondiglio per correre ad aiutare Kurt, ma quello che è successo una frazione
di secondo prima che urlassi contro Karofsky, beh, mi
ha congelata sul posto. Oh, Finn… Kurt si è
avvicinato di nuovo a Karofsky e lo ha… lo ha baciato!” disse quasi senza fiato. “Finn, se non l’avessi visto con i miei stessi occhi non ci
avrei mai creduto, ma… è successo. Un attimo prima lo
aveva spinto e un secondo più tardi lo stava baciando. E Karofsky
ricambiava. Lo ha stretto a sé e spostava le mani dalla schiena ai capelli. I
capelli, Finn! Kurt non si farebbe mai scompigliare i
capelli nemmeno da Lady GaGa in persona! E
soprattutto in quel modo. Ma la cosa ancora più strana è che anche Kurt lo
toccava ovunque e se non fosse stato per Karofsky che
in una frazione di secondi ha aperto gli occhi e mi ha vista, beh, gli avrebbe
messo una gamba attorno alla vita. Ho visto che stava sollevando il ginocchio e
credimi, solo il fatto che Karofsky mi abbia notata e
si è scostato da lui alla velocità della luce gli ha impedito di farlo. Quando
poi Kurt si è girato e mi ha vista, stava decisamente boccheggiando. Sia Karofsky che io eravamo immobili e bianchi come lenzuoli.
Vedendo che non parlavo, Kurt ha iniziato a dirmi che non dovevo preoccuparmi,
che Dave…”
pronunciò quel nome con un certo scetticismo. “…è
assolutamente cambiato, che hanno iniziato a frequentarsi anche prima della
rottura con Blaine, che non devo comunque dirlo a
nessuno e che mi spiegherà meglio tutto quanto a cena domani sera. Ci saranno
entrambi e mi ha assicurato, facendolo promettere anche a Karofsky,
che risponderanno a qualsiasi tipo di domanda. Ma ti rendi conto? E’ a questo
punto, dopo che se ne sono andati in tutta fretta, che ti ho chiamato, chiedendoti
di venirmi a prendere prima.”
Rachel sembrava sull’orlo di una crisi di nervi.
Finn le si avvicinò con cautela, per paura di una sua
reazione esasperata da quello stato d’animo così instabile e delicato.
Le prese le spalle con gentilezza e iniziò a
parlarle dolcemente.
“Ok, adesso promettimi che non darai di matto, ma…” Gli occhi di
Rachel erano attenti e perplessi. “…io lo sapevo già”
Contemporaneamente alla fine della frase, Finn si staccò un bel po’ da Rachel, come se si fosse
improvvisamente ustionato le mani a contatto con le spalle della ragazza.
Quest’ultima sbarrò gli occhi dalla sorpresa e
poi il petto le si gonfiò pericolosamente e le guance le diventarono rosse come
pomodori.
E alla fine urlò.
“COSA?!?”
Povero Finn.
******
“Dimmi perché…”
Dave era di spalle. Stava fermo, appoggiato ad un’anta
della finestra aperta della cucina di casa Hummel.
Kurt si asciugò le mani sporche di salsa al
formaggio alle erbe sul suo grembiule e andò ad appoggiare il naso sulla
scapola sinistra di Dave, che quando percepì la sua
presenza rabbrividì leggermente.
Come sempre.
“Avanti, Hummel.
Voglio proprio capire per quale assurdo motivo dobbiamo cenare con la Berry!”
Kurt appoggiò teneramente una mano sul braccio
di Dave, sfregando il pollice contro il suo bicipite.
“Vuoi la risposta lunga o quella corta?” scherzò
Kurt.
“Spicciati…”
Dave ormai aveva acquisito una testarda espressione imbronciata
sul volto da almeno una buona mezz’ora.
Ovvero da quando Kurt gli aveva praticamente
fatto accettare l’idea che avrebbero condiviso una loro serata –una delle loro
“seratine”, cazzo! Quelle con tanto di dopocena con i
fuochi d’artificio- con Campanellino Berry.
“Uhm… Allora, tentiamo
in questa maniera… La senti questa frustrazione?
Questo lancinante senso d’irritazio…?”
“Pensavo fosse chiaro che volessi la versione
breve dei fatti, Fatina!”
Solo allora Dave si
girò per far notare a Kurt la sua migliore espressione da “Yogi in astinenza da
cestini della merenda” -così si ostinava a chiamarlo il controtenore-.
Kurt sospirò, guardando in basso, come si fa
quando si cerca di concentrarsi su tutt’altro fuorché il momento.
“Se mi fai finire, poi te ne sarò infinitamente grato…” disse, ritornando a guardare il suo ragazzo negli
occhi.
“Questo si vedrà nel dopocena post Berry…” borbottò Dave, sperando
che Kurt non avesse capito.
“Farò finta di non aver sentito…”
Le orecchie di Dave
presero istantaneamente fuoco.
“Dicevamo… Perché è
assolutamente necessario passare una serata insieme a Rachel, giusto. Per prima
cosa, perché ci ha beccati mentre ci scambiavamo effusioni abbastanza
passionali in un corridoio vuoto del McKinley, ignorando completamente che noi
due stessimo anche solo frequentandoci. Di conseguenza, se anche non avessimo
considerato questa mia mancanza, in qualità di suo migliore amico, ci avrebbe
entrambi colpiti con diverse fasi di tattiche schizofreniche e psicotiche e
tutto pur di spillarci dettagli della nostra relazione e infondere in noi un
senso di colpa assolutamente ingiustificato, ma logorante…”
“Ok, Campanellino Berry in versione ‘piaga
d’Egitto’: evitata.” commentò Dave.
“Oh, no! Assolutamente! Questo dipenderà da
quanto sarà soddisfatta dalle nostre risposte alle sue innumerevoli e
spudoratamente imbarazzanti domande questa sera…”
Kurt vide Dave
iniziare a massaggiarsi una tempia ad occhi chiusi, perciò decise di
concedergli una scialuppa di salvataggio.
“...Però già è una buona cosa averla invitata a
cena in modo da poterle offrire spontaneamente la nostra versione dei fatti”
“Lo so. Io lo so che mi farà impazzire ‘sta
sera. Lo sapevo che dovevo portarmi dietro un’aspirina. Lo sapevo, porca…”
“…E seconda cosa, Dave…” riprese Kurt “…Dopo
potremmo passare tutto il tempo che vuoi da soli a farci…
a farci le coccole.”
Fu appena un sussurro, ma questo bastò a Dave.
“Andata!” e il ragazzo porse a Kurt la mano in
modo che gliela stringesse. “Dove devo
firmare?” chiese con gli occhi tutti luccicanti.
Kurt, per un attimo, rimase a fissare
imbambolato la mano ampia di Dave, per poi guardare
il suo ragazzo negli occhi e scoppiare a ridere.
“Sei proprio uno scimmione.” disse tra le
risate, allacciando le proprie braccia attorno al collo di Dave,
che lo strinse prontamente tra le sue.
“E tu una fatina fastidiosa e autoritaria.”
rispose, facendo avvicinare le fronti e sfiorando appena il naso alla francese
di Kurt con il suo.
Dave si protese leggermente per baciare quelle labbra così
rosse e invitanti, per sentire il profumo inebriante del più piccolo, quando il
campanello suonò.
Dalle labbra di David uscì un lamento carico di
frustrazione, mentre da quelle di Kurt una risatina leggera e che voleva essere
tranquillizzante.
“Vado ad aprire la porta, sennò inizierà a
pensare che stiamo facendo chissà cosa!”
E detto questo, gli scoccò un bacio veloce sulla
guancia e si staccò da quell’abbraccio per dirigersi verso l’ingresso.
“Magari fosse vero…”
commentò Dave, solo quando Kurt stava già
cinguettando sulla soglia di casa Hummel con
Campanellino.
Quanto gli dava fastidio.
Perché?
Già Kurt e Dave
avevano iniziato a frequentarsi alla fine dell’anno scolastico e quindi non
avevano molto tempo per stare tutto il tempo insieme.
Ora ci si mettevano anche le amiche scassa-palle
e logorroiche del suo ragazzo.
E che cazzo!
Conosceva la Berry. Di sfuggita, ma ricordava le
sue manie da diva di Hollywood, il suo egocentrismo, la sua morale e
soprattutto la sua parlantina asfissiante.
Dio!
Se c’erano delle labbra che avrebbe voluto
cucire a mano (e lui non sapeva nemmeno infilare il filo nella cruna dell’ago),
beh, erano proprio quelle di Campanellino.
“David! Togli immediatamente le dita dalla mia
salsa al formaggio alle erbette! Quella non è per noi, ma per Finn, Carole e papà! Mi ci è voluta tutta la pazienza
disponibile per farla venire così liscia e senza grumi!”
Senza nemmeno essersene accorto, le dita di Dave erano finite distrattamente nella ciotola dove Kurt
stava mescolando una cremina biancastra e dal profumo
persistente e ora si ritrovavano in bocca.
Con espressione colpevole le sfilò da lì, per
poi pulirsele sui jeans e porgere la stessa mano a Rachel, che lo fissava
imbambolata.
“Rachel…”
La ragazza continuò per qualche secondo a
guardarlo stranita, ma poi decise di stringere la mano di Dave
per pura cortesia.
Si vedeva riteneva il gesto del ragazzo
assolutamente poco elegante, ma se doveva sopravvivere a quella serata per
riuscire a saperne di più di quella storia assurda avrebbe dovuto fare la brava
ed essere il più accomodante possibile.
“David, è un piacere vederti.” si riprese con un
sorriso ampio e decisamente plastico.
“Sì… ehm…” Dave vide Kurt sorridere
forzatamente, mentre indicava impercettibilmente col capo proprio Rachel.
“…anche per me,
Rachel, anche per me.” sorrise debolmente, osservando Kurt finalmente espirare,
rasserenato che il suo ragazzo avesse capito.
“Uhm… Quindi… Kurt mi diceva che rimarrai alla Carmel fino alla fine dell’anno. Indubbiamente è un’ottima
scuola, visto che il mio ex, Jesse, la frequentava e
me ne parlava sempre in modo entusiastico. Anche troppo per il mio sesto senso.
Credo volesse solo pavoneggiarsi ed essermi superiore anche in questo, ma non
avendola mai frequentata credo di non potermi pronunciare oltre. Quindi, la mia
domanda è questa: per quale motivo hai deciso di rimanere in quel liceo ora che
tu e Kurt siete una coppia? Insomma, Blaine si è…”
“Ehm… Rachel!”
Kurt la guardò di sbieco, cercando di farle capire
quanto la conversazione -o meglio, il monologo- stesse degenerando, mentre
prendeva dal frigo la cena da mettere in forno.
“Oh, scusatemi!” sussurrò lei, scattando
leggermente sulla sedia dove si era accomodata.
“Rilassati. E’ tutto ok. Non hai detto niente di
che…” rispose Dave,
cercando di sembrare tranquillo, anche se in realtà non lo era.
Non lo era mai quando si sentiva messo a
confronto con mr. Cera-per-capelli-anche-dove-non-batte-il-sole.
“…e comunque non mi
sembra una gran mossa trasferirsi di nuovo alla fine del liceo. Perderei
veramente troppo tempo in cavolate, quando in realtà voglio solo concentrarmi
sullo studio.” completò dopo qualche secondo Dave.
“Sì, mi sembra giusto.” asserì Rachel, tutta
seria.
“Ragazzi, perché voi due non andate di là in
sala ad aspettare che la cena finisca di cuocere, mentre io la tengo d’occhio e
preparo le ultime cose? Così potete parlare tranquillamente seduti sul divano
senza deconcentrarmi!” disse un Kurt con ancora la testa infilata nella
credenza alla ricerca di chissà quale spezia o altra diavoleria.
“Er… Non vuoi una
mano?” chiese Dave, nel tentativo di sfuggire al
guaio in cui l’aveva appena cacciato il suo adorabile e premuroso ragazzo.
Rachel fu più veloce e senza farsi scappare
un’occasione d’oro come quella, afferrò Dave per la
manica della t-shirt e guidarlo verso il salone.
“Oh, no! Kurt detesta avere gente tra i piedi
mentre cucina! Lo imparerai molto presto…”
“A dir la verità, detesto avere tra i piedi te,
Rachel, mentre cucino. Non tutta la gente.” rispose Kurt, sorridendo a Dave, prima che questo sparisse dal suo campo visivo,
trascinato da un’incurante Rachel.
Si vedeva già con la testa appoggiata sul ceppo
della ghigliottina e il boia incappucciato dietro di lui, che cantava Don’t Rain On My Parade della Streisand.
“Allora, Dave…” disse
quella, mentre si sedeva sull’unica poltrona della sala in modo composto e
lisciando le pieghe del suo vestitino giallo canarino.
Ancora maledetti volatili di mezzo.
David pensò fosse una vera e propria
persecuzione.
“Non ti siedi?” chiese, guardando Dave con una certa aspettativa.
“Uhm…” il ragazzo
prese a grattarsi, agitato, la nuca, per poi borbottare “…sì,
sì. Ora mi siedo. Stavo solo… Uhm…
Non importa”.
Dave prese posto sul divano, trovandosi di lato una Rachel
già protesa verso di lui.
“Allora, Dave, dicevamo…”
“Uhm… Parlavamo della
mia scuola. Tu… Dove vorresti andare dopo, Rachel?”
chiese, sapendo benissimo quale poteva essere la risposta della ragazza e
sperando che si perdesse in quei discorsi e soprattutto non avesse il tempo di
indagare su faccende private.
“Oh, beh, ovviamente Kurt ed io andremo insieme
alla NYADA. Immagino tu voglia andare altrove. Sarà sicuramente difficile
separarsi dai propri ragazzi, non trovi? Anzi! Per Kurt sarà devastante, perché
una relazione di pochi mesi al massimo, immagino, non ha molte basi su cui
poggiare le proprie fondamenta. E se devo essere onesta, non riesco ancora a
capire
come voi due siate finiti insieme. Tanto meno
avrei detto che tu fossi gay…”
“Wo-wow, Berry!
Frena!” fece Dave, mettendo le mani avanti, come a
volerla bloccare anche fisicamente.
O solo per renderle più chiaro il concetto,
visto che quando iniziava a parlare non c’era modo di metterle un calzino in
bocca.
Era troppo veloce.
“Prima cosa: non vado a sbandierare le mie cose
a chiunque. C’è un motivo se non sto più al McKinley. La maggior parte della
gente che frequenta quel posto e mi conosce, sa solo il mio nome, che sono una
sottospecie di secchione in matematica e fisica, che mi piaceva l’hockey, ma
poi l’ho lasciato per il football e che sono uno in gamba a Call
of Duty. Credi che anche solo ad un quarto di quella
gente sia interessato sapere realmente com’ero fatto? No, Berry. Perciò quando
mi sono accorto di questa cosa, sono andato fuori di testa. Ho passato e fatto
passare brutti quarti d’ora a parecchia gente. Le voci avrebbero iniziato a girare,
e quelle stesse persone che dicevano di conoscermi non c’avrebbero messo nulla
a sbranarmi. Quindi, amen! Sono una checca, ok? Ma non per questo è una cosa da
geni andarlo a sbandierare ai quattro venti, come se fossi improvvisamente
contento di ritrovarmi un arcobaleno che mi spunta dalle chiappe. Seconda cosa:
quello che devi sapere della mia relazione con Kurt è che io sono innamorato
come una tredicenne di quella fatina, che mi ha volutamente spinto tra le tue
braccia adesso, lasciandoci soli a parlare. Non sarà semplice, siamo come il
giorno e la notte, io e lui, ma chi se ne frega! C’è questa sottospecie di
chimica di base, che voi donnicciole definireste in modo molto più romantico e
melenso e che abbiamo scoperto di avere. Non te lo so spiegare. Quello bravo
con le parole è Kurt. Lui mi è sempre piaciuto e questo mi ha sempre creato troppa
confusione in testa. Non ero lucido. Tu sei una delle sue migliori amiche e per
questo ho il dovere di rassicurarti che non gli succederà nulla. Non gli farò
del male. Sono innamorato di lui, te l’ho già detto e vedi di non farmelo più
ripetere. Perciò apri bene le orecchie. Tutto ciò che io ti dirò della nostra
relazione è che finchè Kurt mi amerà, gli sarò
accanto nel modo migliore che riesco a garantirgli e anche quando il tutto
finirà, continuerò a rispettarlo. Farò tutto ciò di cui avrà bisogno. Non
tornerò ad essere il ragazzo confuso e violento, che ero prima. Stop.”
Dave non si rese nemmeno conto di essere tutto accaldato e
di avere le labbra secche, finchè non se le inumidì.
Aveva sete, porca miseria.
Rachel lo guardava in silenzio. Si sentiva a
distanza il rumore delle rotelle nella sua testolina che giravano e giravano ad
una velocità inaudita.
E finalmente socchiuse la bocca, si passò la
lingua sulle labbra, come per prepararsi ad un discorso ancora più lungo di
quello di Dave, che rabbrividì al pensiero, ma ciò
che disse furono poche parole.
“Ti rendi conto che prima o poi dovrete dirlo ai
ragazzi del Glee Club?”
Era seria e concentrata.
Dave invece era già spossato.
Voleva quella dannata aspirina.
“Sì, ma glielo diremo noi, Berry” rispose,
leccandosi ancora le labbra.
La ragazza annuì e porse a David la sua mano.
“Preferisco quando mi chiami Rachel. Gli amici
mi chiamano così, sai?”
Dave strabuzzò gli occhi ed esitò qualche secondo prima di
afferrare quella mano minuta e morbida, ma la strinse capendo il significato di
quel gesto.
“Quindi ora siamo amici?” chiese un po’ scettico,
lasciando la mano e facendo un breve cenno col capo verso Rachel.
La ragazza rise e poi si alzò lisciando le
pieghe del vestito.
“Finchè non fai
soffrire Kurt e non mi rubi un assolo. Ma dubito tu sappia stupirmi ancora più
di quanto non abbia già fatto e mi dimostri di cantare come un angelo.”
Fu il turno di Dave di
ridere.
“Non ci conterei molto, Ber…
Rachel.”
David spalancò immediatamente gli occhi
realizzando solo in quel momento della bomba che aveva innescato.
Era la fine.
‘Ma perché, cazzo, non chiudo mai questa dannata
bocca?’ pensò nervoso.
Infatti, anche la Berry spalancò gli occhi, ma
poi li chiuse e scosse la testa, come a voler scacciare dalla mente quell’idea
malsana che Dave potesse saper cantare e unirsi alle
Nuove Direzioni o rubarle un assolo, o peggio! Unirsi ai Vocal
Adrenaline!
“Rachel! Dave! Cosa ci
fate in piedi?” chiese allarmato Kurt, entrando con una ciotola d’insalata tra
le braccia.
David gli fu subito accanto e gli prese dalle
mani il recipiente.
“Da’ qua, fatina.” borbottò a bassa voce.
Gli occhi di Kurt erano fissi, però in quelli di
Rachel, che a sua volta guardava Dave in modo strano.
“Rachel, tutto bene?” chiese Kurt, borbottando poi al suo ragazzo una mezza
accusa.
“Cosa accidenti vi siete detti?”
Dave era già pronto a difendersi, quando Rachel prese la
parola, inaspettatamente.
“E’ tutto a posto, Kurt, tranquillo. Non è
successo niente. Stavo solo osservando una cosa e quindi ero soprappensiero.”
Dave e Kurt si guardarono, cercando risposte l’uno
nell’altro.
“E di grazia, cosa stavi guardando con tanto
interesse?” chiese sinceramente curioso Kurt, andando a prendere le altre
pietanze, seguito da Dave, che toglieva tutte le cose
più pesanti dalle mani del ragazzo più minuto e le portava lui in tavola.
“Oh, stavo solo notando quanto quello che mi
diceva David, poco fa, fosse vero…”
Kurt guardò immediatamente Dave,
che alzò un sopracciglio per tutta risposta.
Quella tipa stava cercando di morire
velocemente.
O almeno così credeva David.
“…Quando lui ti guarda
gli brillano gli occhi, e per uno strano motivo, Kurt, ti volti sempre come se
anche tu avessi bisogno di guardarlo, di far brillare anche i tuoi, di occhi.
Inoltre, sembrate gravitare l’uno verso l’altro, come se più vi trovaste
vicini, più sentiste un bisogno inconscio di stare ancora più l’uno accanto
all’altro.” spiegò, finalmente, Rachel.
Dave aveva ormai le orecchie in fiamme.
Kurt lo osservò arrossire e con gli occhi che
veramente gli brillavano, gli rivolse un sorriso adorante e sereno.
“Te l’avevo detto che Rachel poteva essere
seriamente imbarazzante, a volte!” gli disse, ridacchiando e poi prendendogli
l’ampia mano, ormai sudaticcia.
“Sì, però ora possiamo mangiare, per favore? Se
continuiamo così, non ci arrivo a ‘sta notte!” confessò Dave,
afferrando la spalliera della sedia dove si sarebbe seduto, trascinandosi Kurt
ancora stretto a lui.
“Infatti, Kurt, Dave,
forse è il caso che io torni a casa adesso…”
“Ma Rachel! E la cena?”
Kurt spalancò gli occhi, visibilmente shockato.
Rachel allacciò le mani in grembo e sorrise ad
entrambi.
“Tesoro, conserva quel che resta per la tua
famiglia. Finn è sempre e comunque felice di mangiare
ciò che cucini. Voi cenate da soli. Insomma, non avete molto tempo, prima del
college, da passare soli. Ci saranno occasioni per vederci e stare tutti
insieme. Ora, però, dovete godere quanto più potete l’uno della compagnia
dell’altro. Io andrò a prendere Finn da Noah. Sicuramente non staranno facendo nulla di altamente
produttivo, anche se loro risponderebbero che la mia è sola invidia, visto che
non so nemmeno come si tiene in mano un joystick.”
Entrambi i ragazzi furono zittiti da quel
discorso.
Dave si ritrovò a dover rielaborare quello che
Campanellino aveva appena detto.
Allora… In una mossa sola aveva regalato loro una cenetta
romantica, liberandoli della sua presenza, nonché della sua parlantina, nonché
dell’interrogatorio extra che aveva immaginato sarebbe arrivato nel dopocena e
in più aveva anche tolto di mezzo Finn, che sarebbe
arrivato più tardi a far loro compagnia, per portarselo chissà dove.
E poi c’erano Burt e Carole, che erano fuori
città a comprare degli attrezzi nuovi per l’officina…
“Stai guadagnando veramente tanti punti bonus, Campanel… Ehm… Rachel!” disse Dave, illuminandosi tutto.
Kurt, però, lo ignorò e lasciò la mano del
ragazzo per andare a prendere quelle della sua amica, che afferrò con
trasporto.
“Ma perché? Non penserai, per caso, di essere di
trop…”
“Oh, no, Kurt! Solo, credo che entrambi
meritiate del tempo da soli.”
“Pensavo…”
Ma Kurt si fermò immediatamente, vedendo Rachel
sorridergli a quel modo.
“…Allora vai. Hai
ancora qualche minuto prima che Finn si incanti del
tutto davanti al monitor.” disse, sorridendo anche lui.
“Lo so!” esclamò lei, improvvisamente agitata.
Salutò Kurt con un abbraccio frettoloso e poi
guardò Dave, tutta allegra.
“A presto, David.” sorrise.
Il ragazzo incrociò le braccia al petto e ghignò
alzando un braccio in segno di saluto.
La ragazza si affrettò verso la porta, seguita a
ruota da Kurt e poco prima di aprire, Dave la chiamò,
ancora visibile dalla sala.
Lei si voltò, con un’espressione che faceva
notare una lotta tra due sensazioni: la fretta di andare a recuperare Finn e la curiosità per quell’interruzione.
“Preferisco essere chiamato Dave.
Gli amici mi chiamano così, sai?”
Rachel rispose con un sorriso ampio quanto
quello di Kurt in quel momento e poi se ne andò.
Dave si avvicinò al ragazzo minuto lentamente, con ancora
le braccia conserte.
Kurt era radioso. Sorpreso, sì, ma felice.
E quando era così allegro, gli si illuminavano
gli occhi di una luce tutta loro.
Era come guardare la luna e notare che ogni
tanto i bagliori che rifletteva cambiavano, diventavano più forti e accecanti.
Egualmente ipnotici, ma mille volte più particolari.
Un miracolo, ma possibile.
“Si può sapere cosa le hai detto?” gli chiese,
iniziando a far scivolare le dita sulle sue braccia, fino a raggiungere le
spalle e annodarle dietro il collo.
“Solo la verità.” sussurrò Dave,
stringendo a sé Kurt.
Appoggiò le labbra sulla sua fronte fresca e
inspirò a fondo il profumo dolce dei suoi capelli.
“Se non ci fosse la cena pronta di là, non ti
farei nemmeno avvicinare alla sala. Ti porterei di peso direttamente in camera
tua” gli disse, sussurrando nuovamente, ma questa volta stringendolo di più a
sé.
“Pensavo non avessi così tanta fame…” rispose Kurt, allontanandosi da Dave
quel poco che bastava a guardarlo negli occhi.
“Hai impiegato un botto di tempo a preparare
questa cena veg-qualcosa anche per la Berry. Se ti
va, possiamo mangiare e come mi avevi promesso, però, dopo possiamo passare un
po’ di tempo insieme come si deve.”
Kurt sorrise dolcemente.
Afferrò con entrambe le mani il viso di Dave, sfregando i pollici contro quel lieve accenno di
barba, che spesso lo faceva impazzire.
Si avvicinò lentamente alle sue labbra e lo
baciò teneramente, cercando poi un contatto sempre più profondo.
Fece scivolare con vigore la lingua contro
quella di Dave e leccò, succhiò quelle labbra, più e
più volte, mordendole anche ogni tanto.
Iniziò a respirare con un certo affanno e gemere
quando Dave toccava certi punti sulla schiena.
Poi il bacio si fece umido, caldo e caotico,
fino a quando le labbra di Kurt non arrivarono a strusciarsi contro la
mandibola di Dave e leccare quella porzione di pelle
vicino all’orecchio.
Gli prese il lobo tra la lingua, premendo,
quella porzione di carne tra le labbra, per poi lasciare spazio a lingua e
palato, che infine furono sostituiti da un leggero morso.
Socchiuse leggermente le labbra, mentre Dave gli stringeva la camicia rischiando di lasciargli dei
lividi.
Aveva il respiro corto e caldo.
Era dannatamente eccitante.
Dave non avrebbe resistito ancora per molto.
“Portami in camera da letto.”
Fu appena un sussurro, ma Dave
non se lo fece ripetere due volte.
Si sedette quasi sulle sue stesse gambe, facendo
scivolare le braccia per tutta la schiena di Kurt e poi afferrarlo proprio
sotto il sedere.
Kurt si sentì in un nano secondo sollevare da
terra e poi tutto si ribaltò.
Il sangue gli andò al cervello e i capelli
svolazzavano liberi verso il basso.
Dave lo aveva caricato in spalla.
“Agli ordini, sua Maestà!”
Dave non sentì le proteste di Kurt. Non lo sentì colpirgli
la schiena. Lo sentì solo sospirare il suo nome quella notte.
Era tutto ciò di cui aveva bisogno.
§
Akira’s speaking here!
Hola!
Sì, sempre io!
E no, non godo nel
vedere contorcere dei poveri lettori innocenti e inconsapevoli per puro
divertimento, ma sentivo quasi un bisogno fisiologico di scrivere questa storia.
Spero non vi abbia
fatto venire crampi alla pancia o cose simili, ma ora passiamo agli argomenti
seri.
-Prima di tutto
ringrazio quella santa di Mirokia, che beta e
pubblica le mie storie. Grazie ancora! Ti sanguineranno le orecchie alla fine
per quante volte te lo sentirai dire.
-Sì, Finn è sempre un povero peluche tenerissimo nelle mani di
una psicolabile e schizofrenica come Rachel. Avete presente quei cuccioli nelle
mani di bambini sotto la fascia d’età dei 5 anni? Quelli con l’espressione
sconvolta, da martiri? Ecco, io vedo così Finn
quand’è con Rachel, perciò… Sì, povero Finn. (Sono una fan sfegatata della Finchel,
comunque. Ma non ditelo a nessuno! Shhhh!)
-Quando appoggio il
naso sulla spalla di qualcuno e questo rabbrividisce, impazzisco letteralmente.
E’ una mia fissazione. Ne ho molte. Fateci l’abitudine.
-Dare nomi fantasiosi
alla gente è uno sport serio signori, e io sono ancora una dilettante, perciò preparatevi
per roba ancora più evoluta.
-Ho inserito un
doppio senso senza volerlo, ma che ho deciso di tenere comunque e di cui mi
sono accorta solo mentre cercavo la parola “joystick”. Non sapendo molto di
videogiochi non avevo idea di come si scrivesse quella parola correttamente. E perciò… Insomma… Ehm… Non è colpa mia, eh!
Beh…
Mentre la
sottoscritta va a sotterrarsi per la vergogna, voi fate un po’ come volete.
Recensite, andate a
giocare a Risico, controllate Facebook o Twitter, l’importante è che non mi linciate per il
terribile doppio senso.
Alla prossima,
cari!