War won’t tear us apart
Di
cicci92
Essere
stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre,
anche
quando la persona che ci ha amato non c’è più.
È
una cosa che ci resta dentro, nella pelle.
(J.
K. Rowling – Harry Potter e la Pietra Filosofale)
Non può
essere.
Dannazione, non
può essere.
Lo specchio
della stanza da letto di Casa Potter rimandava l’immagine di una ragazza
giovane, ma talmente spaventata da guadagnare qualche anno in più solo grazie
alla sua espressione.
I capelli rossi
le ricadevano piatti sulla schiena, mentre gli occhi erano puntati su un punto
preciso del riflesso, che presentava una leggera rotondità, mai esistita prima
di allora.
Lily Evans in
Potter sospirò e si portò, tremando lievemente, una mano sul ventre.
Un lieve sorriso
le illuminò il volto, ma durò giusto qualche istante, il tempo di un battito
d’ali.
Poi tornò
quell’espressione stanca e spaventata, che una ragazza di soli vent’anni non
avrebbe mai dovuto conoscere.
Da quando aveva
finito la scuola, non aveva avuto tempo per essere giovane.
Era cominciata
la guerra, quella vera.
Era finito il tempo dei giochi, dei
litigi con i Serpeverde, dei discorsi pieni di coraggio e speranza.
Aveva
conosciuto, troppo presto forse, il dolore che la rendeva capace di scagliare
con relativa tranquillità una Maledizione Senza Perdono. E, nello stesso tempo,
la sua innocenza era stata spazzata via, portata chissà dove dagli orrori che
aveva conosciuto in pochi anni.
La paura,
diventata ormai quasi una compagna di vita, quel giorno era stata messa da
parte, accantonata da una nuova realtà che trascendeva qualsiasi altra cosa.
Perché infondo,
nonostante le battaglie, nonostante le perdite, nonostante il dolore, c’erano
cose che sembravano sempre... più grandi. Più importanti.
Un bambino, ad
esempio.
Lily Evans
sospirò nuovamente e si lasciò cadere sul letto, che aveva da poco rassettato.
Non posso
assolutamente essere incinta.
***
Eppure Dorcas
era stata chiara quando, poche ore prima, l’aveva
visitata.
“Lily, sei incinta da due mesi, di un
sanissimo maschio Potter. Merlino, come hai fatto a non
capirlo?”
Già, come aveva
fatto.
Con tutti i
casini degli ultimi mesi, il ciclo mestruale era passato in secondo piano e,
quando non era arrivato, semplicemente lei non se n’era accorta.
Non aveva
collegato quell’assenza alla presenza di perenni nausee che, chiaramente, non
erano imputabili a influenze o virus, come lei aveva creduto fino a poco tempo
prima.
Ma il motivo
principale che non l’aveva immediatamente portata a pensare di aspettare un
bambino, era suo marito.
James Potter,
infatti, su quell’argomento era inflessibile.
“Ti ho sposato
perché ti amo. Ma non voglio avere figli, non me la sento di dover badare anche
a loro. E’ da incosciente metterli al mondo ora, quando non sappiamo nemmeno se
arriveremo a domani.”
Quando si era
diffusa la notizia della gravidanza di Alice Paciock, non si era risparmiato
dall’esprimere tutto il suo disappunto e disaccordo per quella situazione: era
uno sbaglio, un atto d’irresponsabilità, un punto debole in più, che metteva in
pericolo sia Frank che Alice.
Ne era nata una
litigata colossale che si era risolta con una notte sul divano per James e una
notte insonne per Lily.
Ma ad ogni modo,
pur pensandola diversamente da lui, era sempre stata attenta perché James, dopo
che lei aveva lasciato la sua famiglia, le era sempre stato accanto. Non l’aveva
mai lasciata, e l’aveva sostenuta anche nei momenti più difficili. Le aveva dato
un tetto, stabilità, amore.
E lei non era
riuscita a ricambiarlo nell’unico favore che lui le aveva chiesto.
Per quanto il
pensiero di quel bambino le scaldasse il cuore, non riusciva proprio a non
pensare che probabilmente sarebbe stato anche il motivo della sua rottura con
James.
Era chiaro come il sole che James non
avrebbe cambiato idea solo perché ora, a essere incinta, era lei.
Non lo avrebbe
mai accettato.
E Lily già
sapeva che, posta davanti ad una scelta, sicuramente non avrebbe preso la
decisione di abbandonare il suo bambino.
Immersa nei suoi
pensieri, sobbalzò nel momento in cui sentì il rumore della
smaterializzazione.
Smise di
guardarsi allo specchio e corse al piano di sotto, per trovare suo marito
stravaccato sul divano, con un tremendo taglio sulla
fronte.
“Giornata
dura?”, mormorò Lily, dopo un rapido bacio sulle labbra.
“Piton”,
biascicò James, chiudendo gli occhi, esausto. “Lui e un gruppo di suoi amici hanno attaccato me e gli
altri di guardia. Per poco Sirius non ci lasciava le penne oggi”, aggiunse
piccato.
“Mi dispiace”,
rispose lei, prendendogli una mano. “Sirius sta bene ora?”, chiese
preoccupata.
“Sì. Quanto meno
ha imparato che non deve litigare con Marlene quando c’è una battaglia in
corso.”
“Ancora?”
“Già. Ma lei non
ne vuole sapere”.
“Povero Sirius.
La sua fama di rubacuori lo precede... ”
“Ma quale
rubacuori!”, scherzò James. “Ero io il più bello di
Hogwarts!”
“Certo tesoro”,
rispose Lily, prendendolo il giro. “Continua a ripeterlo.”
James rise
leggermente e la attirò a sé, per farla sdraiare sul suo petto. “Merlino, Lily.
Se non ci fossi tu, non credo che riuscirei a reggere tutta questa tensione”, le
sussurrò all’orecchio.
“Sei James
Potter...”, commentò lei, trattenendo le lacrime, consapevole del fatto che
tutta quella serenità sarebbe sparita in un attimo, non appena gli avrebbe detto
di aspettare un bambino. “...Com’era? Sono il migliore e non ho bisogno di
nessuno?”
“A Hogwarts sembrava tutto più facile”,
mormorò lui, giocando con una ciocca di capelli rossi. “E invece...a volte
vorrei solo mollare tutto e scappare. Dannazione, la guerra... fa schifo. Non fa
di te un eroe. Fa di te un assassino. So che non è esattamente un discorso da
Grifondoro, ma ultimamente mi sento uno schifo... ”
Aveva una voce
talmente carica di esasperazione e frustrazione e rabbia, che Lily si chiese se
davvero quello fosse James Potter: il ragazzo solare, allegro e positivo
nonostante tutto e tutti.
“E’ normale
sentirti così, ma non sei un assassino, James. Uccidi, quando sei costretto, per
non essere ucciso”, cercò di consolarlo. “Non piace né a me, né a te, ma non
possiamo fare diversamente.”
“E non ci rendo
come loro?”
“No”, sentenziò
Lily, molto più decisa. “No. Tu...lo fai per difendere te e gli altri. Loro lo
fanno per distruggerci. Siamo diversi. Dobbiamo esserlo.”
James non
rispose, si limitò a sospirare e a stringerla di più.
Lily chiuse gli
occhi, e ispirò a fondo il profumo di James.
Non aveva ancora
avuto il tempo di fare una doccia e sapeva di sangue, polvere e sudore. Eppure,
in quel momento, per lei era la fragranza più buona del
mondo.
Sapeva
perfettamente che era stanco: lo dimostrava che non la stesse stringendo
stringeva forte come faceva di solito e
che il suo respiro fosse lento come se stesse per
addormentarsi.
Ma lei non
poteva rimandare oltre, o non avrebbe trovato mai il coraggio di dirgli tutto.
Di distruggere tutto quello che erano riusciti a creare.
“James?”
“Si?”
Lily chiuse gli
occhi un attimo e fece un respiro profondo, prima di parlare. Con calma, si alzò
dal suo petto per mettersi a sedere e poggiò la schiena al divano.
“Sono
incinta.”
Non lo guardò
mentre parlava, ma riuscì chiaramente a percepire i muscoli di James irrigidirsi
e le sue palpebre stringersi.
“E’ uno
scherzo?”, domandò, con la voce più fredda che gli avesse mai sentito. “No,
perché se lo è, dimmelo. Non voglio farmi venire un infarto
per-”
“No”, lo
interruppe, continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé. “ Me... l’ha
detto Dorcas, oggi. Non era influenza. Sono incinta. Di due mesi”, mormorò a
bassa voce. “E’ un maschio”, aggiunse poi, con un po’ più di
dolcezza.
James si tirò a
sedere, e la fissò come se la vedesse per la prima volta. E non vedeva
sicuramente qualcosa che gli piaceva, a giudicare dal suo sguardo.
“Come diavolo è
successo?”, sibilò, nervoso. “Siamo sempre stati attenti... vero?”, aggiunse
poi, e Lily sperò tanto che non stesse facendo insinuazioni...cattive e sporche
su di lei.
“Mi stai
accusando di qualcosa, James?”, chiese piano, trattenendo le
lacrime.
“No”, rispose
lui, apparentemente più calmo. “Però mi chiedo come sia successo, dal momento
che abbiamo sempre fatto attenzione...”
“Non ne ho
idea... forse...forse quando...hanno ucciso Mary.”
James ricordava
perfettamente quella sera.
Lily era
distrutta e lui non stava meglio. Erano entrambi poco lucidi e avevano fatto
l’amore come se quella fosse stata l’ultima volta, e lui non si sentiva di
giurare che gli incantesimi contraccettivi avevano avuto l’efficacia di
sempre.
Ma non potevano
tenere un bambino.
“Sbarazzatene.”
Lily sgranò gli
occhi, e sentì chiaramente qualcosa spezzarsi dentro di lei. “Cosa?”, alitò
debolmente. “Cosa diavolo stai dicendo?”
“Lo sapevi,
Lily! Lo sapevi!”, esplose lui, senza più riuscire a controllarsi. Si alzò dal
divano e prese ad andare avanti e indietro, mentre attorno a loro tutti gli
oggetti cominciavano a muoversi. “Sono sempre stato chiaro su questo argomento!
Io. Non. Voglio. Figli! Non posso badare anche a un bambino, non ce la faccio.
Non sappiamo nemmeno se riuscirà a nascere! Non ho nessuna intenzione di mettere
al mondo un figlio se c'è anche la minima possibilità che io non possa prendermi
cura di lui!”
“Non
m’interessa!”, rispose lei, alzando la voce. “Non ho nessuna intenzione di...
uccidere il mio bambino.”
“E cosa ti
aspetti che faccia?”
“Che ti comporti
da padre!”, esclamò Lily, incapace ormai di trattenere le lacrime.
“Io non voglio
esserlo!”, urlò lui in tutta risposta. “E, dannazione, tu lo
sapevi!”
Lily abbassò la
testa, senza riuscire più a guardarlo.
Ecco, ci erano
arrivati.
Lui non voleva
fare il padre.
Ma per quanto
lei potesse amare James, non avrebbe mai messo da parte suo figlio.
Neanche per lui.
“Vattene”,
sentenziò gelida. “Se non vuoi lui, non vuoi neanche me.”
“Non è
necessario...”
“Oh, si che lo
è!”, gridò lei. “So di aspettare un bambino da nemmeno cinque ore, ma ti
assicuro che per tutto il tempo, nonostante sapessi già che tu avresti avuto
questo atteggiamento da ragazzino indisponente, non sono riuscita ad essere
triste. Questo piccolino mi ha ridato la gioia, e tu non me lo porterai
via!”
“Sei una dannata
egoista, Lily”, replicò James, con una sottospecie di ringhio. “Non pensi altro
che a te stessa. E a me non pensi? Non ci arrivi al fatto che io non posso
prendermi una simile responsabilità, in un momento del
genere?”
“Tu mi chiedi di
abortire e hai il coraggio di
chiamarmi egoista? Ma come osi!”
James sospirò e
tentò di calmarsi. Stavano urlando e non avrebbero risolto niente continuando in
quel modo. “Lily, ascolta. Io non ti sto dicendo di non voler avere figli... ”,
cercò di spiegarle, mentre lei, capendo dove lui volesse andare a parare,
assunse l’espressione di una tigre pronta ad attaccare. “...dico solo che al
momento non è il caso. Se tu dovessi decidere di non tenerlo, non
significherebbe che non avremo mai più figli...Ma arriveranno dopo, in
un...momento più opportuno.”
“Scordatelo”,
sentenziò gelida, e James andò nuovamente sui nervi.
“Ma perché
diavolo devi essere così
testarda?”, sbraitò nervoso. “Ascolta, non mi interessa quello che pensi.
Io non ho intenzione di dover badare a qualcun altro oltre a
te...”
Lily non ci vide
più e da lì a mettere mano alla bacchetta, il passo fu breve.
Nell’arco di una
frazione di secondo, James si trovò sottotiro.
“Sparisci”, gli
intimò. “Sparisci dalla mia vista. Non ho bisogno del tuo aiuto né di quello di
nessun altro.”
“Vuoi che me ne
vada?”, chiese lui arrabbiato, e per quanto lei, dannazione, non volesse, non
disse nulla.
“Bene, me ne
vado!”
In un attimo,
Lily se lo vide sparire da sotto gli occhi.
Il silenzio la
travolse come un fiume in piena e piegandosi su se stessa, cominciò a piangere
lacrime amare.
***
James Potter
sapeva perfettamente che in tempo di guerra nessuno poteva essere completamente
degno di fiducia. Sapeva anche però, che tre persone in particolare per lui ci
sarebbero sempre state. E di quelle tre, solo una in quel momento lo avrebbe
ospitato senza fare domande.
Sirius Black
aprì la porta del suo appartamento e, vedendo sul viso del suo migliore amico
un’espressione completamente stravolta, si allarmò immediatamente. “James! Che
succede? Lily sta bene?”
L’altro annuì,
ancora sulla porta. “Sta benissimo”, borbottò, quasi meccanicamente. “Mi fai
entrare?”
“Certo!”,
esclamò l’altro facendosi di lato e invitandolo a prendere posto sul divano del
salottino. “Ma cosa ti prende?”, chiese preoccupato. “Hai una faccia
tremenda.”
James sospirò, e
lasciò cadere il capo sullo schienale morbido, per fissare il soffitto. “Lily è
incinta.”
Immediatamente,
si ritrovò travolto da un abbraccio stritolatore che per poco non lo soffocò.
“Ma è
fantastico!”, esclamò Sirius, sorridendo felice. “Merlino, è...fantastico...”,
poi, notando la smorfia sul viso di James, cominciò a capire quale fosse il
problema. “Perché... è fantastico, vero James?”
“Lo sai come la
penso”, si limitò a rispondere lui.
“Ancora con
questa storia? Non dire idiozie, dai! Tua moglie è incinta. Non puoi non essere
contento!”
“Ma io non sono
felice!”, esclamò lui, alzando le braccia al cielo, quasi esasperato. “Ho
vent’anni, sono sposato e combatto una guerra che probabilmente non vedrò mai
conclusa, perché morirò prima. Ho già abbastanza persone da proteggere, senza
che ne arrivino altre!”
Sirius lo guardò
shockato.
Ma chi era quel
ragazzo?
Non riusciva
proprio a riconoscere il suo migliore amico in quella persona scoraggiata che
sedeva di fianco a lui. “Ti rendi conto di quello che
dici?”
“Perfettamente.”
“James, ma ti
sei fritto il cervello?”, sbottò Sirius, senza riuscire a trattenersi. “La
guerra è stata una tua scelta, nessuno te l’ha imposta. Saresti potuto
espatriare, andare in America e nessuno ti avrebbe detto nulla. Hai sposato Lily
perché la ami e perché ci hai distrutto la mente, fin quando non ha accettato di
uscire con te. E adesso lei aspetta un bambino. Che, fra parentesi, hai
contribuito a concepire. Devi prenderti le tue responsabilità...non puoi
lasciare Lily sola in questo momento!”
James non
rispose e tornò a guardare il soffitto.
“Merlino”,
mormorò Sirius. “Merlino, ti prego Jay, dimmi che non hai detto queste cose
anche a Lily...L’hai fatto?”, aggiunse poi sconvolto, quando lo vide serrare gli
occhi. “L’hai fatto? Ma sei impazzito! E adesso è sola a
casa?”
“Sa badare a se
stessa.”
“James, è tua
moglie”, sbottò Sirius, gelido. “So che sei sconvolto”, aggiunse più pacato. “Ma
anche lei sarà stravolta. E’ incinta. Tu sei sparito... ”
“Mi ha
cacciato.”
“Mi domando come
mai non ti abbia cruciato”, lo rimbeccò Black. “Adesso vado”, aggiunse,
alzandosi.
“Dove?”
“Da Lily”,
rispose, come se fosse una cosa ovvia. “Non mi piace saperla sola. E dal momento
che non ti va di tornare a casa, ci vado io.”
James sospirò e
si portò la testa fra le braccia. “Sono un cretino, vero?”
“Sì. Lo sei. Ma
capisco che al momento tu sia completamente fuori di testa. Ci vado
io.”
“Grazie,
Felpato.”
“Niente di che,
amico. Dovere.”
***
“Lily, apri!
Sono Sirius!”
Nessun rumore
arrivava dall’interno della casa, ma Black era perfettamente consapevole del
fatto che lei fosse dentro. Lo dimostrava che gli incantesimi di protezione
fossero ancora perfettamente efficaci: se solo si fosse azzardato a entrare
senza il permesso della padrona di casa, probabilmente una parte a caso del suo
corpo sarebbe saltata in aria.
Una parte
importante.
“Evans, diavolo,
sto congelando qui fuori! Aprimi o il padrino di tuo figlio morirà
assiderato!”
Dopo un lieve
rumore, sentì la voce di Lily che, debolmente, gli chiedeva in quale occasione
l’avesse visto nudo.
Sirius rise,
ricordando quell’assurda domanda segreta che avevano stabilito, e della quale
nessuno, tranne loro due, conosceva la risposta.
“Quando Marlene
mi ha fatto evanescere i vestiti, per avermi beccato con Clare
Bolt.”
Dopo qualche
istante, da dietro la porta fece capolino un viso triste circondato da una massa
di capelli rossi.
“E comunque sarà Remus il suo padrino”,
specificò Lily, con voce tremula, mentre si spostava per farlo entrare in casa.
“Non lo affiderei mai a te...”
“Meglio un
sospetto Mangiamorte che io?”, chiese lui, inarcando un sopracciglio. “Però!
Dimostri di voler essere una mamma fantastica.”
“Remus non è una
spia”, rispose lei, arrabbiata. “Non ripeterlo più!”
“Come vuoi, miss
Potter...”
“Evans,
grazie.”
“Lily...”
“Non cominciare
Sirius! Non ti azzardare a difenderlo anche questa volta!”
Sirius sospirò e
si lasciò cadere su una delle sedie della cucina, mentre Lily si affaccendava a
infilare strani libri in una borsa piccola, ma sorprendentemente capiente.
“Non voglio
difenderlo. E’ un idiota e gliel’ho già detto. Ma devi anche capire che è
sconvolto e che teme di perderti...”
Lily non
rispose, ma si perse in una serie di borbottii che includevano le parole vigliacco, bambino, irresponsabile.
“Ti ha fatto
proprio incazzare questa volta, eh?”
“Lascia perdere.
E’ stato...semplicemente pessimo”, sbottò arrabbiata, ficcando l’ennesimo libro
sempre nella stessa borsa. “Non credevo...Proprio lui...”
“Vedrai che
passerà”, tentò di consolarla Sirius. “James è solo un po’...
sorpreso.”
“Sorpreso?”,
esclamò Lily. “E si dovrebbe imputare al suo essere sorpreso il fatto che mi
abbia chiesto di abortire?”, aggiunse poi a bassa voce. “Non lo sapevi?”,
domandò infine sorpresa, vedendo sul volto del giovane Black un’espressione più
che sgomenta.
Sirius non
rispose, ma i suoi occhi sgranati furono parecchio eloquenti. “Non me l’ha...
Merlino Lily, non immaginavo che...”
“Capisci ora
perché proprio non posso perdonarlo?”
“Ora non
prendere decisioni affrettate. Non credo sia il caso di distruggere il tuo
matrimonio per qualcosa detta in un momento di stress... ”
“Ma lui lo
pensa, Sir”, rispose Lily, poggiando i fianchi al pianerottolo della cucina. “Lo
pensa, ed è questo che conta.”
“Sono certo che
non sia così. E’ solo molto... agitato. Vedrai che tornerà presto...
”
“Per quanto mi
riguarda, può restare dove gli pare”, sentenziò gelida. “Non mi interessa quello
che ha intenzione di fare....”
“Ed è per questo
che hai gli occhi rossi quanto i tuoi capelli? Perché non ti
interessa?”
Lily sospirò,
prima di rispondere. “Sirius, davvero, al momento non riesco a pensare a nulla.
So solo che mio marito ha scelto di andarsene di casa. Ed io sono incinta. Non è
proprio un bel momento... ”
“Lo so”, rispose
Sirius. “Mi spieghi che stai infilando in quella borsa?”, le chiese poi,
incuriosito.
“Detto sinceramente? Non me la sento di
stare qui da sola. Ho sentito Marlene poco fa e ha detto di non perdere tempo e
andare da lei... ”
“Alt! Da
Marlene?”, esclamò Sirius. “Lo sai con chi abita Marlene,
vero?”
“Sì. Con Fabian
e Gideon.”
“Con Fabian”,
replicò lui, enfatizzando la seconda parola.
“Fabian è un
bravissimo ragazzo.”
“Fabian ci prova
con te dalla prima volta che ti ha visto.”
“Sirius....”
“Senti, io non
ho intenzione di farti la ramanzina, sul serio. Sono l’ultimo che può farlo su
questi argomenti. Ti direi di
venire a stare da me, ma al momento tuo marito – o quello che ne resterà dopo
che lo avrò pestato per bene -, ha occupato il mio divano. Capisco che vuoi
stare con qualcuno, quindi non dirò nulla... Solo...James è...mio fratello. Non
fare niente di eccessivo. Non voglio dover tagliare i ponti con te perché l’hai
fatto stare male.”
“Ti rendi conto
che hai scelto il momento peggiore per difenderlo, vero?”
“Lo so”, rispose
Sirius. “Ti chiedo solo di...fare la persona intelligente e di non lasciarti
trasportare da...sentimenti momentanei.”
“Non ho
intenzione di... tradire James se è questo che stai
dicendo.”
“Io dico solo di
andarci piano. Con tutto. E di fare attenzione a Fabian.”
Lily annuì, e
poi abbracciò Sirius.
“Grazi e
Felpato.”
“Stiamo parlando
del mio figlioccio, sai?”, mormorò, staccandosi dopo qualche istante. “Devo fare
del mio meglio.”
***
“Tu sei un
grandissimo idiota!”
La voce di
Sirius Black, improvvisa e arrabbiata, lo fece sobbalzare, e lo distolse dallo
stato di catatonia in cui era caduto.
Il suo migliore
amico era davanti a lui, e gli sembrava molto più alto del solito, molto più
serio, molto più incazzato.
“Dovrei
prenderti a pugni per quello che hai fatto!”
James sospirò,
passandosi una mano tra i capelli. “Di cosa stiamo
parlando?”
“Hai chiesto a
Lily di abortire!”, esclamò Sirius, trattenendosi con difficoltà dall’urlare.
“Ti sembra poco?”
“Oh”, mormorò
James. “Quello. Pensavo che l’avessi capito appena sono arrivato,
comunque”.
“Non mi sarei
mai aspettato niente del genere da te”, rispose Sirius tagliente, sedendo sul
divano, di fianco a lui. “Sappilo.”
“Perché non sono
umano, io?”, protestò Potter.
“No. Perché non
sei quel genere di persona!”, rispose Sirius, alzando la voce. “E non capisco
davvero cosa diavolo ti sia preso!”
“Sirius,
semplicemente non voglio avere figli! Lei lo sapeva dall’inizio e adesso mi
tratta come un mostro perché le ho semplicemente detto quello che
penso!”
“Ed è davvero
questo che pensi?”, gli chiese Sirius, dubbioso. “Guarda che a me puoi dirlo.
Che questo bambino lo vuoi, ma sei terrorizzato.”
“Fosse solo
questo...”
A Sirius per
poco non si spezzò il cuore, sentendo la voce di quello che lui aveva sempre
considerato come suo fratello, così triste, così... arresa. Odiava vederlo in
quello stato, e sapeva che l’unico modo per farlo stare meglio era farlo
ragionare, e poi impedirgli chiaramente di compiere un errore
madornale.
“E cos’altro
c’è?”
“Lascia
perdere”, rispose lui e Sirius lo guardò male.
Era sempre così
con James Potter: ascoltava tutti con tanto piacere, ma per scucirgli qualcosa
da quella dannata bocca era necessaria la violenza psicologica. O la
legilimanzia.
“James...”
“Senti Sirius,
sul serio non mi va di parlarne. Ma lo farò”, aggiunse rapidamente, quando
l’altro piazzò su un’espressione praticamente offesa. “Lo farò, ma...non
ora.”
“Va bene”,
mormorò Black, senza guardarlo.
James non parlò
per qualche minuto, un po’ per riordinare le idee, un po’ per sopprimere quel
lato della sua personalità che, da quando aveva abbandonato casa sua, gli dava
ripetutamente del codardo.
“Lei...”,
mormorò, esitante, “...come sta?”
“Come una donna
incinta lasciata da suo marito”, rispose l’altro, acidamente. “Ad ogni modo, mi
ha detto che andrà a stare da Marlene fin quando non si sistemeranno le cose.
Non vuole stare in casa da sola e quindi...”
“Aspetta”, lo
interruppe James, d’un tratto molto più sveglio. “Marlene, hai detto? Ma non sta
dai... Prewett?”
Quel cognome
risultò quasi un insulto dalle labbra di James Potter e Sirius riuscì a malapena
a trattenersi dallo scoppiare a ridere. “Esattamente, fratello”, commentò,
guardando fuori dalla finestra del salotto. “Fabian potrà allungare le mani
quanto vorrà.”
“Se vuole che
gliele cionchi non deve fare altro che provarci”, replicò lui, stringendo i
pugni attorno alla stoffa del divano. “E dannazione, non poteva andare da
Remus?”
“Remus è in
missione” borbottò l’altro, mimando
le virgolette sull’ultima parola. “Non si sa per chi, ma è in
missione...”
“Sirius...”
“Ma se tu non
fossi andato via”, continuò, ignorando il richiamo dell’amico. “Non sarebbe
dovuta andare da nessuna parte.”
“Sirius, tu non
capisci!”
La voce di James
era intrisa di nervosismo e frustrazione e forse anche per quello i suoi occhi
erano particolarmente lucidi. “Avere una famiglia con Lily è il mio sogno più
grande, ma non ora, non così. Ci sono troppe cose che potrebbero andare male ed
io voglio conoscere mio figlio! Voglio vederlo crescere, insegnarli a volare,
punirlo. Voglio consegnargli il Mantello e la Mappa, voglio che tu gli dia
consigli sulle ragazze. E farlo nascere ora...”, concluse a bassa voce, “... mi
farebbe sentire un dannato egoista.”
“Sei
semplicemente umano. E questo non ha niente a che fare con
l’egoismo.”.
La voce di
Sirius, la sua mano poggiata sulla spalla, furono come un balsamo.
James non
pianse, perché di lacrime ne aveva consumate anche troppe in quegli ultimi due
anni, ma non riuscì a reggere lo sguardo del suo migliore
amico.
“Non sei un
egoista”, ribadì Black. “Sei un uomo. Che ama sua moglie. E che si rifiuta di
ammettere di essere felice per il figlio in arrivo, solo perché è terrorizzato.
Ed è comprensibile. In fondo abbiamo vent’anni, e dovremmo passare le giornate a
lavorare al Ministero e provarci con le ragazze. Ma la situazione è diversa, e
stiamo combattendo per dare ai nostri figli un futuro migliore.
Però, dal
momento che riusciamo a gestire tutto questo...beh,riuscirai tranquillamente a
lottare con i pannolini.”
James sospirò, e
ancora una volta, la sua mano passò tra i capelli, che da qualche tempo
sembravano avere una vita tutta loro. “Non lo so...Sembra tutto così
assurdo...”
“E lo è. Perché
questa non è la normalità. Ma, a costo di sembrarti una donnicciola romantica,
tu ora mi devi dire se sei contento di avere questo bambino. Perché se non fosse
così, tutti questi discorsi sarebbero inutili.”
“Io non lo so!”,
esclamò lui, esasperato. “Non lo so! Cioè... credo...credo di essere felice, in
fondo. Ma non posso fare a meno di chiedermi se questo è l’atteggiamento giusto
da adottare.”
Sirius fece
spallucce e lo guardò come se fosse un povero inetto. “Sinceramente?”, chiese,
ma sembrava tanto una domanda retorica. “Non ho idea di cosa tu intenda con ‘atteggiamento giusto’, ma abbandonare
Lily non mi sembra una saggia scelta, per una serie ovvia di motivi. Prima di
tutto, se fossi in te, mi preoccuperei del fatto che Lily abbia imparato a usare
le Maledizioni Senza Perdono. E sappiamo tutti che quando impara qualcosa poi
diventa mortalmente brava. Credo che dovrai strisciare per molto tempo prima di
convincerla a parlare di nuovo con te.”
“Non mi
perdonerà mai”, si lamentò James disperato, portandosi un cuscino sul viso.
“Torneremo ai tempi della scuola, quando lei mi odiava e io dovevo correrle
dietro tutto il giorno per farmi rivolgere la parola, anche solo per essere
insultato...”
“Non può
odiarti. Sei il padre di suo figlio.”
“Puoi fare a
meno di dirlo per cinque minuti?”, gli chiese, scocciato. “Devo... ancora
abituarmi all’idea.”
“Beh, ma lei non
sarà sempre lì ad aspettarti. In fondo... Fabian è un buon partito, e un bravo ragazzo.
Senza contare che è indubbiamente affascinante... ”
“Sei diventato
gay, Black?”, sbottò James, tirandogli un cuscino addosso.
“E’ una realtà
oggettiva.”
“Certo, come
no...”
Sirius scosse la
testa ridacchiando, e chiedendosi come diamine fosse possibile passare da
argomenti serissimi alla demenza nell’arco di pochi
minuti.
“Domani parlerai
con Lily?”
“Alla riunione
dell’Ordine, dici?”
Sirius annuì e
James fece spallucce. “Non so nemmeno se verrà. Ma credo che non potrò
evitarlo...”
“Non vuoi
farlo?”
“Temo di fare
qualcosa di sbagliato che possa incrinare del tutto il nostro
rapporto...”
“Vedi di
collegare la lingua al cervello, e sono certo che andrà tutto
bene.”
James sorrise,
prima di alzarsi dal divano e stiracchiarsi.
Era stanco e
aveva una grandissima confusione in testa. Senza contare che la mancanza di Lily
cominciava a farsi sentire. Adorava Sirius e apprezzava moltissimo il fatto che
lo ospitasse, ma chiaramente non era come rientrare a casa e trovare quella
magnifica persona che era Lily Evans...
Il suo flusso di
pensieri fu improvvisamente interrotto da una fenice argentea evanescente che
irruppe nella stanza. Sia Sirius che James scattarono immediatamente con le
bacchette alla mano, prima di riconoscere in quell’animale il Patronus di
Silente.
“La riunione di
domani è annullata. State nascosti nelle vostre case fin quando non vi chiederò
di uscire. Dorcas Meadowes è stata uccisa. L’Ordine è stato
scoperto.”
Dopo che la voce
di Albus Silente si spense, James lanciò uno sguardo sgomento a
Sirius.
Dorcas...
No, non poteva
essere...
“Credo che non
riuscirai a parlare con Lily, domani”, fu tutto quello che Sirius riuscì a
dire.
***
Due mesi
dopo
Da quando Dorcas
era morta, Lily non aveva mai messo piede fuori di casa.
La notizia
l’aveva stravolta talmente tanto da farle ricordare esattamente ogni singolo
istante di quel maledetto giorno.
Ricordava
perfettamente come Fabian, Gideon e Marlene l’avessero accolta senza fare
domande, senza chiederle per quale motivo avesse deciso di andare a vivere con
loro.
Fabian aveva
fatto qualche battuta su quanto era felice di averla sotto lo stesso tetto e
Marlene gli aveva imposto di fare silenzio. Ma Lily sapeva perfettamente che
avevano fatto quel teatrino solo per distrarla un po’.
Tutto, però, era
precipitato mentre cenavano.
Stavano discutendo di quanto Fabian
avesse poco cura delle sue cose, perché era riuscito ad ammaccare un orologio
nuovo di zecca* che sua madre gli aveva regalato solo una settimana prima.
E poi...era
arrivato il Patronus di Silente.
La fenice
argentea aveva distrutto la quiete di cui Lily si era circondata per evitare di
pensare a James. Dorcas, infatti, le aveva raccomandato di stare tranquilla in
quanto lo stress non faceva bene al bambino .
Quel Patronus
aveva fatto a pezzi il mondo di Gideon che, da sempre era innamorato di Dorcas,
ma mai era riuscito a confessarlo.
Quella fenice
aveva distrutto il mondo di quei quattro ragazzi riuniti a cenare perché, per la
prima volta, avevano percepito la reale possibilità di non riuscire a uscire
vivi da quella dannata guerra.
Era dunque da
due mesi che non vedeva la luce del sole, né sentiva l’odore della pioggia, che
la faceva sentire tanto a casa. E forse era per gli ormoni, o anche per la
disperazione, ma quel giorno non riusciva proprio a impedirsi di
piangere.
Il suo cuscino
era bagnato di lacrime e sale. Lacrime che Lily pensava di aver completamente
consumato dopo che James era andato via di casa.
James...
Le mancava da
morire.
Le mancava il
suo sorriso, il suo modo di fare allegro, le sue battute sconce. La sua
dolcezza, la sua premura, il suo amore.
Nonostante
quello, però non poteva impedirsi anche di detestarlo.
Lo detestava per
aver ripudiato quel bambino che anche lui aveva messo al mondo; lo detestava
perché, codardamente, lui era fuggito da Sirius; detestava James Potter perché
non si era dimostrato l’uomo che lei amava, nel momento più delicato delle loro
vite.
Come sempre, si
portò una mano verso il ventre, ormai abbastanza gonfio e immediatamente si
sentì meglio.
Non sapeva se
fosse magia, o, come diceva Marlene, una
cosa da mamme, ma nel momento in cui si concentrava sul suo piccolo, si
sentiva immediatamente meglio.
Quasi come se
fosse lui a proteggere lei.
“Lily?”
La voce di
Fabian la fece scattare: si alzò rapidamente e si asciugò le lacrime, e l’uomo
bruno poggiato alla porta non riuscì a non trovarla meravigliosa anche in quelle
condizioni.
“Silente ci ha
fatto sapere di una riunione. Oggi pomeriggio, a Grimmauld Place. Te la senti di
venire?”
Lily annuì
decisa, ignorando il nodo che si era formato nel suo stomaco. “Certo, Fabian.
Grazie per avermi avvisata.”
“Marlene mi ha
detto di chiederti se hai idea di come sia quel posto.”
“Non ci sono mai
stata. I genitori di Sirius non erano esattamente filobabbani, quindi puoi dirle
che non credo dovrà affrontare sua suocera.”
“Non è mia
suocera!”, esclamò una voce femminile dall’altra stanza, facendoli
ridacchiare.
“Certo!E’ questo
che ti dici quando ti porti a letto Sirius?”, domandò Fabian ad alta voce. “Lo
sai che ha due anni meno di te?”
“Fabian!”,
esclamò Lily, mentre Marlene imprecava.
Lui fece
spallucce e sorrise. “Ti aspetto giù”, le disse, prima di richiudersi la porta
dietro le spalle.
Lily sospirò e
si guardò allo specchio. Aveva gli occhi rossi, i capelli scarmigliati e i
vestiti spiegazzati.
Era messa
decisamente male.
Inoltre le si
era formato un nodo al posto dello stomaco, al pensiero di rivedere James.
Perché tanto
sapeva già cosa sarebbe successo. Nonostante le mancasse da morire, nel momento
in cui l’avrebbe rivisto, l’avrebbe ignorato. Era l’unica cosa che riusciva a
fare quando sentiva la rabbia crescere dentro di lei.
In alternativa
poteva puntare alla violenza fisica, ma era certa che sarebbe stata poco
opportuna durante una riunione dell’Ordine della Fenice. Una società segreta che
operava per la pace nel mondo magico.
No, sicuramente
la violenza non era un’ipotesi da prendere in
considerazione.
“Tranquillo,
piccolino”, mormorò in fine, tra sé e sé. “... in un modo o nell’altro
risolveremo questo casino”.
***
“Che significa
sono stati attaccati?”
“James...”
“Preside, voglio
sapere come sta Lily!”
Il putiferio si
era scatenato quando né i Prewett, né Marlene si erano presentati alla riunione
e, mentre si cominciavano a fare le prime ipotesi, Alastor Moody era arrivato
con le notizie di un attacco. Non si sapeva a danno di chi, né dove fosse stato,
né quando, ma dal Ministero era trapelata quella notizia.
“Non possiamo
rimanere qui, dannazione!”, stava urlando James, mentre tutti i membri
dell’Ordine, lo fissavano stupiti. Nemmeno durante le battaglia James Potter era
così arrabbiato. “Li stiamo lasciando ai Mangiamorte!”
“James!”
Albus Silente
alzò una mano per fermarlo e lui, svogliato, si zittì. “Non sappiamo né dove
andare, né chi cercare. Potrebbe essere una trappola per attaccarci. Inoltre, se
fosse successo qualcosa, perdona la presunzione, sarei venuto a saperlo
immediatamente e non tramite le fughe di notizie ministeriali. Se può farti
stare più tranquillo, guarda l’orologio.”
James sbuffò,
maledicendo quel dannato pendolo che i Prewett avevano comprato dopo averlo
visto nella casa della sorella. All’inizio era rimasto parecchio impressionato
da quell’aggeggio che in qualche modo riusciva a dare informazioni reali sulla
vita di tutti quanti, ma da un po’ di tempo, vedendo le lancette diminuire ogni
volta che qualcuno veniva a mancare, aveva preso a guardarlo con ostilità.
Gli metteva
ansia.
Fortunatamente, le lancette di tutti
indicavano ancora “casa”, non “pericolo”o “morte”. Però, per quanto già quello
potesse essere rassicurante, James
non riusciva proprio a calmarsi.
“Albus”, esclamò
Minerva McGranitt, tesa come una corda di violino. “Forse però sarebbe meglio
controllare che non sia successo qualcosa. Potrei... ”
“Abbiate
pazienza”, sentenziò Silente, calmo e tranquillo. “ Vedrete che arriveranno
presto...”
E
infatti...
Dopo qualche
istante, quattro distinti pop
esplosero nella stanza e le figure dei fratelli Prewett, di Marlene McKinnon
e di Lily Evans apparvero improvvisamente.
“Ben arrivati”,
disse Silente cordialmente.
“Scusate il
ritardo”, borbottò Gideon, rivolto a tutti. “Ma un paio di Mangiamorte
piantonavano la casa. Abbiamo dovuto aspettare che si
spostassero.”
“Ero certo che
si trattasse di qualcosa di simile”, mormorò Sirius all’orecchio di James, ma
lui non lo ascoltò. La sua attenzione era tutta riservata a Lily che, voltata di
spalle a parlare con Emmeline Vance, dava l’impressione di essere la donna più
tranquilla del mondo.
Ma non accennava
a voltarsi. E James sentiva di poter scommettere sul fatto che lei lo facesse di
proposito per non dover rivolgergli la parola.
“Direi che ci
siamo tutti”, sbottò Moody. “Possiamo cominciare?”
Con calma, i
vari membri dell’Ordine si diressero verso la Sala da Pranzo della vecchia casa
Black, dove un tavolo enorme troneggiava al centro della
stanza.
Una volta che
tutti ebbero preso posto, Silente cominciò a parlare.
“Prima di tutto,
permettetemi di ringraziare Sirius, che, molto cordialmente ha offerto casa sua
per le nostre riunioni.”
“Non è casa
mia”, borbottò Black, beccandosi un calcio e un’occhiataccia da
James.
“In secondo
luogo”, proseguì il preside di Hogwarts, “c’è qualcosa della massima importanza
che mi preme dire. Ho raggiunto la
certezza che tra le file dell’ordine ci sia una spia.”
Quella frase
causò un mormorio concitato e Sirius, che per poco non scoppiò in una risata
amara, dovette ripiegare su una smorfia terribilmente eloquente.
Oh, lui sapeva
perfettamente di chi si trattasse.
“Non è lui”,
mormorò James a bassa voce. “Sirius, non è Remus.”
“Sono certo che
nessuno delle persone presenti in questa stanza passi notizie al nemico”,
precisò Silente. “Ma vi chiedo lo stesso la massime discrezione e
attenzione.”
“Vigilanza
costante!”, ruggì Moody, e molti assentirono.
“La cosa
preoccupante”, disse Silente, “...è che il Ministero non è più in grado di
controllare Voldemort. L’adozione delle Maledizioni senza Perdono non aiuterà di
certo, né la politica repressiva che stanno attuando contro i soli sospetti. Non
risolveranno niente perché i capi delle fila di Voldemort raramente escono allo
scoperto. ”
“Solo la Black
adora le battaglie”, commentò Sturgis Podmore, lugubremente. “Quella donna mi
mette i brividi.”
“Benvenuto nel
club” rispose Sirius con un mezzo sorriso.
Bellatrix Black.
Era l’unica
persona che a dodici anni aveva il coraggio di usare la Cruciatus su dei poveri
coniglietti indifesi. La luogotenente più fedele del Signore
Oscuro.
“Bellatrix
Lestrange è solo la punta dell’iceberg. Ci sono molti altri considerati più in
alto di lei. Ma, ad ogni modo, è...necessario un cambiamento di strategia. Ho
bloccato le riunioni perché le mie fonti, che vi assicuro essere autorevoli, mi
avevano informato che la povera Dorcas dopo aver subito un quantitativo
spropositato di torture non era riuscita a trattenere qualche informazione. Non
la biasimo, chiaramente. E’ stata uccisa da Voldemort in persona ed è degna del
nostro più grande rispetto. Ma questo mi ha portato comunque a scegliere una
linea di condotta diversa.”
“Vale a dire?”,
chiese Gideon, il quale non aveva apprezzato il riferimento a Dorcas, che alle
sue orecchie era passato come la velata accusa di
tradimento.
“E’ necessario
che loro pensino di averci in pugno per poterli cogliere di sorpresa e sperare
di riuscire ad ottenere qualche successo. Dunque...vi invito a nascondervi per
qualche tempo. Continueremo la nostra opposizione, ma più sottilmente:
sabotaggi, notizie false, pedinamenti. Ma non posso chiedervi di morire, perché,
se decidessimo di continuare a combattere come abbiamo fin’ora, di questo si
tratterebbe. Non possiamo permetterci di perdere altre persone valorose come
quelle che purtroppo sono state già strappate alla vita. Di conseguenza è
necessario che per qualche mese voi spariate dalla
circolazione.”
“Ma Albus!”
Dedalus Lux si alzò dalla sedia per poter avere la parola. “Rischiamo che
vengano a cercarci casa per casa. Avranno il vantaggio del
numero.”
“Userete
l’Incanto Fidelio, e nessuno potrà scoprirvi”, rispose Silente, invitandolo con
un gesto a riprendere posto.
“Devo ammettere
che... di questi tempi difficilmente si trova un custode segreto”, mormorò la
McGranitt pensosa. “Forse è il caso di accoglierli a
Hogwarts...”
“Metteremmo a
rischio i ragazzi”, commentò Fabian, pensoso. “Credo che l’unica soluzione sia
l’Incanto Fidelio...Magari...potremmo riunirci in una casa...io potrei fare il
custode segreto...”
“Ma è
pericoloso!”, esclamò Lily, e tutti si voltarono stupiti verso di lei, che fino
a quel momento non aveva parlato. “Voglio dire”, aggiunse, un po’ rossa in viso,
“...non è giusto che si prenda una simile responsabilità...”
James sentì
chiaramente lo stomaco che si contorceva per la gelosia bruciante, la stessa che
da qualche settimana non faceva altro che procurargli incubi in cui Lily lo
lasciava per Prewett.
“Troveremo un
modo”, sentenziò Silente, riportando l’ordine nella riunione. “Al momento devo
parlarvi d’altro. La mia fonte mi ha anche avvisato del fatto che potrebbe
effettivamente esistere un modo per sconfiggere realmente Voldemort, ma che
dovrà prima accertare un paio di cose. Di conseguenza, potrei farvi avere presto
notizie interessanti su questo fronte... ”
Quella notizia
rallegrò gli animi di tutti, felici di ricevere finalmente una notizia decente.
Ma James , che non riusciva a prestare
attenzione, si estraniò dalla riunione e cominciò a lanciare occhiate furtive a
Lily, che era seduta tra Marlene e Fabian.
Osservandola,
notò che il suo viso sembrava più rotondo, ma con quel cappotto beige che teneva
addosso, non riusciva a vedere se effettivamente la sua pancia fosse cresciuta o
no.
La cosa che più
gli premeva in quel momento, per quanto potesse sembrare egoista, era parlare
con lei.
Quei due mesi
gli erano serviti per capire che quel bambino probabilmente sarebbe stato la
gioia più grande della sua vita. E che vivere senza Lily per lui, era ormai
diventato impossibile.
Sirius Black,
maestro della superficialità, era riuscito a fargli capire una cosa così
importante dopo settimane e settimane di tartassamento.
Ma in realtà era
qualcosa lui che già sapeva.
Una di quelle
cose che, come avrebbe detto Remus, sentiva con la pancia, ma non con la testa,
impegnata troppo a pensare alla guerra e troppo poco al fatto di essere anche
parte di una famiglia.
Marlene lo beccò
a fissare Lily e gli rispose con una boccaccia, che lo fece arrossire e
distogliere gli occhi.
Poi si diede
dell’idiota.
Lily era sua
moglie.
Aveva tutto il
diritto di guardarla.
Per questo
motivo puntò nuovamente gli occhi su di lei. Lei che però teneva ostinatamente
lo sguardo dritto, a fissare Silente, perfettamente consapevole del fatto che
lui la stesse fissando, James ne era certo.
“James?”
La voce del
preside di Hogwarts, lo distolse dalla sua contemplazione e, lentamente, focalizzò la sua attenzione
su Silente.
“Hai novità
riguardanti Rookwood?”
James annuì un
paio di volte, prima di rispondere. “Avevamo ragione, Preside. E’ passato
dall’altro lato. Fa da spia al Ministero, e credo che sfrutti Ludo Bagman in
qualche modo...”
“Bagman?”,
esclamò Fabian, e James lo ignorò. “Il giocatore di
Quidditch?”
“Sì”, rispose
gelidamente, senza nemmeno voltarsi a guardarlo. “Non ho idea se lui sia
consapevole o no di essere a stretto contatto con un Mangiamorte”, continuò,
rivolto a Silente, “...ma so che più volte si riuniscono a casa di Rookwood.
Pare ci sia dietro un giro di scommesse clandestine assurdo. Si parla di
miliardi di Galeoni.”
“Bene, hai fatto
un ottimo lavoro”, rispose Silente, con un sorriso. “Credo che per oggi sia
tutto. Mi raccomando ragazzi, prestate attenzione. Chiudetevi nelle case e non
uscite per nessun motivo. Penserò io a far avere viveri in abbondanza a
tutti.”
Mentre le sedie
scrosciavano, e tutti si sbrigavano ad andare via, James intravide con la coda
dell’occhio che Silente invitava Alice e Lily in una stanza a parlare.
E fu in quel
momento che la sua vita cambiò radicalmente.
Quasi a
rallentatore, vide Lily alzarsi dalla sedia e dal cappotto aperto, fece capolino
il ventre di sua moglie... molto più... rotondo di quanto non era mai stato.
E lì dentro
c’era il suo bambino...
Non riuscì a
trattenere un sorriso ebete, e abbracciò Sirius quando quello gli andò incontro
per chiedergli di tornare a casa.
“Vai, ti
raggiungo dopo. Aspetto Lily. Voglio parlare con lei.”
“Perché?
Dov’è?”
“Dentro quella
stanza con Silente.”
Sirius annuì, e
dopo una rapida pacca, gli voltò le spalle per andarsene.
Dopo che tutti
furono andati via, restò nel salotto di Casa Black, con la sola compagnia di
Frank Paciock, probabilmente lì per il suo stesso motivo.
“Aspetti
Alice?”, gli chiese, e lui annuì.
“Secondo te sarà
successo qualcosa?”
“Lo scopriremo
tra poco, immagino”, mormorò James.
“Congratulazioni,
comunque”, esclamò Frank, con un mezzo sorriso. “Non sapevo che Lily fosse
incinta...”
James fece un
sorriso tirato, ma proprio non riuscì a ringraziare: non meritava alcuna
congratulazione. Fino a quel momento Lily era rimasta da sola e lui non aveva
fatto nulla per quel bambino in arrivo.
“Senti Frank”, chiese imbarazzato, “...
posso farti una domanda?”
“Certo, dimmi
pure.”
“Tu...non hai
paura? Non credi che mettere al mondo un figlio ora sia da
pazzi?”.
Paciock gli
lanciò un’occhiata strana, prima di rispondere con estrema serietà. “Certo che
si. Sono... terrorizzato. Ma credo anche che voglio avere una vita normale. E se
non riuscissi a gioire nemmeno per la nascita di mio figlio, allora davvero
avrebbero vinto loro.”
James annuì,
guardando quel giovane uomo con rinnovata ammirazione.
Aveva sempre
avuto un buon rapporto con Frank Paciock, anche quando lui era al settimo anno e
faceva il Caposcuola. E di conseguenza finiva in punizione un giorno sì e
l’altro anche. Ma in quel momento comprese veramente che quell’uomo era degno di
stima.
Aveva solo ventuno anni e riusciva a
essere così tanto positivo, nonostante la
tragica situazione vissuta da tutti loro.
“Abbiamo deciso
di chiamarlo Neville, sai?”
“Bel nome”,
borbottò James, chiedendosi in realtà dove fossero andati a pescarlo. “Voi?
Avete deciso?”
Colto alla
sprovvista, il giovane Potter balbettò che ancora era presto e non ci avevano
pensato.
“Per questo Lily
è così arrabbiata con te? Perché non avete deciso ancora il nome?”, lo prese in
giro, e suo malgrado, James si ritrovò a ridacchiare.
“No, altra
roba...”
“Qualsiasi cosa
sia, risolvila. Non vale la pena sprecare tempo quando non sai nemmeno se te ne
resta abbastanza da dire Accio.”
“Sono qui per
questo. Per risolvere un immane... ”
Stava per dire
casino, ma le parole gli morirono in
gola quando Alice uscì dalla porta piangendo e si gettò tra le braccia di Frank.
Lily invece uscì dalla stanza e si lasciò
scivolare lungo la parete che fiancheggiava la porta, in lacrime, con lo sguardo
di qualcuno che aveva appena saputo qualcosa terribile...
Captò che Frank
era andato via, quando il classico schiocco della smaterializzazione vibrò
nell’aria, e, prendendo il coraggio a due mani, cominciò ad avvicinarsi a sua
moglie.
“Lily”, mormorò
accovacciandosi sulle ginocchia, ma lei lo ignorò. “Lily, cosa
succede?”
Lei alzò lo
sguardo lacrimoso per incontrare gli occhi di James.
“Che cosa
vuoi?”, chiese, tentando di asciugarsi gli occhi. “Sei venuto a torturarmi
ancora?”
“No!”, esclamò
James. “Io...no. Sono qui per te e...per lui”, aggiunse alla fine e dovettero
essere le parole sbagliate perché Lily riprese a piangere come se avesse appena
saputo qualcosa di tremendo.
“Ehi”, disse
James a bassa voce, cercando le sue mani. “Lily,per favore, dimmi cos’è
successo...”
“Il bambino”
singhiozzò disperata. “Lui...lui potrebbe...Dio, non ce la
faccio!”
Le spalle
sussultavano violentemente e quasi le mancava il respiro tanto le lacrime non le
davano tregua.
James si sedette
sul pavimento di fianco a lei e se la portò tra le braccia, sussurrandole parole
dolci, cercando di farla calmare.
“Lily, ti prego,
spiegami...”
Lui riuscì solo
a capire le parole Centauro e Profezia, e già solo quelle gli fecero
accapponare la pelle.
Se c’era
qualcosa di noto a tutti i maghi del mondo, era che le profezie non portavano
mai a nulla di buono.
“Ma tu perché
sei qui?”, mormorò Lily ad un certo punto. “Credevo che non
volessi...”
“Lily”, la
interruppe lui, facendole alzare la testa dal suo petto, in modo da poterla
guardare negli occhi. “Te l’ho detto, sono qui per voi. E per chiederti di perdonarmi. Sono
stato... il peggiore dei mariti, e il più schifoso dei padri. Non avrei mai
dovuto dirti... quelle cose. Capisco che al momento non ti fidi di me, che
probabilmente dopo che ti sarai calmata ricorderai di odiarmi e di non voler a
che fare più niente con me. Ma ti chiedo, ti prego di perdonarmi. Ho capito il
mio errore e non ho intenzione di ripeterlo.”
Lily lo guardò,
shockata.
Conosceva James
Potter abbastanza ormai da sapere che difficilmente il suo orgoglio gli
permetteva di chiedere scusa.
Ma in quel
momento la stava praticamente implorando.
Aveva gli occhi terribilmente lucidi e Lily ebbe la strana impressione che
anche lui aveva un tremendo bisogno di piangere, ma non lo faceva perché vedeva
lei in quelle condizioni.
Finalmente ebbe
la possibilità di stringere l’uomo che amava tra le braccia e non esitò a
baciarlo per fargli capire che sì, lo perdonava e sì, lo
voleva.
“James”, mormorò
sulle sue labbra, mentre ancora le lacrime le scendevano.
“Dimmi cosa c’è.
Altrimenti non posso aiutarti... ”
“Cassandro”,
disse lei debolmente, tirando su col naso, “...il centauro ha detto a Silente
che...probabilmente le donne gravide dell’Ordine genereranno il salvatore del mondo
magico. Che Voldemort probabilmente lo perseguiterà e che gli astri parlano di
una... profezia che sarà presto svelata... ”
Lily si bloccò e
riprese a piangere, e a James gelò il sangue nelle vene...
Bambino.
Persecuzione.
Profezia...
Era successo
esattamente quello che temeva: suo figlio probabilmente era già condannato prima
ancora di nascere, a causa di una dannata predizione che non teneva in conto di
mettere in pericolo dei neonati.
E intanto Lily
piangeva e James riuscì appena a trattenersi dal seguirla a
ruota.
Non
poteva.
Era già stato
pessimo nei mesi precedenti: non poteva permettersi di commettere di nuovo
quell’errore, di far ricadere tutto il peso di quella situazione su sua
moglie.
“Lo salveremo”,
sussurrò, stringendola. “Dovessi anche morire nel tentativo di farlo, ma non lo
lascerò in mano loro. Non gli faranno del male”
“Lo so”, rispose
lei. “Lo so che farai di tutto. Ma io non voglio questa vita per
lui...”
“Ancora non è
detto”, tentò di consolarla, James, ma ci credeva poco anche lui “A quanto ho
capito, Cassandro ha parlato di una profezia che deve essere ancora vaticinata,
di conseguenza non sappiamo cosa ci aspetta. Magari non sarà nostro figlio.
Magari, e mi dispiace dirlo, toccherà al figlio di Alice. Anche Narcissa Malfoy
è incinta, magari sarà il suo bambino e l’Ordine non centra niente. Non sappiamo
ancora nulla, Lily”, concluse. “Non preoccupiamoci per qualcosa che ancora non
esiste.”
“Io me lo sento
che toccherà al mio piccolino”, mormorò la Rossa, mentre si asciugava le
lacrime. “So già che si tratterà di lui, per qualche motivo. E odio non poter
fare qualcosa per fermare tutto questo.”
“Stai già
lottando con tutte le forze che hai per dargli un mondo migliore. Sono certo che
nostro figlio sarà orgoglioso di te”.
“Niente è troppo
per lui”, sentenziò lei gelidamente, lanciandogli
un’occhiataccia.
“Anch’io la
penso così”, si affrettò a dire. “Ma so anche che al momento, fin quando non
sapremo tutto con precisione, non c’è altro che possiamo
fare.”
“Silente ha
detto che dovremmo usare l’incanto Fidelio...”
James fece una
smorfia, e la interruppe. “Non sarà necessario. Stavo pensando che al momento
potremmo andare a vivere a casa dei miei. Mio padre ha messo tanti di quegli
incantesimi protettivi prima di morire che sarà già molto se riuscirò a trovare
il modo di far entrare noi due”, le spiegò con calma. “Ricorrerò all’Incanto
Fidelio solo quando sarà strettamente necessario...La situazione è già
abbastanza asfissiante senza che si rinchiudiamo già da ora in casa. E dal
momento che possiamo andare a stare lì...”
“Non credi sia
pericoloso?”
“Assolutamente
no. Mio padre è stato il capo degli Auror per tanti anni e nessuno dei suoi
nemici è mai riuscito anche solo a localizzare casa nostra. Figurarsi
attaccare.”
Lily gli lanciò
uno sguardo per nulla convinto e tanto dubbioso. Però
annuì.
“Va bene, come credi. Ad ogni modo, prima
di tornare a casa devo passare da Marlene e riprendere le mie cose...
”
“Già, dovremmo
parlare anche di questo”, commentò James, polemico, dopo averle lanciato
un’occhiataccia. “Casa di Fabian, Lily, davvero? Non potevi andare da
nessun’altra parte?”
“Se tu non ti fossi comportato da idiota, io non mi
sarei mossa di un centimetro”, replicò lei, freddandolo. “Quindi non hai alcun
diritto di fare il geloso con me....”
“Non è questione
di fare il geloso”, specificò lui. “Ma avresti potuto rivolgerti a chiunque e
sei andata a sceglierti Fabian. Dillo che c’è stato un certo grado di
premeditazione... giusto per farmi uscire un po’ fuori di
testa...”
“Forse”, gli
concesse. “Ma la prima motivazione è stata Marlene. Sapevo che avrei potuto
contare su di lei per qualsiasi cosa.”
James la fissò
per un momento e le mandò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, prima di
baciarla di nuovo. “Mi dispiace”, mormorò, posando la fronte su quella di lei.
“Dovevo...farlo io. Starti vicino e non lasciarti sola...”
“E’ vero”,
rispose lei, carezzandogli la guancia destra, ispida per la barba ancora non
rasata. “Ma ormai è fatta. E poi ora sei qui...Hai capito e tanto mi
basta.”
James sorrise e
le sue labbra si posarono sul palmo della mano di lei. Poi lentamente la lasciò
e fece leva sulle braccia per alzarsi. “Andiamo a casa?”
Lei sorrise
leggermente e annuì. “Non vedo l’ora.”
* Molly Weasley ne accenna qualcosa quando, per il suo diciassettesimo compleanno, regala a Harry l’orologio del fratello.
Spero di essere riuscita a strapparvi un sorriso.
Grazie per avermi donato parte del vostro tempo.
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