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Autore: nightwind    22/01/2012    1 recensioni
Missing moment della ff Let It Go di Verena (per gentile concessione dell'autrice). Cosa avrà pensato Lei quella mattina? Come sarà stata la sua folle corsa per salvare la sua migliore amica?
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NOTE: questa shot è un missing moment basato su «Let It Go» di Verena (che l'autrice mi ha gentilmente concesso di pubblicare), quindi, per capirci qualcosa, andatevi prima a leggere la sua shot ;) Buona lettura!

 

 

 

 

 

FALLING INTO EMPTY SPACE

 

 

 

Logically, for Verena, always

 

 

 

 

Correva. Non sentiva quasi più i suoi polmoni assorbire l'aria, ma continuava a correre, il cuore che le martellava nella mente, quella morsa di terrore e disperazione che le stringeva il petto.

Correva da quando aveva aperto quella maledetta lettera quella mattina, quella semplice busta trovata nella cassetta delle lettere, quel foglio scritto fitto che le aveva annunciato la fine di tutto.

La lettera era rimasta per terra nel vialetto di casa, e lei aveva cominciato a correre.


 

Non poteva essere. No, non poteva essere vero, era tutto un incubo. Un incubo tremendo. Un incubo reale.

Le frasi scritte precipitosamente sulla carta le laceravano il cuore, scontrandosi nella sua mente senza che lei potesse dar loro anche solo un vago ordine. Ne sapeva solo il senso. Quell'orribile senso di addio. Lei le aveva detto addio, Lei se ne stava andando. E ora lei stava correndo per le strade della città mentre il sole sorgeva.


 

Forse Lei avrebbe aspettato l'alba. O forse era già andata via, nel buio della notte, senza che la sentisse. No, non riusciva a crederci. Non avrebbe potuto non sentirla.


 

Accelerò ancora di più, impedendo alla paura di prendere possesso di lei. Eppure era proprio per la paura, per il terrore che portava impresso sul viso, che in quel momento sentiva dei passi di corsa seguirla nelle strade.


 

Non aveva avuto bisogno di parole, ogni volta che, da quando aveva cominciato a correre, un viso familiare più o meno assonnato le aveva aperto la porta della casa, della stanza o dell'appartamento. Solo il suo sguardo, e aveva visto gli sguardi degli altri trasfiguararsi, trasformarsi in un tremendo riflesso del suo. E anche loro avevano cominciato a correre, seguendola.


 

Forse aveva corso per ore, e ormai era troppo tardi. O forse era ancora in tempo, in tempo per fermarla, per farle capire che lei, che tutti quelli dietro di lei, non l'avrebbero mai lasciata sola, mai. Aveva bisogno di Lei. Tutti quelli che la seguivano avevano bisogno di Lei.

Anche Lui ne aveva bisogno, Lui di cui Lei parlava sempre con quella lettera maiuscola che gli regalava un'importanza mai messa in dubbio, ma forse mai capita davvero. Lui che adesso correva con tutti loro, ultimo della folla, trascinato indietro da quel dolore che per la prima volta lei gli aveva visto sul viso quando era arrivata a casa sua.

Lo aveva trovato a terra, svuotato, immobile, terrorizzato, con fra le mani la stessa lettera che aveva ricevuto lei. Si erano guardati per un attimo troppo breve per parlare, ma si erano capiti. Poi, lei lo aveva preso per un braccio e trascinato via, in mezzo agli altri, a correre.


 

E continuavano a correre, tutti la seguivano mentre mille pensieri di mille luoghi le si affollavano nella mente, facendo tutti da sottofondo ad un'unica domanda: dove?

Dov'era Lei?

Da dove avrebbe scelto di partire?

Da dove sarebbe caduta nello spazio vuoto che segnava il confine tra la vita e la morte?

Da dove il cielo della città l'avrebbe vista per l'ultima volta, recitare l'ultimo atto di quella vita?


 

E poi, la risposta. La risposta che trovò nelle sue gambe che presero una direzione precisa, nei suoi muscoli che accelerarono ancora di più, incuranti del dolore, nel suo cuore che le diceva che era lì, non poteva essere che lì.

La morsa che continuava a stringerle il petto le fece salire le scale ad una velocità impossibile.

Le sembrò di prosciugarsi, di perdere le sue ultime energie su quegli scalini che sembravano non terminare mai, eppure, quando arrivò sul tetto del palazzo e la vide, Lei, immobile in piedi sul cornicione, si accorse di avere ancora il fiato per urlare, per gridare come non aveva mai fatto.


 

FERMATI. NON FARLO.

 

 

 

 

 

 

NIGHTWIND'S CORNER

Allora, come premesso questa non è del tutto farina del mio sacco. Nel senso che sì, l'ho scritta io, ma senza quella bellissima perla che è «Let It Go» di Verena non sarebbe mai esistita. Il fatto è che, quando ho letto quella shot mi sono emozionata davvero tantissimo e subito dopo averla finita i pensieri di "Lei", quell'amica senza nome che corre disperatamente per salvarla, mi si sono riversati nella mente, e ho dovuto scriverli. L'autrice mi ha approvato la storia e permesso di pubblicarla quindi ve la offro così. Considerate le due shot due parti di una stessa storia, una storia d'amicizia vera.

  
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