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Autore: elyfly    22/01/2012    2 recensioni
Piccola One-Shot su Fred Weasley Jr e suo padre. Riusciranno a trvare la pace?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angelina Johnson, Fred Weasley Jr, George Weasley, Roxanne Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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La prima strofa di Innocence parte e rimbomba fino a camera mia. Non sono mai stato un grande fan dei cantanti babbani che a mia sorella Roxanne piacciono tanto, ma adesso con l'umore sotto i piedi le note lievi della canzone vanno a braccetto con la mia anima. Mi sento così depresso e arrabbiato che non mi frega neanche più del volume troppo alto. Sento mia sorella che esce lasciando la musica accesa e scende per fare colazione, insieme a mia mamma Angelina e a mia padre George. Si, il famoso George Weasley, che ha combattuto nella Grande Guerra Magica contro Voldemort. Quello che ha perso il fratello gemello, ucciso da un mangiamorte, e ha allegramente deciso di donare il suo nome al figlio. Ovviamente senza pensare che questo gli avrebbe rovinato la vita, costringendolo a vivere all’ombra di un altro, mentre tutti cercano in te qualcosa che non hai ma che quell’altro aveva. Mentre tutti si aspettano che seguirai le sue orme, senza soffermarsi a pensare che i tuoi sogni e le tue speranze possano essere altri. La mia vita è sempre stata così, fin da quando ho ricordo. Tutti hanno cercato in me un amico, un fratello o un figlio scomparso.. Nessuno si è soffermato a cercare il vero ME, a chiedere le MIE passioni o a interessarsi ai MIEI sogni. A parte mia sorella, certo. Lei è l’unica su cui possa contare, l’unica che sappia della mia passione per la musica, l’unica che sappia che ho segretamente preso lezioni di chitarra e pianoforte per anni. L’unica che sappia cosa voglio fare nella vita. L’unica che se ne sia mai interessata. Non che il resto della mia famiglia e i miei amici non mi vogliano bene, anzi. Solo che vedono in me quell’altro, quel gemello perduto amante degli scherzi e delle battute. E anche se i miei amici non l’hanno conosciuto, si comportano comunque in modo strano con me, come se camminassero sulle uova e avessero paura di romperle e precipitare da un momento all’altro. Non lo fanno apposta, probabilmente non se ne rendono neanche conto. Con mio padre poi è un disastro. Il fatto poi che io sia fisicamente identico a mio zio non fa che peggiorare la cosa. Mi vuole bene, lo so, ma è come se avesse paura a stare troppo tempo da solo con me. Per questo non abbiamo mai instaurato un rapporto vero, non abbiamo mai parlato faccia a faccia. E io sono un codardo perché non ho il coraggio di affrontarlo. Ma fa così male vedere il suo sguardo che mi evita, la sua voce che si incrina quando pronuncia il mio nome e i suoi tentativi di non parlarmi direttamente. Fa dannatamente male. Quindi da tempo ho deciso di non pensarci più. Di ignorarlo e basta, per evitare di ferirci a vicenda. Non dico che funzioni, visto tutte le volte che mi sono rintanato in camera a piangere con il petto trafitto da fitte di dolore e risentimento. Ma devo ancora costruirmi la mia corazza. E, quando ci sarò riuscito, nessuna emozione negativa potrà più scalfirmi e sarò libero. Libero da questa prigione che mi costruito uno sconosciuto. Sfortunatamente il piano di ignorare mio padre e non rimanere mai solo con lui è andato in fumo ieri sera, quando è tornato ubriaco e con un’ora di ritardo dal lavoro. Mamma era ad un allenamento delle Holyhead Harpies e lui ne ha approfittato per bere un po’ di whiskey incendiario con zio Ron. Non aveva mai retto troppo bene l’alcool. E’ entrato a casa ubriaco e barcollante mentre io strimpellavo la chitarra in salotto e Roxanne era chiusa in camera a fare i compiti. Mi si è  avvicinato e mi si è seduto di fronte, sulla poltrona. A quel punto io, infastidito e un po’ a disagio, ho smesso di suonare e l’ho guardato con aria di sfida, pensando fosse uno dei suoi soliti scherzi. Ma quando incrociai i suoi occhi, dovetti ricredermi. Erano spalancati, pieni di lacrime e fissi nei miei. Rimasi sbigottito e dopo qualche minuto cominciai a innervosirmi. Quello sguardo era inquietante, ma era come se non riuscissi a smettere di fissarlo. Dopo qualche altro minuto mio padre sembrò riscuotersi, ma non abbandonò quell’aria  trasognata che lo aveva accompagnato da quando era entrato. Al contrario allungò una mano tremante e la avvicinò al mio viso. Arrivato quasi a sfiorarlo si ritirò di scatto come impaurito, ma dopo un attimo di indecisione la riavvicinò di getto e mi sfiorò una guancia. A quel contatto il mio corpo trasalì. Non ero certo abituato a farmi accarezzare da mio padre. Nel frattempo lui mi si era avvicinato ancora di più e mi guardava fisso con quegli occhi tristi. Non saprei descrivere quello ci trovai dentro. Era una ammasso così ingarbugliato e indecifrabile di emozioni, un miscuglio di dolore, delusione, rimorso e una tristezza così immensa da far male al cuore. A quel punto mio padre cominciò a mormorare una parola a voce bassissima. All’inizio non compresi cosa stessa dicendo finché non alzò la voce. E a quel punto capì. Fred. Era quella la parola che continuava a ripetere. A voce sempre più alta fino a diventare un urlo. E a quel punto George Weasley, il famoso mago che aveva preso a parte alla guerra contro Voldemort, si buttò fra le mie braccia piangendo come un disperato. Non saprei dire cosa provai in quel momento. Era come se tutte le mie emozione si fossero spente, come se un interruttore nella mia testa fosse stato pigiato per impedirmi di provare dolore. E in quel momento ne fui molto grato. Feci sdraiare mio padre sul divano, lo coprì con una coperta e andai in cucina per prendergli un bicchier d’acqua. Ma quando tornai, stava gia dormendo profondamente. Allora cominciai a sistemare le mie cose, la chitarra, i libri e tutto quello che trovavo in giro. Non volevo fermarmi, avevo paura che se avessi smesso di muovermi l’apatia del mio cervello sarebbe cessata e avrei dovuto affrontare quello che era appena accaduto. Ma non volevo neanche affrontare mia sorella e mia madre, così poco prima del rientro previsto di quest’ultima, mi chiusi in camera e appesi un cartello che pregava di non disturbarmi. Sapevo che nessuno sarebbe entrato a chiedermi qualcosa. Era una specie di regola in casa nostra, per evitare di ferirci a vicenda. Se qualcuno non voleva essere disturbato, appendeva il cartello ed era sicuro che nessuno sarebbe entrato. Mi sdraiai sul letto, in attesa che l’interruttore della mia testa fosse pigiato nuovamente, stavolta nel lato opposto. Ebbi giusto qualche secondo di beatitudine, attimi che avrei rimpianto per il resto della nottata. Poi arrivò. Sapevo che sarebbe stata dura affrontare ciò che era accaduto, ma non mi aspettai un’ondata di emozioni così violenta. Dovetti piegarmi in due con le mani premute sull’addome mentre lacrime impotenti mi sgorgavano dagli occhi. Era così ingiusto. Così stramaledettamente ingiusto. Ondate di dolore e risentimento mi attanagliavano il petto, così potenti che faticavo a respirare. Non sono in grado di esprimere quello che provai. Mi sentivo completamente solo e abbandonato, così arrabbiato con il mondo che cercava in me qualcosa che non potevo dare. E così arrabbiato con me stesso perché non avevo il coraggio di affrontare tutti e sputar loro in faccia la verità. Io non era Fred Weasley, l’eroe che si era sacrificato per il mondo. Io non ero Fred Weasley, gemello di George e amante degli scherzi. Io non ero il Fred Weasley che aveva chiesto ad Angelina Johnson di andare con lui al ballo del ceppo o il Fred che aveva affrontato una guerra sempre col sorriso sulle labbra e una battuta pronta. Io ero una ragazzo che amava la musica. Che voleva diventare un musicista famoso e che amava gli animali. A cui piaceva andare a scuola e che era innamorato cotto di una sua compagna di casa. E questo il mondo doveva capirlo. Il dolore continuò tutta la notte, lasciandomi dormire solo qualche ora. Non avevo idea di cosa significasse provare realmente rabbia verso il mondo fino a quel momento. Avevo sempre odiato il modo in cui tutti mi guardavano, il modo in cui tutti cercavano in me un amico scomparso. Ma non era mai successo che qualcuno, nemmeno mio padre, mi parlasse scambiandomi per quell’altro. Nemmeno da ubriaco. Nelle poche ore in cui riuscì a dormire feci degli incubi tremendi, non sarei neanche in grado di descriverli. Solo un ammasso di vortici neri e rossi in cui credevo di precipitare mentre facce conosciute e non mi urlavano contro la mia colpa.
Ed eccomi qua, la mattina dopo, a sperare che la notte orribile che ho appena passato non si rispecchi sul mio viso. Sento la mia famiglia giù in cucina, probabilmente stanno facendo colazione, e mi chiedo come mai mia madre non sia ancora venuta a chiamare. Allora mi ricordo del cartello che ho appeso la sera prima per evitare che qualcuno mi disturbasse mentre affrontavo il mio demone interiore. Esco cautamente dalla porta ed entro in bagno. Mi guardo allo specchio per valutare i danni. Occhiaie scure e profonde, una faccia spaventosamente pallida e tirata, occhi assonnati e tristi e capelli completamente sparati in aria. Ottimo. Mi lavo la faccia, sperando di toglierle almeno un po’ quell’aria da zombie, e cerco inutilmente di pettinarmi i capelli. Il risultato non è molto convincente, ma ho una fame tremenda e non voglio saltare la colazione. Torno in camera con l’intenzione di cambiarmi e vedo appena in tempo mio padre uscire di soppiatto con un aspetto decisamente peggiore del mio e correre in cucina. Rivederlo non fa che accrescere il mio malessere. Chissà che è entrato a fare in camera mia. Entro senza esitazioni e mi accorgo subito della busta bianca poggiata sulla scrivania. Probabilmente conterrà qualche nuovo progetto di scherzi, o qualcos’altro riguardante il negozio. La apro svogliatamente e rimango a bocca aperta. Non sono progetti di scherzi, ne fogli riguardanti il negozio. E’ una lettera. Una lettera di mio padre. Per me. Ed intendo proprio dire per ME. Non per Fred weasley, suo gemello scomparso. Non per il signorino Weasley, co-propietario di un negozio di scherzi. E’ una lettera per Fred Weasley Junior, figlio di George ed Angelina Weasley e fratello di Roxanne. Una lettera di un padre a un figlio. Comincio a leggerla. Anche qua, come ieri sera, non saprei esattamante spiegare le emozioni che provai. Alcune frasi mi fecero piangere, altre ridere, altre arrabbiare e altre ancora commuovere. Non so dire come mi sentii dopo averla finita di leggere. So solo che, quando alzai gli occhi e vidi mio padre che mi fissava piangendo sulla mia porta, gli corsi incontro e lo abbracciai. Lo abbracciai e finalmente mi sentii al sicuro, amato e desiderato. Sentii che finalmente avrei potuto iniziare la mia vita.
 
PER FRED
Ciao Fred.

sai, non so neanche da dove iniziare questa lettera. Non ho nemmeno finito gli anni ad Hogwarts, non sarei neanche in grado di scrivere una lista della spesa. Comunque, mi dispiace. Davvero, mi dispiace tantissimo. E non solo per ieri sera. So cosa è successo, non me lo ricordo ma Roxanne ci ha spiati dalle scale e mi ha detto tutto. Non puoi immaginare come mi sono sentito quando me l’ha raccontato. E sentirti urlare stanotte. Penso sia stata la cosa più terribile. Ma non voglio chiederti scusa solo per ieri sera. Potrei dirti che ero ubriaco, che non sapevo ciò che facevo. Ma la verità è che il discorso va ben oltre quella scenetta. Sono stato un pessimo padre. Non ti ho mai seguito, non mi sono mai interessato alla tua vita. Alla tua musica. Si, so tutto anche di quello. Me l’ha detto tua sorella, ma non arrabbiarti con lei. L’ha fatto solo per farmi capire quanto diavolo sia stato stupido. Stupido e imbecille. Ma cerca di capirmi. Ogni volta che ti guardavo pensavo all’altro Fred, mio fratello, e stavo male. Ma non stavo male per colpa tua. Era solo la mia stupida caccia ad un  fantasma che ci ha fatto soffrire per così tanti anni. Ma ora basta. Ho fatto tanti errori, ti ho trascurato così tante volte. Non pensare che non mi accorgessi di comportarmi così di merda, scusa la parola ma ci vuole, con te. Mi accorgevo di farti soffrire, delle tue occhiate risentite e addolorate. Ma non avevo il coraggio. Non avevo il coraggio di parlarti. Di affrontarti. Di voltare pagina. Avevo paura di dimenticare mio fratello. E ho anteposto questa mia stupida ossessione a te. A mio figlio. Non posso neanche esprimere il dolore e il rammarico che provo per tutto quello che ti ho fatto passare. Ti prego di scusarmi. Ora ho capito. Ho capito tutto. Non posso dimenticare mio fratello, lui sarà sempre con me, come tutte i nostri scherzi e le nostre avventure. Solo che lo cercavo nel posto sbagliato. Lo cercavo in te, quando è sempre stato da tutt’altra parte: nel mio cuore. E ora che ho capito, posso finalmente lasciarti vivere la tua vita senza intralciarti. Dandoti appoggio e aiutandoti. Sempre che non sia troppo tardi. Voglio rimediare. Voglio aiutarti a studiare musica, voglio sentirti suonare, voglio vedere le partite di Quidditch con te e voglio abbracciarti. Tutti i giorni. Sempre che tu lo voglia ancora. Perché se tu lo vuoi, mio caro figlio, sappi che sono disponibile a fare tutto quello che vuoi. A suonare, a cantare, a volare,a viaggiare, a ridere, a piangere, ad amare. Sono disposto a tutto pur di stare con te. Perché ti amo, figlio mio.

  
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