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Autore: kannuki    04/09/2006    3 recensioni
Lui era per me quel che non riuscivo a dire a parole. Parlava stilizzando il mondo attorno, due voci basse che si sussurravano segreti sotto fresche lenzuola e mai avrebbero osato pronunciarli ad alta voce.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni donna è la puttana di un uomo. Io ero la sua e non avevo mai capito come fosse successo.
D’un tratto non esisteva che quel desiderio fra le dita, formicolavano al suono di passi lontani, lontani da me e da chiunque, un volto fra la folla, uno come tanti altri che guardi di sfuggita e poi mai più. Ed eccomi ad implorare dentro la testa un secondo di contatto visivo. Un momento solo, toccare il suo odore, il respiro. Come una fotografia al contrario, un bianco e nero contrastato su un muro di mattoni intonacati dalla notte.
Lui era per me quel che non riuscivo a dire a parole. Parlava stilizzando il mondo attorno, due voci basse che si sussurravano segreti sotto fresche lenzuola e mai avrebbero osato pronunciarli ad alta voce, pena la perdita di quella confidenza virtuale che non li abbandonava un solo istante.
Molti mesi erano passati dall’ultima volta che lo avevo udito stroncare il mio desiderio con parole fredde, quasi assenti ed estranee. Ed eccolo tornare sullo spezzone di un film che sapevo gli sarebbe piaciuto commentare, gli abiti e le acconciature retrò che tanto lo affascinavano raggelate in un filmato privato e notturno, un sogno che mi lasciò sospesa e in attesa, un languore indefinibile a parole a cui diedi nome con timore. Voglia. Di vederlo, di toccarlo, di assaggiare le parole che scivolavano dalla lingua e si fondevano con l’etere immobile. Voglia di osservare il suo petto alzarsi di un respiro o le sue gambe muoversi, l’atto di sedere, vicino e lontano da me, intrecciarlo a me in una contorta figura erotica che mi avrebbe lasciato prima di parole e forse, a lui, avrebbe rubato il respiro.
In quella festa a cui non darò nome ne volti, lì lo ritrovai con un gioco di sguardi che mi fruttò il batticuore, lì accolsi la sua mano sinistra che stringeva la mia, ma non come un amico o solo come un amante sa fare. Quella stretta era sua, indefinibile come la sua mente che tante volte mi aveva accarezzato e amato. Un modo che mi trasmetteva con sincerità e leggerezza e che non seppi rifiutare, perché non volevo. Lì lo trovai e lì lo persi, accompagnato da una donna dissimile da tutte le precedenti, bionda e sottile fra giunoniche rampolle dell’alta società che bagnavano tutte le sere le sedie con il loro desiderio inespresso di avere un uomo come cristo comanda che le sbattesse e le liberasse dal loro essere signore per renderle finalmente quello che sentivano essere, delle puttane frustrate con troppi soldi da spendere in vigliaccheria.
Lì ti ho perso, pensai fra me e me, ti ho perso perché il tuo cuore non era più nelle mie mani, ma la tua mente chissà. Chissà se la tradiva liberando la fantasia di altre donne al momento giusto. Chissà se mi pensava mai, la notte, accompagnato dal suono della sua tromba preferita di cui non poteva fare a meno.
Mi presi la mano tirandola a te, uno sguardo che mi conosceva. Ti chinasti, due parole all’orecchio della biondina che annuì, l’aria innamorata che solo i primi mesi si manifesta sui volti delle giovani donne, e mi portasti via, lontano da quella giungla di falsità che conversava dispensando sorrisi ipocriti e materialisti.
E la notte che ci accolse, una notte così non la ricordo e non la vivrò mai più. La ricerca di qualcosa che non seppi dirmi, mi guidò fino a te e ci bastò solo un attimo a tornare nei nostri vecchi corpi, quelli che amavamo accarezzare restando lontani. Mi stringesti le mani, distendendo le braccia e poi tirandomi a te, senza dir nulla, un gesto che mi parve troppo frenetico e istintivo da parte tua, così abituato a ponderare e aspettare. La mia foto al contrario, un istante per registrare la pelle, i suoi pori, i piccoli puntini scuri di barba che si intravedevano sotto le guance e il mento che incurvava in labbra che non avevo mai baciato. Toccavo il tuo corpo restandone lontana, toccavo il tuo odore e mi piaceva, un quadro perfetto, da film hollywoodiano che si ripeteva più e più volte nella mia testa.
Non conoscevo troppe parole per descrivere un bacio e non ne conosco ora, ora che sei partito in chissà quali luoghi, con la tua bionda esile e le braccia solcate dalle mie dita che tanto amavi. Non le conoscevo mentre mi affondavi contro, vestito di idee e passione. Ero la puttana della tua mente, nient’altro fra noi che quel perfetto legame carnale.

  
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