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Autore: thom_riddle    22/01/2012    0 recensioni
Un ragazzo di colore inizia a frequentare un college..
[Trama ancora non accertata. Scritto di getto giusto come schizzo e orientamento del personaggio]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[AVVERTENZE INIZIALI. QUESTO PRIMO CAPITOLO è SCRITTO DI GETTO E NON HA ACCENNI ALLA TRAMA FUTURA]

Il sole mi brucia la pelle di primo mattino. Sento il calore accogliente che ti fa venir voglia di sorridere appena sveglio, ma non è così purtroppo…
‘’Vuoi chiudere quella cazzo di finestra, mamma?’’ mormorai con fare da zombie sotto coperta.


-La legge del menefreghismo.

Si direbbe proprio un ‘buongiorno’ da come s’è presentato; un giorno normale per un matto, no? Per fortuna io lo sono e ciò mi fa star bene a dire il vero. In questa parte della terra, o in questa parte del continente Americano, o in questa parte di questo stato, o in questa parte della città o in questa parte della mia periferia, esser matti è una cosa normale.
Comunque sia mi alzo dal dannato letto giusto per non sentire la stessa lamentela matrigna e quotidiana, che tutto fa tranne che farmi star bene le orecchie. E’ insopportabile quando si lamenta; soprattutto per le stesse ridicole cose! ‘’Leva le t-shirt di qui, leva i calzini di lì e non farmi trovare i tuoi CD sparpagliati per questa sottospecie di camera che non è altro che un bazar!’’. Solite storie che ti mandano a fanculo i coglioni e te li fanno girare a trecentosessanta gradi. ‘’La camera è mia! Non posso tollerare che ogni santo giorno tu ci entri dentro!’’ Rispondo alzando di poco la voce come se fossi una cassa di uno stereo con il volume regolabile.
‘’Io sono tua madre e finché tu vivrai in questa casa dovrò badare io a te!’’ Mi frastuona i timpani.
‘’Ho 18 anni! Oggi inizio il College mamma! Ho quasi passato del tutto la fase dei teenager e fra poco sarò pronto per essere un adulto!’’ Le riscontro tutto uscendo dalla stanza e portando la tarantella per i corridoi.

Ho fatto colazione col mio solito muffin bianco con scaglie di cioccolato e un po’ di succo di mirtillo. Ne vado matto!
Bene è l’ora di vestirsi bene per il College o sennò farò una cattiva impressione già dall’inizio. Cerco di seguire le regole per sopravvivere alle scuole elevate:
Regola numero 1. Farsi una buona reputazione e mantenerla tale.
Regola numero 2. Seguire per sempre la regola numero 1.

Una bella camicia scozzese d’un verde che s’intona con la cravatta della divisa che, ahimè, dovrò portare.
Infilo i pantaloni, i calzini e le scarpe per poi aggiustarmi i capelli. Sono un figurino! Il mio sorriso bianco è in rilievo nello specchio. Ho una vita tormentata da i miei, ma sono felice..molto feli..
..ce.               I miei occhi si soffermano su una foto di famiglia. Risaliva sicuramente a circa sette anni fa. Mia madre sorridente con folti capelli biondi che le ricadevano lungo le spalle e in parte dietro la schiena. Snella e formosa. I suoi occhi azzurri sono stupendi. Mio padre invece appare robusto e con fisico scolpito; allora poteva permetterselo, Dio!
I suoi capelli rossi e alzati a spazzola erano buffi come il suo viso giocherellone. Delle lentiggini ricoprivano il pallido viso, ma poco si notava rispetto a quegli enormi occhi verdi. Profondi occhi color smeraldo che sembravano ospitare una foresta pluviale all’interno.
Il quadro di razza che tutti vorrebbero essere. L’essere  umano perfetto. Però c’ero io.
Denti sorridenti e bianchi, non lo dubito. Faccino arrotondato e simpatico. Ero carino, non lo dubito.
Perché allora sono nero?

‘’Mike Stevenson! Interrogato alla lavagna!’’ accentava la mia maestra delle elementari.
Ero pronto quel giorno, come tutti i giorni d’altronde..ho sempre studiato io. Avanzavo verso la cattedra quando partì il primo sgambetto. ‘Un normale scherzo’ pensai. Iniziai a risolvere l’espressione dettata dalla maestra e la risolsi in un batter d’occhio.
‘’Bravissimo Mike! I tuoi compagni dovrebbero prendere spunto da te!’’ esclamò la maestra alla classe.

Boom. Un ragazzo a fine giornata mi prende per il collo della maglia e mi sbatte al muro. Era un ripetente che dovrebbe trovarsi in seconda media. Bocciati due volte, ma come si fa? Comunque sia mi ringhiava in faccia. Sembrava un cane. ‘’Sporco negro, io non voglio essere giudicato come una persona peggiore di te!’’ mi buttò a terra. ‘’Mio padre non vuole che tu stia in questa città, dice che la gente come te in futuro rovinerà la società. Siete da sterminare!’’ Un calcio nel fianco e un liquido denso in faccia. Mi aveva sputato. Non avevo voglia d’urlare o piangere..non me la sentivo. Mi rialzai poco dopo che se ne fu andato e tornai dolorante a casa non raccontando niente a nessuno. Non era la prima volta che succedeva e non fu neanche l’ultima. Anzi fu il prologo del primo romanzo d’una lunga serie di torture.
Dissi ai miei che ero caduto e loro ci vollero credere, ma erano comunque preoccupati per me.


Brutti ricordi erano passati per la mia mente alla vista di quella foto. Avevo passato da un pezzo la fase del rifiuto della mia razza originaria, ma con quella immagine era tornato tutto al bordo e ci mancasse poco all’eruttamento del vulcano dei miei sentimenti. Sapevo benissimo che un mare di depressione avrebbe danneggiato me e chi mi stava intorno. Quindi scossi il capo, presi un bel respiro e ritornai alla realtà che mi circondava.
Scesi pronto a puntino con lo zaino in spalla e i rasta perfettamente sistemati. Baciai mia madre e lasciai un messaggio a mio padre che era al lavoro per poi uscire di casa. Ero libero da quel carcere di casa. Aria pulita. Libertà.
  
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