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Autore: V a m p i r e    22/01/2012    4 recensioni
Sulle prime pagine dei giornali c'è una nuova notizia: l'ereditiera Violet Landau è stata uccisa, la polizia brancola nel buio. Kaylee Harrison si trova catapultata nel suo primo caso, e questa novella Veronica Mars non è famosa per la sua calma...
Genere: Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hello :D grazie grazie a tutti quelli che mi seguono e recensiscono, capitolo personalmente dedicato alla mia nipotina bella, una delle migliori amiche che si possa avere!!
Allora, note sparse:
You're my best friend è una canzone dei Queen.
Caroline è ispirata all'attrice Candice Accola, e un collage delle mie migliori amiche.
Jason mi è spuntato fuori durante la bozza, sul serio non avrei mai pensato di creare il suo personaggio!

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4 – You’re my best friend.
 
Dopo che zio Kurt le ebbe detto della nuova vittima, Kaylee riuscì a correre fino al luogo dove l’omicidio era stato compiuto.
Generalmente i detective privati erano mal visti e nessuno l’avrebbe lasciata passare, ma dopo vent’anni di onorata carriera alla stazione di polizia c’erano permessi che altri non avrebbero neanche immaginato come ricompensa: Kurt Davies aveva diritto alle foto dei cadaveri, a documenti privati e una volta aveva addirittura fatto licenziare un dipendente mandando una lettera alle persone giuste. In quel momento lei si sentiva come un agente della CIA, dell’FBI o di quell’altra organizzazione segreta che nessuno conosceva, come la gente che lavorava nella Zona 51. Avranno avuto un nome, no?
Chissà, magari il killer è un buffo alieno-vampiro!, pensò prima di rendersi conto delle cavolate che stava pensando. Violet non era più l’unica vittima di quel pazzo, le cose iniziavano ad essere rischiose anche per un’aiutante come lei e straparlare di alieni e varie zone 51 non sarebbe stato proprio il modo giusto di risolvere il caso.
O almeno scoprire un indizio.
Uno piccolo piccolo, non chiedeva altro!
«E lei chi è? Non porta il cartellino.» La fermò un ragazzo giovane e carino, con grandi occhi nocciola, un corpo snello ma muscoloso e la pelle d’avorio. Il sorriso splendeva per il contrasto ma anche se voleva essere rassicurante lasciava trapelare consciamente una sicurezza di sé e del proprio ruolo che avrebbe intimidito la ragazza, se non fosse stata più che sicura di essere la benvenuta o quasi.
«Mi chiamo Kaylee Harrison e sono la collaboratrice di Kurt Davies, cerco informazioni sull’omicidio commesso qui... ma questo lei già lo sapeva, ovviamente.» Evitò di dire che Kurt era suo zio, come tra l’altro faceva sempre quando non era obbligata.
Non avere lo stesso cognome era un’opportunità, sarebbe stata una stupida a non coglierne tutti i vantaggi. E anche omettere di frequentare la facoltà di giornalismo non sarebbe stata una mossa furbissima, i poliziotti odiavano i ragazzini in cerca di notizie per un buon voto, e lei lo sapeva bene: aveva provato a strappare qualche bello scoop a suo zio e si era vista sbattere la porta in faccia almeno duecento volte. Se avesse detto a quell’uomo che studi faceva lui non avrebbe aspettato un secondo a prenderla per la collottola come un gattino e sbatterla fuori, raccomandata o no.
Mostrò invece il lasciapassare, come prova tangibile che non si era inventata tutto. Il ragazzo aprì il sorriso ancora di più e la prese per un braccio, con l’intento di portarla sulla scena del crimine.
«Oh, allora lasci che la aggiorni. Il mio nome è Jason Forbes, conoscevo di vista il signor Davies ma ero appena arrivato quando se ne andò. La vittima aveva appena vent’anni, mi sembra si chiamasse...» Interruppe un momento il suo monologo per leggere gli appunti che aveva preso in precedenza «Nicole Morgan, ecco. Il metodo di omicidio è uguale a quello di Violet Landau, e la cosa effettivamente fa gridare “serial killer” da tutti i pori, ma l’ispettore non ci vuole credere. Si è fissato su Kelly Landau... secondo me sta sbagliando. In effetti, le due vittime non hanno nulla in comune, Nicole frequentava il college ed era la migliore del suo corso, mentre quella Violet era una povera sbandata di diciannove anni rovinata dai soldi. Presto o tardi avrebbe fatto una brutta fine comunque.».
Kaylee si sentì un po’ ferita, senza apparente motivo, dalle parole di quel ragazzo; Era vero che Violet non seguiva un percorso regolare e poteva avere alcuni atteggiamenti da personalità borderline, ma lui l’aveva liquidata senza neanche darle una possibilità.
Scosse la testa e lo seguì mentre lui le faceva spazio tra i fotografi e gli agenti, per farle vedere il corpo senza vita di Nicole.
Non aveva mai visto un cadavere in vita sua, se non nei vari film al cinema o quando sbirciava le cartelle dei casi di Kurt. La morte non le sembrava parte del suo lavoro, fino a quando non si trovò di fronte ai suoi capelli biondi e gli occhi verdi, ancora sbarrati per la paura. Mentre Violet era stesa a pancia in giù e sembrava tutto sommato in pace, quasi addormentata nel suo corpetto nero e la gonna abbinata come nella copertina di un disco di un gruppo musicale gotico, Nicole era l’immagine del terrore.
Portava una maglietta rosa e un paio di jeans, il suo corpo era costellato di tagli e graffi e in bella vista c’era la gola squarciata. Non era coperta, gli agenti stavano facendo delle foto, e Kay dovette deglutire un paio di volte per cercare di non vomitare. Il sangue era impregnato sul suo collo, ma il coltello era andato talmente a fondo che riusciva a vedersi l’osso.
«Prima volta?» Sentì una voce da lontano, stava fissando quel collo come se fosse la sua unica ragione di vita o il suo incubo peggiore.
Alzando lo sguardo ritrovò Jason Forbes che le puntò davanti uno specchio: era quasi più pallida di Nicole.
«Se ti serve... se devi...»
«Grazie, ma perderei la poca credibilità che ho se mi mettessi a vomitare in giro!» Rispose, togliendolo dall’imbarazzo. «Però, se mi potessi dire qualcosa di più, se riuscissi a farmi avere una copia del fascicolo degli omicidi... ecco, quello sarebbe davvero un grande favore.»
Sapeva che non stava giocando lealmente, ma d’altronde non lo faceva per piacere personale, bensì per risolvere un caso. O almeno era quello che cercava di ripetersi per non essere schiacciata dai sensi di colpa, in effetti non erano informazioni che avrebbe potuto darle.
Jason fece una smorfia e la guardò meglio, poteva sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi scricchiolando.
«No, non posso.» Rispose infine, e dal tono di voce si capiva che quella decisione era meditata. «Perderei il lavoro, e neanche ti conosco.».
 
Due ore dopo stava tornando a casa con le tasche vuote. Non era riuscita a estorcere nient’altro che le informazioni base da quel poliziotto, di questo passo non sarebbe mai arrivata alla fine del caso e così avrebbe dimostrato a zio Kurt di essere ancora un’inaffidabile bambina.
Si strinse il cappotto intorno al corpo e mise la chiave nella toppa, trattenendo a stento uno sbadiglio: era andava avanti e indietro tutto il giorno, e ora avrebbe dovuto mettersi dentro al suo letto e studiare l’enorme librone che era obbligata a finire per l’esame dell’Università.
Sapeva già che si sarebbe addormentata due minuti dopo aver messo la testa sul cuscino, ma tentare non nuoceva a nessuno. Tranne che alle sue occhiaie, forse.
«Sei tu? Sei veramente tu? Pensavo che ormai fossi una specie di fantasma aleggiante per la casa!» La salutò Caroline, facendo ondeggiare i lunghi capelli dorati per la casa. In un minuto Kaylee le fu addosso, e caddero insieme sul divano. Amava quei momenti tra sorelle, quando sembrava che niente potesse separarle.
«Ti aspettavi di ritrovarti come Cordelia?»
«Meno morta, però. Stavo già prenotando Angel. Vuoi un the?»
«Che ne dici invece di cibo solido?»
«Il cibo è sopravvalutato.»
«L’omicidio da parte di una coinquilina è sottovalutato, invece.»
«E va bene, cibo solido sia. Lo sai chi è stato qui?»
«Bill.» La precedette lapidaria Kay.
«Come cavolo fai a saperlo? Ha detto qualcosa del tipo “non mi arrenderò, lei è il sole per la mia abbronzatura!” e se n’è andato.»
La ragazza rise di gusto; Era sicura che Bill non avrebbe detto una cosa del genere neanche sotto tortura, però era divertente vedere come Caroline l’avrebbe ridicolizzato tutte le volte.
«Possiamo riposarci, Carotina?»
«Perché continui a chiamarmi così? Tu non sei Sandra Bullock, io non sono Nicole Kidman... e poi sono mora!»
«Sta zitta, voglio riposarmi e tu sei un ottimo cuscino».
Car mise la testa sulle sue gambe, mentre Kay divorava un panino al prosciutto con la maionese. Dopo pochi minuti sentì la biondina russare sommessamente. Sorrise, lei era la sua famiglia.
 
   
 
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