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Autore: RicksIlsa    22/01/2012    6 recensioni
James le posò un bacio sulla fronte e poi si ritrasse per guardare in quegli occhi di un bruno profondo, che sembravano sempre vedere fino in fondo alla sua anima. Non poteva nasconderle niente. Non voleva.
« Una femminuccia? » domandò infine.
Lei rise, e lui poté sentire il movimento diffondersi fino al suo bambino, a sua figlia, come se si muovesse nel grembo di Neve e condividesse il divertimento di sua madre.
« È questo che ti ha fatto mettere il broncio? »
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Untold Tale'
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A Good Father

 

 

 

 

« Emma. Si chiamerà Emma. »

James fece del suo meglio per nascondere un cipiglio mentre guidava sua moglie lontano da quel folle demonio e dalla sua prigione. Così tante cose gli gravavano la mente, ma in quel momento sembrava che a seccarlo di più fosse proprio quella che avrebbe dovuto essere la più futile. Naturalmente Neve glielo fece notare subito.

« Cosa c’è? » gli chiese, una volta che furono soli nelle loro stanze.

Scrollò le spalle e si sistemò il polsino della camicia, evitando i suoi occhi.

« Azzurro... »

Neve sospirò e gli prese la mano, attirandogli il braccio attorno a sé. L’altro braccio seguì il primo automaticamente e ben presto lei fu rannicchiata contro di lui, il suo ventre solido e tondo che gli premeva contro.

James le posò un bacio sulla fronte e poi si ritrasse per guardare in quegli occhi di un bruno profondo, che sembravano sempre vedere fino in fondo alla sua anima. Non poteva nasconderle niente. Non voleva.

« Una femminuccia? » domandò infine.

Lei rise, e lui poté sentire il movimento diffondersi fino al suo bambino, a sua figlia, come se si muovesse nel grembo di Neve e condividesse il divertimento di sua madre.

« È questo che ti ha fatto mettere il broncio? »

James le rispose con un sorrisetto e la strinse tra le braccia. Per quanto si sentisse sciocco nel farle quella confessione, era bello sentirla ridere di nuovo.

« Sì. Non che non sia felice all’idea di avere una figlia... Ma per mesi hai detto che sarebbe stato un maschio, ed è a questo che ero preparato » le disse.

« Preparato? E in che modo i tuoi preparativi saranno diversi, con una femminuccia? »

Pensò ai giocattoli, ai giochi, alle armi e alle altre cose che le carpenterie e le acciaierie avevano già iniziato a fabbricare su sua richiesta. I suoi occhi scivolarono verso l’angolo della stanza dove era fissata una vecchia spada nella sua guaina. Nella sua famiglia, veniva tramandata al primo figlio maschio da innumerevoli generazioni.

Neve seguì il suo sguardo e rise di nuovo.

« Cosa? Credi che nostra figlia non vorrà una spada? Hai dimenticato chi è sua madre? »

A questo lui sorrise, ricordando il loro primo incontro. La mano di lei salì a tracciare i contorni della cicatrice che gli aveva lasciato quel giorno, e lui volse il capo per baciarle le dita.

« Mi dispiace. È sciocco preoccuparsi quando ci sono ostacoli molto più grandi davanti a noi. »

James desiderò di poter cancellare quelle parole non appena gli furono sfuggite. Il sorriso gentile scivolò via dalle labbra di Neve, e il turbamento che aveva annuvolato il suo viso fin dal giorno del loro matrimonio subito tornò.

La baciò prima che potesse parlare.

« No. Convocherò un consiglio e questa sera discuteremo delle nostre possibilità. Per adesso, devi riposare. »

Neve sospirò ed emise un debole lamento di protesta.

« Azzurro... » boccheggiò quando lui di colpo la sollevò da terra e la portò verso il letto, sistemandola sulle coperte di morbida lana.

« Riposa. Nostra figlia dovrà essere forte e sana se vorrà essere all’altezza della reputazione di sua madre » scherzò, e le diede un altro bacio.

Neve sbadigliò e James iniziò a passare le dita tra i suoi lunghi capelli neri. Era una cosa che faceva quasi ogni notte e, come al solito, ben presto lei si addormentò con un lieve sorriso sulle labbra.

James la guardò per un po’, poi si piegò su un ginocchio, così che i suoi occhi furono all’altezza del grembo di sua moglie.

Posò una mano sul ventre gonfio e sorrise al movimento che avvertì sotto le dita.

« Piccola Emma, ti prometto che farò del mio meglio per essere un buon padre. Forse non giocheremo alla lotta, né alla corsa, né cacceremo insieme come immaginavo... » S’interruppe e lanciò uno sguardo al viso disteso di Neve, riflettendo per un istante; « o forse sì. Ma se preferirai i vestiti da principessa con fiocchi, pizzi e nastri, e se vorrai giocare a prendere il tè, potremo fare anche quello. Ti leggerò delle storie ogni sera e ti regalerò un gattino con cui giocare. Ti insegnerò a cavalcare e a nuotare. E se sarai ferita o malata, io resterò con te finché non starai bene. Canteremo e giocheremo e rideremo... » Si chinò e si protese a posare un bacio sul ventre di Neve.

Poi si alzò in piedi e prese un respiro profondo.

« ... Ma prima, devo occuparmi di alcune cose. »

Raddrizzò le spalle e uscì dalla stanza, per dare inizio ai preparativi per l’incontro del consiglio.

Biancaneve sospirò e si asciugò una lacrima, sentendo di amare il suo Principe Azzurro ora più che mai.

 

 

 

Nella testa di James vorticava un’infinità di emozioni. La strega malvagia stava scagliando la maledizione, e in quello stesso momento lei e i suoi tirapiedi erano diretti al castello. Il suo unico pensiero era stato di portare Neve al sicuro nell’armadio. Ma era troppo tardi. La bambina, Emma, stava per nascere e Neve non poteva spostarsi.

Si sentiva impotente nel guardare sua moglie contorcersi e gridare in preda all’agonia. C’era così tanto sangue, e lei sembrava soffrire così tanto, che James sapeva che doveva esserci qualcosa di sbagliato. Ma Dotto gli regalò un sorriso rassicurante, e incoraggiò Neve a continuare a spingere.

« Sta andando benissimo » gli disse il nanetto.

E poi Emma arrivò.

Il tempo sembrò rallentare mentre il nano puliva la bambina e l’avvolgeva in una coperta morbida. Dotto porse la piccola a Neve, e lei e James condivisero un breve sguardo di appassionata meraviglia prima di volgersi entrambi alla bambina che ora strillava.

La sua Emma era la perfezione in miniatura. James sfiorò la pelle liscia della sua guancia e del suo braccino. Il pugnetto era appena abbastanza grande da stringersi attorno alla punta del suo dito, ma lo fece con una forza che lo sorprese. Gli occhi si aprirono un poco tra le lacrime, e lui fu felicissimo di vedere che erano quasi dello stesso colore di quelli di Neve.

Fu un momento che sembrò durare un’eternità. Il momento in cui erano diventati una famiglia. Si sentì così pieno d’amore e di vita e di tutte le cose buone del mondo che pensò di scoppiare.

Ma l’oscurità già spingeva via la foschia dorata che li circondava. Fece tesoro della vista di sua moglie e sua figlia, le sue ragazze, e l’affidò alla memoria. Si sarebbe aggrappato a questo istante per sempre. Non importava cosa gli sarebbe accaduto, perché aveva questo. Per un attimo, aveva tutto ciò che aveva sempre desiderato. E se poteva accadere una volta, poteva accadere di nuovo...

 

 

 

James correva; Emma era ben stretta nel suo braccio, la spada nell’altro. Il cuore gli si spezzò al suono dei singhiozzi e delle grida di Neve e gli ci volle tutta la sua forza per non voltarsi e tenere la sua famiglia insieme. Era questo che ogni suo istinto gli diceva di fare.

Svoltò un angolo, e capì con sgomento che la battaglia era cominciata.

James era sempre stato fiero di essere un abile spadaccino. Non aveva mai temuto le ferite o la morte per mano di un altro, e aveva creduto che fosse il coraggio a renderlo così bravo in battaglia. Si sbagliava.

Ogni colpo che deviò, ogni affondo che schivò e ogni fendente che eluse furono pieni di assoluto terrore. Aveva in braccio il più prezioso dei tesori e una mossa sbagliata poteva significare l’impensabile. E poi, apparentemente dal nulla, venne il coraggio. Aveva ancora paura, era persino terrorizzato, ma non importava. Tutto ciò che importava era portare Emma al sicuro nell’armadio. Abbatté i suoi nemici, sentendo a stento il bruciore della spada che gli ferì la spalla, finché non ebbe raggiunto l’obiettivo.

“Mi dispiace, Emma” pensò portandola all’armadio. “Mi dispiace se non sarò lì a leggerti le storie della buonanotte, o a prendere il tè con te. Non sarò io a insegnarti a cavalcare o a nuotare. E non sarò lì quando sarai triste o malata. Invece, devo egoisticamente chiedere a te di venire a salvarmi. Ma te lo giuro, passerò ogni istante del resto della mia vita a prepararmi per te. Tu devi solo trovarmi per prima. Trovaci.”

La posò delicatamente nell’armadio e le lasciò un bacio sulla fronte.

« Trovaci. »

Ebbe appena il tempo di chiudere le ante prima che le guardie lo raggiungessero e la battaglia ricominciasse. Ma, con il suo compito portato a termine, un senso di stanca accettazione era scesa su di lui, e iniziò a perdere la volontà di difendersi. Forse la morte sarebbe stata più accettabile della maledizione della strega.

Il colpo mortale lo fece cadere a terra. Il dolore non contava, mentre guardava i suoi nemici correre all’armadio. Si mantenne cosciente abbastanza a lungo per vedere che Emma era sparita. La magia aveva funzionato.

James si lasciò travolgere dal buio col sorriso sulle labbra. Scivolò verso ciò che lo aspettava, qualunque cosa fosse, felice nella consapevolezza di aver mantenuto la sua promessa di essere un buon padre.

   
 
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