A Good Father
«
Emma. Si chiamerà Emma. »
James fece del suo meglio per nascondere
un cipiglio mentre guidava sua moglie lontano da quel folle demonio e dalla sua
prigione. Così tante cose gli gravavano la mente, ma in quel momento sembrava
che a seccarlo di più fosse proprio quella che avrebbe dovuto essere la
più futile. Naturalmente Neve glielo fece notare subito.
« Cosa c’è? »
gli chiese, una volta che furono soli nelle loro stanze.
Scrollò le spalle e si
sistemò il polsino della camicia, evitando i suoi occhi.
« Azzurro... »
Neve sospirò e gli prese la mano,
attirandogli il braccio attorno a sé. L’altro braccio seguì
il primo automaticamente e ben presto lei fu rannicchiata contro di lui, il suo
ventre solido e tondo che gli premeva contro.
James le posò un bacio sulla
fronte e poi si ritrasse per guardare in quegli occhi di un bruno profondo, che
sembravano sempre vedere fino in fondo alla sua anima. Non poteva nasconderle
niente. Non voleva.
« Una femminuccia? »
domandò infine.
Lei rise, e lui poté sentire il
movimento diffondersi fino al suo bambino, a sua figlia, come se si muovesse nel grembo di Neve e condividesse il
divertimento di sua madre.
« È questo che ti ha fatto
mettere il broncio? »
James le rispose con un sorrisetto e la
strinse tra le braccia. Per quanto si sentisse sciocco nel farle quella
confessione, era bello sentirla ridere di nuovo.
« Sì. Non che non sia
felice all’idea di avere una figlia... Ma per mesi hai detto che sarebbe
stato un maschio, ed è a questo che ero preparato » le disse.
« Preparato? E in che modo i tuoi
preparativi saranno diversi, con una femminuccia? »
Pensò ai giocattoli, ai giochi,
alle armi e alle altre cose che le carpenterie e le acciaierie avevano
già iniziato a fabbricare su sua richiesta. I suoi occhi scivolarono
verso l’angolo della stanza dove era fissata una vecchia spada nella sua
guaina. Nella sua famiglia, veniva tramandata al primo figlio maschio da
innumerevoli generazioni.
Neve seguì il suo sguardo e rise
di nuovo.
« Cosa? Credi che nostra figlia
non vorrà una spada? Hai dimenticato chi è sua madre? »
A questo lui sorrise, ricordando il loro
primo incontro. La mano di lei salì a tracciare i contorni della
cicatrice che gli aveva lasciato quel giorno, e lui volse il capo per baciarle
le dita.
« Mi dispiace. È sciocco
preoccuparsi quando ci sono ostacoli molto più grandi davanti a noi.
»
James desiderò di poter
cancellare quelle parole non appena gli furono sfuggite. Il sorriso gentile
scivolò via dalle labbra di Neve, e il turbamento che aveva annuvolato
il suo viso fin dal giorno del loro matrimonio subito tornò.
La baciò prima che potesse
parlare.
« No. Convocherò un
consiglio e questa sera discuteremo delle nostre possibilità. Per
adesso, devi riposare. »
Neve sospirò ed emise un debole
lamento di protesta.
« Azzurro... »
boccheggiò quando lui di colpo la sollevò da terra e la
portò verso il letto, sistemandola sulle coperte di morbida lana.
« Riposa. Nostra figlia
dovrà essere forte e sana se vorrà essere all’altezza della
reputazione di sua madre » scherzò, e le diede un altro bacio.
Neve sbadigliò e James
iniziò a passare le dita tra i suoi lunghi capelli neri. Era una cosa
che faceva quasi ogni notte e, come al solito, ben presto lei si
addormentò con un lieve sorriso sulle labbra.
James la guardò per un po’,
poi si piegò su un ginocchio, così che i suoi occhi furono
all’altezza del grembo di sua moglie.
Posò una mano sul ventre gonfio e
sorrise al movimento che avvertì sotto le dita.
« Piccola Emma, ti prometto che
farò del mio meglio per essere un buon padre. Forse non giocheremo alla
lotta, né alla corsa, né cacceremo insieme come immaginavo...
» S’interruppe e lanciò uno sguardo al viso disteso di Neve,
riflettendo per un istante; « o forse sì. Ma se preferirai i
vestiti da principessa con fiocchi, pizzi e nastri, e se vorrai giocare a
prendere il tè, potremo fare anche quello. Ti leggerò delle
storie ogni sera e ti regalerò un gattino con cui giocare. Ti
insegnerò a cavalcare e a nuotare. E se sarai ferita o malata, io resterò
con te finché non starai bene. Canteremo e giocheremo e rideremo...
» Si chinò e si protese a posare un bacio sul ventre di Neve.
Poi si alzò in piedi e prese un
respiro profondo.
« ... Ma prima, devo occuparmi di
alcune cose. »
Raddrizzò le spalle e uscì
dalla stanza, per dare inizio ai preparativi per l’incontro del
consiglio.
Biancaneve sospirò e si
asciugò una lacrima, sentendo di amare il suo Principe Azzurro ora
più che mai.
Nella
testa di James vorticava un’infinità di emozioni. La strega malvagia
stava scagliando la maledizione, e in quello stesso momento lei e i suoi
tirapiedi erano diretti al castello. Il suo unico pensiero era stato di portare
Neve al sicuro nell’armadio. Ma era troppo tardi. La bambina, Emma, stava
per nascere e Neve non poteva spostarsi.
Si sentiva impotente nel guardare sua
moglie contorcersi e gridare in preda all’agonia. C’era così
tanto sangue, e lei sembrava soffrire così tanto, che James sapeva che doveva esserci qualcosa di
sbagliato. Ma Dotto gli regalò un sorriso rassicurante, e
incoraggiò Neve a continuare a spingere.
« Sta andando benissimo »
gli disse il nanetto.
E poi Emma arrivò.
Il tempo sembrò rallentare mentre
il nano puliva la bambina e l’avvolgeva in una coperta morbida. Dotto
porse la piccola a Neve, e lei e James condivisero un breve sguardo di
appassionata meraviglia prima di volgersi entrambi alla bambina che ora
strillava.
La sua Emma era la perfezione in
miniatura. James sfiorò la pelle liscia della sua guancia e del suo
braccino. Il pugnetto era appena abbastanza grande da
stringersi attorno alla punta del suo dito, ma lo fece con una forza che lo
sorprese. Gli occhi si aprirono un poco tra le lacrime, e lui fu felicissimo di
vedere che erano quasi dello stesso colore di quelli di Neve.
Fu un momento che sembrò durare
un’eternità. Il momento in cui erano diventati una famiglia. Si
sentì così pieno d’amore e di vita e di tutte le cose buone
del mondo che pensò di scoppiare.
Ma l’oscurità già
spingeva via la foschia dorata che li circondava. Fece tesoro della vista di
sua moglie e sua figlia, le sue ragazze,
e l’affidò alla memoria. Si sarebbe aggrappato a questo istante
per sempre. Non importava cosa gli sarebbe accaduto, perché aveva
questo. Per un attimo, aveva tutto ciò che aveva sempre desiderato. E se
poteva accadere una volta, poteva accadere di nuovo...
James
correva; Emma era ben stretta nel suo braccio, la spada nell’altro. Il
cuore gli si spezzò al suono dei singhiozzi e delle grida di Neve e gli
ci volle tutta la sua forza per non voltarsi e tenere la sua famiglia insieme. Era questo che ogni suo istinto
gli diceva di fare.
Svoltò un angolo, e capì
con sgomento che la battaglia era cominciata.
James era sempre stato fiero di essere un
abile spadaccino. Non aveva mai temuto le ferite o la morte per mano di un
altro, e aveva creduto che fosse il coraggio a renderlo così bravo in
battaglia. Si sbagliava.
Ogni colpo che deviò, ogni
affondo che schivò e ogni fendente che eluse furono pieni di assoluto
terrore. Aveva in braccio il più prezioso dei tesori e una mossa
sbagliata poteva significare l’impensabile. E poi, apparentemente dal
nulla, venne il coraggio. Aveva ancora paura, era persino terrorizzato, ma non
importava. Tutto ciò che importava era portare Emma al sicuro
nell’armadio. Abbatté i suoi nemici, sentendo a stento il bruciore
della spada che gli ferì la spalla, finché non ebbe raggiunto
l’obiettivo.
“Mi dispiace, Emma”
pensò portandola all’armadio. “Mi dispiace se non
sarò lì a leggerti le storie della buonanotte, o a prendere il
tè con te. Non sarò io a insegnarti a cavalcare o a nuotare. E
non sarò lì quando sarai triste o malata. Invece, devo
egoisticamente chiedere a te di venire a salvarmi. Ma te lo giuro,
passerò ogni istante del resto della mia vita a prepararmi per te. Tu
devi solo trovarmi per prima. Trovaci.”
La posò delicatamente
nell’armadio e le lasciò un bacio sulla fronte.
« Trovaci. »
Ebbe appena il tempo di chiudere le ante
prima che le guardie lo raggiungessero e la battaglia ricominciasse. Ma, con il
suo compito portato a termine, un senso di stanca accettazione era scesa su di
lui, e iniziò a perdere la volontà di difendersi. Forse la morte
sarebbe stata più accettabile della maledizione della strega.
Il colpo mortale lo fece cadere a terra.
Il dolore non contava, mentre guardava i suoi nemici correre all’armadio.
Si mantenne cosciente abbastanza a lungo per vedere che Emma era sparita. La
magia aveva funzionato.
James si
lasciò travolgere dal buio col sorriso sulle labbra. Scivolò
verso ciò che lo aspettava, qualunque cosa fosse, felice nella
consapevolezza di aver mantenuto la sua promessa di essere un buon padre.