Fanfic su artisti musicali > All Time Low
Segui la storia  |       
Autore: Aine Walsh    23/01/2012    5 recensioni
In quella calda giornata di metà Giugno l’aeroporto straboccava di gente da tutte le parti, come se le vacanze estive fossero state anticipate per tutti. C’era chi saliva e chi scendeva dalle scale mobili, chi entrava e usciva dai gate, chi salutava amici e parenti con un «Torno presto» e chi esclamava trionfante «Sono tornato!», chi perdeva tempo passeggiando tra i negozi o sorseggiando qualcosa allo Starbucks e chi si affrettava per paura di non riuscire a prendere il volo, e così via.
Ma posso assicurare che tutti, proprio tutti, erano in compagnia.
Eccetto me, naturalmente.
[...]
Amanda Blair Morris, ventidue anni. Nata da padre americano di Baltimora e madre italiana, da otto anni risiedeva a Roma, Città Eterna, ma era stata invitata dal sottoscritto a trascorrere l’estate negli USA.
Ed era la mia migliore amica.
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ad Emm's,
che mi sopporta e che non conosce bene gli ATL xD
Non vedo l'ora che arrivi il 12 <3

But we don’t even know
what love could do to us

 
 

Capitolo uno - Alex
 
In quella calda giornata di metà Giugno l’aeroporto straboccava di gente da tutte le parti, come se le vacanze estive fossero state anticipate per tutti. C’era chi saliva e chi scendeva dalle scale mobili, chi entrava e usciva dai gate, chi salutava amici e parenti con un «Torno presto» e chi esclamava trionfante «Sono tornato!», chi perdeva tempo passeggiando tra i negozi o sorseggiando qualcosa allo Starbucks e chi si affrettava per paura di non riuscire a prendere il volo, e così via.
Ma posso assicurare che tutti, proprio tutti, erano in compagnia.
Eccetto me, naturalmente.
Da più di un’ora e mezza ero seduto su una panchina nell’ala degli arrivi, non facendo altro che aspettare che quel dannato aereo atterrasse.
Avevo ormai perso ogni speranza, mezzo addormentato sul freddo sedile in metallo, quando finalmente dagli speaker venne annunciato che il pilota era finalmente riuscito ad arrivare.
Felice come una Pasqua, mi ridestai da quello stato di semi incoscienza e mi diressi verso il gate indicato, abbastanza elettrizzato.
L’attesa sembrava prolungarsi ancora e non finire mai, da quella porta scorrevole usciva gente di ogni sesso ed età, e io guardavo i volti di tutti in modo interrogativo, quasi a pregarli di dirmi dove si fosse cacciata.
Quando alla fine la vidi.
I riccioli color mogano erano allungati parecchio rispetto a come li ricordavo, arrivandole fin sotto il seno, coprendolo; ben fissati sulla testa, come da suo solito, portava un paio di Carrera rosso fiammanti che impedivano ai capelli di ricascarle sugli occhi castano dorato.
Indossava una canottiera a strisce bianche e blu e un paio di jeans che le arrivavano fino a metà coscia, e si muoveva lentamente mentre, con l’aria smarrita, muoveva il capo a destra e sinistra per cercare di trovarmi in mezzo a quella folla.
La chiamai due o tre volte, ma la gente era talmente tanta che il suono delle loro voci messe insieme ricopriva la mia. Feci per avvicinarmi e notai che aveva lo sguardo fisso nella mia direzione, così alzai subito la mano e lei annuì venendomi incontro.
Aprii le braccia, già pronto ad abbracciarla; peccato solo che il saluto fu lontanamente diverso da quello che mi aspettavo.
Un calcio allo stinco. «Stronzo!» esclamò.
E non aveva tutti i torti.
Amanda Blair Morris, ventidue anni. Nata da padre americano di Baltimora e madre italiana, da otto anni risiedeva a Roma, Città Eterna, ma era stata invitata dal sottoscritto a trascorrere l’estate negli USA.
Ed era la mia migliore amica.
«Che ho fatto?!» domandai toccandomi la parte indolenzita.
«Questo è il punto: niente! Quante mail ti ho mandato?».
«Tante…».
«E tu a quante hai risposto?».
Domanda a trabocchetto.
Mi rialzai cercando di trovare risposta, quand’ecco che mi diede un altro calcio nell’altro stinco.
«Cazzo, vuoi piantarla?!».
«Perché dovrei? E’ quello che ti meriti per aver abbandonato la tua migliore amica».
«Io non ti ho abbandonata!» protestai.
Dal modo in cui mi guardò capii subito di averla detta grossa.
«Senti, - cominciai - è vero, negli ultimi tempi sono stato un po’ assente...».
«Diciamo pure negli ultimi nove mesi» corresse.
«Nove mesi? Com’è possibile, non è vero!».
Altra occhiataccia. Sospirai.
«Ok, hai ragione e ti chiedo scusa, d’accordo? Però tu lo sai, questo è un lavoro sporco, bello, ma sporco, e non ho più il tempo di stare con la mia famiglia e vedere i vecchi amici... Figurati che saranno secoli dall’ultima volta che ho visto mia madre!».
«Punto primo, io non sono i “vecchi amici”; punto secondo, tua madre non abita così lontano come vuoi farmi credere».
Sorrisi divertito. «Non ti sfugge niente, eh?».
«Affatto» rispose lasciando intravedere un po’ i denti bianchi mentre sorrideva a sua volta.
Potei guardarla per un istante negli occhi prima che mi si lanciasse contro gettandomi le braccia al collo.
«Dio, quanto mi sei mancato, Alex!» sussurrò al mio orecchio.
«Anche tu, Amy, anche tu», l’abbracciai forte di rimando. «Adesso andiamo, su. Sembra tanto la scena di un film romantico e non ho voglia di apparire sulle copertine dei giornaletti per adolescenti con gli ormoni in subbuglio, specie se la ragazza accanto a me è quel mostro della mia migliore amica» sentenziai mentre afferravo il carello con i bagagli e iniziavo a spingerlo verso l’esterno.
«Ai suoi ordini, popstar. Ah, e per la cronaca, tu accanto a me puoi solo essere invidiato» ribatté con una palesemente finta aria di superiorità.
La guardai scettico attraverso gli occhiali. «E perché dovrei?».
«Mi pare ovvio! Perché sei vicino ad uno splendore del genere, no?».
Ridemmo entrambi a quella sua battuta.
«Uhm, pensare che ricordavo avessi un basso livello di autostima».
«Ricordi bene, tranquillo. Anche se la mia autostima non è ad un basso livello, è solamente sei piedi sotto terra... O forse anche più giù».
La guardai mentre camminava al mio fianco, chiedendomi perché si ostinasse ancora a credere di essere brutta. Alta, slanciata, forse le cosce erano leggermente più grosse, ma chi se ne importava, non era mai stata orrenda come si descriveva.
«Per favore, evitami i tuoi drammi esistenziali. Vuoi che te lo dica? Te lo dico, va bene: sei un cesso. Contenta?».
«Povero Alex, sono appena arrivata e già gli faccio dare di matto. - rise battendomi qualche pacca sulla spalla - Tranquillo Will, mi comporterò bene in questi due mesi e mezzo. Piuttosto, parliamo di te adesso; come va con la band e tutto il resto?».
Caricai la prima valigia nel cofano. «Non ne sai niente?».
«Lo stretto indispensabile. Aspettavo di sentire tutto dalla tua bocca».
«Beh, abbastanza bene. I Feel Like Dancin’ se la sta cavando per niente male al momento, e abbiamo già in progetto un tour di quattro o cinque mesi che dovrebbe iniziare a Gennaio. Ultimamente tutti non fanno altro che ripeterci che abbiamo ormai scalato quasi tutto l’Everest e stiamo per arrivare in cima».
Vidi uno scintillio nei suoi occhi e fui certo di avere la sua stessa espressione dipinta sul volto.
«Tutto questo è stupendo, parola di R.U.P.R.» disse. 
Un lontano ricordo mi investì dritto in faccia e istantaneamente mi sembrò di vedere proiettato in bianco e nero quel momento su di un grande telo.
«R.U.P.R., Raccattatrice Ufficiale di Peluches e Reggiseni. Te lo ricordi ancora!» esclamai sorpreso.
«E non sono la sola».
«Non potrei mai dimenticarlo. Di groupie ce ne sono tante, ma di R.U.P.R. ce n’è una sola. In pratica è un modo carino e originale per dire che sei disposta a seguirmi dappertutto ma che non vuoi farti sbattere...».
«Oh, Alex!» sbottò sdegnata.
«...O almeno, che non lo vuoi da me». Presi a ridere a gran voce, intanto che le sue guance si tingevano di rosso scarlatto.
«E con questo che vuoi dire?», la sua voce uscì imbarazzatissima e quasi mi pentii di aver fatto quella battuta. Quasi, però.
«Niente». Le aprii lo sportello, feci il giro della mia auto e andai ad occupare il posto guida.
Restammo in silenzio per qualche minuto; l’unico suono tra noi erano le parole di una canzone alla radio che non conoscevo e il rumore del motore.
Le lanciai un’occhiata di sbieco per cercare di capire dal suo viso se fosse offesa o cosa.
Aveva la testa poggiata contro il vetro del finestrino, assorta in chissà quali pensieri mentre, come faceva sempre quando rifletteva, si rigirava una ciocca di capelli tra le dita. Più che arrabbiata, mi sembrava solo avesse una gran voglia di dormire.
«E con Giò come va?».
«Giò?» domandò stranita.
«Ma sì, Giò… Sai, no? Il tuo ragazzo…».
Sentii che mi stava guardando. Sbuffò rumorosamente prima di dire: «Cercherò di evitare di dirti che probabilmente te ne sei fregato altamente di quella mail come probabilmente anche di tutte le altre che ti ho scritto, e questo spiegherebbe anche perché non mi è mai giunta nessuna parola di conforto da parte tua… Ma ho detto che non te lo dirò, e quindi vado dritto al sodo. Ci siamo lasciati. Quattordici mesi fa per l’esattezza».
Che ero nella merda, non ci voleva molto a capirlo. Mi rimproverai di essere una dannata testa di cazzo, Zack me lo diceva sempre e finalmente capii che non aveva tutti i torti.
Non sapendo cosa poter dire - sarebbe stato inutile azzardare qualcosa - me ne restai zitto, concentrandomi sulla strada che mi scorreva sotto le ruote.
Dopo un po’ Amanda continuò. «Ti ricordi Marta? La mia affezionata vicina di casa? Ecco, più che a me, era affezionata al mio ragazzo. E anche lui le voleva parecchio bene».
Mi sentii terribilmente dispiaciuto nell’ascoltare quelle parole, ma mi faceva più male sapere di non essere stato con lei in quel momento e neppure di essermi fatto sentire per consolarla.
Mi complimentai con me stesso per averla abbandonata con una grande quantità di improperi mentali.
«E’ un coglione. - sentenziai infine - Uno che tradisce una ragazza come te, o è coglione o è coglione, non c’è alternativa. Che mai avrà visto in quella lì? E’ una sciacquetta! Un cesso! Ed è pure piatta, oh sì. Tu sei di gran lunga meglio, non c’è dubbio! Cioè, poi vorrei ben dire…».
«Alex, - mi interruppe con calma e dolcemente - ormai è passato, anzi, trapassato. Non c'è più motivo di arrabbiarsi. Quel bastardo mi ha tradito con quella troia, però è meglio così, fidati. Ormai il peggio è stato superato».
«Sono contento di sentirti parlare in questo modo, ma... - sospirai - Mi dispiace di non esserti stato accanto».
«Non preoccuparti. Per stavolta è andata e ti perdono, ma ti consiglio vivamente di stare attento alla prossima», abbassò leggermente gli occhiali e schiacciò l’occhio destro.
«Quindi adesso sei single?».
«Assolutamente. Libera, allegra e spensierata come quando avevo quattordici anni».
Sorrisi, «La California sarà piena di bei fusti, ne sono sicuro. Anche se nessuno potrà mai essere più figo di me, è ovvio...».
«Aspetta, la California?» domandò con non poco stupore nella voce.
«Si dà il caso che io e ragazzi abbiamo deciso di affittare una casa vacanze dall'altra parte dello Stato, e dato che tu sei con me...».
Attimo di pausa. Ero pronto ad aspettarmi che la bomba scoppiasse e che la sua felicità uscisse fuori.
«Oh. Mio. Dio. Oh mio Dio! Questo è fantastico! Dove andiamo?».
«L.A., baby!» urlai energicamente in risposta.
«Los Angeles! Alexander William, io ti adoro!» esclamò scuotendomi freneticamente per un braccio.
Era una bella giornata soleggiata e fra un’ora circa saremmo arrivati al JFK di New York, dove avremmo preso un aereo che in serata ci avrebbe portati lontano da lì.
Andava tutto a meraviglia e avevo la stupenda sensazione che niente, proprio niente, sarebbe riuscito a rovinarmi quell’estate passata a prendere il sole con la mia migliore amica di sempre su una dorata spiaggia di Los Angeles. 


 


Cry me a river...

Bonsoir! Prima volta che pubblico qualcosa in questa sezione...
Prima di tutto, cosa abbiamo capito da questo primo capitolo?
1. Che è estate (magari *__*);
2. Che Alex e Amanda sono migliori amici;
3. Che passeranno le vacanze in California;
4. Che io sono una schiappa e mi ostino ancora a scrivere.

Allora, beh... Le NdA mi mettono sempre in crisi, lo ammetto T.T
Ah, ecco! Il raiting è giallo per via del linguaggio (se dovesse darvi fastidio ditemelo, ok? u.u) e per nient'altro.
E poi, si vedrà, si vedrà...
Sto iniziando a dare di matto (sarà colpa della nomination degli ATL ai Grammy *_*) e credo sia meglio che vada...
Tanti cari saluti e tante grazie a chi si filerà 'sta cosa,

A.

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > All Time Low / Vai alla pagina dell'autore: Aine Walsh