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Autore: Phantasia Imaginatio    24/01/2012    14 recensioni
SPOILER 2x03!
 
« Te l'ho detto come andrà finire » fece Moriarty. « La tua morte è l'unica cosa che fermerà gli assassini ».
John sospirò ma, allo stesso tempo, caricò con fermezza la pistola.
Si affacciò.
Sherlock era in piedi sul cornicione pronto a...
Un momento.
Ad uccidersi per lui?
 
[Lieve John/Sherlock]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Lestrade , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi non sono di mia proprietà.
Appartengono a Sir Arthur Conan Doyle, rivisati dalla BBC. ;)






I Believe in Sherlock Holmes.

 

 

***

 

John Watson era un dottore dai saldi principi morali ed un determinato senso del dovere, al quale rispondeva sempre con costanza.

Quella volta, però, quella dannata volta, decise inconfutabilmente di farne a meno.

Da quando aveva messo piede al 221b aveva iniziato inoltre a sviluppare la fantomatica scienza della deduzione.

E sapeva che, quella volta, doveva trasgredire agli ordini imposti dal suo cervello.

 

 

***

 

 

Il suo telefono squillò.

John, lentamente, a causa di tutta quella stanchezza provata, lo prese.

« Sì, sono io » rispose. « Che cosa?! »

Sherlock lo guardava sottecchi, prima che il medico scattasse in piedi.

«Cos'è successo? Sta bene? »

Era palesemente preoccupato.

Sherlock, d'altro canto, non muoveva un solo muscolo, rimanendo con i piedi sul banco.

« Oh mio dio! » esclamò il medico. «Sì, arrivo immediatamente ».

Dopo di che concluse la chiamata, suscitando un minimo di interesse da parte del collega.

« Chi era?» chiese quest'ultimo, impassibile.

« I paramedici » lo informò. « Hanno sparato alla signora Hudson! »

« Cosa? Come? » domandò a sua volta Sherlock.

Il viso enigmatico, era del tutto rilassato.

Come se la cosa non lo toccasse.

« Forse per colpa di uno di quegli assassini che hai atterrato! Gesù, Gesù! » imprecò il medico, muovendosi avanti e indietro. « Sta morendo, Sherlock! Andiamo! »

In compenso, John ricevette una risposta deludente quanto inquietante.

« Vai tu, sono occupato ».

Che cosa?!

« Occupato?!» sputò il dottore, incredulo, girando sui tacchi e avanzando pericolosamente verso di lui.

« A riflettere, ho bisogno di riflettere » rispose l'altro, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.

« Hai bisogno di...Non ti importa di lei?!»

Sconvolto.

Ma non quanto arrabbiato.

« Una volta hai ammazzato uno perché l'ha toccata con un dito! » lo accusò il dottore.

Non poteva crederci.

« E' la mia padrona di casa » rispose l'altro, tranquillamente.

« STA MORENDO! » urlò John.

Del resto, il suo collega era sempre stata una persona menefreghista.

Ma mai fino a questo punto.

Dio, la signora Hudson era in pericolo di vita!

Necessitava un dannato invito scritto, forse?

Niente. Nessuna reazione.

Sherlock Holmes era un mostro.

« Sei un robot! » gli ringhiò con foga, scandendo bene le parole. « Al diavolo ».

Sì, che se ne vada al diavolo. Lui, e i suoi dannatissimi pensieri.

«Al diavolo tutto questo! » disse infine esasperato, prima di andarsene. «Rimani qui, se vuoi. Da solo ».

« Stare da solo è tutto quello che ho, mi protegge » rispose pacatamente.

Cristo, lo odiava. Eccome se lo odiava.

« No » puntualizzò John mentre apriva la porta, con in mano la sua inseparabile giacca. «Gli amici ti proteggono ».

 

 

***

 

 

Chiuse con fermezza la porta alle sue spalle e si avviò, sparendo dalla visuale del suo collega.

Il respiro era irregolare ma, con un passo quasi schematico, riuscì a perfezionarlo.

Sentì un'altra porta chiudersi, situata sicuramente al piano superiore.

Si bloccò un attimo decidendo poi di avanzare, auto convincendosi fosse solo un frutto della sua irrazionale immaginazione -come spesso la definiva Sherlock-.

Inspirò meccanicamente e strinse le nocche.

Non poteva crederci.

Non voleva crederci.

Quel mostro in quel laboratorio non era lo stesso Sherlock Holmes con cui viveva.

Raggiunse le scale quando, dalla sala da cui era uscito, fece capolino il suo amico.

Si nascose, sperando che il collega non lo scoprisse. E così fu.

Ma dove diavolo sta andando?!

Infatti, Sherlock, si appropinquò verso la scalinata per dirigersi sopra, presso l' ultimo piano.

Da dove era provenuto il rumore della porta.

O meglio, dove era situata la terrazza.

E se ci fosse qualcosa sotto?

Dopo tutto gli sembrava allucinante il fatto che Sherlock liquidasse in quella maniera disumana un pericolo di morte di una persona cara.

Ma certo!

Quella volta non sarebbe andato a Baker Street, per vedere le condizioni della sua padrona di casa, no.

Sarebbe rimasto.

Sapeva che era la cosa giusta da fare.

Ormai era da tempo che conosceva Sherlock, il suo collega, il suo coinquilino, il suo miglior amico.

E quella volta aveva capito.

Aveva capito che il problema della signora era solo un diversivo, creato dallo stesso investigatore.

Voleva cacciarlo.

Ma perché?

Mentre questi dubbi lo martoriavano, aspettò che Sherlock chiudesse la porta.

Nel frattempo, fece una rapida chiamata: chiamò Stamford, un suo amico, per andare a constatare realmente la salute della signora Hudson.

Almeno, non si sarebbe sentito in colpa.

Quando John sentì la porta cigolare, decise di avanzare.

Non intascò il telefono, decidendo così di tenerlo in mano.

Cristo, era chiusa!

La porta di ferro, che lo divideva dalla terrazza, avrebbe fatto sicuramente rumore.

Ma da fuori proveniva della musica.

Staying' Alive ”.

Oh, Gesù bambino.

Sapeva benissimo a chi appartenesse quella musica.

M o r i a r t y.

Coperto dalla simpatica melodia, aprì la porta lentamente.

Dopo di che rimase lì ed ascoltò.

« Per tutta la vita ho cercato distrazioni...» diceva la voce detestabile di Moriarty.

Si affacciò di poco per scrutare la scena.

Il pazzo era seduto sul cornicione, mentre Sherlock girava in tondo.

Prima che potessero accorgersi della sua presenza, ritirò la testa, nascondendola dietro la porta.

« E tu eri la mia distrazione migliore, ma ora non ho più neanche te...Perché ti ho battuto» concluse.

«E sai una cosa? » gli chiese nuovamente, con voce sognante. « Tutto sommato è stato semplice ».

Fu allora che a John gli venne un'idea, sensazionale.

Prese il telefono e iniziò a registrare.

Se avesse fatto un video se ne sarebbero sicuramente accorti, ma, riprendendo soltanto l'audio, forse avrebbe avuto qualche vana speranza di salvezza.

« Ora dovrò tornare a giocare con le persone normali, e a quanto pare anche tu sei una persona comune, come loro ».

Conoscendo Sherlock, non c'era peggior insulto, al mondo, di questo.

John ridacchiò.

Forse anche per colpa del nervosismo.

« Hai quasi iniziato a chiederti se esistessi davvero? » gli chiese. « Te l'ho quasi fatta, eh?! »

Eccolo, finalmente il momento clou.

Ma perché diavolo Sherlock non rispondeva?

La voce di Moriarty si era fatta più vicina e John immaginò che si fosse alzato per osservare meglio il consulente investigativo.

« Richard Brook » disse il suo collega.

« Sembra che nessuno capisca la battuta » fece Moriarty quasi offeso. « A parte te ».

« Certamente ». Ora riusciva a riconoscerlo. « Richard Brook in tedesco è Reichenbach, il caso che mi ha fatto diventare famoso ».

Il medico si massaggiò la tempia appoggiando la testa alla porta mentre socchiudeva gli occhi.

« Cercavo di divertirmi un po' » rispose Moriarty.

Attimo di silenzio.

Ma che ca..?

«Bene, hai capito anche questo » declamò Moriarty.

Dio, se fosse riuscito a vedere!

« Colpetti che equivalgono a cifre » sentenziò Sherlock. « Ogni colpetto è uno, ma quando non colpisci è uno zero. È un codice binario. Ecco perché tutti quegli assassini hanno tentato di salvarmi la vita. Era nascosto dentro di me, dentro la mia testa, alcune semplici cifre che possono introdursi in qualunque sistema ».

« L'ho detto a tutti i miei clienti » rispose Moriarty. « L'ultimo che arriva a Sherlock è una femminuccia ».

« Sì, ma ora che l'ho capito posso usarlo per alterare tutti i registri. Posso uccidere Richard Brook e riportare in vita Jim Moriarty! » esclamò Sherlock.

John sbuffò.

L'aveva in pugno, ormai.

« No no no, è troppo semplice...»

John inarcò il sopracciglio, con un espressione inebetita.

Che diavolo significava “troppo semplice”?

« Non c'è nessuna chiave, STUPIDO! » gli urlò contro.

Oddio, oltre ad essere completamente folle era anche lunatico.

« Quelle cifre non hanno significato, non hanno assolutamente nessun significato » lo denigrò seduta stante, Moriarty. « Non penserai davvero che un paio di stringhe di un codice informatico possano distruggere il mondo intorno a noi? Sono deluso ».

Effettivamente, senza poter intravedere il viso dell'uomo, John percepì la sua delusione.

« Ma il ritmo... »

« Partita numero uno! Ti ringrazio Johann Sebastian Bach ».

Okay, si sentiva totalmente perso.

« Allora come hai fatto a ...»

« Entrare nella torre, nella banca e nella prigione?! UN SEMPLICE FURTO! »

In un certo senso era sollevato perché, da quel poco che udiva, nemmeno Sherlock doveva aver afferrato molto.

Ergo, sperava con tutto sé stesso stesse fingendo.

« Bisogna solo trovare dei partecipanti disponibili. Sapevo ci saresti cascato! »

Era, di fatti, impossibile che fosse uscito incolume dal tribunale.

« E' la tua debolezza » declamò. « Vuoi sempre che tutto sia intelligente. Ora finiamo il gioco? »

In effetti, questa volta si trovò d'accordo con Moriarty.

« Un atto finale » continuò quest'ultimo. « Sono felice che tu abbia scelto un edificio alto. È un buon modo per farlo ».

In questi casi, purtroppo, non bisognava essere geniali quanto Sherlock Holmes.

« Farlo? Fare cosa? » La voce di Sherlock gli sembrava talmente titubante da non sembrare sua. « Sì, ma certo. Il mio suicidio ».

A John gli si fermò bruscamente il respiro.

Il suo ...suicidio?

« Geniale detective si rivela una frode » continuò Moriarty. « L'ho letto nei giornali, quindi dev'essere la verità. Adoro i giornali. Fiabe. E anche piuttosto spaventose ».

Dio, no.

In quel momento, il telefono di John vibrò.

Aveva ricevuto un messaggio.

 

John, sono andato a casa tua.

La Signora Hudson è un fiore.

Ti spiace se le rubo un tea?

M.S.

 

« Strozzatici, Mike » borbottò John, rincuorato.

« Posso ancora provare che hai un'identità falsa! » sputò Sherlock.

« Oh, suicidati e basta, faresti molta meno fatica » gli propose Moriarty. « Forza. Fallo per me ».

John scattò in piedi furibondo, decidendo solo dopo di tranquillizzarsi.

Il suo amico non avrebbe mai approvato una mossa avventata.

« Voglio darti un piccolo incentivo » disse il pazzo. « I tuoi amici moriranno se non lo farai ».

« John? » chiese incredulo Sherlock.

L'uomo in questione si irrigidì.

Aveva pronunciato veramente il suo nome?

Il medico si sentì avvampare, come se avesse dieci anni.

« Non solo John » continuò Moriarty. « Tutti quanti ».

Fu allora che il dottore concluse la registrazione, salvandola.

Vide gli ultimi numeri delle chiamate effettuate, inviando il nuovo reperto ad uno abbastanza utilizzato: Lestrade.

Con tanto di messaggio.

 

Sherlock e Moriarty, sul tetto del Barth's.

Non venire con le auto della polizia, ma porta una squadra con te.

Manda uomini al 221b.

Ascolta ciò che ti ho inviato.

Sarei rincuorato se ti dessi una mossa.

 

JW.

 

« Tre assassini, tre vittime » continuò Moriarty. « E' impossibile fermarli adesso, a meno che non ti vedano buttarti di sotto ».

Merda!

La polizia doveva muoversi, doveva fermare questa strage.

Dio santo!

Dall'agitazione si tastò il retro dei pantaloni, estraendo una pistola.

Se la violenza avesse chiamato, non avrebbe tardato a rispondere.

Mentre cercava di origliare meglio, alzò con disinvoltura la manica della giacca per scoprire l'orologio.

La sua attenzione venne imprigionata però dal sottile, quanto odioso, dolore del polso destro.

Vivido ancora, il segno delle manette.

Abbozzò un sorriso.

 

 

***

 

Vicolo londinese.

Polizia alle calcagna.

Notte fonda.

Ammanettato al polso del suo migliore amico.

La corsa risultava sempre più difficoltosa, fino al punto che, Sherlock, propose l'unica soluzione valida.

« Prendi la mia mano ».

Sentì il viso avvampare, ma non declinò l'offerta ricevuta.

Anzi.

La colse immediatamente.

Un brivido, non dovuto all'adrenalina, gli percorse la schiena.

Era agitato, non tanto per la corsa, quanto per l'emozione.

Sentiva il suo palmo divenire incredibilmente incandescente.

Come al solito, cercò di sdrammatizzare la situazione, ormai non più tanto insolita.

«Adesso la gente parlerà senz'altro » borbottò.

Non seppe mai quale fu la reazione del compagno, a causa del buio e dell'ansia provata.

Riuscirono a scappare, come fossero una coppia di fidanzati in fuga.

Rise a quest'idea.

Dopo di che, l'amico, invece di semplificare la via di fuga, la peggiorò.

Si scapicollò contro una porta di ferro e, con eleganza, la scavalcò, facendo schiantare il medico dall'altra parte.

«Sherlock, aspetta» lo chiamò burbero, afferrandolo per il cappotto.

Lo sbatté contro la porta.

Si trovarono faccia a faccia.

Sentiva il respiro affaticato accarezzargli il viso.

Deglutì per poi assumere una atteggiamento serioso ma, allo stesso tempo, ironico.

« Serve un po' più di coordinazione ».

 

 

***

 

Una vibrazione lo portò alla realtà.

Scosse la testa e vide il telefono.

Nuovo messaggio, mittente: Lestrade.

Dio, grazie.

 

Siamo in cinque.

Tu dove sei?

 

GL.

 

 

John roteò gli occhi e scrisse più velocemente possibile.

 

 

Sulla terrazza. La porta è mezza chiusa.

Non ho nessuna intenzione di mettervi fretta, ma ci sono tre assassini pronti a farci fuori.

 

JW.

 

 

« Te l'ho detto come andrà finire » fece Moriarty. « La tua morte è l'unica cosa che fermerà gli assassini ».

Rumori provenienti dalle scale.

Dio, sono quasi arrivati.

John sospirò ma, allo stesso tempo, caricò con fermezza la pistola.

Si affacciò.

Sherlock era in piedi sul cornicione pronto a...

Un momento.

Ad uccidersi per lui?

L'ex militare spalancò gli occhi dal terrore e, una mano, gli afferrò la spalla, tirandolo indietro.

« Siete arrivati, grazie a Dio » disse.

« Sì. Ho portato gli uomini migliori » gli fece segno Lestrade, mostrando la squadra con la pistola.

« Non vedo Donovan e Anderson » rispose il medico inarcando il sopracciglio.

« Appunto ».

John rise.

« Un momento » si disse, rivolgendosi all'investigatore. « Hai sentito quello che ti ho inviato? »

« Certamente, se no non sarei qui ».

« Giusto ».

« Comunque, ottima mossa quella del cazzotto, dottore. Mi complimento » fece sarcastico Lestrade.

« Oh, vero. Aggressione ad un pubblico ufficiale. Quanto rischio? » chiese disinteressato John, affacciandosi nuovamente.

« L'ergastolo sicuro. Cosa aspettiamo? »

« Il momento adatto » fece John, pacato. « Tre assassini in zona vogliono fare fuori me, te e la signora Hudson ».

« L'avevo capito » gli rispose Lestrade. « Per questo ho mandato una grossa squadra al 221b e altri in borghese negli edifici adiacenti ».

« Ottima idea » si complimentò il dottore.

« Grazie. Sherlock non l'avrebbe mai apprezzata ».

 

«Grazie, Sherlock Holmes » fece Moriarty. « Grazie. Dio ti benedica »

Ora vedeva bene la scena e, fortunatamente, Sherlock non era più in piedi sul cornicione.

Adesso stringeva la mano del folle.

« Finché io sarò in vita, tu potrai salvare i tuoi amici.. Hai una via di..»

Uno sparo.

Uno.

Non letale.

Ma doloroso, decisamente doloroso.

James Moriarty si accasciò al suolo, gridando dal dolore.

La pistola, scivolò rumorosamente dalla tasca dei suoi pantaloni.

Sherlock, immobile, vide la sua nemesi per terra, agonizzante.

Si girò verso il punto da cui era partita la pallottola.

Vedendo il mittente, abbozzò un sorriso.

John Watson, con in mano, una pistola ancora fumante.

E, dietro di lui, cinque poliziotti guidati da Lestrade.

Corsero subito verso Moriarty.

« James Moriarty » proclamò l'ispettore di Scotland Yard. « Ti dichiaro in arresto per tentato omicidio, furto ed inquinamento delle prove ».

Gli uomini lo tirarono su, ammanettandolo.

« Questa volta nessuna mazzetta verrà consentita » gli mormorò Lestrade. « Forza, portatelo via e controllate i palazzi intorno ».

E così, lasciarono la scena.

Sherlock, ancora incredulo, si sistemò con disinvoltura la sciarpa per poi raggiungere il collega con passo lento.

« Immaginavo » disse semplicemente, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

« Cosa? » chiese lui.

« Che saresti venuto in mio aiuto. Come quella storia del tassista. Solo che oggi ti sei sprecato mentre, quella volta, l'hai assassinato ».

« Scusa se ti ho salvato la vita » rispose burbero il medico, suscitando un ghigno dell'amico.

« Come al solito, John, la tua mente elementare ed oziosa non è giunta alla problematica fondamentale del mio, non troppo impegnativo, ragionamento ».

Oh, beh, dopo avergli salvato la vita, gli sembrava il minimo essere offeso.

« E sarebbe?! » ringhiò il dottore.

« Che ti devo alcuni favori » rispose pacatamente lui, congiungendo le mani dietro la schiena ed incamminandosi verso la porta.

Il suo sguardo era sempre vacuo.

« Mi staresti ringraziando? » chiese John, inarcando i sopraccigli.

« Più o meno ».

« Un semplice grazie sarebbe più che gradito » borbottò il biondo, quasi sottovoce.

« Sei andato a controllare la salute della signora Hudson? » domandò il moro, facendo passare prima l'amico.

« Non sviare il discorso, Sherlock! » lo minacciò John di spalle.

« Mi sembravi così arrabbiato, era per sapere se ti fossi calmato ».

« Dio santo, a saperlo ti abbandonavo nelle mani di Moriarty! »

« Poco elegante come al solito, mio caro blogger ».

« Almeno ti saresti schiantato al suolo e tanti saluti! »

« John? » lo appellò il moro, varcando la porta, mentre seguiva l'amico.

« CHE DIAVOLO VUOI?! » gli urlò contro furibondo, solcando lunghi passi fino ad arrivare faccia a faccia con il suo collega.

Faccia a faccia era un parolone, datosi che John era la metà del coinquilino.

« Grazie » rispose gentilmente quest'ultimo.

« Oh, beh... » John tossì, arrossendo.

Un attimo di silenzio tra i due.

Il medico non si era accorto della incredibile vicinanza dei loro visi.

« Ti saresti buttato veramente per salvarmi? » mormorò il biondo, guardando in alto.

« Salvarvi » lo corresse Sherlock, fissandolo.

John trasalì nel momento in cui incontrò i suoi occhi gelati.

Quello sguardo gli faceva sempre lo stesso effetto.

«Vabè, ci siamo capiti … » si affrettò ad aggiungere il medico, evitando la figura imbarazzante.

« Comunque, certo che no, blogger » lo canzonò Sherlock. « Ci speravi? »

« Io no, ma la Donovan ed Anderson sì ».

Entrambi risero.

Erano vicinissimi.

Troppo vicini.

I loro respiri si erano fusi in uno solo.

Fu allora che John prese coraggio.

« Senti, Sherlock.. io...»

...

« John, John! »

« Mmmh? » chiese il medico.

Un momento, ma dove diavolo si trovava?

Strinse gli occhi per visualizzare meglio la scena, inspiegabilmente seduto sulla sua amatissima poltrona.

La signora Hudson, vestita di nero, gli premeva la mano contro il braccio.

« John, alzati » lo sollecitò nuovamente. « E' ora di andare ».

John si resse la tempia per vedere quella stanza decisamente ordinata per i suoi gusti.

Pacchi e scatole si trovavano ovunque e, la poltrona davanti a sé, era vuota.

Rabbrividì.

« Vada a chiamare il taxi, signora Hudson, arrivo in un attimo ».

«John » gli disse, senza incontrare lo sguardo del dottore. « Mancherà pure a me ».

Dopo di che, venne inghiottita dal buio della rampa di scale.

 

 

***

 

 

«Questa chiamata... è il mio biglietto ».

Sherlock si ergeva dal cornicione dell'ospedale con il cellulare in mano ma, la prospettiva del medico, questa volta era diversa.

Si trovava in strada e lo guardava dal basso.

« E questo che si fa, no? » chiese la voce incrinata di Sherlock. « Si lascia un biglietto ».

« Quando si lascerebbe un biglietto? »

« Addio, John ».

« No... non...»

Tardi.

Troppo tardi.

Sherlock aveva gettato il cellulare sul tetto.

« SHERLOCK! » urlò invano il medico.

Fu un attimo.

Un'eternità.

Il corpo di Sherlock si stendeva a terra, privo di vita.

Sherlock Holmes era morto.

 

***

 

Una lacrima, muta, scese lungo la guancia.

John se l'asciugò noncurante con la manica.

Inspirò e riprese fiato.

Dio, era un militare.

Non l'aveva salvato.

La colpa era solo sua.

E la sua mano ne era la prova.

Tremava.

Mycroft, un anno prima, gli aveva fatto notare che il tremolio era sparito solo quando era andato a vivere con Sherlock.

E adesso?

Era tornato nuovamente.

Strinse il pugno.

Moriarty l'aveva costretto a suicidarsi.

Moriarty esisteva.

Moriarty l'aveva ucciso.

« John » chiamò nuovamente la signora Hudson, da sotto. « E' arrivato il taxi ».

Il medico fissò un'altra volta la poltrona di fronte a lui e sillabò cinque parole sorde.

 

Io credo in Sherlock Holmes.

 

Si alzò meccanicamente e si diresse verso la porta.

Incurante di essere seguito dal miglior consulente investigativo -e forse unico- di sempre.

 

 

*Fine*

 

 

Salve a tutti.

Ecco, qui volevo solo appuntarvi qualche mia piccola nota al riguardo della One-Shot (-ona) di sopra.

Spero che la storia sia arrivata abbastanza e che non vi abbia fatto del tutto schifo.

Siate clementi, è la prima che scrivo su Sherlock.

(Infatti si vede)

Comunque, ho voluto utilizzare come protagonista John, il mio personaggio preferito <3.

So che sembrerà molto ambigua, tanto quanto brutta, ma è una sorta di esperimento.

Spero tanto che i protagonisti vi siano sembrati abbastanza IC e, in caso contrario, la cancellerò seduta stante.

Vi invito a recensire.

 

PI.

  
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