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Autore: ArchiviandoSogni_    24/01/2012    3 recensioni
Vi è mai capitato di sentirvi soffocare? Di sentire le parole mancare perché c’è troppa desolazione nel vostro cuore?
 
Diana si sente confusa e sola, sedotta ed abbandonata al flusso frenetico di una vita sempre uguale.
Il lavoro che credeva suo, il lavoro che aveva amato fin da piccola; non la soddisfa più. Gli amici le propinano consigli che lei non riuscirà mai a seguire e l’amore è l’unica cosa che cerca di evitare come la peste. Dopo dieci lunghi anni di fidanzamento, è stata abbandonata un mese prima del fatidico sì dall’unico uomo che reputava ormai il suo intero mondo.
Ma si sa, dopo aver toccato il fondo, si può solo risalire.
Se la sua lunga rincorsa verso la felicità , la porterà al cuore di una vecchia conoscenza è solo un dettaglio. Se quell’uomo poi era il suo primo amore, ancora peggio.
E se la paura è sempre li ad osservarci, tampinarci ed ossessionarci, l’amore ci riempirà man mano di sicurezza, rendendoci poi esseri capaci di amare e di essere amati.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo ANHC

La forza di continuare a vivere è quanto di più nobile possa esistere.
La forza che ci spinge ad effettuare giorno dopo giorno : ogni passo, ogni fatica, ogni piccolo sacrificio ; è magica.
Siamo esseri forti, anche nella più profonda e logorante debolezza.
Siamo migliori di quel che pensiamo davvero.

 

Prologo

Vi è mai capitato di sentirvi soffocare? Di sentire le parole mancare perché c’è troppa desolazione nel vostro cuore?

 
A 25 anni suonati, non avrei mai creduto di necessitare, con forza maniacale, una svolta decisiva nella mia vita. Ho un’impellente esigenza di scappare da questa piccola città che soffoca ogni mia passione ed ogni minima possibilità di realizzazione personale.
Dopo essere stata abbandonata sull’altare dopo 10 anni di fidanzamento, credevo che la solitudine fosse la mia unica alternativa, la mia solitaria ancora di salvezza dall’oceano desolato della disperazione.
Quanto mi sbagliavo.
 
Mi ero illusa di poter fermare il cuore e racchiuderlo semplicemente in una gabbia di ferro, dimenticandomi del potere indomabile della ruggine logorante.
Mi ero illusa di poter scegliere di non innamorarmi più di nessun’altro idiota di genere maschile, scordando la quantità di uomini presenti nella mia vita.
 
Ma nonostante quello strano turbamento emotivo, ero ancora lì.
In quella cittadina, legata ad un lavoro che stava assorbendo pian piano ogni mio interesse nella vita e pressata da un passato che non voleva darmi scampo.
Ecco perché in quel momento ero seduta, come al solito, sul lettino dello studio psichiatrico di James Hall.
Quell’uomo che, più dei miei stessi parenti e amici, mi aveva sollevata dal baratro, ripulito le ginocchia sbucciate e sanguinanti ed aveva avvolto il mio esile corpo, in una coperta calda dal sapore della sincerità mista ad uno strano affetto, anche se professionale.
 
 
“Buona sera, Diana. Allora, come stai?”
Quegli occhi nocciola, profondi e grandi, mi fecero sorridere con calore.
“Molto bene. Tu James? Scusa se ho saltato la seduta di lunedì sera, ma dovevo badare a quelle pesti dei miei nipoti.”
Lui sorrise e si sedette poi sulla sedia rossa di fianco a me. Più volte mi ero chiesta perché lui si ostinasse ad utilizzare quel mezzo così scomodo, mentre dava ai suoi pazienti poltroncine sontuose e un lettino in stile Luigi XIV da far invidia ai migliori salotti parigini del XVIII secolo.
“Non è per denaro, Diana.”Mi aveva detto solo due mesi prima “Con una poltrona comoda rischierei di rilassarmi troppo e non ascoltare a dovere i miei pazienti. È una forma di rispetto, capisci?”
 
Eh sì.
Avevo capito perfettamente che quell’uomo così dannatamente gentile, mi avrebbe incastrata inconsciamente tra quel lettino perfettamente ricamato e la semplicità di quello sguardo puro e genuino.
James non era semplicemente il mio psicologo, ma un amico di vecchia data di mio fratello. Il mio primo amore, probabilmente. L’affascinante amico di famiglia che mi aveva sempre trattato come una sorella e non come una ragazza. Però, ad essere sincera con me stessa, James era diventato l’angelo custode che mi aveva salvata dell’oblio del dolore e della paura. E anche se lui non mi aveva mai ricambiata in passato, aveva deciso comunque di aiutarmi quando mio fratello gliel’aveva chiesto. Insomma, un uomo gentile e dal cuore d’oro.
 
“Stai tranquilla, Lucille mi ha avvertito in tempo. A proposito di nipoti… Come sta Nicholas? È da un po’ che non lo sento. Dimmi, cerca ancora di diventare primario?”
Il mio sorriso si trasformò velocemente in una risalta elegante, facendomi ricordare quel disastro ambulante di mio fratello.
“Cosa posso dirti. Nonostante abbia 30 anni e due magnifici bambini, è rimasto lo stesso ragazzino che mi fregava le caramelle dalla nonna. Sogna sempre e comunque, ma credo che prima o poi, il posto di primario in Cardiologia sarà suo. Sai, anche sua moglie Lisa lo prende in giro dicendogli di fare il papà, invece che il ragazzino sognatore. Ma nulla da fare. Nick è e rimarrà per sempre un eterno Peter Pan.”
James appoggiò i gomiti sulle proprie ginocchia, scuotendo la testa e calzando una smorfia allegra.
“È l’unico compagno di corso che ricordo con felicità immensa. L’unico amico che ho da 20 anni e che non mi ha mai abbandonato. Quel posto se lo merita, all’università ce la metteva proprio tutta; più di me ad essere sinceri.”
Si allentò la cravatta, mostrandomi quei denti perfetti e bianchissimi che mi provocavano sempre un leggero moto d’invidia.
 
Non era bello.
James, era affascinante.
 
Quel classico tipo di uomo che poteva avere qualunque donna, solamente per la sua voce bassa e profonda, e per i suoi modi perfetti ed eleganti.
Era un uomo, non un ragazzino.
Era un uomo e non era Peter.
“Me lo ricordo perfettamente. Lui passava notti intere a studiare, mentre insultava il suo compagno di corso, genio scansafatiche, che collezionava 30 come figurine Panini. Davvero, credo che durante i corsi universitari ti odiasse molto.”
“E per fortuna non ha mai saputo quanto poco studiassi in realtà. Purtroppo o per fortuna, sono sempre stato dotato di una mente molto pragmatica che metabolizza qualsiasi cosa senta.”
Presi a mangiucchiarmi un’unghia laccata di rosso, ripensando ironicamente al mio passato e alla felicità che una volta mi aveva contraddistinta e che ora mi sembrava solo un ricordo sbiadito dai rimpianti.
 
Perché Peter mi aveva privato di tutto quello?
Perché mi aveva fatto diventare una donna priva di carattere ed ambizioni?
 
Sbuffai e James se ne accorse. Mi porse il consueto bicchiere d’acqua e fu così che presi a parlare come al solito della mia vita frenetica e un po’ troppo monotona.
“Allora le ho detto : Mrs Jackson se il suo Chihuahua inghiottisce ogni cosa che trova sotto il suo musetto, non è mica colpa mia. Quel mostriciattolo si è divorato una gomma ed una penna del mio studio! E io dovevo anche sentirmi quell’isterica grassona che malediva la mia competenza. Indubbiamente, hanno entrambi qualche problema di incontinenza verso il cibo.”
Lui scoppiò a ridere tamburellando le dita sopra un ginocchio.
“Quella donna ti farà impazzire prima o poi. Gente come Mrs Jackson, sono ormai la prassi anche per me. Senza l’aggiunta del Chihuahua con lo stomaco d’acciaio, si intende.”
Ridemmo entrambi della stranezza della vita. Parlare con James era sempre stato così rassicurante e semplice, così giusto e perfetto.
“Peter invece si è fatto risentire?”
Mi innervosivo sempre ad udire quel nome ed il fatto che lui non mi risparmiasse quella piccola tortura, mi infastidiva alquanto.
A volte perdevo di vista il fatto che lui ora fosse il mio psicologo ed io una sua ordinaria paziente.
“No. Dopo la telefonata di due settimane fa, penso che abbia capito di lasciarmi perdere. Voglio dire, dopo avermi mollata ad un mese dal fatidico , come può avere il coraggio di farsi sentire e parlarmi come se niente fosse? Come può ancora accampare pretese su di me? Sono decisamente irritata, scusa. Purtroppo non mi sono bastati sei mesi per purificare il mio sangue. Sento ancora l’amaro in bocca.”
Mi misi una mano tra i capelli per ravvivarli. Quando ero nervosa tendevo a farlo di frequente e probabilmente nemmeno quel gesto meccanico e continuo, era sfuggito allo sguardo attento e clinico dell’uomo.
“Il mondo è pieno di gente stupida. Sta a te decidere che trattamento riservagli; io ad esempio preferisco di gran lunga l’indifferenza.”
Ci scambiammo uno sguardo lento prima che qualcuno bussasse alla lunga porta scorrevole.
“Avanti.”
“Scusi Dottor Hall, il paziente delle 20 ha disdetto proprio ora. Ha dovuto portare il nipote all’aeroporto d’urgenza e non ha potuto avvisare prima.”
James assentì con la testa, prima di congedare Lucille e ritornare a guardarmi con una nuova luce nello sguardo.
La stanchezza mentale e fisica, in qualche modo ci accumunava.
“Stasera posso staccare prima, ma sento che prima di mezzanotte non tornerò a casa. Purtroppo quando ami troppo il tuo lavoro, trascuri tutto il resto.”
Quelle parole le sentivo mie più che mai, ma non lo dissi apertamente per paura del suo giudizio. Anche se avevamo un atteggiamento molto aperto e amichevole, lui rimaneva pur sempre la persona che doveva psicanalizzarmi. Doveva smontare le mie certezze incastrate ormai indissolubilmente nella maniera sbagliata e sistemarle, con cura e precisione, nel modo giusto.
Chissà quanto tempo ci sarebbe voluto, chissà se sarei mai ritornata quella di un tempo.
“Bene Diana, anche per oggi abbiamo finito. Ci vediamo lunedì sempre alle 19?”
Acconsentii con il capo e lo salutai con una ferma stretta di mano. Ogni volta, quel dopobarba inebriante mi impregnava non solo le nadici ed i vestiti, ma anche i polmoni sembravano essersi abituati alla piccola e lenta inalazione che mi veniva concessa inconsciamente.
“Mi raccomando, stai tranquilla e sorridi come hai fatto oggi. Il volto di una donna bella come te, non deve essere solcato da lacrime o rughe tristi; va bene?”
Sorrisi e leggermente imbarazzata, mi voltai, abbandonando quello studio grande e familiare.
 
Dovevo fermare il mio cuore prima che fosse troppo tardi.
Dovevo impedire di innamorarmi un’altra volta della persona sbagliata.
 
 
 
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Ciao a tutte!
Questa storia è un esperimento e non so con che frequenza l’aggiornerò.
Spero di non aver scritto delle schifezze e di avervi introdotto, decentemente, il mondo un po’ complicato di Diana. Lei non è una donna facile da capire, però se avrete la pazienza di seguire il suo percorso di crescita, potrete innamorarvene davvero. Io sento già di capirla molto, anche se siamo molto diverse. Un amore lungo 10 anni è qualcosa di estremo e la sua successiva rottura deve essere davvero devastante.
Ma A New Day Has Come, non è una storia triste e pesante, è un inno alla speranza.
Spero di non avervi annoiato!
Per tutte le vostre domande, potrete leggere sotto come contattarmi.
 
Vi auguro una buona serata e vi mando un grosso bacione!
 
A presto <3





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