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Autore: Forbidden17    24/01/2012    1 recensioni
La magia era sempre esistita per servire gli uomini. Gli stregoni combattevano ai confini del mondo con il loro potere per proteggere l'entroterra dalle orde di progenie demoniaca. Ma cosa accadrebbe se fossero i demoni a controllare gli stregoni, e quindi la magia?
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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367 a.C.

 

Il vecchio sedeva chino su un tavolino di legno, fiocamente illuminato da una candela ormai ridotta a un mozzicone. La fiamma tremolante guizzava sulle parole che via via la sua mano tracciava sulla pergamena srotolata davanti a sé.

Ogni tanto drizzava la schiena, si stropicciava gli occhi e riposava qualche secondo, solo per intingere nuovamente la penna nell’inchiostro scuro e ricominciare a scrivere.

La stanza era ingombra di ogni genere di oggetti; gli alti scaffali erano stati svuotati dei libri che, presumibilmente, vi erano riposti e una borsa di cuoio sul giaciglio al lato della stanza testimoniava un’imminente partenza.

Scriveva in modo febbrile da ore, e solo quando la cera si consumò del tutto e la candela si spense sollevò lo sguardo dalla sua opera incompiuta.

Al buio, stanco e solo… doveva finire.

Mosse appena la mano e una fiammella arancio danzò sopra il manoscritto.

Sospirando, l’uomo si curvò di nuovo e poggiò la punta della penna sul bordo del calamaio, rassegnato al suo destino.

All’improvviso, la serratura scattò e la porta si aprì violentemente, lasciando che una giovane guardia facesse irruzione nella stanzetta.

“Maestro! Stanno attaccando la fortezza, sono sbucati dappertutto come funghi e…” l’altro non gli lasciò il tempo di finire che scattò in piedi con un urlo di rabbia; ora non aveva più nulla del vecchio decrepito di poco prima: teneva la barba bianca ben curata e sul capo presentava una calvizie appena incipiente. la corporatura era ancora robusta e si reggeva fiero sulle gambe. Non dimostrava affatto i centosettant’anni che aveva.

“Maledizione! Non ho ancora finito di trascrivere!” disse, raccogliendo le carte e il rotolo di pergamena sullo scrittoio e afferrando in fretta la bisaccia adagiata sul suo letto.

Imprecando, uscì dalla stanza portandosi dietro la fiammella aranciata nel corridoio di pietre.

Mosse il braccio in cerchio e le fiaccole del perimetro si ravvivarono di una forte luce dorata.

La guardia lo raggiunse e chiese disposizioni.

“Difendete la fortezza! Non devono entrare finché il sapere non verrà messo al sicuro!”

“Sì, signore!”.

Il Maestro si precipitò verso un estremo del corridoio, manoscritto alla mano, dopo aver afferrato una torcia dalla parete.

Scese in fretta le scale umide che portavano ai piani inferiori del forte, scavato nella roccia di un’imponente montagna.

Duro granito. Di questo era fatta la fortezza dell’estremo Est, così chiamata perché rappresentava l’unico ostacolo che impediva ad eventuali nemici infiltrati nell’entroterra di raggiungere le città interne, indifese ad eccezione della capitale e delle città più grandi.

L’ultima cosa che si sarebbe aspettato era un attacco di progenie demoniaca.

I demoni avevano infettato la Terra con il loro seme del male molto tempo prima, anche se lui era stato uno dei primi ad aver studiato l’argomento.

Avevano portato la loro corruzione tra gli uomini, che si trasformavano in bestie assatanate, con un unico scopo: conquistare tutto ciò che era conquistabile e servire i demoni maggiori, o arcidemoni, che cercavano disperatamente di assumere una forma stabile.

Le invasioni dei cosiddetti “mezzi demoni” venivano però respinte dai grandi bastioni dell’est, posti sulle alte montagne, che fermavano le orde grazie alla forza degli eserciti in essi contenuti e, soprattutto, grazie alla posizione privilegiata di cui godevano.

Tuttavia c’erano stati periodi bui per il mondo; i mezzi demoni erano più volte riusciti ad aggirare o a superare le mura e a scatenare il panico tra i civili.

Fortunatamente, la fortezza dava subito l’allarme in caso di infiltrazioni di grossa portata.

Il fatto inspiegabile era come avevano fatto i mostri a raggiungerla senza dar battaglia sulle montagne, ora che tutti i passaggi non presidiati erano chiusi.

Turbato da questi pensieri, il Maestro correva a perdifiato giù per le scale, tanto veloce quanto gli permettevano gli scivolosi gradini coperti di muschio.

Uno schianto, la fortezza trema. Raggiunse l’imboccatura di un altro corridoio di pietra appena prima che un secondo, poderoso schianto facesse crollare la volta delle scale.

I calcinacci cadevano dappertutto, ma non sembravano infastidirlo: quello che gli serviva era più avanti.

Riprese a correre fino a raggiungere la cripta profonda, la prigione in cui venivano rinchiusi i maghi del sangue.

La loro magia era pericolosa, oltre che ad essere illegale. I maghi del sangue si servivano dei poteri donati loro dai demoni per i propri scopi, anche se questi poteri avevano un prezzo.

La loro anima si consumava lentamente, fino ad essere assoggettata al volere del demone, che usava il corpo posseduto come preferiva.

Il Maestro scese fino al grande portone della cripta, sigillato da lui stesso. Posò le mani sulla porta e fece scorrere la sua energia.

Lentamente, i chiavistelli cedettero sotto la pressione e le catene che tenevano chiusa la porta si sciolsero e caddero fragorosamente a terra.

L’uomo avanzò dentro la cripta buia, illuminandola di una luce rossastra.

Dentro le celle ai lati delle stanze i prigionieri si ritraevano di fronte al lume, a loro praticamente sconosciuto, tanto era il tempo che marcivano lì dentro.

La luce, intanto, continuava ad avanzare, incurante degli schianti e dei pezzi di muratura che si staccavano dal soffitto, mentre il suo portatore scrutava nelle celle alla ricerca di qualcuno, un volto tanto familiare che gli dava quasi fastidio vederlo.

Lo trovò alla fine della terza stanza; non era indietreggiato minimamente di fronte alla fiamma rossa che avanzava verso di lui.

“Siete in difficoltà, Maestro?” gli chiese il prigioniero, con un tono chiaramente canzonatorio.

Il Maestro si irrigidì, immobilizzandosi davanti alle fredde sbarre che lo separavano dal criminale.

“Perché me lo chiedi, se non ti interessa saperlo?- rispose freddamente.

Silenzio. Solo il mesto gocciolare dell’acqua.

“Non saresti venuto se non avessi bisogno di me. Parla”.

Il passaggio alla forma di dialogo informale era segnato da un brusco cambio di tono, ora molto più acido, tanto che sembrava dovesse sputare fuori ogni parola.

La fiamma volteggiante si accese di un giallo vivo, ampliando il cono di luce fino a rivelare il prigioniero, segnato con numerose cicatrici e di una magrezza impressionante.

Tuttavia, il Maestro non si fece impietosire.

“Non sei tu a dare ordini qui. Comunque, su una cosa avevi ragione: ho bisogno del tuo aiuto.”

L’altro sogghignò, prima di far segno di continuare.

“Tu sei l’unico qui in grado di uscire dalla fortezza senza passare dalla porta. E anche l’unico abbastanza sano di mente da non delirare alla luce del sole”.

“Sicché dovrei portare qualcosa al di fuori dalla fortezza, magari senza essere attaccato dai demoni?”.

Il mago del sangue si mise seduto a gambe incrociate, osservando divertito il suo interlocutore, prima che anche questa maschera di ironia si dissolvesse.

“Naturalmente. Dovrai portare fuori dall’edificio questa bisaccia, senza aprirla né cercare di capire cosa contiene”.

“E perché dovrei farlo?”.

“Preferisci star qui a morire?”.

“Forse”.

Era troppo. Il Maestro perse la pazienza, artigliando il collo del prigioniero in una morsa spirituale e sollevandolo da terra. Questi divenne rosso in viso, ma non si mosse, preferendo continuare a fissare il suo aguzzino con uno sguardo indifferente che celava i suoi reali pensieri.

“Stammi a sentire, sciocco” disse il vecchio, incollerito, mentre la fiamma sospesa si illuminava di una luce più intensa, azzurrata.

“Non fingere di non sapere a cosa porta la corruzione demoniaca. Chi meglio di te potrebbe saperlo?”

Il mago del sangue fece una smorfia, consapevole di ciò che stava ascoltando.

L’altro se ne accorse, poiché riprese con più energia a cercare di convincerlo.

“Se preferisci rimanere qui e incappare negli esperimenti dei mezzi demoni, o peggio… fa’ pure, ma non troverai nessuno ad aiutarti”.

Il Maestro afferrò in fretta la borsa di cuoio, voltò le spalle alla cella e fece per andarsene.

“Aspetta. Ho cambiato idea: accetto”.

Il criminale si era alzato in piedi, era visibilmente pallido.

Evidentemente aveva valutato rapidamente le possibilità, ed era giunto alla conclusione che niente era peggio dei demoni.

“I dettagli?”

Lo stregone tornò indietro con un sorriso trionfante dipinto sul viso.

Uno schianto assordante percosse violentemente le pareti, facendo crollare altre parti del soffitto.

I due non ci fecero caso.

“Una volta fuori dalla fortezza, dovrai portare questa bisaccia verso ovest, verso la penisola iberica. E’ una missione della massima importanza. Una volta là, dovrai entrare nella cittadella fortificata di Cordova e cercare un sacerdote di nome Ylias. Consegnagli la borsa, e sarai libero di andare dove vorrai, a patto che non tu non faccio più uso di alcun tipo di magia illegale”.

Un altro rimbombare, accompagnato dal crollo di un ingresso della stanza, fece capire ai due uomini che il tempo di discutere era finito. Dalle celle lungo le pareti si levavano urla echeggianti, spaventate, disumane.

Il mago del sangue si ristabilì, dopo aver vacillato qualche istante.

“Bene” disse, quindi attese di essere liberato dai vincoli spirituali che gli impedivano di usare qualsiasi tipo di magia.

Il Maestro accarezzò le sbarre di ferro, che si sciolsero come burro sotto il suo tocco, quindi posò la mano sulla fronte del prigioniero e fece scorrere la sua energia.

Uno sfavillio verde invase la cripta, mentre il sigillo di costrizione, imposto da lui stesso tanti anni prima, lentamente si rompeva.

Quando la costrizione fu finalmente rimossa, un brivido percorse la schiena del criminale, che si sentiva rinvigorito come mai prima di quel momento.

Quest’ultimo afferrò la borsa, mettendola a terra di fianco a sé, quindi affilò un’unghia e la mosse con estrema rapidità sul palmo della mano.

Il sangue rosso scuro sgorgò copioso dalla ferita aperta, rossa contro il chiarore della pelle diafana, come la linfa colorata che scorre sui petali dei gigli bianchi.

L’uomo si fissò la mano ferita, prima di iniziare a disegnare ampi cerchi con essa. Il nettare della vita rimaneva sospeso in aria, fino a che non avvolse in ampie spirali il suo evocatore, che ora si passava la mano sana sulla piaga.

Lo squarcio si richiuse all’istante.

Il Maestro fissava amaro la scena: non era la prima volta che assisteva alla magia del sangue, ma gli faceva ancora un certo effetto.

Il mago del sangue fece un cenno di saluto, afferrando appena in tempo la bisaccia da terra, prima che il sangue sospeso iniziasse a vorticare e a espandersi, diventando un vortice scarlatto che lo rinchiuse nella sua morsa.

Quando disparve, il prigioniero non c’era più.

La cripta era invasa da un silenzio da oltretomba, dove gli sgocciolii dell’umidità lungo la roccia si udivano più distintamente dei lamenti dei carcerati e degli scoppi provenienti dai piani superiori della fortezza, divenuta campo di battaglia anche all’interno.

Il Maestro sospirò, per nulla sicuro di aver fatto la scelta giusta, e si riavviò con velocità verso le scale che portavano alla merlatura superiore, dalla quale avrebbe potuto vedere la situazione e decidere il da farsi.

Sorpassò il grande portone di ferro senza prestarvi la minima attenzione.

Non aveva tempo di risigillare la cripta: i maghi del sangue sarebbero morti schiacciati dal soffitto che crollava.

I pensieri lo assalivano come spine mai tolte dalla piaga.

La capitale! Doveva avvertire di non inviare più il Sapere, almeno finché l’allarme demoni non fosse stato scongiurato.

Aveva raggiunto uno dei piani superiori, trovandosi ritto di fianco al muro di cinta sud-ovest.

Stese la mano verso la muratura e la fece saltare, quindi plasmò una colomba argentea e la fece librare in volo.

“Va’! Vola alla capitale, portale questo messaggio: I demoni attaccano. Non inviate nulla fino a nuovo ordine”.

La colomba reclinò leggermente il capo, poi si volse verso l’orizzonte e prese a volare verso la meta ad una velocità stupefacente, lasciandosi dietro una scia luccicante, una promessa di salvezza sullo sfondo della notte scura e avvolgente, colorata di rosso dai fuochi della battaglia.

Quando, finalmente, raggiunse i camminamenti delle mura, la visione che ebbe fu raccapricciante.

Le merlature erano quasi tutte distrutte, e grandi scale erano appoggiate ovunque; sopra i soldati combattevano senza sosta contro i mezzi demoni, ma per ogni mostro che abbattevano ce n’erano altri due che lo sostituivano.

I cadaveri delle guardie erano lasciati a marcire appoggiati ai parapetti o riversi a terra, mentre il sangue tingeva gli interstizi tra le pietre piatte che pavimentavano la parte alta dei bastioni.

Le baliste scoccavano ripetutamente dardi incendiari, ma questo non sembrava intimidire gli aggressori, che avanzavano imperterriti, incoraggiati da quell’insperato successo.

La piana sottostante la fortezza era gremita di demoni, mentre delle catapulte e altre macchine d’assedio scagliavano bombe di fuoco greco sulle mura e sulla porta di legno rinforzata in ferro, nella speranza di abbatterla.

Il Maestro si riscosse dallo stato interdetto in cui era calato e avanzò furibondo, raccogliendo una spada da un cadavere a terra.

Non appena lo riconobbero, i mostri indietreggiarono spaventati, anche se molti altri tra loro si gettarono lo stesso su di lui.

L’uomo vorticò velocemente la spada, parando i colpi ed eliminando tutto ciò che si frapponeva alla sua avanzata. Colpì un nemico con l’elsa, facendolo precipitare giù dalle mura, mentre faceva implodere con un gesto la palla infuocata scagliata da una catapulta.

Continuò a falciare mezzi demoni con sempre più foga e, dopo che ebbe recuperato un’altra spada, si lanciò in mezzo a loro in una sfrenata danza di morte.

Le guardie della fortezza sembravano aver ritrovato il coraggio, stimolati dal potere del loro capo, che riusciva a dare ordini e a combattere nello stesso tempo.

Ma quando sembrava che gli aggressori dovessero finalmente battere in ritirata, un uomo apparse dall’ombra, scagliando fulmini dalle mani, che andarono a colpire i soldati vicini con un fragore assordante.

L’uomo indossava una lunga tunica ricamata, tipica dei maghi, con delle venature rosse che formavano un disegno irregolare sulla parte bassa dell’abito.

Saltò da un camminamento all’altro con un’agilità sorprendente e, in pochi balzi, raggiunse il tetto della torre dove stava combattendo il capo dei soldati.

Il Maestro si bloccò, paralizzato dall’aver riconosciuto il volto del mago del sangue.

“Tu…”

L’altro rimase immobile, la spada sguainata stretta nel pugno destro.

D’un tratto tutto parve offuscarsi, i rumori della battaglia giungevano ovattati alle orecchie degli stregoni, ma mentre il capo della fortezza sembrava patire incredibilmente quella situazione, il suo avversario pareva perfettamente a suo agio.

 “Sei sempre stato tu! Tu rallentavi le carovane che portavano il Sapere alla fortezza, tu hai portato qui i demoni, sei tu che stai uccidendo quelli che un tempo erano tuoi amici!”

Il Maestro scattò in avanti, incollerito, mulinando le lame di fronte a sé.

Il mago del sangue parò i colpi con una facilità innaturale, come se i suoi movimenti non fossero al rallentatore, come erano invece quelli dell’altro mago.

“Sei diventato vecchio, Maestro” disse beffardo “O forse non sai più sopportare le pressioni dello Spirito?”

L’altro digrignò i denti, minaccioso.

“Nessuno sopporta le pressioni dello Spirito senza un rituale, a meno che non abbia un demone in corpo”.

Il mago del sangue rise sprezzante, facendo sibilare scintille azzurre dalle mani.

“I demoni donano poteri sopra ogni immaginazione, e se sei sufficientemente forte da tenerli a freno, puoi diventare imbattibile. Comunque, è così che si saluta un vecchio amico? Non mi chiami più nemmeno per nome?”.

“Malakir”.

“Esatto”.

“Come puoi solo pensare di essere il benvenuto dopo quello che hai fatto? Come osi presentarti a me?”.

“Basta!”

Malakir mosse rapido un braccio, scaraventando indietro il Maestro, che andò a sbattere sull’ombra dei parapetti.

“Sei uno sciocco! Io non sono mai stato dalla tua parte, aspettavo solo il momento in cui avresti abbassato la guardia, per attaccare e distruggerti. Dovevo farlo prima che finissi di trascrivere i tuoi libri di stregonerie impure, e dovevo impedire soprattutto che si diffondessero. D’altro canto, la tua fretta di finire il lavoro, che avevo interpretato come un ostacolo per la mia missione, si è rivelata il tuo punto debole.”

Il Maestro rise, per la prima volta da quando era iniziato l’attacco.

“Sei più stupido di quanto credessi! I testi, anche se incompiuti, ormai sono in viaggio verso il confine occidentale, e non c’è nulla che puoi fare per fermarli! Ah!”.

Il mago del sangue indietreggiò, gli occhi ridotti a due fessure “No..” sibilò.

“NO!!” esplose in tutta la sua rabbia, scagliando una sfera di forza contro il suo avversario.

Questa volta il Maestro era pronto.

Scansò la sfera, che si abbatté con violenza sul terreno alle sue spalle, e proiettò un fascio di luce circolare intorno a sé.

Di colpo le ombre e le visioni appannate dello Spirito scomparvero, lasciando il posto al teatro della battaglia ancora in corso.

“Devo fermare quei libri!” disse il criminale, facendo per andarsene, ma il capo delle guardie gli saltò addosso, menando fendenti con la spada.

Questa volta Malakir era visibilmente in difficoltà, incapace di contrattaccare e del tutto succube della furia cieca di cui era divenuto il bersaglio.

Con un movimento di lato riuscì a liberarsi, estraendo un piccolo pugnale d’argento dalla tunica.

Rapido, si tagliò il braccio per il lungo, preparando l’incantesimo che stava per lanciare.

Mosse la mano in cerchio, sollevando alti spruzzi di sangue scuro.

Il Maestro urlò di rabbia, scagliandosi contro il suo avversario, ma la forza del demone lo respinse.

Malakir chiamò a sé tutto il suo potere ed espanse il sangue sospeso in aria, che si accese di energia e raggiunse i cadaveri dei soldati e dei mezzi demoni vicini, entrando nei loro corpi dalle piaghe e colorando la loro pelle ormai diafana.

Le carcasse si rimisero in piedi, armi alla mano, e attaccarono. Dapprima lo stregone fu in grado di respingerli, ma essi continuavano ad avanzare, incuranti delle ferite che si aprivano sui loro corpi.

E’ necromanzia! Sono già morti, li controlla grazie al potere del demone!

All’improvviso, due guardie gli si affiancarono, mentre il mago del sangue si spostava tra i camminamenti per raggiungere il muro di cinta a ovest.

Un soldato vorticò con forza l’ascia, che si abbatté sul collo di un cadavere, tranciandolo di netto. La carcassa cadde a terra e non si mosse.

“Tagliate loro la testa! Solo così potremo fermarli!”

I soldati gridarono il loro assenso e presero a colpire le fragili vertebre dei loro aggressori, decapitandoli.

Il Maestro uscì dalla battaglia, deciso a raggiungere il suo ex apprendista in fuga.

Il Sapere doveva raggiungere Ylias, o sarebbe stata la fine dell’umanità: il confine orientale poteva anche cadere, ma era essenziale che quello occidentale rimanesse saldo, per evitare di impegnare gli eserciti interni su più fronti.

Utilizzando l’energia, si levava in volo tra una torre e l’altra, cercando di individuare il suo obiettivo, ma non era affatto facile, con tutto il fracasso della battaglia che, ormai, i mezzi demoni sembravano aver già vinto.

Poi lo vide: un lembo di tunica nera svolazzante, vicino a una torre. Accelerò il passo, riuscendo in breve a vedere con chiarezza gli spostamenti del mago nemico.

Cogliendo l’occasione giusta, si diede una forte spinta e atterrò davanti a Malakir, che si bloccò all’istante.

“Non ti permetterò di far sprofondare la mia terra in rovina!” disse, lanciandosi all’attacco.

Ingaggiarono una cruenta lotta, intervallata dal lancio di alcuni tra i loro incantesimo più potenti. Combattevano da pari a pari in quella che sembrava una battaglia troppo equilibrata per trovare mai una conclusione.

Il Maestro decise che doveva agire subito.

Lanciò furtivamente un incantesimo e lo sigillò in un’area del camminamento, quindi continuò a combattere, attirando il suo avversario nella trappola che, lentamente, stava intessendo.

Ma Malakir fu più svelto.

Si tagliò ancora il braccio con il coltellino e creò una sfera violacea che colpì con forza il terreno di fianco al Maestro, facendolo cadere, quindi si avvicinò velocemente e gli conficcò la spada nel petto.

Gli occhi del ferito si appannarono, mentre si portava una mano tremante al torace.

“Non puoi fermarmi. Non puoi nulla contro il potere di un arcidemone” disse il mago del sangue, estraendo la spada, mentre il capo delle guardie ansimava.

“Un.. A-Arcidemone? Non puoi onestamente pensare di contenere una tale forza dentro di te, Malakir… cerca di ragionare…”

Il tono dello sconfitto era supplichevole, ma deciso a fargli cambiare idea.

“Sì, invece, posso eccome. Ne è la prova il fatto che sia riuscito a farlo fino ad adesso”.

Il Maestro deglutì, rassegnato, poi raccolse le ultime forze e generò un’onda che scaraventò Malakir nel cerchio incantato da lui stesso poco prima.

Quando il mago del sangue si accorse di dove era finito, cerò di divincolarsi, ma ormai le catene spirituali lo tenevano ancorato alle mura, trascinandolo inesorabilmente verso lo strapiombo.

“Non sarà questo a fermarmi! Non posso essere battuto! NOOO!!!!” urlò, mentre precipitava nel vuoto verso la pianura piena di progenie demoniaca.

Lo stregone superstite respirò profondamente. Aveva battuto il suo nemico, ma l’invasione dei demoni ormai era cominciata, e solo gli dèi ora sapevano cosa sarebbe stato a fermarla.

Chiuse gli occhi e si accasciò al suolo, la mano al cuore, in un ultimo atto di umiltà.

 

 

Note dell’autore:

Ok, questo è il prologo per quella che sarà una storia ambientata nel nostro tempo. E’ la mia prima storia, quindi siate clementi :) recensite in tanti!

  
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