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Autore: Kaeru    08/04/2004    2 recensioni
Una ragazza riceve una notizia che le sconvolge la vita. Un ragazzo sconosciuto va in suo aiuto. Ma lui chi è in realtà?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hisashi Mitsui
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: i personaggi appartengono a Takehiko Inoue eccetto Kaori ed i suoi genitori

L'ANGELO MITSUI

By Kgchan

 

Era il tramonto di un giorno di maggio. Il cielo infuocato rendeva la spiaggia ancora più romantica di quanto non lo fosse già. Uno spettacolo per chi lo guardava.

Ma non lo era per Kaori. Lei stava passeggiando sul lungomare, ma il suo cuore era dilaniato. Le sembrava che qualcuno glielo avesse strappato dal petto. Stava camminando da ore, ma non aveva idea nemmeno lei di dove andare. Sentiva soltanto il bisogno di allontanarsi, di scappare…

‘Ma scappare da cosa? Non si può scappare da tutto questo! Eppure… Avrei preferito non sapere nulla!’ Stava pensando.

Nel frattempo si era seduta sulla spiaggia, aveva appoggiato la testa sulle ginocchia ed aveva iniziato a piangere sommessamente.

“Tutto bene?” chiese una voce al suo fianco.

Lei alzò lo sguardo sul proprietario di quella voce. Era un ragazzo alto, occhi scuri, capelli neri che con la luce rossa del tramonto avevano dei riflessi viola ed aveva una cicatrice sul mento. Doveva avere all’incirca la sua stessa età.

“Io… sì, sto benissimo.” Ma dai suoi occhi continuavano a scendere copiose lacrime.

“Non sei granché come bugiarda.” Disse con un sorriso rassicurante. “Se hai bisogno di sfogarti, puoi farlo con me.

“Non voglio annoiarti con i miei problemi. Non so nemmeno chi sei.

“A volte ci si confida meglio con uno sconosciuto che con qualcuno che si conosce.

Kaori non era mai stata una persona che si fidava facilmente. Ma sentiva il bisogno di parlare. Di dire a qualcuno ciò che tutto il suo corpo e la sua mente ancora non volevano accettare. E se lui si offriva di starla a sentire perché non approfittarne? Non era lei a costringerlo.

“Da qualche tempo…” iniziò, ma poi si bloccò cercando la forza per parlare. Fece un respiro profondo e ricominciò. Nel frattempo il ragazzo le si era seduto di fianco.

“Da qualche tempo non mi sento bene. Ho molto spesso dei dolori alla testa. All’inizio pensavo fossero delle normali emicranie e non ci badai troppo. Poi le cose iniziarono a peggiorare. Insieme al mal di testa si aggiungeva sempre una forte nausea. Un giorno, durante uno di questi attacchi, il dolore si fece talmente forte da farmi svenire. La cosa accadde mentre ero a casa da sola. Quando mi ripresi e mi accorsi di ciò che era successo mi spaventai tantissimo. Così mi decisi ad andare in ospedale per fare dei controlli e capire cosa avessi. Ho fatto un mucchio d’esami. Più passava il tempo più avevo paura di ciò che potevo avere. In casa e con gli amici mi comportavo come il solito. Nessuno sospetta che io stia male. Poi ieri il medico che sta seguendo il mio caso mi ha chiamato dicendomi che aveva i risultati dei test e voleva vedermi. Mi ha dato appuntamento per oggi.”

Fece una pausa perché le era salito un groppo in gola che faticava ad andarsene. Poi quando riuscì di nuovo a parlare continuò. “Mi ha diagnosticato un cancro al cervello. Non operabile. Ha detto che mi restano da vivere soltanto tre mesi.” Disse tra i singhiozzi. “Io ho solo 18 anni. Tra quattro mesi avrei dovuto compierne 19. Ma non ci arriverò mai. Non potrò fare più niente.” Ormai non tentava nemmeno più di controllare il suo pianto. “Stavo cominciando a pensare al mio futuro, a cosa fare nella mia vita… Volevo iscrivermi all’università, laurearmi in psicologia, trovarmi un ragazzo. Ero sicura che non mi sarei sposata e non avrei avuto bambini, ma quella era una decisione mia. Con il tempo avrei potuto cambiare idea. Volevo poter decidere io, non volevo essere costretta a rinunciarci per un motivo del genere.

Il ragazzo le poggiò un braccio sulla spalla e l’attirò verso di sé. Lei appoggiò la testa sul suo petto e si sfogò. Per tutto il tempo lui la cullò dolcemente, senza cercare di calmarla. Sapeva che era impossibile calmare qualcuno che aveva appreso una notizia del genere. Inoltre, sarebbe stata peggio se avesse cercato di trattenere le sue emozioni. Lui voleva soltanto che si sfogasse il più possibile.

Quando Kaori smise di piangere era diventato buio e guardando l’orologio notò che era passata un’ora.

“Scusami. Ti ho costretto a rimanere qui a consolarmi per tutto questo tempo e tu magari avevi altri impegni. Disse la ragazza mentre si alzava.

“Nessun impegno. Non preoccuparti. E poi non mi hai costretto tu. Sono io che l’ho voluto fare. Ce la fai ad andare a casa da sola? Vuoi che ti accompagni?” Chiese, alzandosi anche lui.

“No, grazie. Hai già fatto molto per me. Non voglio approfittare troppo della tua gentilezza.

“Come preferisci.”

Si guardarono per alcuni istanti negli occhi, poi fu Kaori a parlare.

“Grazie di tutto. Davvero.” Disse con un leggero sorriso sulle labbra.

“Non ho fatto nulla. Le rispose ricambiando il sorriso.

“Hai fatto più di quanto tu possa immaginare.” Detto questo si alzò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio sulla guancia. Poi si girò e corse via.

Il ragazzo continuò a guardare verso la direzione in cui si era allontanata. Poi delicatamente si accarezzò il punto dove le labbra di Kaori l’avevano sfiorato. Quel gesto decisamente l’aveva stupito.

 

Kaori era arrivata davanti alla porta di casa sua.

‘Forza Kaori. Tira fuori un bel sorriso, così come hai fatto in questi mesi. Non è cambiato niente. Loro non devono sapere.’ Si spronò mentalmente.

Si stampò in faccia un sorriso ed entrò in casa.

“Sono tornata.”

Bentornata tesoro. La cena è pronta.” Sua madre la raggiunse nell’ingresso.

Kaori la guardò negli occhi. No. Decisamente in quel momento non se la sentiva di giocare all’allegra famigliola felice dove tutto va bene.

“Scusa mamma, ho mangiato un panino poco fa. Ho ancora dei compiti da finire, ti spiace se vado in camera a farli?”

“Sicura che non vuoi niente? Ho fatto il pollo arrosto, il tuo piatto preferito.

“Sono sazia per ora. Eventualmente se me ne lasciate un po’, lo mangio più tardi.

E va bene. Te lo lascio nel forno.”

“Grazie.” Così dicendo salì al piano superiore e si chiuse nella sua camera. Si buttò di schiena sul letto e rimase così a lungo, fissando il soffitto, non pensando a niente. Finché si addormentò.

 

Il giorno seguente, quando le lezioni erano appena finite, Kaori voleva tornarsene subito a casa. Non le andava di fare nulla. A che pro? Entro poco tempo tutto sarebbe finito.

Aiko, la sua migliore amica, aveva altri progetti in mente.

“Dai, ti prego!” le stava dicendo.

Ma perché non ci vai da sola?” chiese Kaori scocciata.

“Non posso! Sarebbe come ammettere di esserci andata solo per lui!”

Perché, non è così?”

“Sì. Ma se sono con un’amica, posso anche dire che ci sono capitata per caso.

“Secondo me lo capirebbe subito che è una balla.

“Ma non potrebbe averne la certezza se tu mi reggessi il gioco.

“Aiko, non ho molta voglia di andare per locali.

Ma tu sei la mia migliore amica.”

“Com’è che ‘sta storia la tiri fuori sempre quando ti fa più comodo?”

“Andiamo Kaori. Non ti comporti mai come una ragazza della nostra età. A volte mi sembra quasi che tu sia una vecchietta con un piede nella fossa. Possibile che non hai mai voglia di divertirti? Alla nostra età non ci si dovrebbe limitare a sopravvivere. Si dovrebbe vivere.

“Vivere…” ripeté Kaori.

“Già, vivere.” Le fece eco Aiko.

E va bene. Verrò.” Acconsentì.

Le due ragazze uscirono quindi dalla scuola e si diressero verso un bar.

Il ragazzo di Aiko, o meglio il suo ex ragazzo, si riuniva sempre lì con i suoi amici. I due avevano litigato recentemente e si erano lasciati. Aiko però continuava ad essere pazza di Hiroshi e Kaori era certa che anche lui volesse ancora molto bene ad Aiko.

Subito dopo essere entrate avevano già individuato la posizione di Hiroshi. Anche lui le aveva viste.

“Ci ha viste! Cosa faccio? Dovrei andare da lui? No, è lui che ha frainteso. Quindi è lui che deve venire a chiedere scusa, se gli interesso ancora. Iniziò a blaterare Aiko.

Il motivo della loro lite era stato un malinteso. Lui l’aveva vista insieme ad un ragazzo. Camminavano abbracciati per strada e sembravano molto in confidenza. Solo che il ragazzo in questione altri non era che il cugino di Aiko venuto a trovarla dopo tanti mesi di lontananza. Il cugino, studiando ad Osaka, non riusciva a vedere molto Aiko ed entrambi per questo sentivano molto la mancanza l’uno dell’altra. Fin da bambini erano sempre stati inseparabili e si amavano come fratelli.

Comunque a Hiroshi il loro atteggiamento non era piaciuto ed era andato da lei dicendole che era una traditrice e che tra loro era finita. Non le aveva nemmeno dato il tempo di spiegare perché era subito corso via. Il giorno seguente Kaori, dopo essere stata messa al corrente dei fatti da Aiko, era andata a spiegare come stavano esattamente le cose a Hiroshi. Sia lui che la sua amica, però, erano troppo orgogliosi e testardi.

Decise di aiutarli ancora un po’. Si alzò dalla sedia dicendo ad Aiko di aspettare lì e andò da Hiroshi.

“Aiko è lì. O vai da lei adesso e le chiedi scusa, o tra voi ho la sensazione che finirà sul serio.” Gli disse.

“È stata lei a mandarti?”

“No, è stata una mia iniziativa. Perché non sopporto di vedere due miei amici star male.” Disse seria. Poi le sue labbra si curvarono in un sorriso. “Non farla aspettare. Avete già perso troppo tempo.”

Lui la ringraziò e si avviò verso Aiko per fare pace. Kaori rimase ad osservarli finché non li vide baciarsi. Almeno a loro era andata bene.

“È bello quello che hai fatto.” La voce arrivava dalle sue spalle. L’aveva riconosciuta subito. Si voltò ed ebbe conferma. Era il ragazzo della spiaggia.

“Non credevo che ti avrei rivisto.” Disse felice di essersi sbagliata.

“Io invece lo speravo Kaori.”

“Come sai il mio nome?”

“Sei stata tu a dirmelo.”

Kaori era convinta di non averglielo detto. Lui sembrò intuire i suoi pensieri.

“Probabilmente eri talmente stravolta che non ci hai fatto caso.”

“Sì, può darsi.” Poi pensò che lei non sapeva il suo nome, o non lo ricordava. “Potrò sembrarti scortese, ma qual è il tuo nome? Devo essermelo dimenticato.”

“No, non te lo sei dimenticato. Non te l’avevo ancora detto. Mi chiamo Hisashi Mitsui.”

“Mitsui posso offrirti qualcosa? Come ringraziamento per ieri.”

“Solo se mi fai compagnia.”

I due si sedettero ad un tavolino un po’ in disparte dove la musica arrivava meno forte consentendo di parlare.

“Abiti qui a Kanagawa?” gli chiese Kaori.

“Sì, mi ci sono appena trasferito. Sono arrivato ieri.”

“Che bel benvenuto che hai avuto.” Disse ironicamente. “Dove abitavi prima?”

“A Hokkaido.”

“Ti sei trasferito qui con i tuoi?”

“No, sono da solo.”

“E i tuoi genitori?”

“Sono orfano. Non li ho mai conosciuti.”

“Mi dispiace. Non dovevo essere così impicciona.” Disse preoccupata per la gaffe fatta.

“Tranquilla. Non mi da fastidio parlarne.”

Rimasero a lungo a chiacchierare. Finché Kaori si accorse che non vedeva più in giro né Aiko né Hiroshi. Si diresse dagli amici del ragazzo seguita da Mitsui per chiedere se sapevano dove fossero finiti.

“Sono andati via. Aiko ha detto che ti aveva cercata ma non ti ha trovata e se ti vedevamo ci ha chiesto di avvertirti.”

Dopo averli ringraziati, Kaori notò che si era fatto tardi e Mitsui si offrì di accompagnarla a casa.

“Secondo te cosa succede a chi muore? Viene mandato in paradiso, o all’inferno a seconda dei casi?” chiese di punto in bianco la ragazza.

“Io credo che ci sia un posto dove le anime di chi muore possono trasformarsi in energia che raggiunge poi i cuori delle persone a lui, o lei, care. Diventando parte di loro.”

“Trasformarsi in energia e diventare parte dei propri cari.” Ripeté. “Mi piace molto di più che l’idea del paradiso.” Disse dopo averci riflettuto.

Nel frattempo erano arrivati davanti alla casa di Kaori. I due si salutarono. Quando Mitsui vide la ragazza entrare e chiudere la porta, si voltò e si diresse verso un vicolo buio. Vi entrò e… scomparve.

‘Devo stare più attento. Non devo più commettere errori come quello di prima. Mi sono lasciato sfuggire il suo nome come un idiota!’

“Che stai facendo Mitsui?” chiese una voce alle sue spalle con tono duro.

“Che vuoi dire Miyagi?”

“Sai benissimo a cosa mi riferisco. Il tuo compito non è quello di diventare suo amico. Devi limitarti a toglierle l’energia vitale.”

“Ma è così giovane! Ha in sé tanta vitalità! Ha appena saputo che sta morendo e si preoccupa lo stesso di aiutare i suoi amici.”

“Dimmi che non è come penso.” Disse Miyagi. Il suo tono per niente mutato.

“E cosa pensi?”

“Che ti stai affezionando a lei.”

“Sarebbe così sbagliato?”

“La prima regola del nostro lavoro è proprio quella di non affezionarsi alle persone che ci vengono affidate. Dovresti saperlo.”

“Lo so ma…”

“Niente ma. Tu sei un angelo della morte e lei è la persona a cui devi togliere l’energia vitale per farla morire. Se non riesci a farlo sarà affidata a qualcun altro. Fine della discussione.”

 

Il giorno seguente Mitsui si fece trovare fuori dalla scuola di Kaori alla fine delle lezioni.

“E tu che ci fai qui?” chiese la ragazza piacevolmente stupita di trovarselo davanti.

“Volevo vederti.” Disse tranquillamente.

“E come mai?”

“Non c’è un motivo particolare. Volevo vederti e passare un po’ di tempo con te. Sempre se non hai altro da fare.”

“Sono libera.”

I due si incamminarono verso la spiaggia.

“Come vanno le cose con la tua famiglia?”

“Intendi se gli ho detto del tumore?”

“Sì.”

“Non ho detto niente. Se lo facessi mi ritroverei continuamente intorno delle facce disperate. Io non voglio passare i miei ultimi giorni piangendomi addosso. Ieri Aiko ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere. Mi ha detto che secondo lei mi sono sempre limitata a sopravvivere, senza mai vivere veramente. Ho capito che aveva ragione. Anche prima di sapere del tumore quello che facevo non si poteva certo definire vivere. Andavo a scuola, tornavo a casa, studiavo, mangiavo e dormivo. Giusto ogni tanto mi concedevo un’uscita con le amiche. Ma saranno state una al mese al massimo. Non voglio passare così anche gli ultimi tre mesi della mia vita. Voglio fare tutte quelle cose che non ho mai fatto in questi anni. Voglio divertirmi, stare con gli amici, far capire alla mia famiglia quanto io la amo e…” si interruppe.

“E?” la incitò Mitsui.

Lei arrossì. “Non posso dirtelo.”

“Mi pareva ti fidassi di me?”

“E mi fido, ma… è imbarazzante.”

“Che cosa può essere per imbarazzarti così?” era curioso ed iniziò a tormentarla per farsi dire cosa fosse.

“Uffa! Va bene! Te lo dico!” Disse per farlo smettere. “Voglio avere un ragazzo.”

Lui parve stupito.

“Non hai mai avuto un ragazzo? Eppure carina come sei è difficile crederlo.”

Kaori arrossì a quel complimento. Poi spiegò. “Ho avuto un paio di ragazzi, infatti. Ma io intendevo che voglio avere un vero ragazzo.”

“Perché gli altri erano donne?” la prese un po’ in giro non capendo cosa intendesse.

“Bah, possibile che non capisci? Intendevo dire che voglio avere un ragazzo con cui stare… fisicamente.” Disse a bassa voce. Il viso ormai scarlatto.

“Oh, capisco.”

“Il fatto è che… non voglio morire vergine.” Spiegò sempre più imbarazzata.

“Quindi ti va bene un ragazzo qualsiasi?”

“Non ho detto questo. Deve essere un ragazzo verso cui provo oltre a della semplice attrazione fisica anche un certo coinvolgimento emotivo.”

“Sai già con chi vorresti…?” chiese anche lui con un certo imbarazzo.

“No, non è una cosa facile.”

Entrambi si sentivano imbarazzati dopo quella chiacchierata. Così quando Kaori vide un chiosco che vendeva bibite, andò a prenderne un paio dicendogli di aspettarlo lì.

 

‘Ma cosa mi è saltato in testa di dirglielo? Avrà capito che io stavo parlando di lui?’

 

‘Ma cosa mi succede? L’idea di lei che fa sesso con qualcuno mi fa ribollire di rabbia. Eppure non posso innamorarmi di lei. Io devo farla morire… Maledizione! E pensare che ci sono certi che ci godono ad essere angeli della morte e a far morire la gente… Ma che sto dicendo? Certi che ci godono? Tutti gli angeli della morte ci godono. Anch’io fino a non molto tempo fa godevo nel togliere la vita alle persone. Perché cavolo adesso dovrebbe essere tutto diverso? Adesso quando torna inizierò a succhiargli la vita… E poi tra tre mesi… lei non ci sarà più… Ma perché proprio lei? Ci sono tante persone che meritano di morire… E allora perché fra tutti proprio lei? Datemi una risposta!’

 

“Ecco la tua aranciata.” La sua voce lo riportò alla realtà.

La ringraziò e continuarono a camminare.

Continuarono a vedersi anche durante le tre settimane successive. Le loro uscite avevano risollevato un po’ il morale di Kaori. Certo continuava a pensare al tumore che aveva e si disperava all’idea di dover morire. Ma Mitsui le aveva ridato un po’ di gioia di vivere. Quando era con lui riusciva a non pensare alle cose tristi. Era inutile negarlo. Si stava innamorando di lui.

Anche quel giorno avevano un appuntamento. Avevano deciso di andare al luna park appena fuori città.

Come da accordi Mitsui passò a prenderla a casa alle 14. Suonò al campanello e fu sua madre ad aprirgli ed a farlo accomodare in casa.

“Mia figlia arriva subito. Sta finendo di prepararsi. Vuoi qualcosa da bere? Un caffè magari? L’ho appena fatto.”

“La ringrazio. Accetto volentieri.”

Mentre la donna gli versava il caffè, gli parlò.

“Credo di doverti ringraziare Mitsui.”

“Perché?” chiese stupito e confuso.

“Perché grazie a te mia figlia ha ritrovato parte del suo buonumore. Era da qualche mese che mi sembrava sempre triste. Kaori è il tipo di persona che se ha qualche problema tende a tenersi tutto dentro. Non parla con nessuno e soffre da sola. Lei pensa che io non me ne sia accorta, che basti farsi vedere sorridente per far credere che tutto vada bene. Ma il sorriso che sta mostrando in questo periodo non è il suo vero sorriso.”

“Cosa vuole dire che non è il suo vero sorriso?”

“Sorride con le labbra, ma i suoi occhi rimangono velati di tristezza. Ho come la sensazione che si stia allontanando da me. In modo definitivo.”

Mitsui non disse niente. Si limitò ad abbassare lo sguardo.

“Scusa. Ti sto annoiando con dei discorsi assurdi.” Disse la donna fraintendendo il motivo del suo silenzio.

“No, non mi sta annoiando. Mi interessa ciò che riguarda Kaori.” Si stupì, quando si accorse che ciò che aveva detto corrispondeva alla verità.

La madre di Kaori gli sorrise.

“Ti mostro una cosa.” Lo condusse in sala e gli fece vedere una fotografia di Kaori in primo piano. Stava ridendo. Dai suoi occhi sembrava sprigionarsi una luce. In quella foto si vedeva chiaramente che era felice.

Quegli occhi avevano incantato Mitsui. La madre di Kaori lo guardò sorridendo, mentre lui osservava rapito la foto della ragazza.

Era ancora intento a guardare la foto, quando Kaori arrivò.

“Ciao Mitsui. Scusa, se ti ho fatto aspettare.”

“Oh, nessun problema.” Disse rimettendo a posto la foto.

Dopo aver salutato la madre di Kaori uscirono da casa e si diressero al luna park.

Si divertirono molto. Il luna park era talmente grande che ci misero diverse ore per girarlo tutto.

Al tramonto decisero di fare un giro sulla ruota panoramica.

Nella cabina c’erano soltanto loro.

“È stupendo vedere la città al tramonto.” Disse Kaori guardando fuori.

“Hn.” Fu l’unica risposta che ricevette.

Kaori si voltò verso di lui.

“Che cos’hai? Sei molto silenzioso.”

“Non è nulla.” Disse guardandola negli occhi.

Rimasero a fissarsi alcuni attimi.

 

‘Quando mi guarda così mi sento strana. Mi ci perderei nel suo sguardo. È così misterioso. Sembra che ti trasporti in un altro mondo.’

 

‘Non posso continuare così. Prima o poi dovrò farlo. Assorbire la sua energia… Ma… Non voglio! È più forte di me. Io… È inutile nasconderlo anche a me stesso. Mi sono innamorato di lei. Della persona che devo uccidere!’

 

“Che c’è? Ti sei incupito improvvisamente.”

“Non è nulla.” Ripeté per la seconda volta.

“Non ci credo.”

“Perché?”

“Perché è tutto oggi che hai degli sbalzi d’umore incredibile. Prima ridi e scherzi, poi, all’improvviso, ti rabbui.”

“È che… pensavo.” Rispose vago.

“A cosa?” insistette lei.

Mentre ti aspettavo, ho parlato con tua madre.”

“Di cosa?” chiese preoccupata.

“Mi ha detto che da qualche mese ti vede triste. Ha detto che si è accorta che stai cercando di farle credere che vada tutto bene… E che ha la sensazione che tu ti stia allontanando definitivamente da lei.”

“Tu le hai detto qualcosa?”

“No. Ma tu dovresti farlo.”

“Te l’ho già detto! Non voglio!”

“Non pensi che i tuoi abbiano il diritto di saperlo?”

“E cosa dovrei dirgli? Ciao mamma, ciao papà sono tornata a casa. A proposito tra un paio di mesi circa la vostra unica figlia morirà.” Disse in tono sarcastico. “Non mi pare proprio il caso.”

“Ma almeno potresti iniziare a prepararli. Non pensi che soffriranno di più non sapendo nulla, quando tu…” la sua voce si spense. Non riusciva a dirlo.

“Lo so. Ma dirglielo ora potrebbe essere anche peggio. Vedere le loro facce tristi… Sarebbe come morire rimanendo viva. Il mio potrà sembrarti un discorso egoistico, ma non ci posso fare niente.” Disse, mentre alcune lacrime iniziavano a scorrere sulle sue guance.

“Kaori…” Mitsui le si avvicinò e l’abbracciò. “Mi dispiace. Sono stato un idiota a parlarti in quel modo.”

“Lo so che vuoi aiutarmi.”

“Kaori…” le diede un bacio sui capelli continuando ad abbracciarla.

“Io…” iniziò Kaori interrompendosi subito.

“Parla tranquillamente con me. Non tenerti tutto dentro.” La sua voce era rassicurante come il suo abbraccio.

“Io non ce la faccio! Non voglio morire! Non voglio lasciare la mia famiglia, i miei amici… E non voglio lasciare te!”

Mitsui sentì il suo cuore smettere di battere per un attimo per poi riprendere più veloce del normale.

“Neanche io voglio perderti.” Disse in un sussurro.

“Mitsui?”

“Dimmi.”

“Credo di essermi innamorata di te.” Disse tutto d’un fiato.

“Credo di avere il tuo stesso problema.”

Si allontanò leggermente da lei. Quel tanto che consentisse loro di guardarsi negli occhi. Poi Mitsui abbassò il suo viso su quello di Kaori e si baciarono.

Dapprima fu un bacio timido. Poi divenne sempre più profondo. Kaori allacciò le sue braccia dietro il collo di Mitsui, mentre lui la stringeva per la vita. In quel bacio riversarono tutti i loro sentimenti: l’amore appena scoperto, la disperazione di sapere che avevano poco tempo e la paura per il futuro.

Quando Mitsui la riaccompagnò a casa, un paio d’ore più tardi, Kaori si sentiva meglio. Indossò come al solito la sua maschera felice e dopo averlo salutato entrò in casa. Si accorse, però, che non dovette sforzarsi troppo per mostrarsi felice.

Intanto Mitsui si incamminò verso il vicolo buio vicino a casa di Kaori e scomparve.

 

Quando riapparve nella sua dimensione, si trovò davanti Miyagi. Lui era il suo migliore amico ed anche il controllore degli angeli della morte. Il suo compito era assicurarsi che gli angeli assorbissero l’energia vitale dalle persone loro affidate. Spesso poteva sembrare duro nei suoi confronti, ma Mitsui sapeva che lo faceva perché ci teneva a lui.

Senza preamboli Miyagi iniziò a parlare. “Mitsui se continui così, ti metterai nei guai. Sono un tuo amico e non voglio fare la spia, ma se continui ad evitare di assorbire la sua energia, mi vedrò costretto a farti togliere l’incarico.”

“Miyagi, ti prego, non farlo. Lo so che è sbagliato quel che sto facendo, ma è più forte di me. Non ti è mai capitato di incontrare una persona che ti facesse provare sensazioni mai sperimentate prima?”

“Ti riferisci all’amore?”

“Sì.”

Dopo qualche attimo di silenzio, Miyagi decise di confidarsi con Mitsui. “Mi è capitato una volta sola. Quando non ero ancora un angelo della morte. Lei si chiamava Ayako. Era bellissima. Io ero innamorato di lei, ma lei non si accorgeva nemmeno della mia esistenza. Eravamo compagni di classe. Lei era la manager della squadra scolastica di basket. Per farmi notare mi c’iscrissi. Diventammo amici…” Si fermò.

“E cosa successe dopo?” chiese curioso Mitsui.

“Fu il mio primo incarico.” Disse in sussurro.

“Mi dispiace.” Mormorò Mitsui.

Gli angeli della morte prendono coscienza della loro identità dopo aver assorbito l’energia vitale di qualcuno. In genere la prima volta non sanno nemmeno come fanno. Solo dopo un angelo più anziano si affianca a loro per spiegare l’origine del loro potere e il compito che avevano. Gli angeli anziani in realtà controllano fin dalla nascita coloro che diventeranno poi angeli della morte. Li potevano riconoscere grazie ad una particolare aura che li distingueva. Non appena venivano alla luce, uno degli angeli anziani sentiva la loro presenza ed iniziava a tenerli d’occhio.

Miyagi era stato l’angelo anziano assegnato a Mitsui. Era in questo modo che si erano conosciuti ed erano diventati amici.

“È successo tanto tempo fa. Comunque, per ora non dirò niente. So quanto sia difficile da fare, ma devi farlo. O preferisci che lo faccia qualcun altro?”

“No. Lo farò io. Mi serve solo un po’ di tempo.”

Miyagi annuì e poi scomparve lasciandolo da solo.

‘So che dovrei farlo… Ma davvero non esistono altre soluzioni?’

 

Erano passate tre settimane da quando si erano scambiati il primo bacio. E in quel tempo se ne erano scambiati molti altri. Mitsui non aveva ancora iniziato ad assorbire l’energia di Kaori.

Quella mattina il ragazzo era passato a prenderla a casa.

“Dove vuoi andare oggi?” le chiese dopo averla salutata.

“Ci sarebbe un posto che vorrei vedere.”

“Quale?”

“Casa tua.” Disse tranquilla guardando davanti a sé.

“Casa… mia?”

“Sì, non l’ho mai vista e vorrei vederla. E poi…” arrossì imbarazzata e si interruppe.

“E poi?”

“Non ci arrivi da solo?” disse diventando ancora più rossa.

Mitsui ci mise un po’ ad arrivarci. “Intendi…? Vuoi…?” iniziò a balbettare.

“Stare con te.” Finì per lui la frase guardandolo negli occhi.

Notando che lui stava zitto, pensò di aver sbagliato ad essere così diretta.

“Certo se tu non vuoi, possiamo anche andare da qualche altra par…”

“No!” La interruppe. “Per… per me va bene.” Disse anche lui alquanto imbarazzato.

Si presero per mano e camminarono in silenzio fino a casa di Mitsui.

Era un piccolo appartamento situato al quinto piano di un palazzo. Era composto da un salotto, dalla cucina, dal bagno e da una camera da letto.

Mitsui le fece fare un giro della casa. Quando le mostrò la camera da letto, entrambi rimasero imbambolati sulla porta.

“Senti, ti va di bere qualcosa?” domandò Mitsui.

“Sì grazie. Se è possibile, gradirei un tè.”

“Ho del tè nero e alla menta come lo preferisci?”

“Alla menta.”

Mentre Mitsui preparava il tè in cucina, Kaori lo aspettò in salotto.

 

‘Come sono tesa! In fondo credo che sia normale. Certo che anche lui non sembra molto esperto. Dopo avergli detto ciò che volevo fare, pensavo che mi avrebbe portata di corsa a casa e si sarebbe dato da fare… Certo che ho scelto proprio una brutta espressione: darsi da fare. Comunque sia sono felice che non l’abbia fatto. È ancora più dolce di quanto pensassi. E mi fa sentire ancora più sicura della mia scelta.’

 

‘Non riesco ancora a crederci. Kaori è di là e vuole…’ I suoi pensieri furono interrotti dall’apparizione di Sakuragi, un altro angelo della morte.

“E tu che cavolo ci fai qui?” gli chiese Mitsui bisbigliando.

“Che accoglienza!” disse a voce alta.

“Abbassa la voce!”

“Hai ospiti?”

“Sì. Perciò gradirei che te ne andassi fuori dalle scatole.”

“E chi è? Uomo o donna?”

“Sakuragi ti ho detto di andartene!”

“Se sei così suscettibile, mi viene da pensare che sia una donna. Fammela conoscere.”

“No!” gli disse fulminandolo con lo sguardo.

“Che antipatico! Vorrà dire che non ti farò più conoscere le mie conquiste.”

“A parte il fatto che tu non hai mai fatto conquiste e sei stato scaricato da 50 ragazze, se non ricordo male, ti assicuro che non mi fa né caldo né freddo la tua minaccia. Sempre se si può considerare una minaccia.” Disse acido.

“Sei cattivo.” Piagnucolò.

“Sakuragi, non è aria oggi. Se hai bisogno di parlarmi, torna domani. Oggi non ho tempo.”

“Quasi, quasi non ti riferisco il messaggio.”

“Che messaggio?!” Iniziava decisamente a spazientirsi.

“Il capo mi ha ordinato di venire a prenderti. Ti vuole vedere subito.”

“E perché cavolo non me l’hai detto subito?”

Sakuragi si limitò a fare spallucce.

“Vai avanti e digli che arrivo. Mi invento una scusa e ti raggiungo.”

“Fai in fretta. Lo sai che, se si arrabbia, sono guai.”

“Se te ne andassi, potrei fare anche più in fretta!”

Sakuragi lo guardò male, ma decise che era meglio andarsene e quindi scomparve.

Subito dopo Mitsui uscì dalla cucina con un vassoio su cui erano poggiate due tazze, qualche biscotto e la teiera. Appoggiò tutto sul tavolino davanti a Kaori.

“Kaori ti posso lasciare qui per un po’ da sola?” le chiese.

“Come mai?”

‘E adesso che mi invento?’ pensò Mitsui poi disse: “Devo andare a comprare una cosa. Non ci metterò molto.” ‘Almeno spero.’ Aggiunse mentalmente.

“Non posso venire con te?”

“Beh… ecco…”

Kaori fraintese il motivo dell’imbarazzo e arrossì mentre parlò. “Ho capito. Comprarli con una ragazza ti imbarazza.”

“Cosa?” chiese confuso.

Lei sembrò non sentire la sua domanda perché continuò nel suo monologo.

“In effetti ti ho detto io che volevo stare con te, ma non avevo pensato a comprarne.”

“Di cosa stai parlando?” chiese sempre più confuso.

“Dei preservativi. Tu non stavi parlando di quelli?”

“S-sì, certo. Stavo parlando proprio di quelli. Sarò di ritorno tra poco.”

“Ti aspetto qui.” Disse Kaori regalandogli un sorriso fiducioso. Subito dopo Mitsui uscì.

‘Sono un bastardo! Lei si fida di me, mentre io la sto ingannando!’ Pensò Mitsui subito prima di infilarsi nell’ascensore e sparire subito dopo che le porte si chiusero.

 

“Mi hai fatto chiamare?” chiese Mitsui al cospetto del suo capo.

“Sì Mitsui. Mi sono giunte alcune voci. Voci che non mi piacciono per niente.”

“A che riguardo?” disse cercando di restare calmo.

“Riguardo al fatto che in questo mese e mezzo tu non abbia ancora assorbito energia dalla persona che ti è stata affidata. È vero?”

Mitsui non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo.

“Voglio fidarmi di te. Sei sempre stato un ottimo angelo della morte. Perciò mi limiterò ad un avvertimento per ora. Ma vedi di iniziare il tuo lavoro. Altrimenti…” lasciò volutamente in sospeso la frase. “Ora vai. E non deludermi.”

“Sì, Akagi.” Rispose con un accenno d’inchino. Dopodiché scomparve per tornare a casa, fermandosi prima al market.

“Sono tornato!” Disse entrando in casa e chiudendo la porta.

Nel salotto non trovò nessuno.

‘Che se ne sia andata?’ pensò con una fitta al cuore.

“Kaori?” provò a chiamarla, mentre posava il pacchetto del market sul tavolino.

La porta del bagno si aprì ed apparve lei con indosso soltanto un asciugamano.

“Spero che non ti dispiaccia, ma, mentre ti aspettavo, ho pensato di fare una doccia.”

“N-non c’è problema.” Sussurrò balbettando non riuscendo a distogliere lo sguardo da lei.

Rimasero a fissarsi per alcuni istanti. Poi Mitsui si avvicinò lentamente a Kaori.

La baciò. Subito sentirono nascere la scintilla della passione.

La prese in braccio e, senza staccare le labbra dalle sue, la condusse in camera da letto. Dimentico di tutto. Della sua missione, di ciò che era in realtà e del pacchetto lasciato sul tavolo. Entrò in camera e si chiuse la porta alle spalle.

 

Era quasi ora di pranzo, quando Mitsui si svegliò. Si sentiva bene come mai in vita sua. Si sentiva felice. Era nel suo letto stringendo tra le braccia Kaori, il suo amore. Eppure c’era qualcosa che non gli tornava. Aveva la sensazione di essersi dimenticato qualcosa. Ripensò a ciò che era successo subito dopo essere tornato a casa.

‘Allora vediamo… sono entrato in casa e ho visto che non c’era nessuno. Ho chiamato Kaori ed ho appoggiato il pacchetto del market sul tavolo poi l’ho vista e… Un momento! Il pacchetto del market. L’ho lasciato sul tavolo! Non ho usato protezioni!’

“Merda!” disse.

Kaori si era appena svegliata, quando sentì l’esclamazione di Mitsui.

“Che succede?” chiese con voce assonnata.

Lui si voltò a guardarla.

“Ecco… non so come dirtelo.”

Kaori iniziò a preoccuparsi. “Qualunque cosa sia dimmela e basta.”

“Non ho usato protezioni.” Le disse guardandola negli occhi.

Lei abbassò lo sguardo e si limitò a mormorare un: “Oh.”

“Oh? È tutto quello che sai dire?”

“È che mi hai colta alla sprovvista.” Spiegò lei.

Mitsui non disse niente, ma la strinse a sé più forte.

Rimasero così per diversi minuti. Dopodiché dovettero dare ascolto ai loro istinti primordiali che in quel momento reclamavano cibo.

Mentre erano seduti a tavola, Kaori stupì Mitsui parlando di ciò che era successo.

“Non credo sia il caso di preoccuparci. È successo solo una volta. Non credo ci saranno conseguenze.”

“E se fossi rimasta incinta?”

Kaori si rabbuiò. “Il problema non si pone. Anche se fosse, ti ricordo che non riuscirei a portare a termine la gravidanza.”

Quella frase li fece piombare entrambi in uno stato sofferente.

Quello che era successo tra di loro li aveva avvicinati ancora di più. E se prima l’idea della sua morte era difficile da accettare, adesso era diventata impossibile.

Dopo aver pranzato e lavato i piatti, si sedettero sul divano a guadare la televisione.

Mitsui era seduto normalmente, mentre Kaori aveva le gambe sul divano e la schiena appoggiata al suo petto. In quel momento avevano bisogno di sentire l’uno il calore dell’altra.

 

Il loro rapporto dopo quel giorno si era approfondito e ogni qualvolta s’incontravano, finivano sempre per andare nell’appartamento di Mitsui, ma non c’erano più state dimenticanze.

Fu così che passarono altre tre settimane.

Da un paio di giorni Mitsui aveva notato che Kaori era più nervosa del solito. Aveva pensato fosse dovuto al fatto che i tre mesi datigli dal medico stavano giungendo al termine. Per lo meno questo era ciò che credeva lei. Mitsui, infatti, non aveva ancora iniziato ad assorbire la sua energia.

Quel giorno, subito dopo averlo salutato, lei gli aveva detto che doveva parlargli. L’aveva condotto al parco vicino a casa sua. Si sedettero sulle altalene. Kaori, però, non parlava. Così Mitsui la incoraggiò ad iniziare.

“Hai detto che dovevi parlarmi. Coraggio. Sono tutt’orecchi.” Le disse sorridendo.

“Te lo dico perché penso che sia giusto che tu lo sappia.” Fece una pausa e dopo un respiro profondo riprese. “Ricordi la prima volta che abbiamo fatto l’amore?”

“Come potrei scordarla? È stato il giorno più bello della mia vita.” Il suo tono era dolce.

Kaori non poté impedirsi di sorridere. “Lo è stato anche per me.” Ammise. Poi tornando ad avere un’espressione seria continuò a parlare. “Ti ricordi anche quello che è successo?”

“A cosa ti riferisci?”

“Ad una certa dimenticanza.”

“Sì, me la ricordo.” Disse diventando anche lui serio.

“Quando ne parlammo ti dissi che probabilmente non ci sarebbero state conseguenze.”

“Dove vuoi arrivare?” chiese. Ma aveva già intuito qualcosa. ‘Ma no, non è possibile. Non può essere…’

“Sono incinta.” I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Kaori.

“Ne sei sicura?”

Lei annuì con la testa. “Ho un ritardo di una settimana. All’inizio non ci ho fatto caso. Poi ho iniziato ad avere un sospetto che mi è stato confermato stamattina, quando ho fatto il test.”

Mitsui non disse niente. Era rimasto shockato dalla notizia. Quando l’assorbì si alzò in piedi e, dopo aver fatto alzare anche lei, l’abbracciò.

Lei iniziò a piangere silenziosamente.

“Non sapevo che fare. Non sapevo se dovevo dirtelo o stare zitta.”

“Hai fatto bene a dirmelo. Non voglio essere tagliato fuori. Tu come stai?”

“A parte la nausea bene.”

“E cosa ne pensi?”

“Che cosa devo pensare? Dentro di me sta crescendo un bambino che non vedrà mai la luce del giorno perché gli è capitata come madre una ragazza che tra poco morirà.” Faceva fatica a trattenere i singhiozzi.

“Mi dispiace.” Disse accarezzandole la testa.

“Non è colpa tua.”

“E invece sì.”

“Forse te l’avevo già detto una volta. Fino a qualche tempo fa non volevo né sposarmi né avere figli. Però, da quando ho saputo che dovevo morire entro poco, non ne ero più tanto sicura. E oggi quando ho avuto la conferma di essere incinta ho capito che vorrei averlo questo bambino. Vorrei crescerlo con te… Il nostro bambino… Nostro figlio…” Il suo era un pianto disperato ormai.

Mitsui non riusciva a trovare nulla da dire per consolarla. Perciò continuò ad abbracciarla in silenzio.

 

Erano sulla porta di casa di Kaori quando la madre li notò e li chiamò in casa entrambi.

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo confuso ed entrarono.

I genitori di Kaori li fecero accomodare al tavolo in sala e gli si sedettero di fronte.

“Che succede?” chiese Kaori.

“Questo credo che dobbiate dircelo voi.” Disse il padre.

“Non capisco. Cosa vuoi dire?”

“Vediamo se questo ti dice qualcosa.” Disse la madre, mostrandole il test di gravidanza.

“Hai frugato nella spazzatura?” disse in tono accusatorio Kaori.

“Non ho frugato! Mi sono limitata a cambiare il sacchetto. Era stato buttato via senza preoccuparsi di nasconderlo sul fondo.”

‘Accidenti! È vero! Nella fretta di parlare con Hisashi non ho pensato a nasconderlo e l’ho messo semplicemente dentro il cestino.’ Pensò. Poi chiese: “Avete… avete visto già il risultato?”

“Sì. Perché non ce l’hai detto? Ci siamo confidate sempre tutto.” Disse la madre.

“Avevo paura.” Ammise.

“Di cosa tesoro?” disse il padre con tono dolce.

“Di quello che avreste potuto dire. Avevo paura che mi avreste impedito di vedere Hisashi. Avevo paura che vi sareste arrabbiati per la gran delusione.”

Fu il padre a parlare. “Tesoro tu non ci hai delusi. Non l’hai mai fatto. In quanto a Mitsui, non ti avremmo impedito di vederlo. Per ora c’interessa sapere se hai intenzione di prenderti le tue responsabilità.” Finì rivolto a Mitsui.

“Sì. Non intendo abbandonare Kaori.”

La madre della ragazza annuì. Poi si rivolse alla figlia.

“Sai già di quanto sei?”

“Tre settimane.”

Yukari, la madre di Kaori, fece un rapido calcolo.

“Quindi nascerà in aprile.”

Kaori sentì una morsa attanagliarle il cuore, mentre copiose lacrime presero a rigarle il viso.

Mitsui la prese subito tra le braccia.

Yukari e Toshio, il padre di Kaori, li guardarono confusi.

“Che succede? Ho detto qualcosa di sbagliato?” chiese preoccupata la madre.

Kaori non rispose.

“Devi dirglielo.” Disse ad un certo punto Mitsui.

Kaori lo guardò negli occhi, mentre il padre chiedeva cosa dovesse dire loro.

La ragazza li osservò per qualche istante. Poi chiese loro di aspettare un attimo. Salì in camera sua e prese dal fondo di uno dei suoi cassetti i risultati degli esami che aveva fatto alcuni mesi prima. Quindi tornò al piano inferiore e si sedette di nuovo al tavolo con i fogli davanti a sé.

“C’è una cosa che non vi ho detto. Una cosa importante. So che avrei dovuto farlo, ma…” S'interruppe e cercò lo sguardo di Mitsui per farsi coraggio.

Lui intuì la sua difficoltà e le poggiò una mano sulla sua. Lei gliela strinse e tornò a guardare i suoi genitori.

“Sono ormai diversi mesi che non mi sento bene. Avevo dei forti mal di testa accompagnati da nausea. Qualche tempo fa, senza dire niente a nessuno, sono andata in ospedale per capire cosa avessi. Ho fatto molti esami. Circa un mese dopo, il medico che mi aveva preso in cura mi ha chiamato per darmi i risultati.”

Consegnò ai suoi genitori i fogli degli esami con i risultati.

I suoi genitori guardarono il tutto, poi le chiesero chiarimenti.

“Mi ha diagnosticato un cancro al cervello. Non operabile. Ha detto che mi rimanevano tre mesi di vita.”

“COSA?” chiese il padre.

“Ehi, un momento. Hai detto che questi esami e i risultati non sono recenti. Quanto…” chiese con un filo di voce la madre.

“Stando ai calcoli del medico, adesso mi dovrebbero rimanere tre settimane.”

“Tre… settimane?”

La madre iniziò a piangere e si precipitò dalla figlia. Anche il padre andò ad abbracciarla e, seppur non volesse farsi vedere debole, non poté trattenersi dal piangere.

In mezzo a quella scena Mitsui si sentì un intruso. Perciò cercò di accomiatarsi.

“Credo che vogliate stare con vostra figlia. Io torno a casa.”

“Hisashi…” Kaori avrebbe voluto che lui rimanesse lì, ma sapeva che in quel momento i suoi genitori avevano bisogno di sentirla vicina.

“Non ti preoccupare. Noi ci vediamo domani.” Dopo aver salutato i genitori di Kaori e lei stessa, uscì da casa loro. Si diresse verso il solito vicolo e sparì.

 

Andò da Miyagi. Era l’unico di cui si fidasse.

Quando il capo lo aveva fatto chiamare e gli aveva detto di aver sentito voci riguardanti la sua negligenza, Mitsui aveva avuto il dubbio che fosse stato Miyagi a metterle in giro. Ma parlando tra loro, i due amici si erano chiariti. Poco dopo si era scoperto che era stato un altro angelo della morte a tradirlo. Questi lo aveva spiato a lungo per cercare un modo per metterlo nei guai. L’aveva sempre odiato, ma Mitsui non aveva mai capito perché. Almeno fino al momento in cui si erano affrontati. Mitsui aveva scoperto che una delle persone che gli erano state affidate per assorbirne l’energia era la ragazza dell’altro angelo. Questi non l’aveva mai perdonato per avergliela portata via.

Fortunatamente dopo quella faccenda non si era più intromesso nella vita di Mitsui.

“Miyagi, ho bisogno d’aiuto.” Disse.

“A proposito di Kaori?”

“Sì. Ci sono stati degli sviluppi imprevedibili.”

“Vale a dire?”

“È incinta.”

“Mi dispiace. Eri innamorato di lei. Non deve essere piacevole sapere di essere stati traditi…”

“Ma che vai blaterando?”

“Come?” chiese confuso.

“Era sottinteso che il bambino è mio.”

“Tu l’hai messa incinta?”

“È quello che ti sto dicendo da mezz’ora!”

“Questa sì che è una notizia! E bravo il papà!”

“Smettila di fare l’idiota! Quel bambino non potrà venire alla luce, se non trovo una soluzione. Se prima non riuscivo ad assorbire la sua energia adesso mi sarà ancora più impossibile.”

“Aspetta! Sai che significa questo, vero? La assegneranno a qualcun altro.”

“Non possono!”

“Sì che possono e lo sai bene.”

“Ma ci deve essere un’altra soluzione!”

Miyagi lo guardò, poi disse: “Sentimi bene Mitsui. Io posso continuare a reggerti il gioco e tenere nascosta la faccenda ancora per poco. Nel frattempo o trovi un'altra soluzione o dovrò informare il capo.”

“Miyagi…”

“Mancano tre settimane alla sua morte. Sfruttale al meglio. Io non posso fare altro.”

“Farò in modo di farmele bastare. Grazie amico.” Scomparve e riapparve in casa sua.

‘Non ti farò morire! Troverò un modo per salvarti! Te lo prometto Kaori! Ti salverò… anzi, vi salverò! Perché siete le uniche cose al mondo che io ami davvero.’ Pensò.

 

Il giorno successivo verso le 16 Mitsui, Kaori e la sua famiglia arrivarono a destinazione.

I genitori della ragazza avevano insistito per andare con la figlia nella loro casa di montagna. Volevano passare il fine settimana insieme, senza nessuno che li disturbasse, nel luogo che in tutti quegli anni li aveva visti felici durante le vacanze. Kaori non voleva, però, restare lontana da Mitsui. Perciò aveva chiesto ai suoi genitori il permesso di far venire anche lui e loro avevano acconsentito.

Il paesaggio era stupendo come Kaori lo ricordava.

Davanti all’ingresso principale dello chalet c’era un piccolo piazzale in terriccio. Intorno alla casa ed al piazzale c’era una grande distesa d’erba. Poco distante, sul retro della casa, si formava un laghetto sullo sfondo del quale si ergevano le montagne. Quando il cielo era sereno come quel giorno, le montagne si rispecchiavano nell’acqua creando un paesaggio degno di un quadro. Sul lato sinistro della casa, dietro ad un piccolo bosco, si innalzavano altre montagne.

Entrarono in casa. Dentro tutto era ordinato e pulito. Questo perché ogni settimana una signora che abitava lì vicino andava a fare le pulizie. La tenevano sempre in ordine in caso avessero una voglia improvvisa di passare il week-end lì.

Kaori fece fare un giro della casa a Mitsui.

Subito oltre la soglia d’entrata, si apriva il salotto con angolo cottura. Di fianco ad esso c'era una porta che conduceva allo scantinato. In fondo al salotto c’era la porta del bagno e di fianco le scale che portavano al piano superiore. Di sopra c’erano tre camere da letto più un altro bagno ed un piccolo ripostiglio.

Kaori accompagnò il suo ragazzo in quella che sarebbe stata camera sua. Dopo che ognuno ebbe portato le proprie cose nella sua stanza, scesero al piano inferiore.

Kaori e Yukari sistemarono le provviste che avevano portato per quei due giorni, mentre Mitsui e Toshio andarono nello scantinato per allacciare la corrente, l’acqua ed il gas.

“Questo posto è veramente bello.” Disse Mitsui per rompere il silenzio imbarazzato che si era creato. Dopo la sera precedente non avevano più parlato. E, tra l’altro, quella era stata anche l’unica volta.

‘Non devo aver fatto certo una buona impressione. Non l’avevo ancora visto e quando ci incontriamo la prima volta parliamo del fatto che ho messo incinta sua figlia.’ Aveva pensato.

“È vero. Sai, appartiene alla nostra famiglia da tre generazioni. È stato in questo posto che Kaori ha fatto i suoi primi passi.”

“Davvero?”

“Già. E una volta cercando di scendere la scalinata ripida della cantina è caduta. Si è fatta male alla caviglia. Avevamo paura se la fosse rotta, invece, fortunatamente, era soltanto slogata.” Mentre Toshio raccontava, sul volto gli si era disegnata un’espressione felice ripensando a quel periodo della sua vita. “Era una bambina. Invece ora è una donna. Ed aspetta un bambino che non nascerà mai.” Disse, mentre la sua espressione diventava triste.

Si voltò verso Mitsui che rimaneva zitto e lo vide con la testa bassa. Anche lui un’espressione sofferente sul viso.

“Anche per te non deve essere facile questa situazione. Potrò sembrarti insensibile, ma vorrei chiederti cosa provi per mia figlia.”

Mitsui alzò la testa per guardare Toshio negli occhi. “Io l’amo. Amo lei e il bambino che porta in grembo.”

Toshio gli mise una mano sulla spalla.

“Mia figlia mi ha detto che sei orfano. Se avessi bisogno di parlare con qualcuno, vieni pure da me. Non sono tuo padre, ma potrei esserti amico.”

Mitsui lo ringraziò. Dopodiché finirono di sistemare le cose e tornarono di sopra.

“Era ora! Ma quanto ci avete messo? Ormai la cena è quasi pronta.” Disse Yukari.

“Scusate, non ci siamo accorti del tempo che passava. In compenso dopo cena abbiamo una sorpresa.” Disse Toshio.

“Che sorpresa?” domandò Kaori curiosa.

“Se dicessimo cos’è non sarebbe più una sorpresa.” Le rispose sorridendo Mitsui.

“E dai non fare il cattivo. Dimmi cos’è?”

“È inutile che fai le moine. Ho la bocca tappata.” Disse, mentre andavano fuori a prendere una boccata d’aria.

Ispirata da quelle parole. Kaori si sollevò sulla punta dei piedi e lo baciò. Come al solito non ci volle molte perché il bacio diventasse più profondo. Mentre stavano ancora lottando per avere il controllo del bacio, arrivò Yukari a dire che la cena era pronta.

“Non mi sembra sia molto tappata.” Disse Kaori mentre entravano.

“Che cosa?” chiese Mitsui non capendo.

“La tua bocca.” Rispose lei sorridendo maliziosamente.

Cenarono. Dopo cena Kaori iniziò a sparecchiare con insolita celerità.

“Come mai tutta questa fretta?” domandò il padre sorridendo.

“Voglio la sorpresa.” Disse senza giri di parole Kaori.

Quando ormai aveva quasi finito di sparecchiare, Toshio fece un cenno a Mitsui e i due scesero in cantina a prendere ciò che poco prima avevano trovato.

Si trattava di un proiettore. Lo portarono in salotto e lo poggiarono sul tavolino centrale.

Quando Kaori lo aveva visto, ne era stata entusiasta.

Tolsero uno dei quadri appesi alla parete per creare lo schermo. Chiusero le persiane e si sedettero.

Per comodità avevano spostato una delle poltrone e l’avevano messa di fianco al divano.

Toshio si era seduto sulla poltrona, Yukari sul divano di fianco al marito, Mitsui sul lato opposto del divano, mentre Kaori era seduta tra la madre ed il suo ragazzo con la schiena poggiata al petto di Mitsui che l’abbracciava.

Videro per primo il filmino di quando lei era appena nata.

“Eri dolcissima anche da bambina.” Le sussurrò all’orecchio Mitsui. Ricevendo in compenso un bacio.

Mentre lo guardavano però su tutti calò un velo di tristezza. Il bambino che era nel grembo di Kaori non avrebbe potuto ridere come quella bambina sullo schermo.

Questo pensiero sembrò cogliere contemporaneamente sia Mitsui sia Kaori perché nello stesso momento poggiarono una mano sulla pancia della ragazza. Accorgendosi di ciò, Mitsui l’abbracciò più forte.

Poi guardarono il filmino sul matrimonio dei genitori di Kaori. Ogni volta che lo guardava, la ragazza si commuoveva. E naturalmente accadde anche quella volta.

Nel momento dello scambio degli anelli Kaori intrecciò le dita con Mitsui.

Lui capì. Quella era un’altra cosa che non avrebbe potuto fare.

Arrivò poi l’ora di andare a dormire. Salirono al piano superiore e, dopo essersi scambiati la buonanotte, ognuno entrò nella propria camera.

Sia Kaori sia Mitsui, però, non riuscivano a prendere sonno. Ad un certo punto Mitsui sentì bussare alla sua porta.

“Hisashi sei ancora sveglio?” quel bisbiglio apparteneva a Kaori.

“Sì, vieni pure.” Disse, mentre accendeva la luce sul comodino.

Kaori entrò e si richiuse la porta alle spalle.

“Non voglio disturbarti. È che non riesco a dormire.”

“Nemmeno io.”

“Posso rimanere qui con te?”

“I tuoi cosa diranno?”

“Non se ne accorgeranno. Cercherò di svegliarmi presto domattina e me ne tornerò nella mia camera. Ti prego.”

Mitsui si arrese e sollevò le lenzuola facendole spazio. Lei si sdraiò, spense la luce del comodino e appoggiò la testa nell’incavo della spalla di Mitsui. Lui la strinse a sé.

I genitori di Kaori erano ancora svegli ed avevano sentito la figlia entrare in camera di Mitsui.

“Dobbiamo fare qualcosa secondo te?” chiese Toshio.

“Credo sia inutile. Lasciamoli stare.”  Rispose la moglie.

Intanto Mitsui non si era ancora addormentato e stava riflettendo.

“Kaori stai dormendo?” sussurrò.

“No, sono ancora sveglia.”

“Stavo pensando una cosa. Una cosa che riguarda anche te.”

“Cioè?”

“È una cosa che mi frulla in testa da quando abbiamo visto i filmini. E più ci rifletto, più penso sia la cosa migliore da fare.”

“Vuoi spiegare anche a me?”

“Mi chiedevo…” si voltò verso di lei per guardarla negli occhi. “Kaori mi vuoi sposare?”

Lei spalancò gli occhi. Non se lo aspettava. Si alzò su un gomito per guardarlo meglio in faccia. Voleva capire se stesse scherzando o meno. I suoi occhi sembravano sinceri.

“Stai scherzando?” chiese per conferma.

“Sono serio.”

“Io… non so che dire.”

“Allora dì di sì.” Disse lui sorridente.

Lei lo guardò ancora per qualche attimo. Poi gli buttò le braccia al collo.

“Sì, sì, sì.” Ripeté ridendo.

Anche Mitsui iniziò a ridere. Poi si rese conto che avrebbero potuto svegliare i genitori di Kaori e lo fece notare anche a lei.

Kaori per tutta risposta lo baciò. Riaccendendo istantaneamente la passione tra loro.

Non lo avrebbe mai detto, ma da quando aveva saputo del bambino aveva iniziato a pensare seriamente al matrimonio. Ma a causa del poco tempo che le mancava non credeva che avrebbe mai potuto sposarsi davvero. E invece era proprio ciò che lui le stava chiedendo.

Un’oretta dopo erano ancora svegli e teneramente abbracciati.

“Credi che i tuoi faranno obiezioni.”

“Non credo. Mi hanno sempre lasciato prendere le mie decisioni da sola.”

“Speriamo allora che continuino così.”

 

Il giorno successivo quando Kaori e Mitsui scesero a fare colazione, trovarono Yukari e Toshio già a tavola.

Mentre si sedettero anche loro, Kaori prese la parola.

“Mamma, papà dovrei… dovremmo parlarvi.” Disse, mentre stringeva la mano di Mitsui.

“Diteci.” Li incoraggiò Yukari.

Questa volta fu Mitsui a parlare.

“Ho chiesto a Kaori di sposarmi e vorremmo che ci deste il vostro consenso.”

Yukari e Toshio rimasero un po’ sorpresi.

“Ragazzi, il matrimonio è una cosa seria. Prima di decidere una cosa del genere dovreste rifletterci molto seriamente e a lungo.”

“Ci abbiamo riflettuto tutta la notte. Se fossimo in un’altra situazione aspetteremmo, ma date le circostanze…”

Ne parlarono a lungo. Poi i genitori di Kaori si decisero a dare la loro benedizione.

Quando tornarono a Kanagawa iniziarono subito i preparativi.

Avevano parlato con il parroco che aveva acconsentito a celebrare la cerimonia la domenica successiva.

Per il vestito da sposa Kaori aveva deciso di indossare quello della madre. Con delle piccole modifiche sarebbe stato perfetto.

Avevano deciso che sarebbe stata una cerimonia per pochi intimi.

Avrebbero partecipato soltanto i genitori di Kaori, Aiko che avrebbe fatto da testimone alla ragazza, e Hiroshi il ragazzo di Aiko che aveva accettato di fare da testimone a Mitsui.

Arrivò così il giorno della cerimonia. Sia Kaori sia Mitsui erano tesi.

Quando però il prete arrivò alla fatidica frase “Vuoi tu, Hisashi Mitsui, prendere Kaori Otonashi come tua legittima sposa e promettere di amarla e onorarla finché morte non vi separi?” più che tesi erano emozionati.

“Sì, lo voglio con tutto il cuore.” Fu la risposta di Mitsui mentre infilava la fede al dito di Kaori.

“Vuoi tu, Kaori Otonashi, prendere Hisashi Mitsui come tuo legittimo sposo e promettere di amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?” riformulò la frase il prete.

“Lo voglio.” Rispose lei mettendo la fede al dito di Mitsui.

“Bene. Vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa.” Disse al ragazzo.

Mitsui non aspettava altro.

Dopo la cerimonia si spostarono a festeggiare al ristorante. I due ragazzi erano felici. Anche se ogni tanto sul volto di entrambi appariva un’espressione triste.

Quando, quella sera, arrivarono a casa di Mitsui, che da quel momento era diventata casa loro, il ragazzo, come voleva la tradizione, prese in braccio sua moglie e la portò in camera.

 

Mitsui fu il primo a svegliarsi la mattina seguente. Rimase a guardarla incantato.

Quando dormiva, Kaori assumeva un’espressione dolcissima, e il suo modo di dormire abbracciata a lui, come se si sentisse protetta, gli faceva stringere il cuore.

‘Lei ha piena fiducia in me, mentre io la sto ingannando. Cosa farebbe se sapesse chi sono? Sono certo che mi odierebbe. Manca una settimana di tempo, ed io ancora non ho trovato una soluzione. Possibile che io non possa salvarla in alcun modo? Sarei disposto a tutto per farla continuare a vivere…’

 

Quella settimana Kaori era rimasta assente da scuola. Voleva godersi la sua vita di moglie per qualche giorno. Il lunedì seguente, però, ci tornò.

Mentre Mitsui era solo in casa, decise di andare da Miyagi.

“Non dovevi venire.” Gli disse l’amico non appena apparve.

Mitsui lo guardò confuso.

“Ero sicuro che saresti venuto qui.” Sentì la voce di Akagi provenire dalle sue spalle.

Si voltò verso di lui.

“Mi hai proprio deluso… Ti credevo davvero il migliore angelo della morte, Mitsui. Ero stato disposto anche a concederti più tempo senza intervenire. Ma ormai il tempo è scaduto e tu non le hai ancora assorbito nemmeno un po’ d’energia. Mi dispiace, ma sono costretto ad assegnarla ad un altro angelo della morte.”

“NO! Aspetta fammi spiegare! Non puoi assegnarla a qualcun altro!”

“Osi darmi ordini?” disse Akagi con tono furente.

“No.” Mormorò abbassando la testa.

“Ti sei lasciato coinvolgere emotivamente. Non vorrei che decidessi di intralciare il lavoro al tuo sostituto. Per questo motivo ho deciso che, da adesso fino a quando la tua affidata non sarà morta, non potrai uscire da questa dimensione.” Disse Akagi scomparendo.

“NOOO!” ma il suo urlò non servì a nulla.

“Mi dispiace.” Mormorò Miyagi.

“Devi aiutarmi!”

“Non posso. Lo sai.”

“Non può finire tutto così! Non posso neanche rivederla per dirle addio. Non le ho nemmeno detto la verità su di me.”

 

Quando Kaori tornò a casa quella sera non trovò nessuno.

Intanto che aspettava il rientro di Mitsui, preparò la cena. Ma a mezzanotte non era ancora arrivato. Rimase sveglia tutta la notte. Verso l’alba si addormentò vinta dalla stanchezza. Quando alle sette la sveglia suonò, si accorse d’essere ancora sola in casa.

 

Il telefono di casa Otonashi squillò.

“Pronto?” rispose Yukari.

“Mamma…”

“Kaori, che succede. Hai la voce strana. Stai male?”

“No, ma… Hisashi non è tornato... Non so dove sia... Ho un brutto presentimento.”

Dopo pochi minuti Yukari era già da lei.

Cercò di tranquillizzarla, ma arrivata la sera Mitsui non era ancora tornato.

La madre si trasferì momentaneamente da lei. Avevano chiamato la polizia, gli ospedali, tutti quelli che lo conoscevano, ma nessuno aveva notizie.

 

Erano passati cinque giorni. In tutti quei giorni Kaori aveva dormito poco e niente e sembrava distrutta. Anche i dolori alla testa e la nausea, che per qualche periodo sembravano svaniti, erano tornati più forti di prima.

 

Mitsui dal canto suo non stava meglio. Nella sua prigionia non poteva nemmeno sapere come stava Kaori. Non sapeva se l’altro angelo della morte avesse già portato a termine il suo compito o se ancora non l’avesse concluso.

‘No, non l’ha concluso. Sono sicuro che Kaori è ancora viva. Lo sento…’ Stava pensando.

“Mitsui?” lo chiamò Miyagi apparendogli davanti.

“Lei come sta?” chiese con un filo di voce.

“Ecco… non potrei dirtelo.”

“Miyagi ti prego!”

“Rukawa sta ancora assorbendo la sua energia.”

“COSA? L’hanno affidata a Rukawa?”

“Sì, perché?” chiese l’amico stupito dalla sua reazione.

“Non è possibile! Ti ricordi che ti parlai di un angelo che mi odiava perché avevo tolto l’energia alla sua ragazza?” il suo tono era una via di mezzo tra il furibondo e il disperato.

“Quello che fece la spia con Akagi?”

“Esatto! Il suo nome era Kaede Rukawa!”

“Mitsui…”

“Ha trovato il modo per vendicarsi. Ed io non posso fare niente! MALEDIZIONE!”

“Cerca di calmarti.”

“Calmarmi? E come potrei? A cosa mi servono i poteri se non posso nemmeno salvare la persona che amo.” Gli disse fissandolo negli occhi.

Miyagi, però, abbassò subito lo sguardo. Il che non era da lui. Riusciva a rimanere tranquillo anche quando fronteggiava Akagi.

“Miyagi…” lo chiamò. Ma l’altro rimase con lo sguardo basso. “Cosa mi stai nascondendo?”

“Io…” era titubante.

“Parla!” gli ordinò.

Miyagi tornò a guardarlo negli occhi.

“Non volevo dirtelo per non farti star peggio dandoti una falsa speranza.”

“Che vuoi dire?”

“Ho trovato un modo per salvarla.”

“E cosa aspetti a dirmelo?”

“Non è così semplice da attuare. E credo che ormai sia troppo tardi.”

“Vuoi dire che l’ha già uccisa?” chiese in un sussurro.

“No. È ancora viva.”

“Miyagi mi stai facendo incazzare! Parla e dimmi qual è questo modo per salvarla!”

“Dovresti sacrificarti per lei.”

Mitsui sembrò rifletterci un po’ sopra. Poi disse: “Sono disposto a farlo.”

“Aspetta! Hai capito cosa ho detto? Devi morire tu al suo posto!”

“Non sono idiota! Ho capito perfettamente! Ma se devo scegliere tra vivere senza di lei e morire per farla vivere, io scelgo la seconda.”

“Mitsui…”

“Miyagi portami da Kaori!” il suo era un ordine perentorio.

Miyagi lo fissò negli occhi per accertarsi che Mitsui fosse sicuro della sua decisione. Poi lo accontentò. Gli poggiò una mano sulla spalla e lo portò nella dimensione di Kaori. Gli spiegò ciò che avrebbe dovuto fare e lo lasciò andare verso casa sua. Da Kaori.

 

Il campanello di casa Mitsui suonò.

Kaori andò ad aprire e si trovò davanti un ragazzo molto alto con i capelli neri e gli occhi tanto azzurri e freddi da sembrare due pezzi di ghiaccio.

“Posso esserle utile?” chiese educatamente, anche se istintivamente sentiva un leggero timore.

“Sto cercando l’appartamento di Hisashi Mitsui. Ma forse ho sbagliato piano.”

“Non ha sbagliato. Lei chi è?”

“Mi chiamo Kaede Rukawa. Sono un suo vecchio amico. Sono venuto a fargli visita da Hokkaido.”

Kaori rifletté un attimo, poi si ricordò che Mitsui le aveva detto di essersi trasferito da Hokkaido.

“Mi dispiace, ma al momento non è in casa.”

“Sa dirmi quando lo posso trovare.”

“Per la verità è da qualche giorno che non torna. E non ho idea di dove sia.”

Gli occhi le si stavano incominciando ad inumidire di lacrime.

“Tutto bene?”

“Io... sì.”

“Non mi sembra. Forse è meglio che si sieda.”

“Credo abbia ragione.”

“Non vorrei disturbarla, ma mi lascerebbe chiamare un taxi?”

Kaori lo fece accomodare e gli mostrò dove era il telefono.

Mentre Rukawa faceva la sua telefonata, Kaori si sedette. Ogni momento che passava si sentiva peggio. Avrebbe voluto ci fosse sua madre, ma era appena uscita per andare a fare la spesa. Iniziava a girarle la testa, faceva fatica a respirare e le sembrava che tutto diventasse nero.

In quel momento qualcuno entrò in casa. Era Mitsui.

“Maledetto! Lasciala stare!” Disse prima di utilizzare i suoi poteri per allontanarlo da Kaori che a quella voce si riprese un po’. Vide l’uomo che amava avvicinarsi a Rukawa e mettergli una mano sulla fronte.

Quest’ultimo con voce strozzata ed un sorriso crudele sulle labbra disse: “Ormai è inutile. Il processo finale è già iniziato.”

Pochi attimi dopo Kaori vide Rukawa scomparire.

“Ma cosa…?” domandò con un filo di voce.

Mitsui senza risponderle la raggiunse e l’abbracciò. Aveva avuto paura di arrivare tardi. Fortunatamente aveva fatto in tempo. La sentì, però, molto debole. Segno che ormai mancava veramente poco.

“Kaori, ti chiedo di perdonarmi. Ora ti farò stare bene.” Detto questo poggiò le labbra su quelle di Kaori e la baciò.

Mentre lui continuava a baciarla, lei iniziava a sentirsi meglio.

Quando il bacio finì, Mitsui si accasciò a terra.

Kaori lo prese tra le sue braccia.

“Che cos’hai?”
“Perdonami. Ti prego.”

“Per cosa? Se è perché sei stato via per alcuni giorni….”

“Non è per quello.” La interruppe.

“E per cosa allora?”

“Per averti nascosto la verità. Io… io non sono una persona normale. Io sono un angelo della morte.”

“Angelo della morte?” ripeté confusa.

“Sì. Il nostro compito è quello di assorbire energia vitale dalle persone che ci vengono affidate, in modo da farle morire.”

“Io… io ero una di queste persone.” Non era una domanda quanto una constatazione.

“Sì. Eri stata affidata a me. Ma non sono mai riuscito ad assorbire la tua energia. All’inizio non capivo perché, ma col passare del tempo mi si è chiarito tutto. Non ci sono riuscito perché mi sono innamorato di te. Il mio capo ha scoperto che non stavo eseguendo il mio lavoro e mi ha tenuto prigioniero in questi giorni nella nostra dimensione, mandando da te un sostituto.”

“Rukawa?” tirò ad indovinare.

“Esatto.”

“E cosa gli hai fatto prima?”

“Ho assorbito… la sua energia… per evitare… che lui assorbisse la tua.” Mitsui iniziava a risentire dello sforzo di parlare.

Una fitta di dolore lo obbligò a trattenere il fiato.

“Che ti succede?” chiese preoccupata Kaori.

“In tutto questo periodo... ho chiesto ad un mio amico... di trovare una soluzione... per fare in modo che tu non morissi... E lui l’ha trovata.”

“Che soluzione?”

“Avrei dovuto assorbire io il tuo male...”

“È per questo che improvvisamente mi sento meglio?”

“Sì.”

“Ma cosa succederà a te adesso?”

Mitsui si limitò a fissarla negli occhi lasciando che tutto l’amore che provava per Kaori trasparisse dal suo sguardo.

“Morirai al posto mio.” Disse Kaori in un sussurro. “Non morirò io, perché sarai tu a morire? È così vero?” chiese sconvolta.

“Sì, è così.”

“Perché?” chiese piangendo.

“Perché non potevo vivere senza di te.”

“Ed io allora? Come pensi che possa farlo io, se tu mi lasci da sola.”

“Tu non sarai sola... Avrai la tua famiglia... I tuoi amici... e nostro figlio...” Anche dagli occhi di Mitsui incominciarono a scendere delle lacrime. “Io non potrò vederlo nascere... ma sarò sempre con voi... Ricordi cosa ti dissi sulla morte?”

“Che le anime si trasformano in energia e raggiungono le persone care diventando parte di loro.”

“È la verità... Essere un angelo della morte... ti da la possibilità... di sapere cosa succede... dopo la morte... Io sarò sempre con te... e con il nostro bambino... perché... voi siete... le persone... che... io amo.”

“Anch’io ti amo Hisashi.”

“Vorrei che... esaudissi... un mio... desiderio.”

“Tutto quello che vuoi…”

“Baciami. È... l’unico modo... in cui... voglio andarmene.”

“Hisashi... io non voglio lasciarti andare!”

“Devi... amore mio... Ormai... è troppo tardi.”

Kaori si abbassò e poggiò le sue labbra su quelle di Mitsui.

Pochi secondi dopo allontanò le sue labbra e lo guardò.

Non si muoveva.

“Hi...Hisashi?” lo chiamò sottovoce.

“Hisashi?” disse un po’ più ad alta voce, mentre lo scuoteva.

“HISASHIIII...” Stavolta stava urlando tutto il suo dolore.

Continuò a chiamarlo, mentre, tenendolo abbracciato, piangeva disperatamente.

 

UN ANNO E OTTO MESI DOPO.

 

Una ragazza stava passeggiando sul lungomare al tramonto. Teneva in braccio un bambino. Questi aveva gli occhi scuri, capelli neri che con la luce rossa del tramonto avevano dei riflessi viola.

La ragazza si sedette sulla spiaggia con suo figlio.

“Hisashi, lo sai? Qui è dove ho conosciuto il tuo papà. Era un uomo stupendo. Sia fisicamente sia spiritualmente. Lui mi ha salvato, ed ha salvato te. Tu me lo ricordi ogni giorno... Sento che non mi ha mentito. Sento la sua presenza. Sempre. Non ci ha abbandonati. È con noi. Nel nostro cuore. Nel nostro amore.”

 

FINE

   
 
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