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Autore: Rinoagirl89    25/01/2012    4 recensioni
In più di un occasione Sakura Haruno si era chiesta cosa fosse "la verità sugli Uchiha". Forse, è arrivato per lei il momento di conoscerla.
« Perché?» la sua voce era così flebile che poteva anche non essere stata udita, ma da come si voltò immediatamente verso di lei, capì che la domanda era stata colta.
«Avete rubato la mia felicità» le urlò contro con il viso contratto in una maschera di rabbia.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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The truth

 

 

 

Non era ancora riuscita a mettere il naso fuori da quella tenda, da quando Naruto era venuto a salvare l’equipe medica dall’ennesimo attacco. Perciò, dopo ben dieci ore di lavoro, seppure fossero in piena guerra, sentiva di aver bisogno di una pausa. Non chiedeva molto. Solo cinque minuti senza morti o feriti.

Uscì, ma dovette ammettere con se stessa che non era stata una grande idea.

Se dentro l’atmosfera era pesante, lì fuori regnava il caos totale.

Tutti correvano da destra a sinistra, incuranti di tutto e di niente, e Sakura si sentiva profondamente scoraggiata. Oltre che curare e cercare di salvare più vite possibili, non poteva fare altro. Naruto era in piena battaglia, dimostrandosi il valoroso ninja che era sempre stato, mentre lei era la solita inetta inutile, capace solo di piangere. Sul suo volto passò una smorfia amara, all’idea di sentirsi ancora così piccola rispetto a lui, ma quello non era il momento migliore per farsi prendere dal rammarico.

Doveva rimanere concentrata sul suo ruolo.

Fece qualche passo di circospezione, tanto per rendersi conto della situazione quando, all’improvviso, i suoi occhi notarono una chioma nera familiare.

Si trovava a pochi metri da lei, ma c’era talmente tanta confusione che non riusciva a distinguerla nettamente, inoltre non credeva possibile che lui potesse entrare così facilmente nei loro ranghi.

Cercò di farsi spazio, spingendo e urtando maldestramente, giustificandosi mentalmente con la necessità di appurare l’incursione di un nemico. Qualche altro passo e lui fu' a pochi metri da lei.

Non importava più quanta gente la tallonasse, o l’incombere della morte.

Ora non erano altro che Sakura ed il nemico.

Con la sua fedele katana allacciata in vita e il simbolo degli Uchiha sulla schiena, sembrava così strano che nessuno si fosse accorto di lui; ma lei non poteva non vederlo o non cercarlo sempre. Non voleva arrendersi come aveva fatto quando Sai e Shikamaru gli avevano intimato di smetterla di tirarsi avanti con la “promessa”.

Naruto gli aveva dato la forza di sperare.

Nonostante ciò, al solo avvicinarsi alla sua figura sentiva il cuore batterle a mille e la paura farsi largo, sovrastando tutte le altre emozioni.

“Mi ucciderà se mi avvicino?”

Rimuginando sulla sua decisione, non si accorse che Sasuke Uchiha non stava più fissando il vuoto di fronte a sé, ma la guardava dritta negli occhi. Uno sguardo del genere però a lei non poteva passare inosservato, quei brividi che le attraversarono l’esile corpo le erano assai noti.

Così si azzardò a posare nuovamente gli occhi sulla sua figura. E vide che aveva suscitato l’attenzione del “ragazzo maledetto” – rinominato così dopo l’incontro con i kage-. A quanto pare il cognome di quel grande clan faceva ancora paura.

Sul momento si fece prendere dal panico, perché contro lo Sharingan non aveva molte speranze, ma ben presto si accorse che i suoi occhi erano neri, anche se non privi di rabbia e avversione verso di lei.

Per sicurezza abbassò gli occhi a terra, incapace di continuare a guardarlo sapendo che quell’odio nei suoi occhi ora era rivolto verso di lei.

Si mise le mani nelle tasche del suo camice bianco, incerta se affrontarlo o chiamare aiuto. Infondo c’erano così tante persone che qualcuno l’avrebbe sentita urlare, almeno nelle vicinanze.

Nel momento in cui decise di intraprendere la prima strada, si accorse che di lui non ce n’era più traccia. Si mise a correre guardandosi a destra e a sinistra, desiderando ardentemente rivederlo, condannandosi per essere stata così imprudente da lasciarselo scappare senza porgli quella domanda. 

All’improvviso si sentì prendere per un polso e trascinare lontano dall’accampamento. Non aveva bisogno di alzare gli occhi per capire chi fosse, sapeva che era Sasuke e che il suo destino adesso era nelle sue mani.

Giunti in un luogo isolato - come poteva esserci così tanta calma in quella radura poco lontano dall’accampamento, era una cosa inspiegabile - Sasuke lasciò immediatamente la presa sul suo braccio.

Sakura, incurante del pericolo che stava correndo, prima che lui potesse in alcun modo porre fine alla sua vita - sicuramente era quello il suo scopo- decise di tentare il tutto per tutto.

«Perché?» la sua voce era così flebile che poteva anche non essere stata udita, ma da come si voltò immediatamente verso di lei, capì che la domanda era stata colta.

«Avete rubato la mia felicità» le urlò contro con il viso contratto in una maschera di rabbia.

«Che stai dicendo?» gli rispose lei, con uno sguardo smarrito e gli occhi verdi sgranati. Sul viso scendevano stille di sudore e il battito era accelerato, cosa che non doveva accadere, non più. Non ora.

«Ah, non lo sai. Kakashi avrà pensato di non infangare il buon nome di Konoha» dichiarò in tono sprezzante, anche se il suo viso ora era impassibile, rispetto a pochi attimi prima. «Allora te lo dirò io, Sakura. Il massacro del mio clan è stato ordinato dalle alte sfere di Konoha. Tsk, avevano paura che la nostra forza potesse minare la stabilità del villaggio. Hanno accusato mio padre di cospirare per una rivolta civile. Lo capisci questo? Il tuo villaggio ha voluto la mia famiglia morta» le disse, rinnegando a tutti gli effetti la sua natalità. «Avete vissuto una vita felice e spensierata, mentre io volevo vendicarmi di mio fratello, l’unica persona che si era sacrificata per me» continuò a guardarla dritta negli occhi mentre parlava, voleva vedere la sua reazione e, soprattutto, voleva ferirla. Sapeva quanto lei ci tenesse ancora a lui, glielo aveva letto negli occhi, quindi sapeva anche l’effetto che le avrebbe fatto rivelarle ciò che il suo amato villaggio aveva fatto a un bambino di quindici anni ed uno di otto.

Sakura sentì le lacrime rigarle le guance. Quello che Sasuke le stava dicendo era terribile, non poteva e non voleva crederci. Era troppo.

«Io n-non. Non p-» i singhiozzi le impedirono di finire la frase, cercò di abbracciarsi per darsi sostegno, mentre abbassava la testa, impedendo a Sasuke la vista del suo viso, coperto dalla frangetta.

Se avesse alzato lo sguardo, avrebbe visto il disgusto negli occhi del suo interlocutore, si aspettava esattamente quella scena. Si avvicinò rapidamente a lei, poi con due dita le alzò il mento per guardare quegli occhi verdi inondati dalle solite, fastidiose, lacrime.

«Provi pena per me, Sakura?» le sussurrò nell’orecchio, scandendo con precisione ogni sillaba del suo nome. «Sei una sciocca, invece di stare qui a piangere al tuo posto mi preoccuperei della tua vita» e detto ciò, con un rapido scatto, la mano che sorreggeva il suo viso finì a stringere il collo della ragazza, sollevandola da terra. «Avevo ragione io, i sentimenti rendono deboli. Se non mi amassi così tanto non mi avresti mai permesso di portarti via dal tuo accampamento». L’altra mano andò a toccare l’elsa della sua fedele spada, pronta a fendere il colpo di grazia, ma prima che poté anche solo pensare a come colpirla, un sussurro debolissimo della ragazza lo fermò di scatto.

«Sei…uno…stupido» La determinazione nello sguardo di Sakura, assieme a quell’insulto, così insolito se consideriamo il soggetto cui l’ha rivolto, lo fermano dalla sua azione iniziale.

Non riusciva a capire esattamente perché quelle parole lo avevano così colpito. Forse, fino ad ora, era stata l’unica a definirlo in quel modo – eccetto Naruto, ma lui era un caso a parte- o, semplicemente, aveva capito che quelle parole sottintendano altro.

Lentamente allentò la stretta sul suo collo, senza però lasciarlo. Il minimo che serviva per farla parlare.

«Credi che la morte di tutte queste persone possa ridarti indietro la tua famiglia? Una volta che si muore, si è perduti per sempre. Non ha più importanza cosa si è o cosa si era, perché finiamo di esistere. Io - qui lei abbassò lo sguardo colpevole- posso dirti ancora mille e mille volte che mi dispiace, ma so che non ti è di consolazione e-» le mani di Sasuke le lasciarono il collo . Stette lì a guardarla mentre lei si sentiva così piccola di fronte al suo dolore, così vulnerabile. Così Sakura.

Oramai era troppo tardi per i ripensamenti, il suo animo gridava vendetta e sangue perciò qualunque cosa lei avrebbe detto non avrebbe cambiato nulla: anche lei sarebbe morta per mano sua.

Tutto un tratto, l’espressione di Sakura cambiò, mostrandosi più risoluta e calma. Aveva appena avuto un’idea che sembrava promettente, anche se di certo il soggetto in questione non l’avrebbe mai presa in considerazione.  

«Sai, al tuo posto agirei diversamente» a tali parole, Sasuke Uchiha si permise di rivolgerle un sorrisetto ironico.

«Ah, si? E sentiamo, cosa faresti tu?» le disse, curioso ma allo stesso tempo scettico. Nessuno poteva capirlo o tanto meno provarci. Figuriamoci se poteva riuscirci lei.

«Direi a tutti la verità»

«…»

«L’obiettivo degli anziani è preservare il buon nome del villaggio, e sono disposti a tutti pur di ottenere ciò che vogliono, anche uccidere un intero clan. In questo modo, se riveli a tutti cosa c’è realmente sotto al massacro degli Uchiha, vanificherai i loro sforzi. Saranno etichettati come traditori da tutti. Vivranno nella vergogna e nell’odio, assaporando la loro stessa medicina.

Ti vuoi vendicare? Vendicati come si deve. La loro morte non ti darà soddisfazione, ma la loro sconfitta ti renderà giustizia. Fidati di me»

Sasuke assaporò per pochi attimi la possibilità di vivere una vita normale, in cui i suoi incubi fossero finiti, in cui tutto quello per cui aveva lottato non era stato vano. Una vita in cui Sakura fosse qualcosa di più che una semplice compagna di squadra.

Una piccola illusione dalla breve durata.

Certo, il ragionamento della sua ex-compagna era logico e promettente, ma lui si era spinto troppo in là.

Oramai non cercava redenzione o giustizia, ma solo morte. E di certo non la sua. Almeno fino a quel momento.

«Sakura, tu e Naruto finite sempre per farmi ripetere. Ormai io ho fatto la mia scelta e niente di ciò che direte, mi farà cambiare idea»

Continuò a guardarla per un lungo momento, prima di decidere di voltarle le spalle e andarsene. Per ora non era sua intenzione ucciderla, avrebbe avuto tempo per farlo dopo.

«Aspetta!» lo raggiunge alle spalle. Fece per toccargli il polso, ma prima di poterlo effettivamente sentire sotto la sua pelle ritrasse la mano.

«Lo so che non vuoi darmi retta e che sono ancora un peso per te, però ti prego. Almeno cerca di ascoltare Naruto. Lui ha grande fiducia in te… e anch’io. Alla fine so che farai la scelta giusta»

«Hn. Pensa quel che vuoi, non mi interessa»

Sakura allora decise di allontanarsi da lui, aveva ancora del lavoro da fare e sapeva che non era compito suo far redimere l’ultimo esponente del clan Uchiha.

Tuttavia, dopo solo pochi passi, si ritrovò nuovamente a faccia a faccia con l’unico ragazzo che avrebbe mai amato in vita sua. Lo guardò negli occhi, anche se così facendo correva il rischio di cader trappola di un' illusione, ma oramai tanto valeva giocare anche l’ultima carta. Inoltre aveva la netta sensazione che non fosse più così ostile con lei, almeno in quel frangente.

«Sakura, grazie»

Per un attimo il suo cuore smise di battere per quella singola ma significativa, frase.

Ancora una volta la stava ringraziando e stavolta  poté rispondere.

«Prego Sas’ke-kun»

Pochi istanti dopo la sua figura scomparve e lei restò lì a fissare il panorama di fronte a sé.

Tutto quel che poteva fare ora, era tornare al villaggio a gridare la verità che lui voleva tacere.

Forse li voleva morti, ma a lei non bastava.

Gli avevano rubato l’uomo della sua vita, e in modo o nell’altro l’avrebbero pagata cara.

La prossima volta che l’avrebbe visto forse lui avrebbe tentato nuovamente di ucciderla, ma non aveva importanza perché ora lei sapeva che cosa si portava dentro. In un certo senso capiva la sua rabbia, la sua tristezza ma non poteva condividere la sua voglia di sangue. Tuttavia, se fosse stato necessario a placare la sua rabbia, lei stessa si sarebbe offerta su un piatto d’argento.

Chissà, magari non ce ne sarebbe stato bisogno.

Al vento mormorò due ultime parole, prima di tornare all’accampamento.

 

 

Ashiteru Sas’ke-kun.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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