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Autore: Garth Herzog    25/01/2012    7 recensioni
«Domani sarà un grigio giorno di pioggia. Mi piacerebbe prendere quel blu e colorarlo per te.»
Usagi sorrise. Adorava quando il suo Mamo-chan cercava in tutti i modi di essere romantico.
«Mi basta saperti al mio fianco per avere tutti i colori che desidero.»
*Missing moment ambientato dopo l'episodio 77, quando Mamoru e Usagi tornano insieme dopo il periodo della separazione.*
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda serie
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Preso Blu (2) Quando si separarono, lui le prese la mano.
Si avviarono lungo il viale parzialmente illuminato.
Improvvisamente una nube scura coprì la Luna, ma non gli badò granché.
Quella sera la luce si trovava al suo fianco.


PRESO BLU



«Vieni, entra.»
Si guardò intorno, leggermente a disagio. Un'occhiata di lui le fece capire che, adesso, era più che benvenuta. Mosse qualche passo incerto, mentre il ricordo di quello che era accaduto solo qualche ora prima le tornava prepotentemente alla mente.
Sentì la porta dietro di lei chiudersi, e si voltò verso il suo - mai perduto, eppure ritrovato - amore.
Le stava sorridendo.
Si sentì quasi in dovere di tranquillizzarlo, e gli rispose con tutto il cuore.
Che sciocca. Era lui quello che era passato attraverso il periodo più difficile di tutta la sua vita. Forse proprio di tutta la vita no, ma era pienamente consapevole della tortura che si era autoinflitto, scegliendo l'eterna solitudine alla remota possibilità della sua morte.
«Che c'è?» Il suo tono preoccupato le fece capire che, inconsapevolmente, la sua espressione doveva essersi fatta più triste.
Scosse il capo. «Niente. Sono felice, Mamo-chan.» Andare a rivangare il terribile incubo in quel momento era del tutto fuori luogo.
Era lì, con lui. Finalmente tutto aveva un senso e ringraziò mentalmente chi o cosa le aveva mandato quel sogno per farle capire.
Tolse le scarpe ed entrò nel salotto. Mamoru la seguì e, una volta raggiunta, l'afferrò per un braccio, costringendola a voltarsi. Inarcò un sopracciglio, mentre nei suoi occhi lei rivide, anche se solo per un attimo, tutto il dolore che doveva essersi tenuto dentro per così tanto tempo.
«Usako, mi stai nascondendo qualcosa.»
Quanto le era mancato sentirsi chiamare così. «Anche tu mi hai nascosto qualcosa nei precedenti due mesi.» Cercò di imprimere dolcezza nel suo tono, affinché lui non pensasse che lo stesse rimproverando per questo.
Ma il suo Mamoru era davvero lento a capire, quando c'erano in campo le emozioni.
«Mi... mi dispiace.» Abbassò lo sguardo, sentendosi colpevole. «Non avrei dovuto farti soffrire così.»
Usagi non sopportava vederlo così, afflitto e abbattuto. Il passato è passato. L'importante era che, in fondo, tutto fosse tornato come prima.
No, non come prima.
Qualcosa era sicuramente cambiato. Il sogno aveva fatto emergere le loro debolezze e le loro paure, costringendoli ad affrontarle, per dare una dimensione nuova al loro affetto reciproco.
Ciò che stava mutando era il loro stesso rapporto.
Aveva creduto erroneamente che quel che era accaduto durante la battaglia contro il Dark Kingdom fosse stata una prova più che sufficiente per appurare, oltre ogni ragionevole dubbio, la stabilità della loro relazione.
L'aveva visto sacrificarsi e morire per lei.
Allora non erano nemmeno una coppia. Erano due anime incontratesi nuovamente dopo millenni, intenzionate a ravvivare il loro antico amore. Perciò quel giorno, nell'antro di Queen Beryl, c'erano Endymion e Serenity, non Mamoru e Usagi.
Tutto era cambiato dai tempi del Silver Millennium, quindi come potevano essere certi della realtà dei loro sentimenti come persone del ventesimo secolo? Come potevano essere sicuri che non si stessero trascinando in qualcosa di già iniziato e che stava continuando a muoversi per inerzia, nonostante fosse passato un tempo oltre ogni immaginazione?
Gli prese il viso tra le mani, costringendolo a incontrare il suo sguardo. «Mamo-chan, eri solo preoccupato per me. Non te ne sto facendo una colpa.»
Lui sospirò e chiuse gli occhi. «Io invece sì.»
Mamoru tendeva a prendersi le colpe di quel che ricadeva sotto la sua stessa responsabilità; Usagi lo aveva scoperto nel periodo della guerra contro il Dark Kingdom. Non aveva dimenticato il modo con cui l'aveva guardata quando erano rimasti intrappolati nella Starlight Tower, alla mercé di Zoisite: si sentiva responsabile perfino dello stesso guaio in cui si era cacciata lei volontariamente, seguendolo.
Ci sono tante cose di me che non conosci. Nasconderle era il modo migliore, secondo il suo modo di vedere il mondo, per proteggerla.
Condividevano vedute differenti, ma non poteva biasimarlo.
«Ti senti in colpa per avermi fatta soffrire o per avermelo nascosto?»
Mamoru sollevò appena le palpebre. «Tu quale preferisci?»
«Nessuna delle due.» Avvicinò il viso al suo. «So che anche per te non deve essere stato facile.»
Lui abbozzò un sorriso amaro. «Ma almeno io sapevo a cosa stavo andando incontro. Invece tu... deve essere stato terribile.»
Come se mi avessero strappato l'anima dal corpo. Era quello che aveva provato quando l'aveva respinta, ma le era bastato ricordarsi delle sue amiche per farle comprendere che il suo cuore era ancora lì, pronto per dare e per ricevere.
Lei era privilegiata.
«Eri solo.» Non era altro che una semplice constatazione, eppure dava un significato concreto all'essenza stessa del dolore che lui doveva aver provato.
Per Mamoru c'era solo Usagi.
È davvero triste.
Non aveva mai capito davvero cosa fosse realmente la solitudine, almeno fin quando non aveva visto morire le sue amiche l'una dopo l'altra tra i ghiacci dell'Artico. Era rimasta sola appena per poche ore; cosa si doveva provare a sentirsi costantemente isolati dai rapporti umani più profondi?
Eppure era ciò che Mamoru aveva vissuto per... dodici anni?
Avvertendo il silenzio a pochi centimetri dalle sue labbra, riprese a parlare. «Non c'era nessuno che potesse consolarti, come è successo a me.»
Famiglia. Amici.
«La tua incolumità era molto più importante della mia sofferenza.» Espirò, sconfitto da una stanchezza che non nasceva dal suo corpo. «Pensavo che prima o poi saresti riuscita a superarla. Che ti avrebbero aiutata a... dimenticarmi.»
Usagi sgranò gli occhi. «Ti rendi conto delle stupidaggini che stai dicendo?» E che aveva messo in atto!
«Come?» Perché sembrava sorpreso?
Fece scivolare le mani dietro la sua nuca, afferrandogli i capelli e accorciando la distanza tra i loro visi. «Tu mi avresti dimenticata?»
«...no.» Di nuovo, lo stava dicendo come se fosse stata un'ammissione di colpa.
«E credevi che io avessi la forza per farlo? Anzi, la voglia di farlo?» Era sbalordita.
«Allora mi correggo. Ci avremmo fatto... l'abitudine.»   
«L'abitudine??» Era uno stupido! «Solo chi non prova più nulla per l'altro si abitua alla lontananza!» Alzò la voce apposta di un tono, irata. Lo lasciò, spingendolo appena all'indietro. «È così debole il sentimento che provi per me?»
Restò a fissarlo per lunghissimi attimi, finché non lo vide sorridere. Stavolta, però, i lineamenti del suo volto erano distesi e sereni. «Se fosse stato davvero così fragile, ora non saremmo qui.»
Si contraddiceva da solo! «Non hai mai creduto nemmeno tu alle storie che ti raccontavi per tenerti lontano da me.»
«Ho cercato di convincermi. Certo, non era facile visto che ti incontravo praticamente quasi tutti i giorni.»
Non riusciva ad essere davvero arrabbiata con lui. «Vedi? Vuol dire che il destino voleva farci tornare insieme.»
«O più semplicemente perché viviamo nello stesso quartiere e frequentiamo quasi gli stessi posti.»
Per Usagi fu un sollievo vedere che Mamoru stava cominciando ad essere capace di ironizzare su quello che avevano passato. «Tu romanticismo zero, eh?»
«Lo lascio a te. Ne hai a sufficienza per tutti e due.» Ridacchiò, rivelandole di essere sempre più a suo agio.
«E va bene, non posso chiederti tanto. Mi accontenterò di averti accanto.» Cominciò a sentirsi come adagiata su una nuvola, con il cuore in volo folle negli oceani celesti.
«Per me non è poco.» La raggiunse in due passi e la afferrò, stringendola a sé.
Le era mancato. Le era mancato sentire il suo odore, il suo calore, il rumore del suo respiro. Stava impazzendo al pensiero che forse non l'avrebbe mai più abbracciato, baciato, amato.
No, amato no. Quello era un sentimento che nemmeno gli incubi più tremendi potevano cancellare.
«Mamo-chan?» Sollevò lo sguardo, incontrando il suo. Solo ora si era resa conto delle ombre sotto i suoi occhi. Chissà da quanto tempo non dormiva decentemente.
«Mh?» Il sospiro che emise subito dopo sapeva di sollievo.
«Ti prometto che io non morirò.» Gli accarezzò una guancia. «Finché resteremo insieme, resterà viva l'unica cosa per cui vale la pena rischiare.»
I suoi occhi le avevano già risposto. Ma la conferma delle sue labbra era tutt'altro che superflua. 
«Ti amo, Usako.»
«E io amo te, Mamo-chan. Per favore, promettimi che d'ora in avanti resteremo sempre insieme.»
Gliel'aveva già chiesto, due mesi prima, al termine della loro gita in barca, il giorno in cui arrivò Chibiusa. In quel momento, però, quella frase assumeva una dimensione del tutto nuova: usciva dall'universo delle parole per entrare in quello dei gesti.
L'amore non era mai stato per lei così reale.
«Non c'è bisogno di una promessa. Noi siamo sempre stati insieme.»
Aveva ragione. Sebbene i loro corpi fossero distanti, le loro anime non avevano mai smesso di toccarsi.
Usagi comprese che nessuno le aveva mandato quel sogno: era stata lei stessa ad entrare in comunione con il suo Mamo-chan, sincronizzandosi perfettamente con il suo stesso spirito.
Forse, inconsciamente, continuavano ad incontrarsi proprio per questo motivo.
Siamo sempre e solo stati un individuo solo. Insieme, completi.
Non aveva senso logico, ma... era così. Ed era magico.
«Comincio a dubitare anche io dell'esistenza del destino.» Si accoccolò nell'abbraccio, respirando a fondo il suo profumo. «Ma mi piace pensare che sia stato lui a farci incontrare.»
«Se non lo pensassi, non saresti più tu.» Sollevò una mano e cominciò ad accarezzarle uno dei suoi codini.
«Già, io sono l'inguaribile romantica.» Rise, finalmente davvero felice.
«Sì, di quella categoria che lascerebbe il mondo cadere a pezzi pur di non separarsi dall'uomo che ama.»
Ah, si era ricordato di quello che gli aveva detto - più che altro urlato - qualche ora prima, quando era andata da lui per raccontargli dell'incubo. «Dovevo sembrare seriamente disperata.»
«No, non disperata. Direi più... incredula.»
«Non riuscivo a concepire come fosse possibile che tu non capissi. Pensavi forse che mi sarei arresa così, ora che conoscevo il motivo per cui mi avevi lasciata?» Avrebbe fatto i conti con la testardaggine leggendaria di Usagi.
«Non potevo aspettarmi di meno da te. Quello forte tra noi due sei tu.»
Come? «Forte?»
Mamoru annuì. «Sì. Niente riesce a farti smettere di lottare per quello a cui tieni.» La sua mano salì fino ad accarezzarle un punto sulla nuca. «Io non ne sono stato capace.»
Non le piaceva sentirlo parlare così di se stesso. «Ci è voluta molta forza da parte tua per prendere quella decisione.»
Lui in tutta risposta negò con il capo. «No. Sono stato solo un vigliacco. Sono scappato credendo di fare la cosa giusta per entrambi. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia stato stupido.»
Non aveva finito, intuì lei. Mamoru la stava fissando con un'intensità tale che non faticò a pensare che stesse per dirle qualcosa di davvero importante.
Qualcosa che, finalmente, li avrebbe consacrati come non più due entità separate e indipendenti, ma come l'insieme perfetto che prende il nome di coppia.
«La vera forza sarebbe stato condividere con te i miei timori e trovare nel confronto una soluzione. Insieme.»
Siamo due, e una sola cosa. Ora siamo davvero inseparabili.
Infine, l'aveva capito anche lui.

Le nubi si erano addensate nel cielo notturno, preannunciando la pioggia.
Seduti sul divano davanti alla grande porta-finestra, Mamoru posò la guancia sulla testa di Usagi.
Il silenzio tra di loro diventò man mano sempre più confortevole.
La sola presenza era, per entrambi, un dono al quale non avrebbero mai rinunciato.
Il tempo delle parole era finito. Era arrivato il momento di sentire.
Mamoru allungò una mano e indicò un piccolo frammento di cielo stellato che faceva capolino tra le nuvole.
«Domani sarà un grigio giorno di pioggia. Mi piacerebbe prendere quel blu e colorarlo per te.»
Usagi sorrise. Adorava quando il suo Mamo-chan cercava in tutti i modi di essere romantico.
«Mi basta saperti al mio fianco per avere tutti i colori che desidero.»
Luce.
E nessuna ombra sul sentiero della nostra vita.
Mai più.


FINE


***

Lo so che vi state chiedendo tutti per quale motivo, con un quinto capitolo da terminare, mi sia messa a scrivere questa one-shot. Veramente non lo so nemmeno io! XD È nata nella mia testa l'altro giorno, sull'autobus, mentre ascoltavo la canzone che da il titolo alla fanfic, Preso Blu dei Subsonica. Bon, e pensare che la stavo saltando! XD
Comunque, come avrete capito, questa fic è quello che secondo me doveva accadere tra la fine dell'episodio 77 e l'inizio del 78. Cioè, nell'anime sembra che loro si siano rimessi insieme solo perché il nemico è tosto! XD Follie della versione animata.
Spero che questa breve fic vi sia piaciuta.
Un bacio a tutti! ^^        
 
   
 
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