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Autore: Shadowolf    27/01/2012    0 recensioni
Serie: RolePlay
Alzo finalmente lo sguardo sul video e sorrido appena nel vedere Patti LuPone troneggiare il palco come suo solito. Ma la mia concentrazione dura assai poco comunque, perché dopo solo una manciata scarsa di attimi la mia mente comincia a vagare per conto suo, un po’ come fosse lo spirito dei Natali passati in visita a Scrooge il 24 Dicembre, che lo prende per mano e lo fa volare sopra i tetti delle case.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'RolePlay'
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There was a time when men were kind,  when their voices were soft and their words inviting… There was a time when love was blind, and the world was a song, and the song was exciting… There was a time, then it all went wrong...
Sulle prime non riconosco neanche la canzone, talmente sono preso dall’accarezzargli i lineamenti, concentrandomi così tanto sul suo viso rilassato e addormentato da non accorgermi che il musical in tv è cominciato, da quasi mezz’ora all’incirca, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho assistito alla pièce dei Les Miserables a teatro. Decisamente troppo. Così stasera, dopo che hanno dato la pubblicità della messa in onda della rappresentazione tenutasi in occasione del suo venticinquesimo anniversario, durante una pausa pubblicitaria del film che stavamo guardando, ho deciso di restare sveglio ed attenderlo. Anche lui c’ha provato, ma alla fine ha ceduto al sonno, addormentandosi con la testa mezza nascosta dalla mia maglia del pigiama, all’altezza della pancia.
Quando me ne sono accorto sullo schermo della tv stavano scorrendo i titoli di coda del film, e per passare il tempo ho cominciato ad osservarlo dormire. Perdendomi completamente in quel momento che è diventato elastico, contaminando anche altri secondi, e poi minuti interi.
Alzo finalmente lo sguardo sul video e sorrido appena nel vedere Patti LuPone troneggiare il palco come suo solito. Ma la mia concentrazione dura assai poco comunque, perché dopo solo una manciata scarsa di attimi la mia mente comincia a vagare per conto suo, un po’ come fosse lo spirito dei Natali passati in visita a Scrooge il 24 Dicembre, che lo prende per mano e lo fa volare sopra i tetti delle case.
E anch’io mi perdo nello stesso tipo di sogno ad occhi aperti, se così si può chiamare. All’improvviso mi tornano in mente flashback dal passato, da un anno fa, più o meno. Periodo orribile. Avevo i nervi a fior di pelle per via della fine delle riprese del secondo Sherlock Holmes, e tendevo a diventare intrattabile per la minima stupidaggine. Pensavo che così sarebbe finito tutto, l’armonia, la tranquillità, la pace che avevano cominciato a regnare sulle nostre teste da quella lite furibonda di inizio Novembre, che però aveva avuto il merito – il grande merito – di farci aprire gli occhi, costringendoci ad affrontare la realtà, i nostri piccoli e grandi problemi.
In pratica, ci aveva permesso di crescere come coppia, e non solo individualmente. Avevamo vissuto per tre mesi sempre insieme o quasi, e in quel momento la sola ipotesi di dover tornare a vivere alle parti opposte della terra mi sembrava il peggio che ci potesse capitare. Avevo paura di un ritorno all’estate precedente, e la prospettiva era sufficiente a rendermi una molla pronta a scattare alla minima vibrazione.
Troppo dolore, troppe lacrime.
Ed io sentivo di essere maledettamente instabile.
Ripensandoci ora, avrei fatto meglio a dirglielo apertamente. Anzi, a ripeterglielo più e più volte, finché non mi avesse completamente capito. Perché qualche sforzo l’avevo fatto, sì, ma alla fine, inesorabilmente, lasciavo perdere, in parte perché mi sembrava di star parlando ad un muro, in parte perché odiavo mostrarmi così debole ed indifeso ai suoi occhi. Certo, anche allora ero più me stesso con lui rispetto a quanto lo fossi mai stato con chiunque altro, ma nonostante questo ci tenevo ancora troppo a mostrarmi ben capace di sopportare ogni cosa si mettesse sulla mia strada per permettergli di prendersi totalmente cura di me, così come desideravo tacitamente facesse. Volevo che sapesse di poter contare sempre su qualcuno più forte di lui nella difficoltà.
Il che, per quanto io sia codardo, fa ridere persino me. Che pretesa assurda. Non mi si dovrebbe lasciar tenere neanche un cane da solo, figuriamoci qualcuno così fragile come lui.
Infatti alla fine tutta quella bolla di nervosismo, tensione ed equilibrio precario scoppiò in mille frammenti, inesorabilmente, come da copione già abbondantemente scritto e rivisto, lasciando due persone entrambe troppo convinte ognuna delle sue ragioni a mettere a posto cocci che si erano sparpagliati già in altre occasioni in passato. E si sa, una volta non è come l’altra.
Ci eravamo lasciati in uno dei posti peggiori in cui lasciarsi, a San Francisco. Troppi ponti, troppi punti pericolosi per una mente instabile ed infantile come la mia.
Ricordo una notte troppo lunga ed insonne passata a vagare su e giù per il Golden Gate, mille e più pensieri che si inseguivano nella mia testa, troppo confusi e veloci per poterli fermare, per metterli al tappeto e lasciare che la ragione facesse il suo lavoro di pulizia.
Ricordo lacrime e graffi.
Ricordo parole urlate nella notte e grida strozzate in gola.
Ricordo morsi sulla mia pelle e la voglia disperata di strapparmi il cuore dal petto, gettarlo nelle scure acque della baia.
Ricordo la telefonata di Jamie e poi i messaggi di lui.
E ricordo la canzone – questa stessa canzone – in loop continuo fino alle prime luci dell’alba, inizialmente solo nella mia testa, e poi anche nelle mie orecchie, sparata dalle cuffiette al massimo del volume; solo un altro, inutile e stupido tentativo di mettere a tacere il mio cervello ferito e martoriato.
I Dreamed A Dream.
Eccolo lì il mio, stracciato e gettato al vento come mille pezzettini di un foglio di brutta copia.
In quel momento non credevo ce l’avrei fatta. A vivere, ad andare avanti, qualunque cosa fosse poi successa. Mi sentivo abbattuto dentro, come un lupo agonizzante che cerca di regalarsi una fine in solitaria, lontano da occhi indiscreti, occhi affamati di carne da macello. Pensavo che fosse finito tutto.

Quando le sue mani mi cingono la vita, all’improvviso, ho un piccolo sussulto, talmente mi ero perso nei ricordi che l’ascolto – per la prima volta dopo quasi un anno, all’incirca – di quel pezzo aveva fatto riaffiorare dal nulla, quasi come un illusionista tira fuori una colomba dal proprio cappello. Ho il battito cardiaco accelerato, ma non mi sorprende più di tanto, dato il mix di sorpresa e sensazioni che sto provando in questo momento.
Ed è solo adesso che mi rendo conto che la paura non è tra queste, non più.
Non so di preciso quando è successo, so solo che è successo.
Non ho più paura di perderlo, di svegliarmi una mattina e non trovarlo più accanto a me, sparito per magia dalla mia vita.
So che resterà sempre al mio fianco, non importa quante difficoltà ci potranno essere lungo il percorso.
Perché adesso stiamo facendo sul serio, dannatamente sul serio.
Tra poco più di un mese e mezzo ci sposeremo, e dopo ci sarà un bambino nelle nostre vite. Insieme.
‹‹ Mmmrobert... ››
Lo sento bisbigliare piano nel sonno, e quando abbasso lo sguardo su di lui mi accorgo che ha ancora gli occhi chiusi mentre mi stringe più forte a sé.
Mi chino leggermente in avanti e gli lascio un piccolo bacio sull’orecchio, facendo attenzione a non svegliarlo.
‹‹ I love you... ›› gli sussurro, e per risposta lui sorride, un gesto automatico che mi mette dei leggeri brividi di piacere e gioia lungo tutto il corpo, inondandomi di una felicità che sa di consapevolezza e forza in quello che stiamo costruendo, passo dopo passo, un pezzettino alla volta.
Penso che stia sognando, e che il suo sogno dev’essere bellissimo.
Probabilmente somiglia alla realtà.




AUTHOR'S CORNER: Per la serie "Non Sono Tanto Normale", eccovi una fic ispirata ad un fatto reale (oooooh!). Ossia un paio di notti/mattine fa, mi trovavo nel letto cercando di addormentarmi, ed avevo l'iPod impostato sullo shuffle. Dopo un paio di canzoni eccoti balzare fuori I Dreamed A Dream, pezzo dell'opera teatrale Les Miserables (che io adoro, non si fosse capito). Il che sarebbe anche stato un avvenimento di ben poco rilievo se non fosse che erano effettivamente un bel po' di mesi che non mi capitava di ascoltarla, e in quello stesso momento mi è partito tutto il processo di ricordo/associazione di sensazioni (per saperne di più chiedete a Marcel Proust) che sperimenta il mio Robert nella fic che segue.
Dato che le mie storie seguono un unico arco narrativo e appartengono ad uno stesso universo, vi dico che questa storia richiama, completa e aggiorna un'altra fanfic, di un anno fa (giorno più giorno meno), che raccontava le sensazioni su cui Robert riflette ora ci tengo alla continuità, sì.
La dedica di questa fic va alla mia socia, as per usual quando si tratta di roleplay, perché senza di lei tutto questo non sarebbe mai stato creato (true story), e perché può sembrare una scemenza, ma curare dei personaggi per così tanto tempo te li fa sentire incredibilmente tuoi, in un modo che è difficile spiegare a parole.The best has yet to come.
Enjoy!

   
 
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