THE
FUNERAL OF HEARTS
The funeral of hearts
And a plea for mercy
When love is a gun
Separating me from you
La
porta dell’ufficio
di Hermione Granger si aprì all’improvviso; la
corrente d’aria creata fece
spargere in giro parecchi fogli che si trovavano sulla scrivania.
“Rose,
ti avevo detto
di non aprire la porta all’improvviso!”
esclamò Hermione alzandosi dalla sedia
ed iniziando a raccogliere i fogli.
“Ops.
Scusa, mamma.” disse
una voce che non era decisamente quella di Rose. Hermione
alzò di scatto la
testa.
“Malfoy.”
mormorò. Come
suonava strano quel nome sulle sue labbra… da quanti anni
non lo pronunciava?
“Anch’io
sono molto
felice di vederti, certo.” rispose lui con un sorriso. Chiuse
la porta e si
guardò attorno con curiosità, come se fosse un
turista capitato lì per caso.
Ovviamente non accennò nemmeno ad aiutarla a raccogliere i
fogli.
“Cosa
ci fai qui?”
chiese Hermione a testa bassa, ancora china per terra. Vedeva solo le
sue
scarpe, scure ed eleganti, che si muovevano per la stanza.
“Oh,
ero nei
paraggi...” rispose Draco con un gesto vago della mano. Lei
gli lanciò un’occhiataccia.
“Ti
prego.” disse
alzandosi in piedi, i fogli stretti tra le braccia.
“Quella
foto non c’era,
l’ultima volta che sono stato qui. – disse lui
prendendo in mano una cornice
dalla scrivania. Hermione, Ron, Rose e Hugo lo salutarono, sorridenti e
abbronzati,
da una spiaggia. – Molto bella.” aggiunse con una
smorfia rimettendola al suo
posto.
“Lei
è qui. Mentre tu,
Draco, non dovresti esserlo.” disse duramente Hermione.
“Lo
so, ovviamente. –
rispose guardandosi ancora in giro. Su una sedia notò un
golf e uno zainetto,
entrambi azzurri. – Sono suoi?” chiese indicandoli.
Hermione annuì velocemente.
“Da
quando ha ricevuto
la lettera per Hogwarts non vedeva l’ora di venire qui; nel
pomeriggio andremo
a Diagon Alley a comprare tutto il necessario.” rispose, una
punta di tenerezza
nella voce. Appoggiò sulla scrivania i fogli che aveva
raccolto e sistemò
meglio il golf sulla sedia, sebbene fosse già perfetto.
“Volevo
vederla. –
disse Draco dopo qualche secondo di silenzio. Hermione fissò
ostinatamente la
sedia, non osando guardarlo in faccia. – Ti ricordi quella
cosa che avevi detto
a proposito del dimenticare tutto, o almeno soffocare quegli stupidi
sentimenti? Ecco, non ce l’ho fatta.”
“Sono
passati più di
dieci anni.” disse Hermione, spostando lo sguardo sul
pavimento.
“Undici
anni e dieci
mesi, per la precisione. Quando qualcuno muore gli facciamo un
funerale, no? Il
mio cuore sta morendo lentamente da dieci anni, Hermione, ma non posso
ancora
celebrare il suo funerale.”
“Draco…”
come suonava
bene il suo nome, detto da lei. Ogni durezza sembrava scomparire;
sembrava
quasi una parola d’amore, sussurrata nel buio…
Lui
si era avvicinato a
lei di un passo, la mano tesa verso la sua guancia, quando la porta si
aprì,
ancora una volta all’improvviso.
“Mamma,
guarda cosa mi
hanno regalato!” esclamò Rose entrando
nell’ufficio di corsa.
Draco
si allontanò da
Hermione con un balzo, mentre lei si chinò a raccogliere i
fogli appena
sistemati e nuovamente caduti. Un’ottima scusa per non dover
mostrare che aveva
gli occhi lucidi.
“Oh,
scusa mamma.” disse
Rose quando vide Draco. Non lo conosceva, anche se le sembrava di
averlo già
visto da qualche parte, e lo osservò con attenzione.
Draco
ricambiò lo
sguardo: la ragazzina, piccola ma proporzionata, somigliava molto alla
madre.
Gli stessi occhi intelligenti e mobili, gli stessi denti un
po’ pronunciati,
gli stessi capelli crespi… Draco si soffermò
proprio sui suoi capelli: dove
quelli di Hermione assumevano riflessi ramati, quelli della ragazzina
erano
dorati. Sorrise, trattenendosi a stento dall’accarezzarle la
testa.
“Non
ti preoccupare, me
ne stavo andando. – disse rivolto a Rose. –
Piacere, Draco Malfoy.” aggiunse
tendendole una mano. Lei lo guardò ancora un secondo con una
diffidenza tutta
infantile, che per una volta non aveva niente a che fare con il passato
di
Draco o la reputazione della sua famiglia.
“Rose
Weasley.” disse
infine la ragazzina stringendogli la mano con solennità.
Hermione li guardò a
metà tra il divertito e il perplesso, pensando a
cos’avrebbe detto Ron di
quella nuova amicizia.
“Mamma,
guarda! Me l’ha
regalata un signore molto gentile dell’Ufficio del nonno.
E’ un suo amico, l’ha
fatta a mano.” disse rivolgendosi alla madre.
Si
avvicinò a lei,
aprendo la mano con il palmo rivolto verso l’alto per
mostrare quello che stringeva.
Una piccola farfalla di carta dispiegò lentamente le ali.
Quando Hermione la
toccò si librò a pochi centimetri dalla mano di
Rose, sotto il suo sguardo
ammirato.
“Molto
bella.” disse
Hermione con un sorriso.
“Ha
detto che si chiama
origami. – disse la ragazzina con un’aria un
po’ saputella che fece sorridere
Draco. – Oh, mi scusi, guardi anche lei!” aggiunse
riacciuffando velocemente la
farfalla e avvicinandosi all’uomo. Draco arrossì
lievemente, imbarazzato e
colpito da quella dimostrazione d’attenzione.
Annuì un paio di volte guardando
con interesse la farfalla.
“Qual
è il tuo colore
preferito?” le chiese poi estraendo la bacchetta da una tasca.
“Azzurro!”
rispose Rose
senza esitazione. Draco sorrise nel gettare un’occhiata allo
zaino e al golf.
“Chiudi
le mani. – le
disse gentilmente; la bambina obbedì, impaziente e
incuriosita. Draco mosse
piano la bacchetta sopra le mani di Rose. – Aprile
pure.” disse infine.
Rose
le riaprì subito e
osservò la farfalla alzarsi in volo: ad ogni leggerissimo
battito d’ali queste
risplendevano di una diversa tonalità d’azzurro.
“Grazie!
Grazie, signor
Malfoy! – esclamò subito Rose.
– Mamma,
guarda! Hai visto?” aggiunse rivolta alla madre. Hermione
sorrise velocemente.
Rose non notò che aveva gli occhi lucidi; Draco
sì.
“E’
molto bella.” disse
la donna annuendo.
“Ora
devo proprio
andare.” disse Draco dopo pochi secondi, strappando Rose
all’incanto della
farfalla.
“Di
già? Ma tornerà,
vero? E m’insegnerà quello che ha fatto? Oggi
andrò a comprare la bacchetta!”
disse velocemente. Draco riconobbe l’irresistibile parlantina
della madre.
“Certo.
– rispose con
uno dei suoi rari sorrisi. – A presto, Rose. Ciao,
Hermione.” aggiunse uscendo.
La sua ultima parola aleggiò nella stanza come una
maledizione, o almeno così
sembrò alla donna.
“Mi
sta simpatico, il
signor Malfoy.” disse allegramente Rose, seguendo con lo
sguardo la farfalla
per stanza.
“Anche
a me. Anche a
me…” rispose Hermione.
***
“Domenica
mi sposo.” disse
Draco con noncuranza.
Era
un mercoledì grigio
come solo i giorni inglesi sanno essere; erano stesi sul letto in una
stanza di
un albergo di lusso poco fuori Londra. Inutile dire che Draco, abituato
sempre
al meglio, si era rifiutato di mettere piede in uno dei modesti
alberghi
proposti da Hermione quando i loro uffici e le rispettive abitazioni
erano
diventati troppo pericolosi per i loro incontri.
“Congratulazioni.”
rispose
Hermione, senza neanche prendere la briga di fingere entusiasmo.
“Lo
sapevi già?”
“Ovviamente.
Credevi
forse di riuscire a tenere segreta una cosa del genere? L’ha
annunciato anche
la Gazzetta del Profeta. – rispose lei con un sorrisetto.
– Stavo giusto
aspettando che me lo dicessi tu.”
“Non
sapevo come
dirtelo. – mormorò Draco. Hermione non rispose;
sistemò distrattamente le
lenzuola, fingendo di non aver sentito. – Astoria ha
insistito così tanto con
la storia del matrimonio che alla fine ho dovuto cedere, sai
com’è. - aggiunse
poi cercando di sdrammatizzare. Hermione annuì. Tacquero per
qualche minuto. –
Hai intenzione di tenere ancora a lungo quell’espressione
offesa?” le chiese
infine, chiaramente irritato.
“Non
sono per niente
offesa.” replicò Hermione alzando le spalle.
“Bugiarda.
Sei offesa,
tremendamente offesa. Ed anche umiliata, e arrabbiata. Sei furiosa con
te stessa
perché sai di avere torto, e non puoi farci niente.
– disse Draco. Hermione si
alzò dal letto senza degnarlo di uno sguardo e
iniziò a vestirsi. – Vuoi sapere
com’è l’anello di fidanzamento?
– le chiese all’improvviso. Lei non rispose.
–
Il mio vestito? I fiori che abbiamo scelto? No? Niente?...”
continuò
guardandola. Sembrava che lei avesse molta fretta, a giudicare dal modo
in cui
si stava rivestendo; a un certo punto inciampò nei pantaloni
nella foga di
rimetterseli e allontanarsi contemporaneamente dal letto.
“Hermione.
– disse
piano Draco. – Hermione. Hermione, fermati. – lei
si bloccò, come se lui avesse
lanciato un incantesimo, ma non alzò lo sguardo su di lui.
– Guardami. – lei
scosse la testa. – Guardami, Hermione. Se ne hai il
coraggio.”
La
testa ancora bassa,
lei ridacchiò; camminò velocemente verso il letto
e vi si buttò sopra, vestita
solo per metà. Draco la attirò vicino a
sé e sistemò la sua testa riccia sulle
proprie ginocchia, accarezzandola lentamente.
“Non
posso resistere a
una prova di coraggio. Sei una dannata serpe.” disse
Hermione, il volto
nascosto contro il ventre di lui.
“L’hai
sempre saputo,
non è certo una novità. –
ribatté tranquillamente. – Non riesci neanche
più a
guardarmi?...”
“No.”
“E’
finita, quindi?”
sospirò Draco.
“Sì.
– la voce di
Hermione era debole; non aveva più nulla del tono
autoritario e saccente dei
giorni di Hogwarts. – Sapevamo che sarebbe arrivato questo
momento.” aggiunse
come se quella fosse una verità ormai assodata.
“Doppiamente
bugiarda.
– ribatté Draco tirandole i capelli per dispetto.
– I momenti non arrivano da
soli, Hermione; siamo noi che li facciamo arrivare. Le storie finiscono
quando
noi lo vogliamo.”
“Non
posso più andare
avanti così.”
“E
allora lascia tuo
marito.”
“Non
posso farlo.”
Draco
rise.
“Non
puoi? Non vuoi,
forse. Non c’è nulla d’impossibile per
te, e lo sai. Nessuno avrebbe mai
scommesso uno zellino su di te: l’ultima dei Mezzosangue, -
non c’era più
disprezzo in quell’ultima parola; non ce n’era
più da molto tempo. –
insignificante e sconosciuta. Eppure hai scalato ogni gradino che ti si
parava
davanti, fino alla vetta. In tutto. Ogni materia, ogni campo, ogni
cuore…”
“Non
posso farlo.” ripeté
lei quasi meccanicamente.
“Non
vuoi farlo. – la
corresse ancora Draco. – Hai affrontato senza paura il
Signore Oscuro quand’eri
solo una ragazzina, e ora non puoi lasciare quell’imbecille
di Weasley?”
“Ron
non è un
imbecille.” disse piano Hermione.
“Non
puoi ammettere di
aver fatto un errore sposandolo, ecco che cosa non vuoi fare.
– disse Draco
senza dar segno di aver sentito la sua flebile protesta. Continuava ad
accarezzarle i capelli, ma ora c’era qualcosa di violento in
quel gesto,
qualcosa di ossessivo. – Il fallimento e l’errore
non sono concetti che
conosci, perciò fai finta che vada tutto bene e neghi
persino a te stessa la
realtà. Cancelli meticolosamente ogni traccia di quello che
provi davvero, ogni
spia d’allarme. E ora stai cercando di cancellare anche
me.”
“Mi
dispiace.” disse
semplicemente Hermione.
“A
me dispiace per te.
Non dev’essere divertente vivere negando anche i propri
sentimenti, immagino. –
replicò lui con falsa leggerezza. Aveva smesso di
accarezzarle i capelli;
Hermione poteva sentire le sue mani tremare, appoggiate sulla propria
testa. –
Io ero pronto a gettare tutto all’aria, Hermione.”
disse infine.
Tacquero
a lungo,
sopraffatti dall’emozione, entrambi desiderosi
d’imprimere nella memoria quegli
ultimi momenti insieme.
“Guardami.
– disse
Draco rompendo il silenzio. Lei obbedì, troppo spossata per
cercare di resistergli
ancora. – Verrai al mio matrimonio. – non era una
richiesta, lei lo capì
subito. – Starai in fondo, ovviamente; non è il
caso di farci scoprire proprio
adesso. Ma voglio vederti, quel giorno. E voglio sentire il tuo sguardo
su di
me mentre giuro di passare tutta la mia vita con un’altra
donna.”
Hermione
annuì.
“Ci
sarò.” rispose.
Ma
quella domenica lei
non venne.
Draco
l’aveva cercata
con gli occhi tra tutti i presenti mentre aspettava l’arrivo
della sposa. La
sua agitazione venne scambiata per semplice ansia da matrimonio.
Eppure, mentre
infilava la fede al dito di Astoria, pensava a tutto fuorché
a lei.
Due
settimane dopo, una
volta tornato dalla luna di miele, apprese la notizia; al Ministero
ormai non
si parlava d’altro.
Hermione
Granger in
Weasley era incinta.
***
“Mamma,
quello era il
signor Malfoy?” chiese Rose indicando il punto della banchina
in cui avevano
guardato i genitori e gli zii. Hermione annuì.
“Sì,
tesoro; adesso
saluta gli altri e salta sul treno, ok?” disse baciandole la
fronte. La ragazzina
le diede un veloce abbraccio, prima di andare a salutare il fratello.
Hermione
gettò un’altra
occhiata al punto in cui lui era comparso, ma ormai non c’era
più. Sospirò.
Aveva scoperto di essere incinta proprio il giorno del suo matrimonio.
Si era
alzata di buon’ora, decisa a propinare a Ron una scusa
qualsiasi per la sua
uscita domenicale, ma non era andata al di là del bagno,
dove aveva avuto un
mancamento. Qualche ora dopo, quando finalmente riuscì a
calmare la nausea,
aveva controllato il taccuino su cui era solita segnare la data del
ciclo:
aveva un ritardo di dieci giorni. In serata ebbe la certezza di essere
incinta;
Ron era felicissimo.
Non
aveva mai fatto un
test di paternità, in tutti quegli anni; aveva deciso che
vivere nel dubbio era
meglio che torturarsi nel segreto di un’inconfessabile
certezza. A seconda dei
giorni, le piaceva pensare che Rose fosse figlia di Draco. Lui non le
aveva mai
chiesto niente, non si era neanche più fatto vivo; si era
chiesta spesso come
avesse interpretato la sua assenza al matrimonio.
Ma
l’incontro avvenuto
a luglio l’aveva turbata molto, non poteva negarlo; quando
Ron, premuroso, le
aveva chiesto se fosse successo qualcosa, lei gli aveva semplicemente
detto di
avere un forte mal di testa.
La
voce di Rose la
riscosse dai suoi pensieri.
“A
presto, mamma! Ti
scriverò tutti i giorni!” stava dicendo,
sporgendosi dal finestrino del treno.
Hermione le sorrise, alzando la mano per rispondere al suo saluto,
quando vide
il viso di Draco riflesso nel finestrino davanti a sé.
Sostenne il suo sguardo
solo per qualche secondo, prima di essere distratta da Ginny. Quando si
voltò
per cercarlo, intravide solo una testa bionda tra la folla.
Ti
ricordi quella cosa che avevi detto a proposito del dimenticare tutto,
o almeno
soffocare quegli stupidi sentimenti? Ecco, non ce l’ho fatta.
Quando qualcuno
muore gli facciamo un funerale, no? Il mio cuore sta morendo lentamente
da
dieci anni, Hermione, ma non posso ancora celebrare il suo funerale.
“Neanch’io
ce l’ho
fatta, Draco. Neanch’io.” disse al vento.
Allora,
questa storia
fa parte del ciclo di fan fiction ispirate a canzoni degli HIM che
avevo
scritto ormai tre anni fa durante le mie prime lezioni universitarie,
insieme a
“Right Here In My Arms” e “Salt In Our
Wounds”; ieri l’ho ritrovata sepolta tra
disegni e scene a caso di altre storie mai scritte, e dato era
già completa ho
deciso di risistemarla un po’. Credo che ormai si sia capito
che scriverei
qualsiasi cosa su Draco e Hermione, eh? XD
Spero
che questa one
shot senza troppe pretese vi sia piaciuta.
A
presto,
Contessa