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Autore: cephiedvariable    27/01/2012    5 recensioni
Fra il 1963 e il 1978, Washington possedeva una linea diretta con Mosca grazie ad un piccolo e carino telefono rosso. America non usò sempre quel telefono in modo responsabile.
Genere: Comico, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non mi appartiene, è una traduzione dell'omonima storia di cephiedvariable (potete traovarla su livejournal). Non possiedo né il fumetto né i personaggi dal quale sono tratti. Questa storia non è a scopo di lucro.

 

Why do they call this war cold, baby, when this line’s so hot?

Dieci volte “non è a questo che serve il telefono!”

[1963]

“Hey, Russia- come va idiota, bastardo Comunista?”

“America? Perché stai chiamando a quest’ora?”

“ ‘A quest’ora’? Di che stai parlando? È pomeriggio!”

“Da te forse. Qui, il sole è tramontato già da qualche ora. E poi io-”

Russia si fermò delicatamente, e non finì il resto della frase. America era una nazione educata, quindi finì per lui.

“E poi, visto che comunque sei un idiota Comunista, è sempre buio da quella parte della Cortina di Ferro, giusto?”

“Ah, no- in realtà, sto dando un party.”

“…cosa?”

“È stata un’idea di Germania Est. I Baltici non erano per niente eccitati all’idea, ma Gilbert è alquanto, ah- insistente, e ora l’intero Blocco Est è coinvolto.” L’altra nazione rise tranquillamente e ora che America si stava sforzando, poteva sentire in sottofondo grida d’allegria. Anche Lettonia sembrava starsi divertendo.

Hey, non era giusto! L’Unione Sovietica doveva essere miserabile!

“Oh, beh. Uh, buon per te. Immagino.”

“Sì, lo è. Perché hai chiamato, America?”

“Uh-” America si rigirò fra le mani il filo del telefono, imbronciato. “Volevo dirti che il mio capo ha installato una linea telefonica che va direttamente da Washington alla tua capitale, il che vuol dire che posso chiamarti per controllarti ogni volta che voglio, perciò sarà meglio che ti comporti bene!”

“Splendido!” Ridacchiò Russia, con aria sinceramente eccitata. “Forse ora impareremo ad apprezzare le reciproche culture ad un livello più intimo, da?”

Aspetta, cos’era un invito? “Non esiste! Serve solo per le emergenze. Comunque, neanche mi interessasse di capire la tua schifosa ideologia. Ho già la miglior cultura sulla faccia della Terra!”

“Ovviamente, America.” Fece le fusa Russia. E poi riattaccò.

America fissò con occhi vuoti il ricevitore rosso che stringeva in mano prima di sbatterlo giù afferrando il telefono decisamente meno comunista accanto, digitando freneticamente il numero di Ottawa.

“Canada! Canada! Sto dando un party!”   

“Un part…America, aspetta. Cosa? Quando? Ti sei ricordato di invitarmi!”

“Proprio ora, Canada! Sto dando un party proprio ora, proprio qui, proprio nello Studio Ovale. A Kennedy non darà fastidio, quindi invita tutti! Inghilterra, Francia, Germania e Italia- entrambe le Italie. E uh- anche se non stiamo andando proprio d’accordo in questo periodo, puoi certamente invitare anche quell’idiota di Cuba. Lui sì che sa come divertirsi!”

“Uh, America-”

“-Convincerò Bobby a portarci un bariletto e potremmo addirittura riuscire a trovare qualche tipo di Hollywood che-”

“America.” Ripeté Canada tremante. “Non…non posso invitare Cuba.”

America smise di blaterare. “Cosa?” Domando con voce cupa. “Perché no?”

“Uh…beh…è al party di Russia in questo momento.”

 

[1963 - 2]

“Avanti, dimmelo.”

“Nyet.”

“Avaaaantiiii, non devi vergognarti. Non lo dirò a nessuno.”

“…qual è il punto di porre questa domanda se non intendi usare l’informazione ricavata?”

“È per la mia soddisfazione!”

“È tua abitudine chiedere alle altre nazioni di rivelare tali…delicate informazioni?”

“Nah. So di essere più grande di loro.”

“A-allora potresti m-magari assumere allo stesso modo con me, da? E-e risparmiarci questo imbarazzante confronto?” La nazione più vecchia stava balbettando e la sua voce si era fatta alquanto femminile. Stava arrossendo? America scommetteva che stava arrossendo. Si passò una mano sul ciuffo ribelle e ridacchiò per telefono.

“Non preoccuparti, Russia. Tutti gli eroi sono gentiluomini! Perciò ti dirò le mie misure per primo! Tutto quello che devi fare è dirmi se sei più grande o più piccolo!”

“A-ah-”

America abbassò la voce seriamente. “Trentanove centimetri.”

Poté sentire chiaramente Russia che espirava scioccato dall’altra parte del telefono. “T-trentanove centimetri?” Chiese con voce piccola.

“Di diametro.” Sorrise America. Russia squittì.

“A-allora, quanto…quanto lu-”

“Oh, sì. Adesso arriviamo alla parte più bella…Quanto a lunghezza, sono-” La giovane nazione roteò distrattamente la sedia sulla quale era seduto solo per essere salutato da uno spettacolo mortificante: il suo capo, in piedi sul ciglio della porta, interdetto. Più che interdetto, era anche inorridito. America sgranò gli occhi, ma non osò mettere giù il telefono. Dopo un’appropriata pausa imbarazzata, il Presidente gettò in aria le braccia e gridò:

“Non è a questo che serve il telefono!” Il suo pronunciato accento di Boston rese il rimprovero più urgente. America poteva sentire un rossore traditore corrergli su per le guance (qualche anno fa, America avrebbe obbligato McCarthy a mettere a processo quel rossore).

“N-non è come sembra! Stavo cercando di scoprire i segreti Nucleari Russi! Stavamo parlando di testate nucleari! M-missili!”

Dall’altra parte della linea, Russia stava ridacchiando quella inquietante risatina da ragazzina che si ritrovava. America fissò ferocemente il ricevitore. “Smettila di ridere a quel modo!”

“Non…non p-posso farci niente.” Russia pareva essere sul punto di affogare nella sua risatina. “America è davvero piccolo.”

-click-

America decise di non aver riattaccato con abbastanza rabbia. Sollevò di nuovo la cornetta e questa volta, la sbatté giù.

“N-non è a quello che serve il telefono!” Ripeté il Presidente intontito, le braccia a penzoloni lungo i fianchi. Il Sogno Americano era morto. America mise il broncio e si aggiustò gli occhiali sul naso, l’orgoglio non abbastanza ferito da permettergli di non essere stupendo. Si rivolse al suo Presidente con un tono metà di rimprovero, metà petulante:

“Avanti, Jack! Quando l’ho chiesto a te, non ti sei neanche ritirato su le braghe.”

 

[1966]

“Napoleone o Alessandro Magno?”

“Napoleone, ovviamente. America, questa non è nemmeno una domanda.”

“Dici Napoleone solo perché ti ha preso a calci in culo quella volta, ma personalmente, non credo che uno dei tizi di Francis possa battere uno di quelli di Grecia. Hai visto Grecia senza la maglia? È assolutamente palestrato!”

“Hai visto Grecia con la maglia in disordine?”

America aprì la bocca per rispondere, sì ovvio quando realizzò che Russia sembrava insolitamente intrigato e poteva anche stare sottintendendo qualcosa di perverso. Rise fiducioso. “Ha ha ha, ovvio che l’ho visto! Negli spogliatoi alle Olimpiadi!” Era la verità. Tutti erano sempre a cercare di guardare Grecia negli spogliatoi.

“Ma Alessandro Magno era prima della nascita di Grecia.” Puntualizzò dolcemente Russia. “Era di Macedonia.”

“Chi?” Cavolo, già era un male che America dovesse ricordarsi i nomi di tutte le correnti nazioni, ora doveva anche sapere di tizi morti migliaia di anni prima che lui nascesse? Non esisteva che si mettesse a perdere tempo pensando a una cosa così deprimente triste come quella.

“Si chiama Yugoslavia adesso. Non ti piacerebbe: anche lui è un ‘Comunista Bastardo’.”

“Allora vive con te?”

America sentì le proteste della plastica mentre la presa di Russia si serrava attorno al ricevitore. La nazione più vecchia rispose con una singola, secca sillaba. “Nyet.” E America lasciò perdere.

“Okay, okay- ne ho una bella. T.E. Lawrence contro El Cid!”

Il tono di Russia si rallegrò immediatamente. “Hmmm.” Pensò bene. “Lawrence era un uomo che riuscì a formare un esercito, ma El Cid era un esercito da solo. Ci sono molte variabili da considerare in questa battaglia, da?”

“Certo, okay-” America spinse indietro le spalle e alzò i piedi, appoggiandoli sopra i documenti molto importanti della CIA per il Presidente. “-allora un esercito organizzato da Lawrence contro El Cid. E El Cid è a cavallo di schiena, per dare il giusto vantaggio a Lawrence.”

“Ho un’idea migliore!” Cinguettò Russia improvvisamente. “Che ne dici di questa: MacArthur vs. Zhukov.”

Oh no. America lo disse a voce alta. “Oh no. Non stiamo avendo questa conversazione.”

“Hai paura che io abbia scelto un Generale che non può tener testa a Zhukov?” C’era una punta di presa in giro nel suo tono placido e quella fece girare la testa di America. MacArthur era un eroe. Era, tipo, l’eroe degli eroi!

“Senti, davvero non dovrei dirti questa cosa perché è tipo un segreto di stato…ma abbiamo decisamente fatto le simulazioni per quello e MacArthur decisamente le ha vinte tutte.”

“Ah, America, non essere così egocentrico. Noi abbiamo fatto le nostre simulazioni. In quelle, Zhukov sconfigge il tuo Generale ogni volta.”

America rimase in silenzio, scioccato, ma solo per un momento. Prolifico, rispose: “Nu-uh.” Poteva sentire il sorriso smagliante di Russia attraverso la linea e lo odiò tutto.

 

[1968]

“Доброе утро.”

America sbatté le palpebre. “…chi è nel cosa adesso?”

“Buongiorno, America.”

“Lo sai, considerando che sono l’unica persona che potrebbe chiamarti su questa linea, il minimo che potresti fare è parlare Americano.”

“O, considerando che sono l’unica persona chiamata su questa linea, forse tu potresti parlare in Russo, da?”

“Huh? No, non posso neanche- senti, non ti ho chiamato per discutere.”

“Inaspettato! Allora hai chiamato per parlare di Vietnam?”

Qualcosa di freddo e affilato si contorse nello stomaco di America. Deglutì. “Uh, no- Volevo parlarti di questa canzone che ho appena scritto.”

“La musica Americana è molto adorabile e bizzarra. Suppongo che ascolterò.”

“Sì, è piuttosto bizzarra, non è vero?” Replicò allegramente America nonostante il suo umore nero. E la sua musica era assolutamente magnifica. “Ma ultimamente è stata…non so. Non mi suona bene.”

“È da aspettarselo quando anche il musicista più famoso nella tua cultura decadente non può…ah, com’è la frase? Reggere il moccolo a Shostakovich?”

“Non è quello.” Brontolò America, irritato dalla leggerezza nel tono di Russia. Era difficile dire se stava davvero provando ad essere accondiscendente, o se stava semplicemente facendo conversazione. “Ti ho detto più e più volte che tu non capisci la mia musica!  È la musica del futuro, amico- devi davvero ascoltarla per comprendere quanto è profonda.”

“Ma stai dicendo che non la capisci più nemmeno tu?”

America si fermò per un momento, poi prese un profondo respiro e rispose con un verso. “ ‘For I’ve killed my share of Indians in a thousand different fights. I was there at Little Big Horn, I hear my men lying and saw many more dying, but I ain’t marching no more.’”

“Come previsto; molto bizzarra.”

“Sta’ zitto un attimo e ascolta.” Sibilò America, e continuò: “ ‘Now the labour leader’s screamin’ when they close the missile plants. United Fruit screams at the Cuban shore, call it Peace or call it Treason, call it Love or call it Reason, but I ain’t marching no more.’” Quando arrivò alla fine, la sua voce era debole e leggermente tremolante. Dall’altra parte della linea, Russia rimase in silenzio per un momento.

“…allora hai chiamato per parlare di Vietnam.”

“…già, immagino.”

“Ti sentiresti meglio se le parlassi direttamente.”

“…no. Lei non…non vuole…non può capire. Io…” un altro respiro profondo “Voglio sapere cosa fare…quando il tuo popolo comincia a odiarti. Perché io-” America ama gli Americani e gli Americani amano America. Il dissenso fa male, ma lui non riesce a convincere il suo capo a fare meglio di quanto non stia già facendo.

“Ancora una volta, stai parlando alla nazione sbagliata. La mia gente mi ama.”

“N-no, non è vero!” Disse America, balzando in piedi e sbattendo la mano libera sul tavolo del Presidente. “Hanno paura di te!”

“Non discutono.” Puntualizzò Russia. “E quindi io non resto sveglio fino alle tre del mattino per parlare col mio ‘Grande Nemico’ al telefono di tali problemi. È un buon compromesso, da?”

“Co-? Tu-? C-come sapevi che qui sono le tre del mattino!?”

“La mia gente è molto brava anche in matematica.” Replicò allegramente Russia. “Buonanotte, America.”

Riattaccò, lasciando America seduto da solo nello Studio Ovale, a canticchiare indisponente Phil Ochs fino al sorgere del sole.

 

[1969]

“Hey, Russia. Indovina da dove ti sto chiamando?”

“…”

Dalla Luna!”

“America, è impossibile.”

“Invece no. Sono assolutamente sulla Luna. Tira fuori il tuo…telescopio Comunista o che altro e controlla. La mia bandiera è lassù e tutto!”

“Dimentichi spesso che ho molte spie in America. Sono a conoscenza che il tuo programma spaziale ha avuto successo nell’atterrare sulla Luna. Stavo semplicemente dicendo che è impossibile che tu possa chiamarmi dalla Luna.”

“…uh, e perché?”

“Primo, il Telefono Rosso è collocato alla Casa Bianca, da? E la Casa Bianca è a Washington.”

“Questo è quello che credi. La Luna è così grandiosa che ho fatto sì che spostassero lo Studio Ovale quassù. Ora me ne sto sdraiato al davanzale ad abbronzarmi.”

“America, io non capisco! Ti prego spiegami com’è che il segnale del telefono viaggia attraverso l’atmosfera?”

“…io, uh…non posso.”

“Perché è impossibile, da?”

“Perché è un Segreto di Stato. E avanti- tu sei il tizio che ha detto che le radiazioni nucleari ti facevano bene! Se ti spiegassi la scienza dietro questa telefonata, dubito che riusciresti a capirla comunque.”

“Le radiazioni ti fanno bene, Compagno. Per questo ho un aspetto così arzillo.”

“E sarebbe ancora meglio con una tintarella di luna.”

“…America?”

“Sì.”

“Adesso riattacco.”

 

[1970]

“Allora, uh. Cosa stai indossando?”

“America?”

“Sì, sono io. Chi altri? Comunque- cosa stai indossando?”

“…mi dispiace, io non…ah, capisco la domanda?”

America si sbatté il palmo della mano sul viso. “…è facile, Russia. Dimmi semplicemente cosa stai indossando.”

“Oh, va bene. Beh, sto indossando il mio Cappotto Sovietico preferito perché fa molto freddo anche in casa oggi. Sotto ho il tre pezzi in stile Occidentale che Niki mi ha suggerito di comprare negli anni Sessanta per apparire docile alla diplomazia Occidentale. Mia sorella Bielorussia ha scelto la cravatta- è di una bella sfumatura di quello che Lettonia ha cautamente definito color salmone- anche se indosso ancora i miei stivali militari insieme ad essa. E, ovviamente, non tolgo mai la mia sciarpa perché è stata fatta per me dall’altra mia carissima sorella, Ucraina.” Il suo tono era neutrale, melodico. America era incredulo; sul serio non ci arrivava, vero? “Questa è una risposta soddisfacente, da?”

Forse in Russia era così freddo che nessuno faceva sesso. La cosa avrebbe spiegato tutto. “Certo, immagino che risponda perfettamente alla mia domanda.” America sospirò, incerto se essere sollevato o deluso. “Comunque, dovrei-”

“America, cosa stai indossando tu?”

America sbatté le palpebre, scoccando una rapida occhiata al ricevitore che teneva in mano. Cercò di decifrare il tono dell’altra nazione. Ma certo. Se America aveva imparato qualcosa dal Senatore McCarthy era che i Comunisti erano creature astute, per quanto potessero sembrare innocui. Schiarendosi la gola, America mise su quel tono che lui pensava seducente ma Inghilterra sempre descriveva come ‘schiumoso’. Non aveva idea di cosa volesse dire ‘schiumoso’, quindi dava per scontato che significasse magnifico.

“Beh, ho addosso un paio di vecchi e sbiaditi Levis- macchiati di olio per motori per aver fatto dei lavori maschi.”

“Ah,” respirò Russia dall’altra parte della linea “Decadenti jeans Americani. Capisco. Prego, vai avanti.”

America annuì, chinandosi in avanti sulla sedia del Presidente e pregando disperatamente di non essere disturbato. Questa non era una cosa che sarebbe stato in grado di spiegare a Dick. “Sono solo con una maglia aderente e un paio di piastrine militari. Anche la maglia è macchiata, perché uh…ho lavorato in una fattoria. In modo molto maschio.” Russia adorava le fattorie, giusto? “Parlo, tipo, del genere di lavoro in fattoria di cui parlava quell’idiota di Marx, okay. Mi sono unito con i lavoratori del mondo.”

“E visto che sei una nazione così potente, sono certo che questa maglia, aderisce perfettamente al tuo, ah…come dite? Impressionante, fisico nucleare?”

“S-sì-” America si allentò la cravatta, che improvvisamente sembrava troppo stretta. “H-ho addosso anche la mia giacca da pilota. Ha un numero sulla schiena, per eroe NUMERO UNO. M-ma fa così caldo qui che sto per to-”

“Non mi interessa quello che c’è sopra, America.” Lo interruppe Russia, il tono di voce più tagliente di prima. “Piuttosto, mi interessa cosa c’è sotto. Sotto i tuoi, ah…decadenti Levis e la tua maglia maschia, da? Dimmi cosa stai indossando sotto.”

America corrugò le sopracciglia, preoccupato. Beh, questo era andare al punto piuttosto in fretta, vero? Ad essere onesti, non aveva pensato di arrivare così in fondo. Freneticamente, si inventò qualcosa. “N-niente! Non indosso niente!” Così si faceva, era così eroico!

Russia non disse nulla per un momento. Quando parlò di nuovo, quel suo tono di voce dolcemente divertito, mezzo canticchiato era ritornato. “È piuttosto caldo, allora, anche così in alto come a Washington. Interessante- a casa mia dobbiamo indossare delle tute sotto i vestiti per tutto l’anno, anche in estate. Ne abbiamo di spessore diverso a seconda del periodo dell’anno, ma sempre sono fatte di cotone.”

America sollevò un sopracciglio, confuso. Aspetta, cosa? “Oh cavolo…è uno schifo, immagino.”

“Certo che no, ci sono abituato. Grazie, America- sento che dopo questa conversazione sono in grado di comprendere un importante aspetto della decadente cultura Americana. Ti prego, chiamami di nuovo presto.”

-click-

America aveva i capelli in disordine e il respiro irregolare. Fissò sconcertato il ricevitore e mormorò. “Che stupido, bastardo Comunista.” Prima di riattaccare. FDR aveva ragione…non si poteva capire i Russi. La sua mano si spostò sull’altro telefono lì accanto e cominciò a digitare un numero familiare (il più familiare, infatti).

“Pronto?”

“Hey, Inghilterra…cosa stai indossando?”

 

[1972]

“Cavallo in f6.”

“Tsk, tsk. Che ironia.”

“…huh?”

“Cavallo in f6 è la mossa che portò alla sconfitta il Duca Karl di Brunswick e il Conte Isouard contro Paul Morphy.”

America mise su un broncio. Per quanto ne sapeva, Russia poteva anche aver parlato in un’altra lingua. “Non ho idea di quello che stai dicendo.”

“Ma ti piacciono così tanto gli eroi, America! E Paul Morphy è un eroe degli scacchi!”

“No, non mi dice niente.” America inclinò un alfiere di lato con un dito guantato. Questo era un modo piuttosto scomodo di giocare a scacchi, ma Russia aveva insistito e considerando che la settimana successiva sarebbero iniziati i negoziati SALT I, America era stato consigliato di mantenere la nazione più vecchia felice.

“Ah, ma lui è un eroe Americano.”

“…oh?” America si risollevò un poco, non più accasciato sulla sedia. Era sempre interessato agli eroi Americani.

“Morphy viaggiò in Europa verso la fine del diciannovesimo secolo e batté sistematicamente tutti i vecchi Campioni di Scacchi Europei.”

“Piuttosto eroico.” Replicò esitante America. Non era una cosa così grandiosa, ma era un’informazione utile da controllare più tardi. Scommetteva che farlo sapere a Inghilterra alla prossima visita sarebbe stato divertente.

“Ovviamente, Morphy è stato un caso fortuito. Tutti i grandi maestri di scacchi sono Russi.”

“Uh huh. Ne sono certo.”

“È la verità. E se non sono Russi, giocano come Russi.”

“Hai intenzione di fare la tua mossa, o cosa?”

“…alfiere in g3.”

America si allungò verso l’altra parte della scacchiera per muovere l’alfiere nero al suo posto. “Hey, il Campionato Mondiale di Scacchi o come si chiama…quest’anno…non è fra uno dei miei e uno dei tuoi?”

“Fischer e Spassky? Sì. Il ‘tuo’ è piuttosto bravo, ma non perdo un Campionato Mondiale di Scacchi da ventiquattro anni.”

“E se Fischer dovesse vincere, significa che anche lui gioca come un Russo? Um- pedone in d5.”

Poté sentire il rumore del pezzo degli scacchi muoversi lungo una scacchiera di marmo dall’altra parte della linea. Russia ridacchiò fra sé e sé. “Oh no, Fischer gioca come un Americano. Non c’è dubbio al riguardo.”

Oh, quello era un tono accondiscendente se mai ne aveva sentito uno. “Cosa diavolo vorrebbe dire?”

“Torre in b3.”

“Russia.”

“Non ti sento muovere la pedina, America. Torre in b3.”

Russia.”

“Chi ti ha insegnato a giocare a scacchi, America?”

America finalmente mosse la pedina. “Humphrey Bogart. A te?”

“Ivan il Terribile.”

Visto che non aveva idea di chi fosse quello, America chiese: “Allora, che differenza c’è fra come un Americano e un Russo giocano a scacchi?”

“Agli Americani piace vincere gloriosamente. La mia gente sa che bisogna fare dei sacrifici. Siamo felici di compiere dei sacrifici.” America poté sentire il sorriso attraverso il telefono.

“Questa è la cosa più stupida-” Ma mentre parlava, notò che Russia aveva mosso la sua torre proprio lungo la linea d’attacco di uno dei suoi alfieri. Sorrise e sollevò la pedina, cantando trionfalmente. “Alfiere in b3.” Ma ancor prima di finire di pronunciare le parole, realizzò di aver appena lasciato scoperto il suo Re. Impallidì.

Sacrifici.

 

[1973]

“Tuuuuuuuu.”

“Io?” Domandò con noncuranza Russia e America bevve un altro sorso del suo Jack Daniels.

“Tuuuuuuu…ti odiooooooo.” Barcollò nella sedia del Presidente, lottando per non versare il suo prezioso whiskey. Poteva bere più di Inghilterra così facilmente. Nya, nya, nya. E poi poteva, tipo, continuare a bere per altre otto ore dopo che Inghilterra era svenuto. Prendi questa.

“America! Non ho ricevuto una singola telefonata da parte tua quest’anno! Sono eccitato: ti prego, dimmi più cose sulla decadente cultura Americana! Come sta Vietnam? Non le parlo da mesi! Hai-”

“Sta’ zitto.” Grugnì America, ma non lo disse con rabbia. “Devo dirti un paio di cose.”

“Oh sì! Allora ti ascolterò, da?”

“Sì, ti conviene ascoltare stupido Comunista bastardo. Io…io solo…volevo solo salvare tutti, sai? Io…avevo tutti questi soldi e le armi e la democrazia che mi veniva fuori dalle orecchie…”

“Dalle orecchie? È da lì che viene fuori la Democrazia?” Russia rimase a bocca aperta, come se quella fosse stata una rivelazione. America era troppo ubriaco per spiegargli che era solo una metafora.

“S-sì, dalle orecchie. La Democrazia…è magnifica, Democrazia. Ne sono pieno…e la magnifica…magnifica democrazia mi viene fuori da ogni orifizio…s-sì.”

“D-da tutti? America, sei indecente!”

America arrossì fino alle orecchie e bevve altro whiskey. “S-sta’ zitto! N-non volevo dire quello…”

“Allora forse dovresti spiegarti meglio, da? Non era tuo desiderio istruirmi sulle vie della democrazia?”

Annuì stupidamente- il Comunista aveva ragione. Era tutto quello che voleva. “La Democrazia è…è il meglio, Russia! I-il meglio. Tutto quello che v-voglio è mostrare a tutti quanto è magnifica la Democrazia così…così saranno tutti liberi. M-ma poi sei arrivato tu e ora devo…combatterti tutto il tempo e la mia gente continua…continua a eleggere tizi come Tricky Dick e non…non si tratta più di libertà…si tratta di…di te.”

Russia non disse nulla, ma America poteva sentirlo respirare. Alla fine, mise giù il whiskey. Mise giù anche la testa, fra le mani. Merda, aveva già i peggiori postumi da sbornia mai avuti e doveva ancora dormire. “…sai cosa vuol dire essere una superpotenza mondiale, Ivan?”

“Da.” Replicò Russia e America era piuttosto sicuro che significasse ‘sì’, ma era troppo ubriaco e voleva sfogarsi.

“Non vuol dire salvare la gente. Le superpotenze non sono per niente eroiche.” Sempre, l’accento di America si faceva più pronunciato quando beveva troppo. “Sempre, le Superpotenze cercano di c-controllare il mondo…c-come un s-super cattivo o qualcosa del genere. Tutti gli altri sono quelli che devono essere salvati dalle Superpotenze.” Ricacciò indietro un singhiozzo: America non piangeva. “…tutti gli altri, loro devono essere salvati…da me.”

“Da.” Ripeté Russia, allegramente. “Finalmente vedi le cose dalla mia prospettiva, Compagno!”

“N-no!” Ringhiò America, ma scoprì di non avere la forza per alzare la testa o essere propriamente arrabbiato. “Tu hai cominciato questo casino, tu devi prendertene la responsabilità. T-tu sei stato il mostro per primo. Io…io ho solo dovuto stare al passo.” Era la verità, se lo ripeteva di continuo. Era stato Russia il primo a diventare un mostro.

“…allora non sei felice di questa nostra guerra frigida?”

“N-no.”

“Ma sembravi divertirti così tanto. Pensavo-”

“Hai pensato male.”

“Allora desideri che finisca, da?”

America serrò gli occhi e sussurrò. “…da.”

“Desideri diventare uno con Russia?”

Whoa, cosa? America spalancò gli occhi di colpo e si alzò dalla sedia, freneticamente e piegato di lato. Ritrovò l’equilibrio e strinse saldamente il ricevitore, premendolo così tanto contro l’orecchio da farsi male. “C-cosa…cosa hai detto?”

“Se Russia e America fossero una cosa sola, il resto del mondo potrebbe dormire sonni tranquilli. Ti permetterei di insegnarmi la Democrazia, Compagno, e Vietnam non sarebbe più divisa in due. È storia bellissima, da?”

America si ritrovò ad annuire. Era…era…

- ma non c’era niente che valesse più della sua indipendenza per America. Era sempre stata quella la cosa più importante. Se non fosse stato per quella, lui e Inghilterra…

- era così stufo e stanco. Confusamente, guardò il Jack Daniels e pensò di bere ancora, di andare a dormire, di firmare trattati di pace e andare a gettare acido sugli hippy. Dall’altra parte della linea, la voce di Russia era poco più di un sussurro.

“Dì di sì, America, e ti sentirai meglio. Dopotutto, non te ne ricorderai domani mattina. Manterrò il tuo più oscuro segreto.”

Quando America aprì la bocca, lo fece risolutamente.

E disse: “No.”

 

[1977]

“- e poi scappano dalla Morte Nera con la nave di Han Solo e vanno alla base dei Ribelli e Luke riesce-”

“America.” Russia sembrava molto stanco. Molto seccato, quasi…imbronciato?

Ma non annoiato. Certamente non annoiato. Come poteva qualcuno essere annoiato quando gli si stava raccontando del miglior film nell’intera storia dei film?

Beh, Inghilterra forse, ma America era sicuro che gli avrebbe semplicemente mentito per farlo arrabbiare. Era così geloso di non aver pensato a Star Wars per primo. Anche Canada sembrava annoiato ma quello perché era andato a vederlo con America al cinema. Tutte e quattordici le volte.

“So che è tardi lì, ma resisti! Non ti ho ancora detto della parte migliore!”

“Permettimi di indovinare.” Rise tranquillamente Russia. “Luke Skywalker entra nel suo aereo da combattimento-”

“Il suo Y-Wing Starfighter.” Corresse America.

“-il suo aereo da combattimento e poi fa esplodere la Morte Nera, da?”

“Woah.” America rimase piuttosto impressionato. Oh merda- significava forse che il programma psichico Sovietico funzionava dopotutto? “Come hai indovinato?” Non con i poteri psichici, sperava America!

Russia esitò prima di rispondere. “…è un film molto Americano. Fai molti film come questo. Ne ho visti alcuni.”

America corrugò le sopracciglia, confuso. Era impossibile. “Non esiste un altro film come Star Wars! Ha gli effetti speciali più avanzati nella storia ed è-”

“Nyet. N-no-” Russia lo interruppe impaziente. “Non capisci. Volevo dire che tutti i film Americani hanno la stessa trama, da? Un eroe solitario si innalza contro il male e lo sconfigge, diventando ancora di più un eroe.”

“…beh, sì. Voglio dire- è quello che la gente vuole vedere, sai? Un eroe.”

“America, capisci?” Sospirò Russia, ma questa volta sembrava un suono addolorato. Russia si sentiva…triste per lui? Ma che diavolo!?

“Capisco cosa vuole vedere la gente, per questo i miei film sono i più popolari.”

“Forse perché sono vistosi e piacevoli da vedere. Non è difficile intrattenere la tua gente con colori sfavillanti e rumori forti, anche Koba lo sapeva…ma un giorno imparerai che non esiste nessun ‘eroe’.”

America rise, ficcandosi in bocca un’altra manata di popcorn. “Ahahaha, buona questa. Non esistono gli eroi. Se non avete degli eroi, chi è che salva il mondo nei film Russi?”

“Noi.”

“…noi?” America smise di sgranocchiare i popcorn per un momento per ascoltare.

“Sì, noi. Anche se abbiamo degli eroi, sono come Nevsky o Lyudmila, da? Eroi del popolo. Siamo eroi insieme perché…perché viviamo e moriamo insieme…perché siamo una famiglia…” Il tono di Russia si era fatto malinconico e affaticato da qualche altra emozione che America non riusciva a identificare. “I tuoi eroi camminano sempre verso il tramonto, ma io terrò i miei con me per sempre così…così non sarò s-solo…”

America si chinò in avanti e appoggiò i popcorn sul tavolo, accanto al caffè di Jimmy. “…sai cosa penso?”

Oh merda, Russia aveva appena tirato su col naso? Stava per piangere? Questo era di sicuro un ticchettio in avanti sull’Orologio della Fine del Mondo. “A-ah?”

“Penso che tu sia solo geloso che Star Wars non c’è dalla tua parte della Cortina di Ferro, per il momento.”

Ci fu un lungo, teso e terrificante minuto di silenzio steso fra loro come l’Oceano Pacifico. America aveva quasi paura che la Guerra Fredda fosse finita e che Russia si stesse preparando a lanciargli contro i missili nucleari. Alla fine, la nazione più vecchia parlò piuttosto sinceramente. “…mi piacerebbe molto essere in qualche posto caldo e guardare un decadente film Americano.”

“Hey, davvero?” America non sapeva che Russia la pensava così. Credeva che a lui piacesse il freddo tutto il tempo. Se l’avesse saputo… “Le cose non vanno così male, adesso, quindi probabilmente potrei convincere Jimmy a farti venire da me e potremmo-”

-click-

Russia aveva già riattaccato.

 

[1992]

-beep-

“- sì, pronto?”

Si sentì tirare su col naso, e America incurvò un sopracciglio. “…chi parla?”

“A-america. T-tu…non hai più chiamato.” La voce si confuse in un singhiozzo secco e America si sentì gelare il sangue quando riconobbe la voce.

Russia?”

“N-non hai più chiamato. Aspetto e aspetto e questo telefono non suona mai con la tua voce dall’altra parte. Sono stato compiaciuto da questo accordo per anni, m-ma ora che la mia casa si è svuotata, mi ritrovo s-sempre più a sentire la mancanza dei t-tuoi…dei tuoi maialeschi discorsi Capitalisti.”

La cosa andava oltre l’area di esperienza di America. Russia era sconvolto e America era occupato e in genere era Canada ad occuparsi di questi scoppi emotivi. “Russia, non…non so neanche il tuo numero di casa.” Decise che era meglio non chiedere: “come diavolo hai fatto ad avere il mio?”

“Ma hai il Telefono Rosso, da? Quello ti connette direttamene a me?”

Gli ci volle un minuto per ricordarsi, ma oh- “Hey, sì. Quella vecchia roba.” Rise. “Ce ne siamo liberati nel ’78. Pensavo lo sapessi?”

Russia rimase in silenzio un momento, secchi, umidi respiri puntualizzavano ogni secondo. “Oh.” Disse con voce piccola piccola. “Questo spiega come mai non hai chiamato per quattordici anni…”

“Già, mistero risolto! Comunque, sono piuttosto occupato. Ho qualcun altro in linea quindi devo-”

“È Iraq, vero!” Gemette improvvisamente Russia. “T-tu gli stai parlando e gli stai rivolgendo ogni tipo di vuota minaccia! S-state confrontando la misura dei missili, da? E lo punzecchi con…con la libertà Americana!”

America sbatté le palpebre tre volte e cercò di pensare ad un modo per terminare quella conversazione senza ricominciare la Guerra Fredda (seriamente, come faceva a sapere che dall’altra parte della linea c’era Iraq?). “Non è…non è la stessa cosa, Russia.”

“Lo so che non è la stessa cosa! Eppure, stai cercando di rimpiazzarmi!” La nazione più vecchia ormai stava piangendo e Santo Dio, America era ad un passo dal gettarsi fuori dalla finestra. “Cerchi di rimpiazzarmi con l’intero Medio Oriente, m-ma n-nessuno può soddisfarti come posso io, milaya moya, non vedi? A-abbiamo bisogno l’uno dell’altro.”

La cosa stava diventando inquietante, ma…America doveva mantenere delle buone relazioni con il pazzo bastardo, quindi sospirò e disse: “Uh, aspetta un attimo, okay?” E passò all’altra linea.

“Sì, Iraq? Scusa, devo rispondere a questa telefonata.”

L’altra nazione rimase a bocca aperta. “Devi rispondere alla telefonata? Sganci bombe sulla mia gente, mi chiami per parlare di qualche stupido film d’azione, mi fai aspettare quando comincio a chiedere dei termini di resa e adesso devi rispondere alla telefonata? Non sono mai stato co-”

America riattaccò e passò all’altra linea. Russia stava ancora piangendo, ma più dolcemente ora.

“Um…” Okay, e adesso?

“A-america?” Chiese delicatamente Russia. “Siamo amici?”

America corrugò le sopracciglia. “Beh, non siamo nemici immagino.” Non più.

“Ma siamo amici?” Persistette l’altra nazione. “Dopo tutto quello che è successo fra noi, ora siamo vicini, da?”

“Intendi come ci siamo odiati per quasi mezzo secolo?”

“Ma non era completamente odio, da? T-tu e io…n-noi…”

Santo Dio. “Non ricominciare a piangere! Ti prego! Dirò qualunque cosa!”

Improvvisamente, Russia smise di piangere. “…qualsiasi cosa, hai detto?”

“Sì.” Lo scongiurò America. “Qualsiasi. Cosa vuoi che dica? Avanti, Russia- parlami.”

L’altra nazione sembrò pensarci. Era un’offerta rara; America non si chinava facilmente alle richieste delle altre nazioni- avere una nazione così giovane e arrogante accettare di dire qualsiasi cosa era-

“Dimmi…che mi capisci.”

La richiesta fu incomprensibile. “Io…ti capisco?”

“Nyet!” Russia singhiozzò ancora. “N-non così. Dimmi…che capisci perché ho fatto quello che ho fatto. Adesso che l’Unione Sovietica è crollata e io sono di nuovo Russia, le persone cercano di dire perché ho preso certe decisioni. Cercano di spiegare perché ho permesso a Koba di uccidere la mia gente cospargendo la mia terra di cicatrici. Cercano di spiegare perché ho fatto del male alla mia adorata sorella Ucraina e perché ho tenuto Prussia lontano da suo fratello. Dicono cose su di me che non capisco p-perché…perché loro non capiscono. Ma America, tu sei stato in cima al mondo come me, da? Tu…tu puoi dirmi che mi capisci. S-se lo dici tu, ci crederò.”

America inalò violentemente e cercò di seguire il monologo di Russia cosparso di lacrime. Chiese. “…Russia, tu…uh, tu capisci perché hai fatto quello che hai fatto?”

E il Muro di Berlino crollò una seconda volta. Russia rimase in silenzio per un po’ di tempo. Per molto tempo. Per una colonna sonora alla America-si-sta-sicuramente-spazientendo-e-sta-tamburellando-con-le-dita-sul-tavolo-la-melodia-di-Yankee-Doodle.

“Ah…America, sei molto intelligente per essere una nazione così giovane. Ti è già stato detto, da?”

“Mai.” Replicò felice America e sincero. Russia ridacchiò come un bambino.

“Grazie. Ci penserò per un po’. Forse quando ci riparleremo, sarò meno un ‘Mostro’ e le mie sorelle saranno passate a trovarmi.”

America annuì, sentendosi subito meno seccato e più impietosito. Canada andava a trovarlo ogni volta che America lo chiedeva (esigeva). Doveva essere un vero schifo quando le tue sorelle avevano paura di te. Sentì una stretta al cuore e improvvisamente afferrò il ricevitore con entrambe le mani. Russia aveva davvero bisogno di un Eroe in quel momento ed era passato molto tempo da quando America aveva propriamente salvato qualcuno chiunque.

“Hey, Russia!”

“…da?”

“…ti andrebbe di venire da me qualche volta per guardare un film con Arnold Schwarzenegger?”

“È un decadente film Americano?”

“Sì. Arnold è uno di Roderich, però, ma potrebbe benissimo essere mio. Sarà veramente magnifico, lo prometto. Farò i popcorn e compreremo della soda e ti farò conoscere Tony e tutto. Magari ti farò vedere Disney World!”

Russia rimase a bocca aperta dalla sorpresa. “Vinni Pukh! Vive a Disney World, da?”

“…Vinni…Pukh?”

“Vinni Pukh è un orso precoce. È amico di un Maialino e ha tante avventure! Canta: Rum-pu-pum-pum-pu-pum-pum.

“Oh, intendi Winnie the Pooh.”

“Vinni Pukh è molto simile ad America! Anche lui entra sempre in casa d’altri chiedendo di essere nutrito.” Russia rise in un modo davvero odioso, ma America adorava Winnie the Pooh quindi disse.

“Sì certo!” Senza nemmeno pensarci.

“Allora ci vedremo presto, America.”

America non sapeva che l’altro fosse in grado di parlare con così tanto calore nella voce. “Certo.” Sorrise sinceramente e Russia cantò Rum-pu pum-pum riattaccando.

Ruotando nella sua sedia per ammirare il mattino radioso di Washington, America si dimenticò di richiamare Iraq. Oh sì- il nuovo secolo sembrava sempre più splendente ogni giorno che passava.

 

NOTE:

1966: T.E. Lawrence è altresì conosciuto come ‘Lawrence d’Arabia’. El Cid era un cavaliere Castigliano ed eroe della Reconquista. Zhukov è il più decorato soldato nella storia della Russia e MacArthur è stato un eroe Americano nel Pacifico.

1968: SE NON CONOSCETE SHOSTAKOVICH, LO CONOSCETE ORA.

Poi, visto che non tutti sono familiari con la musica Americana degli anni ’60, ‘I Ain’t Marching No More’. Bellissima, potente canzone.

1970: ‘Non riesco a distinguere un cattivo Russo da un buon Russo. Riesco a distinguere un cattivo Francese da un buon Francese. Riconosco un buon Italiano da un cattivo Italiano. Riconosco un buon Greco quando ne vedo uno. Ma questi Russi, non li capisco.” – Reazione di FDR dopo aver incontrato Stalin a Tehran.

1972: Fischer vinse i Campionati Mondiali di Scacchi nel 1972, ma si comportò come un totale idiota.

1973: America fece una brutta cosa nel 1973. Quella cosa si chiama Pinochet.

1977: Nevsky ovviamente è il più grande eroe Russo. Lyudmila è Lyudmila Pavlichenko, una famosa cecchina Russa durante la Seconda Guerra Mondiale.

1992: Un anno dopo la caduta dell’Unione Sovietica e un anno dopo la Guerra del Golfo.

Winnie the Pooh Sovietico. Sì, Russia potrebbe rimanere deluso una volta arrivato a Disney World.

  
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