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Autore: purplebowties    27/01/2012    7 recensioni
Un idolo è invincibile e tu non lo eri, fortunatamente non lo eri. Le tue fragilità erano così vistose e plateali che era impossibile ignorarle: ti rendevano speciale, unico, un esempio di franchezza, sincerità ed umanità non indifferente.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitava che ti vedessi all'improvviso. Non erano mai visioni plateali ed accecanti, nulla di malsano o preoccupante; era piuttosto un ritrovare la tua presenza nelle cose che meno parevano avere a che fare con te. Eri nelle canzoni che non portavano la tua firma, così come nelle lezioni di filosofia e psicologia, eri nei sorrisi dei passanti, a volte nell'erba verde bagnata di pioggia, molto più spesso nell'inchiosto che ancora facevo scorrere sui miei quaderni imprimendo tutte le impressioni sulla carta.

Non ero capace di lasciarti andare e, benchè di tanto in tanto mi illudessi che il mio interesse per te fosse scemato, non c'era verso di far scomparire i tuoi occhi dalla mente o il suono - unico, riconoscibile - della tua voce: quel suono era ancora una delle poche cose capace di farmi perdere completamente il controllo, il più delle volte senza che me ne accorgessi.

Ogni volta che ti sentivo cantare era come tornare bambina, un'esplosione alla quale non sapevo far fronte, che mi faceva agitare. Mi ritrovavo a muovere le gambe, le mani, a mordermi le labbra, a far scendere lacrime inconsapevoli.

Quando la musica finiva, non di rado mi ritrovavo a sfiorarmi le guance scoprendole bagnate. E allora sorridevo, ridevo di me, forse anche di te, ancora stupita da quelle emozioni purissime. Era sempre come sentirsi incredibilmente vivi, invincibili e allo stesso tempo deboli, venire sollevati in alto e contemporaneamente annientanti. Non sapevo dire se "amassi" più te o me stessa in relazione a te, quello che scatenavi nel mio animo spesso troppo timido e distaccato.

Tuttavia, avevo da tempo smesso di definirti amore. Ero così ignorante in materia da non saper definire veramente che cosa tu fossi.

Non eri di certo un idolo. Gli idoli si adorano incondizionatamente, sono ricettori di una fede cieca e soffocante, acritica, invece non difficilmente accadeva che mi trovassi in disaccordo con il tuo comportamento e non provavo di certo colpa nell'affermarlo. Sapevo vedere i tuoi sbagli e di certo riconoscevo i tuoi limiti. Un idolo è invincibile e tu non lo eri, fortunatamente non lo eri. Le tue fragilità erano così vistose e plateali che era impossibile ignorarle: ti rendevano speciale, unico, un esempio di franchezza, sincerità ed umanità non indifferente.

Non eri neanche un sogno. Sebbene tutto fosse cominciato così - con una me bambina che chiudeva gli occhi per immaginare di incontrarti dietro l'angolo della scuola elementare -  già da tempo avevo preso consapevolezza che non ti avrei mai parlato, sorriso o sfiorato e i sogni non sono tali quando si smette di pensare che siano anche solo ipoteticamente realizzabili. No, non eri nulla di tutto ciò.

Da qualche anno avevo capito che tentare di classificarti era inutile e riduttivo. Non ci sare mai riuscita, e, comunque, anche se un giorno fossi arrivata a comprendere che cosa tu fossi per me, non sarei comunque stara in grado di spiegare tutto con una sola parola. Ci sarebbe sempre stata una parte di te che sarebbe sfuggita alla categoria. Non potevi essere incasellato, nulla che fosse rigido poteva essere adattato a te - o all'idea di te.

Eri impeto e sregolatezza,  improvvisaione, assenza di convenzioni, follia forse, decisamente passione. Non c'era nulla nel tuo atteggiamento, nella musica, nella tua vita che potesse essere considerato misurato. Eri  inarrestabile, lo eri nella tua positività così come nella tua negatività; autodistruttivo e autocelebrativo, adorabile e a volte  odioso, fragile come solo le persone più forti sanno essere. Eri tutto ed  il contrario di tutto, eri contraddizione pura, e questo per me era sempre stata la tua forza.

Avevo solo una sicurezza: eri una parte di me. Ti portavo dentro da così tanto tempo che negarlo sarebbe stato sciocco, eri così radicato in me che a volte mi chiedevo se certi miei pensieri, certi miei comportamenti non fossero una proiezione dell'influenza che avevi avuto sulla mia persona e sulla mia crescita. E forse era davvero così. Forse avevi irrimediabilmente condizionato il mio modo di vedere le cose, di pensare, di agire. Di certo mi avevi migliorato. 

La tua presenza, in ogni caso, era ovunque. Casa mia era ancora piena delle tracce che di te avevo lasciato. La porta d'ingresso di legno chiaro su cui avevo inciso il tuo nome, gli orecchini abbandonati infondo al cassetto con i loro pendenti che portavano le tue iniziali, tutti i quaderni pieni delle tue canzoni, i cd, i dvd, i poster che ancora mi sorridevano da ogni centimetro di muro, quella busta gonfia di lettere mai spedite nel mio posto segreto, le parole di Feel impresse con il pennarello indelebile sulla tovaglia della cucina; non c'era nulla che non fosse in qualche modo legato a te.

A volte questo mi meravigliava al punto che restavo a chiedermi se sarebbe mai finito, se un giorno sarei arrivata a ridere con indifferenza di te, ma a risposta che mi davo non era mai positiva. Il no che sentivo era un grido troppo forte che veniva da dentro, una risposta secca e decisa difronte alla quale mi ritrovavo sempre a sorridere sollevata, serena. Questa era probabilmente la parte migliore: sapere che non sarebbe mai arrivato un momento in cui sarei stata in grado di dire basta, di lasciarti scivolare via, mi scaldava sempre il petto, mi dava sicurezza. Ero certa che se anche fossi sparito per anni, che anche se tutti ti avessero dimenticato, tu avresti continuato a vivere nei miei ricordi, avresti continuato a brillare nella mia mente.

I ricordi erano il regalo più prezioso che mi avessi fatto. Non parlavano mai solo di te; parlavano piuttosto di me, di come fossi cresciuta seguendo la tua stella, di come fossi stato presente in tutte le tappe della mia vita. E provavo immensa gratitudine, mentre prendevo consapevolezza che una parte di me non avrebbe mai smesso di essere quella bambina troppo magra che aspettava davanti alla tv di vederti comparire su un cavallo nero.

I just wanna feel.

   
 
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