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Autore: Atelo_Phobia    27/01/2012    6 recensioni
Ho accettato la realtà: non so scrivere le introduzioni (non che con il resto me la cavi meglio)... Anyway, questa è un'altra Faberry. CCosì melensa e zuccherosa da fare venire il diabete,ma nel profondo del cuore so di essere una checca romantica...
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Back To December
 


 

“Realized that I loved you in the Fall.
And then I go back to December. ”
Taylor Swift, Back To December.

 

“ No! ” stillò la bambina scuotendo energicamente la tesa e tentando – invano – di assumere un'aria da cane bastonato, con tanto di mento tremante.
In tutta risposta il padre scoppiò in una sincera risata, ricomponendosi subito dopo di fronte allo sguardo profondamente ferito – e melodrammatico – della figlia. “ Ascolta tesoro ” le sussurrò “ Lo so che non ti va, ma per tuo padre è una cosa importante. ”
“ Ma io voglio restare a casa! Possiamo fare il pupazzo di neve anche qui! ” borbottò lei con voce implorante “ Ti prego... ”
“ Rachel, senti... ” cominciò il padre, subito interrotto dal marito.
“ Ci parlo io, tranquillo. ” lo bloccò Hiram.
Poi si rivolse alla bambina. “ Piccola, ascoltami un attimo. Quando ero poco più alto di te, diciamo... tanto così. ” fece un gesto con la mano “ Avevo paura della neve. No, ok , lo so che è una cosa stupida, ma ehi… Che posso farci? ” chiese scuotendo la testa. Poi tornò serio. “ Ricordo che un anno, la sera della vigilia di Natale, cominciò a nevicare. ” Hiram sorrise nostalgico. “ Io ero... semplicemente terrorizzato. Allora mio padre mi caricò in spalle e mi portò fuori. Io iniziai a urlare, a implorare, ma lui mi ignorò. Camminò, seguito da mia madre, fino all'unico parco del paesino. Era... non saprei nemmeno dirlo. Magico. Come un manto bianco e soffice. Mio padre raccolse un pugno di neve e me la fece toccare e così, in un istante, smisi di avere paura. Ricordo che trascorremmo tutta la notte costruendo un pupazzo di neve. Alla fine il risultato era davvero terribile, ma l'avevo costruito io, capisci? Non contavano le mani ghiacciate o il raffreddore. ” di nuovo sorrise. “ Da allora tutti gli anni, la sera della vigilia di Natale papà mi caricava in spalla fino al parchetto, e là, tutti insieme, costruivamo il nostro pupazzo di neve. ”
Rachel lo fissava in silenzio.
“ Perciò, lo so che per te è un sacrificio, ma vorrei tornare a Burlington, dove sono nato, per costruire un pupazzo di neve con la mia famiglia. Verresti con me? ”
La bambina sorrise incantata. “ Va bene... ”
“ E quando non nevicava? ” chiese il marito curioso dopo una pausa di silenzio “ Come facevate a costruire il pupazzo? ”
Hiram si
strinse nelle spalle. “ La cosa strana è che da quell'anno ha sempre nevicato.”

 


*
 


Rachel si avvicinò titubante ad una bambina bionda più o meno della sua età chinata su un cumulo di neve. Si schiarì la voce per annunciare la sua presenza, ma l'altra sembrava molto occupata in quello che stava facendo – qualsiasi cosa fosse – e non se ne accorse.
“ Ciao ” la salutò allora la mora. “ Che fai? ” chiese poi allungando il collo per vedere meglio.
La bambina si voltò sorridendole. “ Faccio un pupazzo di neve. ” disse in tono risaputo.
Rachel la guardò con aria ebete.
“ Vuoi darmi una mano? ” chiese poi l'altra interpretando correttamente il silenzio della mora.
“ Magari! ” rispose Rachel entusiasta. E così si chinò accanto alla bambina bionda cominciando a modellare a poco a poco la neve. Trascorsero l’ora seguente in un silenzio carico di concentrazione, cercando di svolgere il proprio “compito” nel miglior modo possibile, unite nel comune obiettivo di dare vita al pupazzo di neve più bello di tutti i tempi.
Ad opera conclusa, mentre Rachel si sfregava i guanti per scrollarli dalla neve, la bambina bionda fece un passo indietro per ammirare meglio la creazione. Il pupazzo di neve, lievemente pendente verso sinistra, appariva come una massa informe realizzata da qualcuno con solo una vaga idea di come un pupazzo di neve degno di questo nome dovesse apparire, perciò, ovviamente, le bambine lo trovarono semplicemente superbo.
“ Siamo state proprio brave. ” decretò la bionda sorridendo compiaciuta.
“ Bravissimissime. ” convenne Rachel “ Ma non credi che dovremmo dargli un nome? ”
“ Giusto! Allora... visto che non ha i baffi, direi che è palesemente una femmina, perciò… ” – “ Palesemente. ” aveva convenuto la mora annuendo energicamente – “ … Che ne dici di Beth? ”
“ Sììì! Fantastico… Vada per Beth! Solo che… non hai anche tu l’impressione che manchi qualcosa? ”
“ Oh, ma certo! Che sbadata! ” esclamò l’altra dandosi un piccolo colpetto sulla testa ed estraendo da una tasca una carota ed una manciata di bottoni.
Ne consegnò un paio a Rachel. “ Ecco. ” sussurrò sorridendole “ Un po’ tu, un po’ io. ”
“ Mmh… ” borbottò la mora a labbra serrate “ Per me manca ancora qualcosa… ”
“ La sciarpa! ” esclamarono in coro.
Senza dire una parola la bionda si sfilò la sciarpa rossa dal collo, avvolgendola attorno a quello del pupazzo di neve.
Sembrava un po' preoccupata. “ Spero solo che la mamma non si accorga che non ce l’ho più… ” iniziò titubante sfregandosi il naso.
Rachel la fissava in silenzio.
“ … è un suo regalo, sai, e ci tengo tanto. ”
La mora ancora la osservava senza dire una parola, il volto all’improvviso scuro. Si mordeva il labbro con nervosismo, cercando di evitare lo sguardo dell’altra, temendo che potesse notare l’improvviso luccichio dei suoi occhi.
“ Ehi, va tutto bene? ” chiese la bimba bionda.
Rachel aprì la bocca per tranquillizzarla, ma le sue parole furono interrotte dall’arrivo di Hiram e Leroy, che si erano fermati a chiacchierare con due vecchi amici. “ Tesoro, tra dieci minuti andiamo. ”
“ E quelli lì chi sono? ” domandò la bionda con interesse.
“ I miei papà. ” rispose la mora con semplicità.
L’altra aprì la bocca in una O meravigliata. “ Davvero? Cioè, tu hai due papà? E come mai io ne ho solo uno? ”
Rachel sorrise tristemente. “ Be’, perché tu hai la mamma. ” Abbassò lo sguardo a terra, cercando sulla superficie candida della neve un motivo per non scoppiare a piangere.
L’altra bambina la fissava con un’aria talmente concentrata nel tentativo di capire che cosa volesse dire Rachel, che gli occhi verdi erano ridotti a fessure, poi ad un tratto sembrò capire e la sua espressione cambiò in una di sincero dispiacere.
“ Oh. ” sussurrò inclinando la testa di lato tentando di incrociare lo sguardo di Rachel, che si ostinava a guardare per terra. Si schiarì la voce “Ma come mai non hai la mamma? ” mormorò.
Rachel si strinse nelle spalle. “ Non lo so. I miei papà mi hanno detto solo che se n'è andata da casa quando ero piccola, perciò non ha potuto occuparsi di me”
“ Io non… insomma… mi - mi dispiace. ”
Rachel non rispose, fingendo che non avesse importanza.
Rimasero qualche minuto in silenzio, alla ricerca di parole che potessero abbattere quel muro invisibile che so stagliava tra di loro. Poi la bionda, che fino a quell’istante aveva tenuto gli occhi bassi per poter continuare a fare finta di non avere visto l’altra piangere, alzò lo sguardo al cielo, e aprì la mano.
Nevicava.
Si avvicinò al pupazzo di neve sfilandogli la sciarpa e avvolgendola intorno al collo di Rachel, che la fissò immobile.
“ Che fai? ” mormorò.
“ Ti regalo la mia sciarpa. ” rispose l’altra come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“ No. È tua. Io non potrei mai… te l’ha regalata tua mamma, io non… ” ripeté la mora, ma la bionda insistette.
“ Tienila tu. A me non serve. ” sussurrò.
Rachel annuì.
“ Così puoi fare finta che sia un regalo di tua mamma… E quando ti sentirai sola, ti basterà indossarla per sentirla vicina. Con un po’ di immaginazione riuscirai persino a percepire il suo profumo. Quello che aveva tutte le sere, quando ti metteva a letto. Ricorderai la canzone che ti cantava sempre per farti addormentare. Basta solo che tu chiuda gli occhi. ”
Rachel ubbidì, e per un istante, tra il turbinio dei fiocchi di neve, scorse la sagoma di sua madre, che le sorrideva e avanzava verso di lei.
Aprì gli occhi e fissò la bambina bionda con immensa gratitudine.
“ Grazie. ” riuscì solo a dire.
L’altra arrossì e fece per rispondere, quando Hiram e Leroy si avvicinarono di nuovo.
“ Rachel, tesoro ” iniziò Leroy “ Ha iniziato a nevicare, e visto che abbiamo fatto il pupazzo, credo sia ora di andare. ”
La bambina annuì per dare segno che aveva capito.
“ Ciao. ” sussurrò poi scuotendo la mano verso la bionda, prima di saltellare al seguito dei suoi genitori.
A metà strada però si bloccò all’improvviso, come ricordatasi di qualcosa e voltandosi verso la bambina bionda chiese: “ Ehi, come ti chiami? ”
L’altra la guardò per un istante. “ Chiamami Lulù. ”
“ Lulù… ” gridò.
“ Sì? ”
“ Vuoi diventare mia amica? ”
La bambina sorrise e annuì.

 


*
 


Il campanile scoccò. Era arrivata la mezzanotte. Era arrivato Natale.
Rachel, ancora seduta a tavola nonostante l'ora tarda, sbadigliò visibilmente ignorando il pressoché infinito numero di parenti tutti ebrei che la circondavano – “ Non importa se noi non crediamo nel Natale. Ci vediamo così raramente che ogni occasione per passare del tempo con la mia nipotina preferita va colta, vero tesoro? ” borbottava ogni volta a questo proposito con la sua voce tonante la vecchia e tozza zia Rebecca – “ Chiamami Becca. ” ripeteva sempre – pizzicando la guancia di Rachel in un gesto che doveva certamente ritenere affettuoso e responsabile del perenne segno rosso sul volto della ragazza –.
“ Scusatemi un momento. Esco un attimo. ” esordì la ragazza alzandosi da tavola.
Si abbottonò il cappotto e dopo aver indossato guanti e sciarpa, uscì di casa. Fuori nevicava.
Soffici fiocchi di neve cadevano lentamente dal cielo, posandosi con la delicatezza di un respiro sui suoi capelli scuri e insinuandosi tra le pieghe della sciarpa provocandole leggeri spasmi dovuti al freddo ogniqualvolta la neve, sciogliendosi, entrava in contatto con il suo collo.
Camminava piano nella notte illuminata, apparentemente senza una destinazione; ma in prossimità di un piccolo parchetto abbandonato rallentò, fino a fermarsi.
Il silenzio regnava sovrano, nascondendosi dietro le ombre degli alberi innevati e insinuandosi tra i soffici fiocchi di neve sciogliendoli con il suo abbraccio bollente.
Rachel sorrise. Settimane, mesi, stagioni erano trascorsi da quel giorno lontano, inseguendosi l'un l'altro in una vorticosa corsa senza fine, eppure nel tempo di un sospiro le sembrò di tornare la bambina che era stata, come se il passato fosse rimasto celato per tutti quegli anni sotto una coltre di neve e di ricordi confusi, dimenticato, ma sempre al suo fianco. Sempre accanto a lei.
Mosse qualche passo incerto verso un punto immerso nell'oscurità. Poco distante, alzandosi in punta di piedi, scorse una figura inginocchiata tra i fiocchi candidi, intenta nella realizzazione di un pupazzo di neve. Sorrise; sorrise di un’emozione sconosciuta esattamente a metà tra la nostalgia di un passato perduto e il sollievo di averlo finalmente ritrovato in quella figura inginocchiata nella neve. Solo allora comprese di aver atteso quel momento da tempo, da sempre forse, temendo che non sarebbe mai arrivato, ed ora, pensò, eccolo.
Mosse qualche passo lento e incerto verso la figura, implorando che non si voltasse, soffiando lontano la luce proveniente dalle stelle, e al tempo stesso sperando che udisse i suoi passi leggeri.
Forse le fiamme nel cielo chiusero gli occhi per un istante, lasciando inesaudita la sua preghiera inespressa, perché nel tempo che separa i sospiri di due innamorati, il cielo si spense, incapace di celare dietro al sussurro del vento il respiro di Rachel; ed il silenzio, dopo un inchino maestoso, abbandonò la scena.
Lo sconosciuto si voltò: era una ragazza.
Si alzò in piedi, sfregandosi le mani per ripulire i guanti dalla neve, gli occhi verdi, carcerieri di quella luce che il cielo aveva perduto, intrappolati in quelli scuri di Rachel, che la ammirava in un silenzio carico di sospiri, lasciando scivolare lo sguardo dalle dita della ragazza che con eleganza altezzosa si scostava il ciuffo di capelli biondi dal volto sottile, sino alle labbra dolci, piegate in un sorriso misto a sorpresa.
“ Quinn. ” mormorò Rachel a bassa voce “ Ho sempre saputo che eri tu.
” Quinn inclinò la testa di lato, senza riuscire a nascondere un sorriso.
“ Chiamami Lulù. ” sussurrò piano, come aveva fatto tanti anni prima.
Fece un cenno con la testa a Rachel, che si inginocchiò accanto a lei modellando la neve che la circondava.
Le due ragazze rimasero così, l’una accanto all’altra, come lo erano state tanti anni prima, senza dirsi nulla, temendo che anche la parola più leggera potesse coprire quella muta preghiera riflessa l’una negli occhi dell’altra, che mormorava loro nell’orecchio di respirare piano, perché ogni sospiro si nutriva dei suoi sogni.
“ Come ma sei venuta? ” chiese Rachel a bassa voce dopo un po’.
Quinn si strinse elle spalle, sollevando lo sguardo su di lei. “ Volevo restare un po’ da sola. Soltanto nel silenzio riesco a dar voce ai miei pensieri. E poi… ” aggiunse “ è Natale. E a Natale, si sa, è tempo di regali. Ho solo pensato che il mio quest’anno non si trovasse sotto l’albero, ma qui. ” mormorò con sincerità.
Dopo poco più di mezz’ora, o forse cent’anni e uno ancora, rividero nella candida figura che si stagliava di fronte a loro, quel terribile pupazzo di neve realizzato anni prima, lievemente inclinato verso sinistra, e sorridendo di quel ricordo, si alzarono.
“ Tu invece? ” domandò Quinn “ Che ci fai qui? ” chiese osservandola con intensità.
Rachel rispose al suo sguardo. “ Ho una cosa per te. ” disse in un soffio tanto leggero da poter essere trasportato dal vento.
Quinn sorrise di nuovo. “ Ma non è un regalo, vero? ”
Rachel scosse la testa, prendendo poi a sfilarsi la sciarpa. Dopo averla piegata, la tese a Quinn.
“ Credo che questa sia tua. ” mormorò con voce tremante.
Forse qualcuno avrebbe riso di quelle lacrime a stento celate dietro soffici fiocchi di neve, ma quella sciarpa era stato per lei l’unico abbraccio materno.
“ Credo che tu sappia a chi darla. ” continuò con serietà.
Beth. ” mormorarono in coro.
Quinn la prese con delicatezza, avvicinandosela al cuore.
Rachel osservò quel semplice gesto senza potersi impedire di sorridere. “ Ha funzionato, sai? ” disse dopo un istante.
“ Tutte le volte che mi sono sentita sola ho chiuso gli occhi, come mi avevi detto tu e… ” il suo sguardo lontano si tinse di ricordi agrodolci “ …lei era lì. Riuscivo a sentire la canzoncina che mi cantava per farmi dormire; e il profumo che metteva tutte le sere… A volte mi sembra quasi di sentirlo ancora. ” si strinse nelle spalle imbarazzata.
Quinn annusò la sciarpa. “ Ha il profumo della mia mamma. ” mormorò. “ Non credevo l’avrebbe conservato. ”
Si interruppe per un istante, abbassando lo sguardo. “ Credi che profumi un po’ anche di me? ” chiese timidamente “ Credi che Beth riuscirà mai a ricordarsi della canzoncina che le canto tutte le sere? ”
Rachel non rispose, guardandola con aria all’improvviso rigida, e severa. Poi, dopo aver lasciato andare quei frammenti di cielo ancora intrappolati nei suoi occhi, scosse la testa.
“ Non è per lei. ” sussurrò con convinzione. “ Non capisci? Grazie a quella sciarpa per me è stato quasi come avere una mamma. Ora sono grande, e non mi serve più, ma Beth, lei non ne ha bisogno, lei ha una madre. Lei ha te. Non lasciarla andare.”
Quinn la fissò con gli occhi colmi di lacrime.
“ Non permettere che si debba accontentare di una sciarpa per ricordarsi del colore dei tuoi occhi. ” continuò.
“ Perché lo stai facendo? ” sussurrò la bionda a bassa voce.
“ Perché il colore dei tuoi occhi è il più bello che io abbia mai visto; e dimenticarlo sarebbe come smettere di respirare. ”
Il volto della ragazza si aprì in un sorriso più luminoso di ogni coccio di stella infranta ancora intrappolata dietro il verde dei suoi occhi.
“ Ma allora… ” chiese poi “ A chi devo dare la sciarpa? ”
Rachel la fissò intensamente. “ E’ per questo che sono venuta qui. Per restituire a Beth qualcosa che mi ha regalato tempo fa. Ha aspettato così tanto. Avrà avuto freddo, in tutti questi anni. ”
Quinn fece per aprire bocca, ma si interruppe quando lo sguardo le scivolò sul piccolo pupazzo di neve che si stagliava tra loro, non visto e ignorato; e in un istante, il passato riaffiorò dall’urna d’oro in cui l’aveva rinchiuso.
“ Beth. ” sussurrò sfiorando la pancia del pupazzo di neve “ Beth. ”
Poi, silenziosa come la lacrima solitaria che le scivolava lungo la guancia riflettendo le stelle, avvolse il pupazzo con la sciarpa. “ Ecco fatto. ” mormorò infine.
Poi si voltò verso Rachel. “ Il cerchio si è chiuso. È’ finita. ”
“ No. Non ancora. Ho un regalo anche per te. ” rispose quest’ultima.
“ Cos…? ” cominciò la bionda, interrotta dalle labbra di Rachel che si posarono con delicatezza sulle sue.
Nel tempo che separa due battiti si separarono.
“ Un bacio. ” sussurrò.
 Quinn alzò lo sguardo su di lei, una luce negli occhi che Rachel non aveva mai visto.
Le si avvicinò lentamente “ Anche io ho qualcosa per te. ”
“ Davvero? Cosa? ”
Me.”

 


*

 

Rachel e Quinn si allontanarono dal parchetto dimenticato, seguite dallo sguardo vuoto di un paio di bottoni neri su una massa informe di neve: Beth.
“ Cammina piano ” sussurrò Quinn a Rachel che avanzava incerta “ Cammini sulla neve. ”
“ Cammina piano ” ripeté la mora osservandola con urgenza “ Cammini sui miei sogni*. ”
Quinn la prese per mano, come per riempire quel silenzio che aveva per lunghi anni accompagnato i suoi passi, privi di quell’eco che aveva il profumo di Rachel, in un mondo che per troppo tempo si era dimenticato che le sciarpe appartengono ai pupazzi di neve.

 


*
 


“ Che bella storia! ” esclamò Beth battendo le mani con entusiasmo. “ Di Nuovo. Di nuovo. ”
“ No, tesoro, un’altra volta. Adesso è tardi. Vai a fare la nanna. ” sussurrò la madre.
“ Okay. ” borbottò la figlia. “ Buonanotte Mami. ”
“ Buonanotte, piccola. ” rispose Quinn spegnendo la luce.
Fece per chiudersi la porta della bambina alle spalle, quando questa la chiamò.
“ Mami? ” chiese.
“ Si? ”
“ Ma quindi da quella volta ogni anno siete andate in quel parchetto a costruire il pupazzo di neve? ”
“ Già. ”
“ Ma quando non nevicava? ” domandò Beth curiosa dopo una pausa di silenzio “ Come facevate a costruirlo? ”
Quinn si strinse nelle spalle. “ La cosa strana è che da quell'anno ha sempre nevicato.”
Rachel, appoggiata contro il muro del corridoio immerso della semioscurità, chiuse gli occhi, e sorrise perché le parole di Quinn le ricordarono suo padre Hiram, e per annusare il profumo che si metteva la sera e borbottare a bassa voce il motivetto della canzoncina che le cantava sempre prima di metterla a letto, non avrebbe mai avuto bisogno di alcuna sciarpa.



*Citazione di William Butler Yeats, Il vento tra le canne.
  
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