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Autore: Deilantha    27/01/2012    7 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 28











 

 

Una mattina carica di sole, è una mattina che infonde energia anche nel corpo più stanco, con i suoi benefici raggi che sono sempre stati sinonimo di vita per tutti gli esseri viventi. Per questo adoravo le stagioni calde, così vitali, così capaci d’infondere positività nell’animo; soprattutto amavo le mattine estive, che avevano quel qualcosa in più nei loro raggi caldi e accoglienti, che ti davano un immediato buon umore.  Per quel motivo, quando aprii gli occhi e venni inondata dalla luce del giorno, sorrisi di riflesso… Ma quel mattino c’era anche un ulteriore motivo per essere felice, un motivo che aveva dei ricci dello stesso colore del sole.

Non appena aprii gli occhi, del tutto rinvigorita dai baci dell’astro diurno, mi voltai alla mia sinistra per cercare il mio compagno notturno e non vedendo la presenza di Emile, mi alzai a sedere, preoccupata che fosse andato via mentre dormivo. Quella mattina avrei voluto trascorrerla accanto a lui, avrei voluto godere della sua presenza accanto a me, parlargli della mia settimana, chiedergli della sua e restare abbracciata a lui finché non ci fossero venute le ragnatele addosso per la troppa immobilità! Il solo pensare che invece fosse andato via, senza nemmeno salutarmi, mi pervase di tristezza e preoccupazione, sentii un dolore lancinante al centro del petto al pensiero che non fosse lì con me!

Dopo qualche momento di  puro panico però, iniziai a sentire dei rumori provenire dal basso…

«Ti sei svegliata, Bella Addormentata?» … e quella voce che tanto amavo, mandò via in un solo colpo, tutte le mie stupide paure mattutine.

«Sì… ma che ore sono? È tardi?»

«Non è prestissimo, sono le undici.»

Feci uno sbadiglio, contando le ore in cui avevo dormito e mi resi conto di non aver riposato granché…

«Come fai ad essere già in piedi? Non hai dormito proprio?»

Per tutta risposta, lo sentii salire le scale per raggiungermi e una volta arrivato sul pianerottolo, mi beai di quella visione riservata solo ai miei occhi.

Non avendo un pigiama, Emile aveva dormito con addosso solo l’intimo e fu in quelle condizioni che arrivò portando un vassoio in mano, regalandomi la visione del suo corpo snello ma non privo di muscoli, reso ambrato dalla leggera peluria rossa che gli copriva braccia, gambe e torso. Era uno spettacolo e iniziai a comprendere il desiderio di Alberto di ritrarre sua moglie, per imprimere sulla tela le fattezze di un corpo e di un’anima che tanto amava; probabilmente se avessi avuto del talento artistico, avrei fatto rimanere immobile il mio Pel di Carota per immortalarlo in quel preciso istante, bello e perfetto come solo i miei occhi riuscivano a vederlo.  

In quello stesso momento in cui ammiravo estasiata la sua figura, Emile mi rispose: «Mi sono svegliato una mezz’oretta fa e visto che c’ero, ho pensato di preparare la colazione.»

Sul vassoio c’erano due bei bicchieri di latte freddo, biscotti, cereali, fette biscottate e marmellata e anche il barattolo di Nutella che non faceva mai male!

«Emile ma è la colazione per una famiglia intera, questa!»

Appoggiò il vassoio sul letto, prima di accomodarsi accanto a me e sorridendo mi rispose: «”Meglio abbondare che deficere”! Puoi sempre lasciare quello che non ti va.»

Mi osservò per qualche momento, con un sorriso bellissimo e naturale sul viso e una luce negli occhi che non gli vedevo da tempo, per poi darmi un dolcissimo bacio: «Buongiorno, streghetta mia.» 

Era uno dei risvegli più belli che avessi mai avuto e in quel momento mi resi conto di quanto desiderassi che le mie giornate iniziassero sempre in quel modo, con il mio Emile che mi sorrideva felice, con la sua presenza sicura e costante accanto a me. Mi sentii avvolgere da una felicità così malinconica, che per mascherare la commozione che stava per avere il sopravvento su di me, l’abbracciai di colpo, incapace di reggere il suo sguardo.

«Non te ne andare!»

Mi stupii di quanto quella richiesta sembrasse una supplica: ero consapevole di sentire la sua mancanza, ma non mi ero ancora resa conto della sua portata, fino a quel momento. Cosa che di sicuro aveva compreso Emile, poiché sentii la sua mano sulla mia schiena che mi stringeva protettiva e con voce dolce e rassicurante mi rispose:

«Non ne ho alcuna intenzione.»

Appena riuscii a riprendermi da quel magone improvviso, mi accoccolai tra i cuscini, mentre il mio Pel di Carota mi porgeva il bicchiere con il latte, seduto accanto a me.

«Hai dormito bene, piccola strega?»

«Benissimo!»

Gli sorrisi felice, avrei potuto anche trascorrere la notte in bianco, ma sarebbe stata ugualmente bella perché c’era lui con me.

«Anche se hai dormito poco più di quattro ore?»

«Lo stesso vale per te.»

«Beh, io ho dormito più di te, prima che arrivassi ho fatto un bel pisolino.» Fece un sorrisetto in mia direzione e quella stanza già pienamente illuminata, sembrò risplendere di quel sorriso sereno.

«Ti ho fatto attendere tanto?»

«Non saprei… credo di essere crollato nel momento in cui mi sono accertato che non ci fossi e mi sono appoggiato alla porta.»

«Dovevi essere davvero stremato!»

«Abbastanza… Sei sicura di aver riposato? Se vuoi tornare a dormire…»

«No!»

Risposi immediatamente senza fargli finire la frase; no, non volevo assolutamente considerare quell’opzione, sarei crollata dal sonno quella notte, ma durante quelle ore diurne  non mi sarei persa l’occasione di stare insieme al mio Pel di Carota!

Allungai una mano verso la sua, con cui si stava puntellando sul letto: «Voglio stare sveglia, qui accanto a te; ci penserò stanotte a dormire.»

Il viso di Emile, dapprima sorpreso per la mia risposta fulminea, mutò in un’espressione dolcissima e poggiò il bicchiere sul vassoio per accarezzarmi il viso con la mano libera:

«D’accordo piccola strega, sono tutto tuo.»

A quelle parole, la mia emotività messa fin troppo alla prova, mi tradì definitivamente e  mi ritrovai in un fiume di lacrime di gioia nel giro di un battito di ciglia.

«Ehi, che ti succede, Pasi?»

Iniziai a tirare su con il naso annaspando per cercare di parlare: «Non… è … niente…»

«Come “non è niente”? Ho detto qualcosa che non va? Ti ho ferita in qualche modo? Non pensavo di …»

«No, no… anzi…»

Emile, sempre più preoccupato si avvicinò a me e mi prese il viso tra le mani.

«Allora cosa succede? Hai fatto qualche brutto pensiero?»

Feci cenno di diniego con la testa, cercando di riprendere il controllo del mio respiro e appena riuscii a calmarmi quel tanto che bastava a farmi parlare, ne approfittai per spiegare meglio ad Emile il mio stato d’animo.

«Sono felice, perché rimani qui, perché non vai via, perché sei tutto per me oggi.»

Il mio Pel di Carota assunse un’espressione contrita e mi strinse di colpo a sé, serrando la sua stretta.

«Mi dispiace così tanto, Pasi! Per te non ci sono mai e tu non ti sei lamentata nemmeno una volta! Ti ho lasciato sola troppe volte, sono inqualificabile.»

Mi strinsi a lui come se volessi fondere i nostri corpi e lasciai scorrere le ultime lacrime di gioia nel calore del suo abbraccio, finché ritrovata la voce, risposi:

«Ora sei qui e voglio pensare solo a questo, voglio stare con te oggi, solo con te.»

Il cuore mi scoppiava nel petto, sentivo una stretta micidiale che non mi faceva respirare, ma era un dolore dolcissimo, perché era il dolore della felicità, il dolore che indicava quanto io fossi profondamente innamorata del mio Emile.

«Sono qui, non me ne vado, piccola. Mi sei mancata troppo per potermi separare da te, ora.»

«Però mi devi promettere una cosa.»

«Cosa?»

«Che la smetterai di sentirti in colpa e che tornerai a sorridermi come prima. Non voglio musi lunghi, sono bastate queste due fontane ad incupire la giornata!»

Sentii Emile sorridere: «D’accordo ragazza indiana Piccolo Fiume, niente musi lunghi.»

Mi accarezzò i capelli e mi godetti ancora per un po’ quell’abbraccio, che, nonostante la temperatura estiva lo stesse rendendo infuocato, mi donava una sensazione di conforto e di tranquillità come nulla al mondo.

 

Appena mi riscossi da quell’ondata di emotività incontrollata, consumammo la nostra colazione e iniziai a raccontare ad Emile della mia settimana  e non mancai di aggiornarlo con le mie scoperte sul conto di Sofia:

«La piccoletta innamorata di mio cugino? Questa è bella!»

Era la prima volta che Emile parlava di Lucien chiamandolo con quell’appellativo e fui così felice, all’idea che iniziasse davvero a considerarlo parte integrante della famiglia, che sorvolai sulla velata critica alla mia amica.

«A quanto sembra sì… Rita dice che la sua presenza al Dada era di per sé indice dell’interesse di Sofi verso Lucien.» Emile sembrava sorpreso e divertito, non c’erano ombre sul suo viso e incoraggiata, continuai «Inoltre Lucien l’ha fatta arrossire e la cosa si è ripetuta quando l’ho nominato a casa sua.»

Il mio Pel di Carota continuava ad ascoltarmi incuriosito, mentre sgranocchiava i cereali rimasti nel vassoio. Eravamo rimasti sul letto a parlare: Emile era adagiato comodamente sui cuscini, mentre io ero seduta a gambe incrociate accanto a lui. Eravamo rimasti abbracciati finché la temperatura ce l’aveva permesso, ma quando avevamo iniziato a sudare c’eravamo visti costretti a separarci… almeno per un po’. Nonostante avessi le tende alle finestre, il calore arrivava imperterrito e a breve sarei stata costretta a chiudere le imposte per avere un po’ di refrigerio, anche se questo avrebbe significato rinunciare al sole.

«Incredibile, non poteva trovare una persona più difficile.»

«Chi, Sofi?»

«No… Lucien. La tua amica non mi sembra una persona facile a lasciarsi andare, sembra un limone appena colto!»

«Senti da che pulpito vien la predica!» Allungai una mano verso il vassoio e iniziai a sgranocchiare i cereali anche io.

«Stai insinuando che sono acido?» Emile mi guardò con aria sospettosa, ma la sua espressione mal celava un sorriso divertito.

«Come un limone acerbo!» Lo stuzzicai, rendendomi conto che quella mattina era di ottimo umore, senza contare che non avrebbe messo musi lunghi perché mi aveva promesso di non farlo.

«Piccola strega impertinente!»

Il mio Pel di Carota prese i cereali che stava per mangiare e me li lanciò contro a mo’ di coriandoli e la mia risposta non tardò ad arrivare: in un batter d’occhio quel letto si trasformò in un campo di battaglia e i cereali divennero solo dei proiettili, sparsi ovunque sulle mie lenzuola. Quando mi allungai per fare rifornimento e mi resi conto che le munizioni erano terminate, un lampo balenò negli occhi di Emile che colse l’occasione al volo per atterrarmi in un solo colpo facendomi il solletico:

«Ahahahaha!! Sei sleale! Ahahahah! Lo sai che al solletico non reggo!»

«I limoni acerbi sono fatti così, non lo sai?»

Continuava a sorridere soddisfatto, mentre gioiva della sua vittoria schiacciante: torreggiava piegato su di me e osservai il suo viso che emanava felicità, sentendomi totalmente appagata.

«Guarda che mi hai fatto, ho i cereali anche nei capelli!»

«Allora conviene farci una bella doccia.»

 

E lo fu, una bella doccia; una delle docce più bollenti che avessi fatto, nonostante l’acqua fosse a malapena tiepida.

 

Per riprenderci dalle fatiche di quella splendida mattinata, preparammo il pranzo insieme e fu in quel momento, tra qualche pomodoro da tagliare e due bistecche da cucinare, che ricordai di chiedergli delle informazioni su una persona in particolare:

«Emile, tu conosci Iulia?»

«Chi?»

«Iulia, la ragazza di Francesco, il tuo chitarrista.»

«Ah! Ora ho capito… Come hai fatto a conoscerla?»

Gli raccontai della sera in cui Iulia si presentò a me, in quel modo del tutto fuori dall’ordinario e della sua richiesta di vederci; Emile mi ascoltò serio, ma aleggiava un certo divertimento sul suo viso.

«Non la conosco molto, perché generalmente non voglio intrusioni quando proviamo, ma nelle volte in cui l’ho vista,  Iulia mi ha dato l’impressione di essere una ragazza vitale e fuori dagli schemi. È perfetta per Francesco: come lui, riesce a portare allegria ovunque vada.»

«Quindi credi che sia sincera? Che voglia davvero conoscermi?»

«Probabilmente si, così potrà parlare male di me, insieme a te.»

«Oh andiamo e perché dovrebbe?» La mia testa però andò con la memoria ad una delle poche frasi che mi aveva detto quella sera: “Scusami se te lo dico, ma ad iniziare dal frontman, sono sempre tutti così seri e pesanti.”

«Perché la nostra band, o meglio il suo insopportabile dittatore, toglie a Francesco del tempo prezioso per stare con lei… su questo probabilmente vi capirete in pieno.» Il viso di Emile continuava ad essere allegro, ma sentii una nota sarcastica nelle sue parole. Lo guardai corrucciata per fagli intendere che stava entrando nel melodrammatico e ci rise su. «Lamentele a parte, credo che voglia davvero conoscerti, per condividere con te la dura vita della compagna di un musicista: negli anni in cui abbiamo creato il gruppo e abbiamo iniziato ad esibirci, Iulia è stata l’unica presenza costante, nessuno di noi ha mai avuto una ragazza fissa per così tanto tempo… A parte forse, Claudio… ma la sua ex non era mai presente, ci odiava apertamente e si rifiutava di presenziare alle nostre serate, per cui alla fine, Iulia è sempre stata da sola.»

«Capisco… quindi è una specie di mascotte, per voi!»

«Sì, almeno quando dobbiamo esibirci, è sempre in prima fila a tifare per noi.»

«Che dolce, deve amare tanto Francesco.»

«Immagino di sì…»

«La prossima volta però, ci sarò anche io!» Esclamai, felice all’idea di poter dare anche a lui l’appoggio che Francesco riceveva da anni da Iulia.

Emile sorrise tra sé e sé: «Per ora non abbiamo in progetto altre serate, ci stiamo concentrando sul tour, ma non si mai, magari prima di partire riusciremo a fare qualche tappa nei locali, per promuovere l’album.»

«E allora ci sarò!»

Gli risposi cercando di essere più sorridente possibile, perché al solo nominare il tour imminente, il mio cuore si era contratto: non avrei visto Emile per mesi! Stare lontano da lui era sempre più una sofferenza fisica per me e se qualche settimana in cui eravamo stati più distanti, mi aveva ridotto a piangere come una bambina tra le sue braccia, come avrei potuto sopportare dei lunghi mesi di lontananza?

Iniziai a sentire il magone chiudermi la gola, ma cercai di farmi forza, per non mostrare quel malessere ad Emile, che però insospettito dall’improvviso silenzio, alzò la testa dalle bistecche e si girò in mia direzione.

«Cosa c’è? Non avevi detto niente musi lunghi?»

Aveva ragione, quella era la nostra giornata insieme, la nostra isola felice, non doveva esserci spazio per i musi lunghi e per i pensieri tristi, doveva essere una giornata all’insegna del buon umore!

Cacciai indietro le lacrime e mi riscossi dall’umore tetro, concentrandomi su quegli occhi che mi scrutavano preoccupati e sulla gioia di averli ancora lì davanti a me.

«È vero, niente musi lunghi oggi, finiamo di preparare perché sto svenendo dalla fame!»

 

Purtroppo per me, la mia giornata con Emile non era destinata a durare ancora a lungo: approfittando della giornata libera dal lavoro e dalle registrazioni, i GAUS avevano deciso di riprendere le audizioni per trovare il nuovo batterista, poiché la presenza di Claudio non sarebbe andata oltre il tour imminente. Emile era sinceramente dispiaciuto nel rivelarmi che nel primo pomeriggio, sarebbe dovuto andar via da casa mia ed io cercai di non farglielo pesare, anche se la tristezza velò il mio viso e mi ritrovai nuovamente tra le sue braccia confortanti.

«So che non è la stessa cosa, ma potresti venire a casa mia, invece di restare qui da sola: ci sono mio padre e Lucien, saresti in loro compagnia e quando avrò finito con le audizioni, sarò di nuovo tutto per te, che ne dici?» 

Allentai l’abbraccio quel tanto che bastava a guardarlo negli occhi: «Siii! È da tanto che non vedo Alberto e sono curiosa di vedere anche il suo dipinto!»

Emile mi sorrise felice e mi diede un bacio sulla fronte prima di tornare a stringermi a sé.

 

Arrivati a casa Castoldi, il mio Pel di Carota corse a cambiarsi, mentre io andai di filata nel laboratorio, alla ricerca di Alberto, dando per scontato che fosse intento a continuare il suo ritratto di Claudine. E infatti fu lì che lo trovai: seduto sul suo sgabello, intento a rifinire il prato ai piedi di sua moglie, che invece era quasi del tutto completata.

Alberto era così concentrato che riuscii ad avvicinarmi e ad osservare quel dipinto, senza che lui si rendesse conto della mia presenza; solo quando mi schiarii la voce per annunciarmi si bloccò un istante, come se fosse stato risvegliato da un sogno e si voltò in mia direzione.

«Bambina mia! Da quanto tempo non ti vedevo! Vieni qui e fatti abb…. No va, stavolta niente abbracci!»

Fece una risata, rivolgendo lo sguardo al suo camice ancora più sporco ed io gli andai incontro abbracciandolo dalle spalle, per dargli un bacio affettuoso su una guancia.

«Mi sei mancato tantissimo anche tu!»

«Ma mai quanto ti è mancato qualcun altro, vero? L’hai fatto mangiare, o hai solo consumato le energie di mio figlio?» Fece una delle sue più belle risate, mentre il mio viso diventava bordeaux: non mi sarei mai abituata a quelle battute, come diavolo faceva a scherzare sulla vita intima di suo figlio?

Un normale genitore avrebbe agito come uno struzzo, facendo finta di non sapere  ed evitando come la peste un argomento simile, invece lui lo affrontava così tranquillamente, come se non stesse parlando della sua progenie ma di un semplice amico o conoscente… Era davvero un uomo fuori da ogni schema e ancora non riuscivo a capacitarmene!

«Ed ora dove lo hai lasciato? È fuggito via a riprendere fiato?»

«Ma no! Uff… tra poco arriveranno i ragazzi perché hanno le audizioni per il nuovo batterista ed è salito a cambiarsi, dato che aveva gli abiti di ieri…» Abbassai la testa insieme al mio tono di voce, temendo un’altra battuta delle sue, che per fortuna non arrivò.

«Capisco, dovrebbe portarsi dei ricambi quando viene da te… Anche tu dovresti fare lo stesso qui, così non saresti costretta a mettere dei vestiti smessi di Emile. Ormai sei di casa bambina, non c’è alcun problema se ti fermi a dormire quado ne hai voglia.»

Alberto riusciva sempre a toccarmi il cuore, l’abbracciai grata per quelle parole così cariche d’affetto e da sopra la sua spalla guardai con attenzione il suo dipinto: a distanza così ravvicinata, potei notare i particolari del viso di Claudine, i riflessi tra i capelli, l’abito leggero che le fasciava il corpo, ma senza rivelare troppo le sue forme e il prato mosso dal vento. Tutto era in perfetta armonia, pervaso di colori brillanti ma non accesi e l’intera composizione emanava gioia di vivere e il grande amore di Alberto, infuso in ogni sua pennellata. «È meraviglioso, è ancora più bello ora che è quasi completo.»

«Ti ringrazio bambina mia, da quando ho iniziato, ogni momento libero lo dedico a questo quadro: riprendere i pennelli in mano è stato come un droga per me: una volta iniziato, non sono riuscito più a farne a meno. Mi sto rendendo conto solo ora di quanto mi sia mancata la pittura!»

Quello davanti a me era l’Alberto che si era spento vent’anni prima, il pittore che aveva rinunciato alla sua arte, per amore della sua famiglia. Compresi solo in quel momento la portata del suo sacrificio, solo guardando i suoi occhi malinconici e le sue mani fiere di essere imbrattate di colore, mi resi conto di quanto dovesse essergli costato abbandonare una parte di sé così importante come la pittura, per potersi dedicare a sua moglie e a suo figlio. E Alberto non aveva mai, nemmeno una volta, avuto parole dure contro la sua famiglia, non aveva mai mostrato del risentimento verso quelle due persone, che l’avevano involontariamente costretto a rinunciare a se stesso. Quale dolore doveva celarsi nel cuore di quell’uomo? O quanto amore puro e incondizionato?

«Continuerai a dipingere una volta terminato questa tela?»

«Non so, sono tornato a dipingere perché volevo donarle un ritratto, ma se il mio desiderio di creare dovesse continuare, è anche probabile che lo faccia; mi sento bene quando dipingo e questa casa presto si svuoterà, avrò bisogno di qualcosa che mi tenga un po’ di compagnia.»

Alberto aveva pienamente ragione: Lucien non sarebbe rimasto per sempre ed Emile presto sarebbe partito per il tour… Mi sentii stringere nuovamente il cuore all’idea della solitudine che avrebbe travolto sia me che l’uomo che avevo accanto e i miei occhi si velarono di tristezza.

«Coraggio, non pensarci ancora, il nostro testone è ancora qui, ci farà compagnia ancora per un po’, è inutile immusonirsi prima del tempo.»

Appoggiai il viso sulla sua spalla stringendomi di più a lui: «Hai ragione, però se ci penso, mi manca già così tanto!»

Alberto allungò una mano sulla mia guancia per farmi una carezza: «Lo so bambina, ma dovremo abituarci, è la vita che ha scelto per sé e non possiamo fare altro che accettarla.»

«Però io e te possiamo farci compagnia, vero?»

«Certamente piccola! Questa casa è sempre aperta per te, non lo dimenticare mai!» Feci un sorriso e gli diedi un bacio pieno d’affetto sulla guancia, accanto a cui avevo il viso.

«Voi due siete sospetti, mi basta girare le spalle per un secondo e vi ritrovo abbracciati.»

Io e Alberto sorridemmo felici al suono di quella voce che ci rimbrottava come consuetudine e insieme  voltammo le nostre teste in sua direzione.

«Bentornato a casa figliol prodigo, iniziavo a temere che fossi stato risucchiato dalle fate dell’amore.»

«Più che fate, direi da una sola strega che fa per dieci.»

«EMILE!»

Ora ci si metteva anche lui! Non avrei resistito ad essere presa in giro su un argomento così personale da entrambi; ma nessuno in quella casa, aveva il minimo pudore!?

Il mio Pel di Carota si avvicinò a noi e passando una mano tra i capelli del padre scompigliandoli, ripetendo il gesto che Alberto faceva con lui, si soffermò ad osservare il dipinto che ritraeva sua madre: «Stai migliorando papà, tutto sommato non te la cavi male.»

«Ragazzo, non devi mai sottovalutare chi hai accanto, ricordalo sempre!»

I due uomini più importanti della mia vita si scambiarono un sorriso felice, carico di amore e il mio cuore si riempì di gioia nel vederli così sereni: dopotutto, nonostante la tragedia della scomparsa di Claudine, il puzzle si stava ricomponendo e i suoi pezzi stavano tornando ai loro posti.

Anche se Emile sarebbe stato via per un po’ di tempo, sarebbe comunque tornato e nel frattempo Alberto avrebbe continuato a dipingere e chissà che non avrebbe ripreso la sua vita da dove l’aveva interrotta vent’anni prima!

Era a questo che aveva pensato Claudine, prima di uccidersi? Aveva deciso di porre fine alla sua vita, per liberare i suoi due uomini dalla sua presenza vincolante?

Mi si strinse il cuore a quel pensiero così triste e all’amore che era racchiuso al suo interno; un amore fatto di puro sacrificio, lo stesso identico amore che aveva portato Alberto a rinunciare ad una parte importante di sé.

«Posso chiedervi una cosa?» Non sapevo come avrebbero reagito alla mia domanda, per cui abbassai il capo e sentii, più che vedere, i loro sguardi su di me.

«Certo bambina, chiedi quello che vuoi.»

«Posso avere una foto di Claudine? O anche una vostra… di voi tre insieme…?»

Alzai il viso incapace di reggere la tensione per quella domanda improvvisa e vidi due paia di occhi che mi osservavano con dolcezza, tristezza e tantissimo amore. Ero accanto ad Alberto, per cui fu lui a raggiungere le mie mani unite, che si torturavano combattute.

«Ma certo che puoi averla, piccola mia, sei parte della famiglia, ricordi?»

«Vieni con me, streghetta, così puoi sceglierne una.» Emile mi allungò una mano con un’espressione dolce e sorridente sul viso, ma proprio in quel momento bussarono al citofono e il suo viso si fece improvvisamente serio.

«Devono essere i ragazzi… le vediamo dopo le foto, oppure può pensarci papà, ok?»

Gli feci un cenno di assenso e incoraggiante l’incitai ad andare ad aprire ai componenti della sua band. Si avvicinò a me per darmi un bacio e sparì diretto ai suoi doveri.

Appena Emile scomparve, sentii la voce di Alberto dietro le mie spalle: «È di buon umore oggi, eh? Fino a ieri aveva l’aria di un morto, si vede che la tua vicinanza lo rimette in sesto.» Il suo tono non era canzonatorio, appariva tranquillo e sollevato; mi girai verso di lui e gli risposi:

«Non credo sia a causa mia: ieri hanno terminato le registrazioni con Claudio, ed oggi riprendono i provini… io credo che sia perché Claudio sta uscendo dalla sua vita, anche se lentamente.»

«Come sempre ti sottovaluti, bambina mia!» Si tolse il camice e posando una mano sulla mia schiena a mo’ di abbraccio, mi fece cenno di uscire da quella stanza.

«Coraggio, andiamo a scegliere quella foto.»

 

 

Gli album con le foto di famiglia erano tutti radunati tra gli scaffali nel salotto: quando raggiungemmo quella stanza, Alberto scelse tra i vari volumi, quello che probabilmente conteneva le foto di tutta la famiglia e lo portò sul tavolo.

Guardai con commozione tutte quelle foto e vidi gli occhi del padre di Emile,  rattristarsi mano a mano che scorrevamo le pagine dell’album: le prime immagini ritraevano lui e Claudine insieme e felici e dovevano risalire ai mesi in cui si erano conosciuti. Mano a mano che si procedeva, iniziarono a comparire delle foto di Claudine incinta e mi salì il magone nel vedere il suo viso così felice e così languido. Uno scatto la ritraeva mentre osservava il suo ventre gonfio sovrappensiero, come se stesse comunicando silenziosamente con suo figlio: era così poetico, così perfetto nel gioco di luci e ombre e se era opera di Alberto, quella foto era la testimonianza del suo talento artistico anche come fotografo.

Rimasi a guardarla per un po’ di tempo, osservando il viso di Claudine, osservando quel ventre che racchiudeva una vita, la vita di Emile, che cresceva protetta dalle sue cure. Accarezzai  quell’immagine con un dito, preda di una strana tristezza.

«Di questa ne vado particolarmente orgoglioso: per fortuna avevo la macchina fotografica accanto a me, in quel periodo non facevo altro che foto a ma chère: era bellissima e non potendo realizzare ritratti così velocemente, rimediavo con le fotografie. Quel giorno Claudine era particolarmente serena e prima che perdessi quel momento, la fotografai estasiato; era uno spettacolo troppo bello per essere vero!.»

In quella foto c’era la vita di Alberto, c’era la sua famiglia e forse rivedere quelle immagini, ricordare delle emozioni così forti non gli stava facendo del bene, perché notai che i suoi occhi iniziarono a farsi lucidi.

«Alberto… forse non è il caso che ti faccia rivedere queste foto… Non voglio che tu soffra vedendole.»

Il padre di Emile mi poggiò una mano sulla spalla confortandomi: «Tranquilla bambina, non sto soffrendo, è bello rivedere qualcosa e qualcuno che ci ha portato la gioia nel cuore… vuoi questa foto?»

«No, no, assolutamente! Questa è tua, è così bella, così perfetta che non potrei mai prendertela! Andiamo avanti, ne sceglierò un’altra!»

Arrivammo alle foto in cui c’era anche Emile e mi resi conto che le immagini in cui tutta la loro famiglia era riunita e felice, erano davvero poche e in tutte quelle occasioni, il mio pel di Carota era davvero piccolo e sicuramente incapace di ricordare quei momenti.

Più si andava avanti, più si vedevano foto di Emile in compagnia solo di suo padre, se non del tutto solo, intento a suonare qualche strumento più grande di lui, o ad andare sul triciclo come un piccolo grande centauro. Era impressionante il modo in cui Claudine era scomparsa dalle foto nel giro di qualche anno.

«Uhm… se vuoi una foto di noi tre la scelta è ridotta, però qualcosa troverai di sicuro!»

E fu così. Trovai una foto che doveva essere risalente allo stesso giorno in cui fu scattata la foto che Emile teneva in camera sua. Claudine aveva la stessa pettinatura e lo stesso abito e anche lo sfondo era lo stesso: erano accomodati su una panchina in un parco pubblico e i due coniugi avevano un sorriso felicissimo sul viso, mentre Emile era in grembo a sua madre, infagottato negli abiti da neonato.

«Questa foto ce la fecero una settimana dopo la nascita di Emile, Claudine era appena uscita dall’ospedale e voleva ricordare quel giorno come l’inizio della nostra nuova vita, perché dopo aver fatto la foto, ci saremmo diretti a casa nostra per la prima volta in tre e da allora saremmo stati davvero due genitori, saremmo stati una famiglia.»

Ascoltando le sue parole, abbracciai la vita di Alberto con un groppo in gola.

«Perché è andato tutto storto? Perché è finita in quel modo, se era così felice? Non è giusto!»

Alberto allungò un braccio intorno alla mia schiena.

«Lo so bambina, lo so che non è giusto, ma evidentemente doveva andare così; è inutile angosciarsi ora per qualcosa che non si può cambiare.»

Feci un cenno di assenso con il viso e dopo un gran respiro profondo indicai la foto al parco: «Posso avere questa?»

 

 

Alberto era intento a riporre gli album con le fotografie nel suo scaffale, quando arrivò Lucien: non bussò, ma aprì direttamente la porta di casa; suo zio doveva avergli dato le chiavi per farlo essere indipendente e non farlo sentire un ospite.

«Si può sapere dove sei stato?» Gli chiesi ridendo, felice che si fosse ambientato così bene da avere una sua vita sociale indipendente dalla nostra.

«Oh, bonsoir Pasi, che piacere rivederti! Ero da Stefano, o meglio, siamo andati a vedere una partita di pallavolo.»

«Da soli? Non avete chiamato nessun altro?»

«Oui… Stefano ha detto che di sicuro Rita e Federico erano impegnati e non erano comunque interessati, tu e mon cousin non eravate reperibili e Sophie non sarebbe venuta.»

Ero già in procinto di arrabbiarmi per essere stata esclusa, ma dopo la risposta di Lucien, mi resi conto che aveva ragione: volendo godermi quella mattinata con il mio Emile avevo volontariamente lasciato spento il cellulare e probabilmente, anche Rita e Fede erano impegnati a ritagliarsi un po’ di tempo insieme… A pensarci bene la presenza di Lucien aveva salvato Stè dall’essere totalmente solo in casi come quelli, perché ovviamente Sofi non era da considerarsi come una compagnia su cui contare… Nel nominare la mia amica d’improvviso mi balenò in mente un’idea:

«Lucien non ti accomodare, andiamo da Sofia!»

«Eh? Pourquoi?»

«Perché io sono qui senza far niente e TU hai promesso che avresti parlato con lei, per chiederle di farci da insegnante di francese!»

«Oui, mais…non credevo che dovessi farlo subito!»

«Perché attendere? Cosa diceva Orazio? CARPE DIEM.» Gli presi la mano e lo trascinai via con me verso il salotto, avvisai Alberto che saremmo usciti e ci dirigemmo di filata verso casa di Sofi.

 

 

*****

 

«Ciao Simo; sì lo so che non ti piace che ti chiami così, ma oggi fai un’eccezione, ok? Oggi sono felice, davvero felice e vorrei che lo fossero tutti. Non sai cosa ho combinato prima di venire qui da te, eheheh!»

Uscendo da casa di Emile e Alberto, mi resi conto che, essendo domenica, sarei potuta andare a trovare mia sorella quel pomeriggio  mentre il mio Pel di Carota  teneva le audizioni.

E dato che avevo letteralmente rapito Lucien, per far sì che vedesse Sofi con la scusa dell’insegnamento, mi venne un’idea diabolica: arrivati sotto casa della mia amica, finsi di ricordarmi all’improvviso di dover andare a trovare mia sorella e lasciai un esterefatto Lucien solo soletto, prima che Sofi aprisse la porta di casa. Probabilmente stavo rischiando grosso, ma ciò che avevo appena detto all’immagine di mia sorella era la verità: quel giorno ero felice e volevo che tutti intorno a me lo fossero ed ero sicura che la presenza di Lucien, avrebbe reso interessante quel pomeriggio alla mia amica.

«Sai Simo, oggi mi è sembrato di vivere in un sogno… ricordi quando fantasticavo sulla mia vita futura insieme ad Emile? Oggi ho fatto un piccolo tuffo nel mio desiderato futuro, perché sono stata con lui per mezza giornata e c’eravamo davvero solo io e lui. Mi dispiace così tanto che tu non possa vivere un’esperienza simile, perché mi ha fatto così felice, mi sono sentita così vicina a lui, così parte della sua vita, che d’improvviso l’idea di lasciarlo in casa sua mentre teneva le audizioni, non mi ha fatto male, perché sapevo che era lì e che mi aspetta, perché oggi è rimasto con me e ieri è stato così dolce da venire a cercarmi fino davanti alla porta di casa!

Se la felicità si potesse distribuire, vorrei tanto farlo ora, perché se tutti potessero provare ciò che sento dentro di me, ci sarebbe molta meno sofferenza tra le persone che amo.

Vorrei poterti dare un po’ di questa felicità… mi sarebbe piaciuto tanto poterti dire queste parole dal vivo, magari ora sarei a fare da Cupido tra te e Stè anziché Sofi e Lucien… anche se Sofi ha lo stesso bisogno di una spinta che avresti avuto tu, siete entrambe così serie e chiuse!

Stè si sta riprendendo… sta meglio ora che è passato un po’ di tempo… vorrei vederlo felice Simo, vorrei sapere che anche lui ha trovato un po’ di pace nel cuore e mi chiedo se ci riuscirà mai… Quando penso a lui, e a quanto ti amasse, a quanto stia soffrendo per te, mi chiedo se troverà mai la forza di andare avanti e di cercare qualcun'altra… So che è indelicato parlare di questo davanti a te, ma non può vivere per tutta la vita pensando solo a chi non c’è più… Che poi non ho mai capito se ti piaceva o meno!

Mi manchi Simo… Anche se io e te litigavamo in continuazione, mi manca saperti accanto alla mia stanza, pronta a farmi tutte le ramanzine del caso, mi manca il tuo volto perennemente serio e lo sguardo d’accusa che mi rivolgevi… È strano come col tempo, quando perdi una persona, persino ciò che prima ti dava un fastidio enorme, d’improvviso diventi un dolce ricordo…

Simo, io sarò felice anche per te, porterò dentro di me questa felicità immensa e la dividerò sempre anche con te. Questo è il mio pegno, è il dono che voglio farti, voglio impegnarmi ad essere felice perché voglio donarti un pezzo della mia gioia: saremo felici in due, insieme, così avrai anche tu il tuo pezzetto di Paradiso terreno, anche se forse ovunque tu sia ora, stai già meglio. Ma io ho bisogno di sapere che hai vissuto, qui tra i mortali, tutto ciò che vale la pena vivere e visto che non può più accadere, m’impegnerò a farlo io per entrambe.

Ora vado perché voglio tornare da Emile e spero che Lucien non sia arrabbiato con me, ma dovevo lasciarlo da Sofi, dovevano stare un po’ insieme… Forse avrei dovuto fare questo anche con te, avrei dovuto spingerti verso Stè quando c’era la possibilità… Voglio rimediare anche a questo errore Simo!

A volte le persone hanno bisogno di una spinta per essere felici e non riescono a darsela da soli: a costo di essere bollata come impicciona, voglio dare quella gioia a chi mi sta accanto! Ci vediamo Domenica prossima sorellina, ti voglio bene.»

















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NDA

Mie care eccomi qui, finalmente ho aggiornato. ^ ^ 
Vi è piaciuta la seconda dose di diabete multistrato? 
Io vi ho avvisato che c'era da cariare i denti, quindi non sono responsabile di alcun aumento spasmodico dello zucchero nel vostro sangue xD *me se ne lava le mani*

Questo capitolo è nato in fretta, presa com'ero ancora dalla chiusura del precedente e subito dopo averlo concluso, mi sono decisa a passare da Sofia e Lucien, con il risultato che ora tra le mie storie su EFP, c'è anche lo spin off dedicato a questa coppia! :D *me gioisce soddisfatta*
Sarà un pò complicato per me dovermi dividere tra le due storie facendo attenzione a mantenere la coerenza degli avvenimenti, ma mi piace così tanto l'idea di descrivere due storie parallele, che troverò il modo per venirne a capo. ^ ^ 
Per la sua pubblicazione devo tutto a ThePoisonofPrimula e al suo amore incondizionato per Sofia e spero di non deludere né lei né chi di voi leggerà la mia nuova avventura, riuscendo ad immergermi in modo degno nella testa e nella vita della piccola del gruppo. ^ ^

Per chi fosse interessato, lo spin off è qui:

Love Sucks (L'amore fa schifo... si dice, ma sarà vero?)

per ora c'è il primo capitolo, ma a breve sarà inserito anche il secondo ^^ (Prim manca poco, mantieni gli amici in gabbia :P)

Inoltre, in questa settimana decisamente prolifica, anche la mia adorata admin Kira1983 ha finalmente pubblicato i primi due capitoli della sua storia originale ed io già la amo. La protagonista della storia è Dora, la classica ragazza timida e introversa che non riesce a relazionarsi con il mondo circostante, ma che una sera vedrà la sua vita cambiare radicalmente da un fatale avvenimento; e non si tratta di un incontro, ma di qualcosa di molto più violento e traumatico. Sin dal primo capitolo si comprende l'impostazione drammatica (siamo sempre figlie di Fuyumi Souryo xD) e l'approccio ai personaggi è profondo, ognuno è ben caratterizzato sin dall'inizio. È superfluo dirlo, ma ovviamente ve la consiglio se volete appassionarvi ad una storia, che ha tutte le carte in tavola per essere profonda e interessante. E poi è la trasposizione scritta di un manga che Kira stava disegnando e solo per questa particolarità, vale la pena di essere letta xD

Se sono riuscita ad incuriosirvi questa è la storia: Il fiore della notte e vi auguro buona lettura ^ ^



Angolo dei Ringraziamenti

Al punto in cui sono di questa storia, non posso che guardare alle spalle e notare quanto io sia stata fortunata ad avervi sempre accanto, sempre così entusiaste per ogni capitolo pubblicato. Siete con me da Settembre, sono trascorsi quattro mesi e voi siete ancora tutte qui, sempre pronte ad incoraggiarmi e spendere delle parole meravigliose sul mio conto. Scrivere è qualcosa che ha sempre fatto parte di me, ma solo in questi ultimi mesi sto davvero comprendendo quanto sia bello e appagante ed è solo grazie a voi, quindi non posso che rigraziarvi tutte in blocco, anche per il solo fatto di essere passate a leggere la mia storia.
Fiorella Runco, Concy, Vale, Saretta, Niky, Cicci,
Darkely, Ana-chan, Kira1983, ThePoisonofPrimula, Dreamer_on_heart.

Grazie a tutte voi perchè siete il mio sostegno, il mio incoraggiamento, la mia soddisfazione. Vi adoro, una per una!

Ai_line, Androgynous, DISORDER, gigif_95, kiki0882, lorenzabu, lovedreams, samyolivieri, smokeonthewater, Tattii, Thebeautifulpeople., Aly_Swag, ArchiviandoSogni_, green apple, incubus life, princy_94, roxi, Ami_chan, Camelia Jay, cara_meLLo, cris325, epril68, georgie71, Gracevelyn, IriSRock, LAURA VSR, matt1, myllyje, nickmuffin, Origin753, petusina, piccolina_1994, sel4ever, smokeonthewater, Strega Mangia Frutta, Veronica91, _anda, _Calypso_

Grazie ad ognuna di voi, perchè il vostro appoggio silenzioso è altrettanto importante, altrettanto soddisfacente e mi spinge a continuare giorno dopo giorno.

ARIGATOU GOZAIMASU a tutte voi!!!!!

   
 
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