II
Agnes
conosceva ormai a memoria quella via. La
percorreva tutte le mattine, da ormai sette anni.
Si
svegliava all’alba, sbrigava la cura
dell’orticello e i vari lavori domestici, poi si recava al
faggio. I ricordi ed
il passato non la lasciavano un solo istante, occupando il giorno e la
notte in
ugual misura. Erano sempre lì, pronti a farle compagnia, con
il loro peso di
omissioni e rimpianti.
Pure
in quel momento.
Vedeva
l’ombra del cavaliere accanto a lei,
qualcosa che non aveva fatto altro che fantasticare in tutti quegli
anni, unica
ancora a nebbia perenne di dolore e memoria che avvolgeva la sua anima.
Socchiuse gli occhi e, senza rendersene conto, strinse la mano della
piccola
Anais. La bambina la guardò un momento, sorridendole poi,
senza un perché,
ignara dell’angoscia della zia.
Agnes
si morse il labbro, tentando di frenare
l’agitazione. Un’onda di emozioni contrastanti, di
gioia feroce, di rabbia
impotente, di sollievo senza scampo, di speranza senza senso.
Si
era quasi pentita di averlo invitato per la
notte. La sua presenza aveva il potere di destabilizzarla, di
confonderla…ma
non poteva abbandonarlo lì. Non ci riusciva.
Intanto,
la minuscola casa fece capolino, da
dietro i pochi alberi radi di quella terra brulla. Marc
fissò sorpreso
l’abitazione. Non era cambiata affatto, malgrado la sua
lontananza.
-Perdonatemi,
se l’alloggio non sarà
confortevole- mormorò la donna, aprendo la porta- ma posso
garantirvi che non
rischierete la vita come in una locanda.-
Il
buio, intanto, aveva quasi del tutto avvolto
la sagoma dell’edificio ma nemmeno quell’assenza di
luce riusciva ad impedirgli
di riconoscere le forme che avevano accompagnato la sua infanzia.
C’era
il minuscolo cortile.
Dove rincorreva la piccola Marie
e Laurent.
C’era
la finestra che vi si affacciava sopra.
Da
dove,
durante gli allenamenti con la spada, provava a sbirciare Marie,
scoprendo poi,
non senza imbarazzo, di aver sbagliato stanza, scambiando Agnes per la
sorella
minore.
A
quel pensiero, una risata, improvvisa e del
tutto inattesa, iniziò a germogliare nel cuore del
cavaliere, senza tuttavia
raggiungere le labbra.
Non
era più abituato a sorridere sinceramente ed
ora, dopo aver abbandonato le speranze, quel sentimento, per lui ormai
completamente
nuovo, lo lacerava, spiazzandolo e ferendolo là dove non lo
credeva possibile. Marc
si posò una mano sul cuore, scrutando il leccio che,
solitario, emergeva nella
radura.
-Dovresti
entrare- disse improvvisamente Agnes,
comparendo sulla soglia.
Il
conte la guardò.
Si
era tolta il minuscolo mantello che le
copriva le spalle ed ora, nella penombra del camino appena acceso,
poteva
vedere la sua sagoma flessuosa e solida, quasi attraente.
Istintivamente,
spostò la sua attenzione alla porta, non seppe dire se per
rabbia o imbarazzo.
-Anais?-
domandò, tentando di pensare ad altro.
-E’a
tavola. Vieni a mangiare.-rispose l’altra,
scomparendo poco dopo.
Marc
la seguì, stroncando sul nascere quei
pensieri inopportuni.
Agnes,
del tutto ignara del suo turbamento, si
era accomodata alla tavola. Il cavaliere si pose di fronte a lei,
rifiutando,
malgrado le insistenze della donna, di sedere sul lato corto.
Non
sono
il capofamiglia aveva
detto, un po’disorientato.
La
padrona di casa rimase qualche secondo
immobile ed il conte poté vedere, con un certo sgomento, la
sorpresa dovuta
alla sua risposta. –Certo- rispose, abbassando la testa-
avete ragione.-
Non
parlò più, limitandosi ad assistere la
piccola Anais, quando le sue piccole braccia non riuscivano a
raggiungere le
pietanze più lontane.
Marc
la osservava affascinato.
Ogni
volta che passava di fronte alla dimora
della famiglia delle due sorelle, aveva sempre visto la bellezza
sfolgorante di
Marie. Non aveva tenuto conto del fatto che la maggiore aveva sempre
vegliato
costantemente su di lei, né che la perdita della madre
l’avesse spinta a
prenderne le veci, portandola a sacrificare la personale cura di
sé in favore
del benessere altrui. Quelle attenzioni, così vive e
sentite, lo facevano
tornare indietro...A quando Marie e Laurent erano ancora vivi.
Per
un momento, ebbe l’impressione di sentire il
calore di una famiglia, una dimensione che gli era sempre stata
preclusa, per
via della sua origine illegittima.
Anais
mangiò la propria cena, sotto lo sguardo
attento della donna. Una volta finito, guardò il cavaliere
e, salutando entrambi
con la mano, salì al piano di sopra. Agnes prese alcuni
pezzi di stoffa, poi si
accomodò davanti al caminetto, con l’intenzione di
rammendarli. Marc, invece,
si mise a fissare le fiamme, con la testa a metà tra i
ricordi ed la nostalgia.
Ogni
tanto, gettava un’occhiata alla donna sotto
di lui.
Fissava,
non visto, i biondi capelli che,
acconciati in una crocchia improvvisata, evidenziavano, senza volerlo, il collo affusolato,
illuminato dagli sprazzi
del fuoco.
Qualcosa
si incrinò nel nobile, mentre un
pensiero, una realtà inaspettata si materializzò
nella sua mente.
Agnes
era bella.
Il
respiro, improvvisamente si volatilizzò
nell’aria, lasciando spazio ad uno sconcerto misto a sorpresa.
Agnes
era
affascinante e lui non se ne era mai accorto.
Le
immagini di Marie, cristallizzate nella
memoria del passato felice, si mescolarono alla sagoma, nuova, della sorella maggiore che,
silenziosa, aveva
accettato nuovamente la sua presenza in quella piccola casa di ricordi.
-Marc-
domandò, improvvisamente, senza
guardarlo- per quale motivo sei venuto solo ora?-
Il
cavaliere sussultò.
Sapeva
che gli avrebbe fatto una simile
domanda…eppure, malgrado questa consapevolezza, non riusciva
a non sentirsi
ugualmente impreparato.
E
solo Agnes
era capace di farlo sentire in quel modo.
Non
udendo risposta, Agnes si voltò verso di
lui, scoprendolo, a distanza di anni, vulnerabile e solo. Il cuore le
si
strinse in una morsa penosa simile, forse, al periodo precedente la sua
partenza, quando era ormai palese che nessuno avesse colto il suo
amore, discreto
ma ugualmente profondo. E come accadeva allora, quando si struggeva in
silenzio
per la propria pena, così in quel momento, mise a tacere il
proprio cuore.
-Poco
prima di lasciarmi- Laurent mi ha chiesto
di prendermi cura del figlio che Marie portava in grembo…nel
caso in cui fosse
morto.- fece il cavaliere-Perdonami Agnes, per non essere venuto, per non essermi fatto carico
di questo dovere,
per averti lasciato da sola, ad affrontare questo peso…-
La
voce di Marc si disperdeva nell’aria, come se
fosse un insieme di raffiche di vento. Avrebbe continuato per
ore… se un suono,
secco e deciso, non si fosse abbattuto sul suo volto.
Stupito
fissò la beghina, la mano tesa e
tremante.
Non
riusciva a credere che Agnes lo avesse
schiaffeggiato.
-Non
osate mai più dirmi simili astrusità. Anais
è mia nipote, figlia di mia sorella.- sibilò.
Il
conte di Fussac la osservava muto.
Il
volto della riservata primogenita di quella
famiglia di contadini appariva completamente stravolto. Quelle iridi,
prima
glaciali, sembravano attraversate da una strana fiamma, che rendeva
quel mare
d’inverno, vivo e combattivo.
Quei
capelli, biondi e illuminati dalle fiamme,
simili ad oro liquido.
Quel
corpo che, scosso dalla rabbia, sembrava
sprigionare un calore inatteso, insopportabile…un fuoco che
il conte, nella sua
grigia esistenza di sopravvissuto alla guerra e agli stenti, aveva
sempre
cercato.
La
ragione non andò oltre questa consapevolezza,
troppo stanca di giudicare le insensatezze della mente e della sorte.
Con
un gesto brusco ed inaspettato, la afferrò saldamente
e, senza darle il tempo di replicare, poggiò le proprie
labbra su di lei.
Agnes
lo lasciò fare: aprì la bocca, dandogli
accesso e concedendogli la possibilità di approfondire.
E
il conte di Fussac si gettò su quell’inattesa
offerta, troppo stanco ed affamato di umanità per rifiutare.
Lasciò che il
calore di quella bocca gentile penetrasse nel suo corpo arido, come
l’acqua
nelle zolle di terra secca. Si nutrì dell’aroma di
quella pelle, avido, come
chi vede, dopo tanto tempo, un pezzo di pane...E, forse, avrebbe
continuato,
abbeverandosi fino in fondo a quella fonte, se la vista di quel faggio
solitario, non avesse spinto la sua mente là dove non gli
era permesso.
-Marie…-mormorò
involontariamente, rompendo
quella bolla di pace effimera.
Marc
però non si accorse di nulla, fino a quando
non percepì che quel calore, tanto cercato, si era fatto
lontano e distante.
Fissò allora Agnes, che prima aveva stretto tra le braccia,
guardarlo contrita,
senza più quell’armatura di riserbo e compostezza,
con la quale si era sempre
mostrata a lui.
E
mai come
in quel momento le era parsa così viva.
Aprì
e chiuse la bocca per parlare, senza
successo, come se la voce fosse stata risucchiata via.
-Marc-
mormorò allora Agnes, non riuscendo a
guardarlo in volto-ti prego, non farmi questo. -
Il
cavaliere provò ad afferrarla per il braccio
ma lei, più veloce dell’aria, eluse la sua presa.
–Posso sopportare tutto…la
povertà, il dolore, la perdita…-disse, prima di
alzare finalmente lo sguardo,
asciutto e lucido- anche a perdere il mio onore…se sei
tu… solo tu…Ma non posso
tollerare una simile concessione, se la tua mente è occupata
da Marie. Io non
sono e non voglio essere una sostituta.-
Agnes
lo guardò un’ultima volta, alla disperata
ricerca, in quei tratti fonte di emozioni che con fatica aveva sempre
soffocato, di una sua reazione ma il corpo dell’uomo pareva
congelato nei
propri pensieri.
Non
disse una parola e quel silenzio penetrò la
dura corazza di doveri e rimpianti, mettendone a nudo
l’anima. Il peso di quei
sentimenti, privò ormai di quella difesa, divenne qualcosa
d’insostenibile per
lei, una debolezza dolorosa che non poteva più accettare. La vergogna e la paura,
che aveva sempre
soffocato, divamparono improvvise: non si rese nemmeno conto di aver
abbandonato la stanza e di essersi precipitata in lacrime nella propria
camera.