Staring at the moon
La luna si stagliava nel cielo stellato.Lane poggiò i suoi delicati piedi nudi sulla sabbia fredda. Il vento le scompigliava i capelli neri e dovette aggiustarseli con attenti gesti delle mani.
Alzò gli occhi verso la notte, poi abbassò la testa e proseguì a camminare.
Il suo vestito blu di cotone leggero le si agitava sul corpo snello e le sue zeppe la aspettavano accanto al telo abbandonato a pochi metri.
Si sedette su un’imponente roccia, resa blu dai colori della luna.
Era quell’astro appeso nel cielo il suo unico confidente, l’unico che la ascoltasse negli ultimi tempi. Le labbra sottili si unirono e i canini mordicchiarono ansiosamente il labbro inferiore.
Era sola.
Lo era sempre stata ma nelle ultime settimane lo era stato ancora di più. I suoi amici la avevano abbandonata. Quei pochi amici che le erano rimasti le avevano voltato le spalle. Era bastata una piccola, stupida discussione per dividersi.
Ormai quelle amicizie si erano radicate nel suo cuore e ne occupavano buona parte.
Cosa succede quando ti tolgono un pezzo di anima?
Cosa succede quando ti manca il fiato, anche se i polmoni sono pieni di aria ma non la senti?
E Lane si sentiva morire.
Le parole delle sue amiche le rimbombavano nella testa e ognuna era una pugnalata inferta nei punti più vulnerabili della sua pelle.
Si mangia le unghie. Sarà l’unica cosa che mangia, dato che è uno scheletro.
Gli occhi le caddero sulle unghie mangiucchiate, alle quali lei aveva perso ogni speranza di mettere uno smalto.
E quei capelli? Oddio, neanche uno spaventapasseri oserebbe averli!
E le dita si intrecciarono ai capelli. Corti e scompigliati.
Dove ha la bocca? Sarebbe quella cosa da puffi sempre screpolata?
Si morse le labbra, derise per la loro sottilezza, e torturate a causa della sua paura e dalla sua ansia dai denti dell’arcata superiore.
Lane piegò la testa e non riuscì a trattenere le lacrime che uscirono dai suoi occhi cerulei. Le unimidirono il viso e, tra un singhiozzo e l’altro, si portò una mano sulla faccia per asciugarsi.
Perché?, chiese tra le lacrime. Un suono spezzato e impastato.
Per anni aveva ricevuto solo complimenti e i pregi che aveva erano riusciti a trasformarli in difetti.
Che capelli che hai! Sembrano quelli della Momsen in Gossip Girl, le dicevano prima.
Che labbra piccole! Sembri proprio una bambola, le sussurravano con un sorriso.
Ma ora lei non era più niente. Non era più niente per gli occhi degli altri e per i suoi stessi occhi, quegli occhi che venivano confusi con il cielo la domenica, ora erano la notte più scura e nuvolosa.
Il vento fresco della sera le accarezzò le gambe, facendole rabbrividire.
Si portò le gambe al petto e le strinse con le sue gracili braccia. Possessiva, come se avesse paura che gliele avrebbero potute rubare.
Immerse la testa nelle gambe e continuò a singhiozzare.
Spesso le avevano detto, o a volte aveva letto da qualche parte, che l’amore fa male.
Ti lascia incompleta, disperata.
L’amore è insostituibile.
L’amore ti si attacca al cuore e come un virus si propaga tra le arterie, infettando l’organo. Ed estirparlo sarebbe impossibile.
Ma lei non lo sentiva.
Non aveva mai provato questo per amore e non riusciva a capire gli scrittori perché facessero paragoni del genere.
Sono le amiche a dare le maggiori sofferenze. Sono loro ad entrarti dentro; e separarsi da esse sarebbe rinunciare a una parte di cuore. Di ragazzi se ne trovano a bizzeffe, ma le amiche, no, sono quelle a non poter essere sostituite. Sono loro che invadono il cuore, transformandosi in parassite dell’anima.
I’ve been living a lie, there’s nothing inside
Era stata tutta una bugia, una dannata bugia a cui lei aveva sperato, ma si era ritrovata in mano altro che polvere, che le era scivolata tra le dita.
Without a thought, without a voice, without a soul
…
there must be something more
Ma non c’era niente.
Solo polvere.
Alzò la testa verso la luna, asciugandosi le lacrime con le punte del vestito. Non le importava se l’avrebbe sporcato col suo trucco sbavato.
Lasciò la presa dalle gambe e rimase qualche istante a fissare il satellite senza né dire né pensare qualcosa.
– Non hai freddo?
Lane si girò, e vide dietro di sé un ragazzo, che le sorrideva dolcemente.
How can you see into my eyes like open doors
leading you down into my core
where I’ve become so numb.
Without a soul
my spirit sleeping somewhere cold
until you find it there and lead it back home.
Lui si tolse la giacca di pelle e gliela posò sulle spalle, ormai congelate dal vento freddo.
Wake me up inside I can’t wake up
Wake me up inside Save me
Call my name and save me from the dark Wake me up
Bid my blood to run I can’t wake up
Before I come undone Save me
Save me from the nothing I’ve become
– Che ci fai qui tutta sola? – chiese il ragazzo. I suoi capelli sembravano di un nero elettrico sotto i raggi della luna.
– Penso – si limitò a rispondere Lane, con inaspettato coraggio.
Lui le sorrise.
Lei alzò il viso e si perse nei suoi occhi. Anche i suoi azzurri.
All this time I can't believe I couldn't see
kept in the dark but you were there in front of me
I’ve been sleeping a thousand years it seems
got to open my eyes to everything
– E tu? – chiese lei.
– Penso anch’io – si limitò a rispondere il misterioso ragazzo, alzando gli occhi sulla luna. Entrambi la guardarono per un po’.
Poi lui abbassò lo sguardo, scrutò Lane e fece un passo indietro, indietreggiando nell’oscurità della notte.
Lane allungò le dita e gli afferrò il braccio.
Now that I know what I’m without
you can't just leave me
Lui la guardò. Sorpreso.
Breathe into me and make me real
Lei gli sorrise di rimando.
Bring me to life
Nota dell’autrice: questa OS è un po’ particolare dato che inizialmente è un’introspettiva e dopo è una song-fic, dunque consideratela una sorta di ibrido.
Per il titolo, sarebbe stato meglio mettere il nome della canzone (Bring me to life – Evanescence) ma la figura della luna mi affascinava maggiormente.
Spero che diate un’occhiata anche alle altre mie fic.