PICCOLA PALLA DI PELO ARANCIONE
Molly Weasley si ostinava a dire a
chiunque fosse a portata d’orecchio che suo figlio Ron era fidanzato con la
signorina Hermione Granger, direttrice dell’Ufficio per l’Uso Improprio delle
Arti Magiche, e che presto si
sarebbero sposati e sarebbero andati a vivere nel lussuoso appartamento che lei
possedeva nel centro di Hogsmead, avendo così modo, tempo e spazio per sfornare
una mezza dozzina di figli, ai quali i nonni, cioè lei stessa e suo marito
Arthur, avrebbero badato con immenso piacere, accudendoli e viziandoli come da
miglior tradizione della famiglia Weasley.
La realtà dei fatti, come le
faceva notare proprio suo figlio Ron ogni volta che la scorgeva in soffitta
mentre si dedicava a rispolverare il suo vestito da sposa o i completini per
neonati che erano appartenuti a tutti i suoi figli, purtroppo era ben diversa:
lui e la signorina Hermione Granger intrattenevano una cosa, che nessuno dei due riusciva
esattamente a definire, che consisteva in lui che la invitava fuori a cena circa
ogni sabato, lei che in linea di massima accettava, loro due che consumavano una
dolce e romantica cena a lume di candela e lui che la riaccompagnava a casa, da
buono ed onesto gentiluomo; se riuscivano a non litigare fino alla porta
dell’appartamento di lei, poteva anche accadere che lui si chinasse in avanti e
le depositasse un timido bacio sulle labbra, che lei gli sorridesse e che
finissero nel giro di trenta secondi avvinghiati sull’elegante divano di pelle
marrone scuro nel salotto della signorina; capitava anche che su quel divano
riuscissero a fare in modo che le loro effusioni non sfociassero in una feroce
lite, così lui la prendeva in braccio, la portava in camera da letto ed
interpretavano a modo loro il desiderio di Molly Weasley, dedicandosi all’atto
della procreazione – prendendo le debite precauzioni per non procreare,
naturalmente, perché, come già detto, le cose non stavano come la signora
Weasley andava dicendo a mari e monti -; in quelle occasioni succedeva che il
mattino dopo Ron ed Hermione si svegliavano nello stesso letto, si sorridevano
come due ragazzini e poi, nel lasso di tempo che intercorreva tra il risveglio e
l’ora di uscire di casa, riuscivano a litigare per un qualsiasi futile motivo,
cosicché entrambi potessero andare al lavoro infuriati e con la tranquilla
sicurezza che tra loro nulla era cambiato.
Harry Potter, con la piena
approvazione di sua moglie Ginny, sosteneva che i suoi migliori amici fossero
degli emeriti imbecilli, ma la verità era che nessuno dei due gli aveva mai dato
retta, così da tempo aveva lasciato perdere i loro problemi sentimentali e si
era concentrato sui propri: con immensa gioia di sua suocera, il secondo pargolo
Potter era appena uscito dalla fase di progetto ed era entrato in quella di
costruzione, come aveva dimostrato appena qualche giorno prima il test di
gravidanza positivo.
Davanti a tutta la proliferazione
della famiglia Weasley – Charlie era al secondo come la sorella, Bill e Fleur al
terzo, Fred, George e consorti invece ne avevano soltanto uno per coppia, ma
giuravano che si sarebbero dati da fare – Ron non poteva che essere felice e
desideroso di dare il proprio contributo, ma capiva che prima doveva sistemare
parecchie cose, tra le quali c’era anche Hermione, l’unica ragazza con cui,
sebbene lo stesso Ron trovasse difficile ammetterlo, avrebbe voluto fare dei
figli.
Evidentemente, per poter fare dei
figli, loro due dovevano sposarsi. Non che non avesse pensato ad altri mille
metodi, come ad esempio metter su famiglia con Hermione e poi dirle che doveva
urgentemente tornare a vivere alla Tana, perché era così spiacevole lasciare da sola sua madre in
quella grande casa, ma sapeva bene che tutta la sua famiglia preferiva le cose
all’antica e che comunque sarebbe stato davvero meschino a fare una cosa del
genere, così aveva lasciato perdere e si era messo il cuore in pace: lui ed
Hermione non si sarebbero mai sposati.
Che poi, in realtà, non è che gli
sarebbe dispiaciuto così tanto
sposare Hermione.
Insomma, lei gli piaceva, gli era
sempre piaciuta, ed un minimo interesse reciproco si rendeva conto che lo
provavano entrambi, vista la quantità di notti passate assieme ed il fatto che
nessuno dei due si era mai imbarcato in una relazione, da quando erano iniziate
le loro sortite del sabato sera; inoltre lei spesso gli aveva confidato che in
quel momento, alla soglia dei trent’anni, iniziava a sentire il bisogno di
crearsi una famiglia, e questo non poteva che essere una buona cosa per i suoi
propositi di fare felice mamma Weasley.
C’erano molte cose, però, che
mettevano i bastoni tra le ruote: innanzitutto lui amava la sua libertà ed
Hermione non era certo una persona docile e remissiva, che gli avrebbe fatto
fare quello che voleva senza fiatare; in secondo luogo lei era quella che si
definisce una donna in carriera, aveva una buona, buonissima carica al Ministero della
Magia e Ron, semplice e umile Portiere di squadre di Quidditch di bassa lega,
sapeva che sarebbe andata a finire che lei l’avrebbe mantenuto e la cosa non gli
andava giù affatto; inoltre c’era da tenere in considerazione che c’erano
un’infinità di cose che non sopportavano l’uno dell’altra e che le loro liti,
terribili e impossibili da eliminare, vista la cocciutaggine di entrambi, non
avrebbero certamente giovato alla loro vita coniugale né alla sanità mentale e
all’udito dei loro figli; infine, la cosa forse più importante, Ron odiava con
tutto il cuore Grattastinchi, il gattaccio rognoso e peloso di
Hermione.
Ancora rimpiangeva il giorno in
cui, tanti anni prima, lui, lei ed Harry erano entrati al Serraglio Stregato,
cercando qualcosa di carino, magari un elegante gufo come Edvige o un animaletto
simpatico e buffo come Leo, ed Hermione si era invece innamorata, senza nessun
motivo logico, di quel fulvo gattone che non esitava a staccarti la mano con una
zampata ogni volta che ti avvicinavi per accarezzarlo; inoltre non gli aveva mai
perdonato il fatto che avesse tentato di mangiarsi Crosta, sebbene, a conti
fatti, così avrebbe decisamente evitato molti guai a molte
persone.
Comunque, se Ron odiava il gatto,
il gatto odiava Ron: ogni volta che andava a trovare Hermione quella palla di
pulci se ne stava tutto il tempo seduto nel suo lussuoso cesto di vimini posto
accanto al camino, a fissarlo come se fosse un essere ripugnante; quando si
fermava a dormire, invece, lo trovava
sempre disteso sul letto e non se ne andava fino a che non lo sbatteva fuori con
una pedata in quel suo enorme deretano felino – naturalmente prima di prenderlo
a calci si assicurava che Hermione non fosse negli immediati paraggi -, e quando
andava a fare la doccia quella bestiaccia non faceva altro che tendergli
agguati, nascondendosi dietro alle tende o al mobiletto del
bagno.
Insomma, come si ritrovava a dire
ad Harry ogni volta che questo gli chiedeva come mai non si fosse ancora deciso
a costruire qualcosa di serio con Hermione, lui rispondeva che non avrebbe mai
potuto convivere con quel gattaccio. Se non si erano ancora sposati, quindi, era
tutta colpa di Grattastinchi, e questo era quanto.
***
-Quindi è tutta colpa di
Grattastinchi?- stava appunto chiedendo Harry col tono di chi ha finitamente
trovato il bandolo della matassa.
-Già.- rispose tetro Ron, buttando
giù un ulteriore sorso di burrobirra gelata.
-Io voglio tanto bene a
Grattastinchi!- intervenne la vocina di Lily, la primogenita Potter, cinque
anni, che in quel momento stava giocando con delle bambole di pezza sul tappeto
davanti al divano.
-Io no.- mugugnò suo zio,
lanciandole un’occhiata profondamente contrariata; tornò a guardare Harry. –Lo
sai cosa diavolo è successo, l’altra mattina?-
Harry Potter nemmeno si sognò di
rispondergli, tanto sapeva che glielo avrebbe raccontato comunque: era passato a
trovarlo giusto per quello; invece si dedicò ad una minuziosa pulizia degli
occhiali, dicendosi che era un’attività altamente calmante, così avrebbe evitato
di tirare il collo a quell’idiota del suo migliore amico. Davvero non riusciva a
capire come potesse essere così cieco: lui ed Hermione si volevano molto bene,
questo era palese per tutti – tranne che per i diretti interessati, naturalmente
– e quelle che lui accampava per evitare di costruire qualcosa di serio con lei
non erano altro che scuse. Come quella del gatto, appunto.
-Insomma,- attaccò Ron mandando
giù un altro lungo sorso di burrobirra. –io ed Hermione eravamo ancora a letto,
ci eravamo appena svegliati e lei sembrava particolarmente di buon umore, così
abbiamo iniziato a coccolarci un po’, sai, tutti quei bacini e quelle cose là, e
poi io che la toccavo…
-Credo di aver capito.- si
affrettò ad interromperlo Harry, occhieggiando piuttosto preoccupato verso la
propria figlia: quelle cose non doveva sentirle fino al suo venticinquesimo
compleanno, almeno. E comunque non
che gli interessassero più di tanto le pratiche sessuali dei suoi migliori
amici, siano esse state erotiche o coccolose.
-Sì, ecco.- continuò Ron. –Stavamo
facendo quelle cose lì e a un certo punto quel gattaccio salta sul letto, si
mette tra di noi ed inizia a strofinarsi contro Hermione!-
-Ma come, se lo stavi già facendo
tu.- commentò Harry inarcando un sopracciglio e mettendosi a ridacchiare. –Fossi
stato in te gliene avrei dette di tutti i colori… insomma, non puoi mica farti
fregare la donna dal gatto, no?-
Ron annuì gravemente, come se
l’amico avesse centrato pienamente il nocciolo della
questione.
-Infatti! Prima ho tentato di
farlo scendere con le buone, perché dopotutto so che Hermione gli vuole bene, ma
lui non ne voleva sapere, continuava a strusciarsi contro di lei come uno
schifoso… uno schifoso maniaco felino, allora le ho detto di farlo scendere lei,
per favore, che mi dava fastidio, e sai cosa mi ha
risposto?-
La domanda era retorica, ma questa
volta Harry scosse comunque la testa, estremamente divertito delle sventure
amorose dell’amico e curioso di sapere come continuava il
racconto.
-Mi ha risposto – disse Ron
lentamente, aumentando la suspence. –che il gatto dormiva con lei tutte le
notti, ed era già stato scortese cacciarlo dal proprio letto la sera prima,
quindi non potevo certamente biasimarlo se ora tentava di riprendere possesso
del suo territorio.- concluse, un sopracciglio rosso che spariva sotto alla
frangia e dipinta sul volto un’espressione che esprimeva quanto lui trovasse inconcepibile una cosa del
genere.
-E tu?- chiese Harry, trattenendo
a stento le risate che gli premevano contro le labbra.
-Io mi sono giustamente
arrabbiato.- rispose Ron scuotendo mestamente la testa. –Voglio dire, che altro
avrei potuto fare? Le ho detto che a me sembrava che il gatto volesse prendere
possesso di lei, più che del proprio
territorio, e che comunque secondo me il posto che c’era sul letto non doveva di
certo appartenere alla sua palla di pelo.- sbuffò, incollandosi ancora per
qualche secondo alla bottiglia di burrobirra. –Lei si è arrabbiata, mi ha urlato
contro che perlomeno Grattastinchi quel posto se lo era guadagnato, dormendole
accanto dai tempi della scuola. Al contrario di me, ha detto, che la uso soltanto quando mi fa comodo.-
mormorò contrariato, l’ultima parola che si spense in un brontolio
sommesso.
-Puoi forse dire qualcosa in tua
discolpa, Ron?- sbottò Ginny, che varcava in quel momento la soglia del salotto
e si andava a sedere accanto al marito, una mano che in un gesto inconsapevole
andava a posarsi sulla pancia ancora piatta. –Voglio dire, non è forse tutto
vero quello che ha detto Hermione?-
Suo fratello scosse fermamente la
testa, guardandola storto.
-Assolutamente no!- sbottò con
veemenza. –Tanto per cominciare io non la uso, perché se io la stessi usando
allora lei starebbe usando me, visto che quello che facciamo lo facciamo in due
ed io non l’ho mai obbligata.- precisò in tono sussiegoso. –Inoltre credo che
lei sia ingiusta nei miei confronti: non stiamo insieme, quindi non vedo come io
potrei dormire da lei tutte le notti e guadagnarmi il posto che appartiene al gatto.-
-Potresti guadagnartelo mettendoti
seriamente con lei.- borbottò Ginny, guardandolo in
cagnesco.
-Ma se non ci sopportiamo!-
esclamò Ron spalancando la bocca, esterrefatto che la sorella potesse pensare
che le cose si potevano risolvere in modo così semplice. –Se dici così significa che
non mi ascolti, che non ascolti nulla di quello che ti ho sempre detto di me ed
Hermione. Gin, miseriaccia, lei preferisce quel coso arancione a
me!-
-Quel coso arancione – ribatté sua
sorella, in tono estremamente seccato. –non l’ha mai fatta soffrire, al
contrario di un altro coso arancione
che non ha fatto altro da quando andavamo a scuola!-
Ron balzò in piedi, altamente
oltraggiato. Harry lo imitò all’istante, afferrandolo prontamente per le spalle
e costringendolo a rimettersi a sedere.
-Non facciamo scenate, dai.- disse
flebilmente, poco convinto del fatto che quei due gli avrebbero dato retta.
–Sono sicuro che Ginny non intendeva certamente dire…
-Invece intendevo sì!- sbottò
l’altra, fulminandolo con un’occhiata. Harry le rivolse uno sguardo abbattuto, e
lei parve calmarsi un poco. –Quello che dovresti capire, Ron, - continuò in tono
più calmo, ma con la fermezza di prima. –è che Hermione sarebbe disposta a
venirti incontro, se tu andassi incontro a lei. Voi due vi volete bene, insomma!
Tu non sai quanto fa male a me, a Harry, anche alla mamma, vedere che c’è questa
ragazza bella, intelligente, che tutti noi apprezziamo e stimiamo, che da
praticamente quattro, cinque anni cede al compromesso di stare con te soltanto
per qualche notte, pur di averti in un qualche modo.-
Ron fece per ribattere, ma le
parole gli morirono in gola. Non l’aveva mai vista a quel modo, non aveva mai
pensato a quelle notti che lui ed Hermione condividevano come a un compromesso.
Era semplicemente che loro due provavano attrazione l’uno per l’altra, ma non si
erano decisi a stare insieme in un altro modo, e allora… Era un compromesso, si
rese improvvisamente conto.
-Forse potrebbe anche essere un
compromesso, - disse lentamente, stringendosi nelle spalle. –ma lo è anche per
me, allora. Perché non è che io non penso affatto ad Hermione per tutta la
settimana e poi, così, sabato mi viene in mente di farmi una scopata e allora la
chiamo e… - gli si spezzò la voce, deglutì e scosse la testa. –Non è così,
insomma.-
Harry, in verità piuttosto
sorpreso che l’amico fosse riuscito a dire una cosa del genere davanti a loro,
lanciò un’occhiata a Ginny, che sorrideva incoraggiante a Ron; il sorriso era
del tutto sprecato, però, perché lui stava fissando ostinatamente il
pavimento.
Improvvisamente era piombato il
silenzio, così la piccola Lily decise di far sentire la propria
presenza.
-Cos’è una scopata?- chiese
sfoggiando un sorrisone, che voleva mostrare che aveva prestato pienamente
attenzione al discorso dei grandi e che se ne interessava
anche.
Harry spalancò la bocca, lanciando
uno sguardo di avvertimento a Ron, che scrollò distrattamente le spalle, del
tutto disinteressato al fatto che per merito suo il lessico e le conoscenze
della sua nipotina potevano prendere brutte pieghe già alla tenera età di cinque
anni.
-Lily, tesoro, vai in camera tua.-
disse Ginny, prendendo la bambina per un braccio e sospingendola gentilmente
verso le scale. Si assicurò che si fosse chiusa la porta della sua cameretta
alle spalle e poi tornò a sedersi sul divano, ma questa volta accanto a Ron. Gli
mise un braccio sulle spalle, poi gli passò una mano tra i capelli rossi,
accarezzandolo piano; lui sorrise appena, lanciandole uno sguardo di
sfuggita.
-Io ci tengo ad Hermione.- disse
Ron guardandosi le mani che teneva intrecciate tra le ginocchia, i gomiti
appoggiati sulle cosce. –Lo sapete tutti e lo sa anche
lei.-
-Certo.- rispose Ginny appoggiando
la schiena alla spalliera del divano. –Però devi capire che ora, adesso che non
siete più dei ragazzini, che siete più maturi insomma, lei vuole qualcosa di più
serio di una notte passata insieme ogni tanto. Ce l’ha detto lei, vero Harry?-
Harry, sentendosi tirato in causa, si limitò ad annuire: Ginny stava facendo
qualcosa di buono, non voleva rischiare di rovinare tutto dicendo qualche
cavolata. –Insomma, - continuò la ragazza. –Hermione è una donna, vuole una
famiglia, vuole dei figli.- delicatamente prese una mano del fratello e se la
portò al ventre, sorridendogli. –Non li vuoi anche tu?-
Ron le accarezzò piano la pancia
piatta, poi le passò un braccio sulle spalle e la strinse contro il proprio
fianco.
-Certo che li voglio. E ne voglio
anche tanti… sono pur sempre un Weasley, no? Però…
-Però?- domandò Harry inarcando un
sopracciglio: secondo lui Ron si creava problemi che neanche
esistevano.
-Però la potenziale madre dei miei
figli considera come suo legittimo compagno di letto il gatto.- borbottò Ron,
imbronciandosi nuovamente. –Che poi quella palla di pulci deve avere un’età
incredibile, no? Quanti diavolo di anni ha?-
Harry scrollò le
spalle.
-Considerato che Hermione ce l’ha
da diciassette anni e che quando l’ha comprato qualche annetto ce l’aveva già,
direi che ha superato la ventina. E’ un vecchiaccio, ma gli anni che ha se li
porta pure bene.-
-Miseriaccia.- sbottò Ron. –Ma non
è anche ora che tiri le cuoia?-
Ginny fece per ribattere qualcosa,
ma poi si astenne saggiamente. In fin dei conti, forse era anche il caso che
Grattastinchi lasciasse il posto a qualcun altro. A suo fratello e ai suoi
nipoti, per esempio.
-Prendo dell’altra burrobirra.-
disse invece, alzandosi. Stava giusto passando davanti al caminetto, quando ne
scaturì una fiammata verde brillante ed il volto di Hermione Granger fece
capolino, gli occhi gonfi che si intravedevano anche attraverso le fiamme, le
lacrime che le rigavano le guance. Ginny si inginocchiò subito davanti a lei,
Harry e Ron schizzarono entrambi in piedi, preoccupati.
-‘Mione, che cosa è successo?-
domandò Ron in tono apprensivo.
-Grattastinchi… è
morto!-
Harry e Ginny si voltarono di
scatto verso Ron, fissandolo allibiti. Lui scosse lentamente la testa, come a
dire che no, non era colpa sua, non aveva fatto il malocchio al gatto. Fece un
passo avanti, inginocchiandosi davanti al camino e rivolgendo un sorriso
stentato ad Hermione.
-Ne se sicura?- domandò
cautamente.
-Ma certo che ne sono sicura,
Ronald! Cosa credi, che sia scema?- gli rispose lei in tono stizzito, facendo
una smorfia e tirando su con il naso al tempo stesso. Harry lanciò uno sguardo
d’avvertimento all’amico, ma quello nemmeno lo guardò: teneva gli occhi fissi su
Hermione.
-Vuoi che qualcuno venga da te?-
le chiese gentilmente. –Forse non te la senti di stare da sola
adesso.-
Lei spalancò gli occhi,
meravigliata da tale tatto; Ron trovò il suo stupore altamente offensivo, ma
evitò accuratamente di farglielo notare.
-Oh, sì. Se potessi venire tu,
Ginny… oppure Harry, se non devi andare all’Ordine… mi farebbe piacere avere
qualcuno con cui parlare. Mi sento così sola, ragazzi.- mormorò Hermione, altri
due goccioloni che le scendevano sulle guance.
Harry e Ginny si guardarono, ma
Ron tacitò entrambi con un gesto della mano.
-Vengo io da te, ‘Mione.- disse
sorridendole. –Puoi parlare con me.-
-Oh… non so se è il caso, Ron.-
rispose Hermione, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. –Voglio dire, tu
odiavi Grattastinchi, tu…
-Non importa. Adesso tu hai
bisogno di compagnia, voglio esserci io con te.- disse Ron seriamente. –Sono lì
in due minuti, va bene?-
-Ti aspetto, allora.- disse
Hermione, ancora vagamente perplessa; si soffiò rumorosamente il naso e poi la
sua testa scomparve dalle fiamme.
Ron si alzò in piedi, portandosi
una mano al petto e fissando disperato gli amici.
-Voi non credete che sia stata
colpa mia, vero?- domandò con un filo di voce.
-Non dire sciocchezze, Ron.- lo
riprese Ginny con uno sbuffo. –Quel gatto era vecchio ed è morto, punto e basta.
Ora va’ da Hermione e vedi di essere gentile con lei, d’accordo? Non dire niente
di male su Grattastinchi, non farla arrabbiare, non…
-Non sono mica scemo!- sbottò
contrariato il fratello. –Trattami da adulto, una buona volta!- dopodichè
scomparve con un forte pop.
Ricomparve poco dopo direttamente
nel salotto di Hermione; solitamente si Materializzava fuori dalla porta,
volendo evitare scene imbarazzanti: qualche anno prima gli era successo di
Materializzarsi in casa senza avvertire e aveva trovato la padrona di casa in
pose del tutto sconvenienti con uno del Dipartimento Cancellazione Magia
Accidentale e lei, dopo, aveva anche avuto il coraggio di dirgli che si erano
visti soltanto per discutere un caso di lavoro.
Però quel giorno era sicuro che
non correva rischi: Hermione lo stava aspettando.
La chiamò e la voce flebile e
spezzata di lei lo informò che era in cucina; Ron percorse velocemente il
corridoio che lo separava dalla stanza e si soffermò sulla soglia per
contemplare la figura di Hermione: indossava ancora il tailleur blu che portava
al Ministero ed era appoggiata al bancone della cucina, se non fosse stato per i
ritmici singhiozzi che le sconquassavano il petto probabilmente si sarebbe detto
che si stava semplicemente riposando dopo una dura giornata di
lavoro.
-‘Mione.- la chiamò piano,
muovendo qualche passo avanti; lei alzò la testa e lo vide, di scatto si alzò in
piedi e gli corse incontro, allacciandogli fermamente le braccia attorno alla
vita e posando la testa sul suo petto. Ron rimase immobile per qualche istante,
spiazzato da tale reazione, poi prese ad accarezzarle gentilmente i capelli,
mentre con l’altro braccio le circondava le spalle in un abbraccio protettivo.
–Non fare così, Hermione, ti prego.- disse dolcemente, stringendola un po’ di
più.
-Oh, Ron.- sussurrò lei tra i
singhiozzi. –Sei stato così carino a venire! Io non so cosa fare, io
non…
-Shhh, va tutto bene.- la
tranquillizzò Ron; la scostò gentilmente da sé e la indusse a sedersi. –Adesso
fai un respiro profondo e raccontami come è successo.-
Hermione fece come le era stato
detto, asciugandosi gli occhi col dorso della mano e soffiandosi il naso in un
fazzolettino di carta.
-Oggi, quando sono tornata a casa
dal Ministero, sono entrata e stranamente Grattastinchi non è venuto a
salutarmi. Allora l’ho chiamato, ma lui non si faceva vedere e non rispondeva
nemmeno, così sono andata a cercarlo e l’ho visto nella sua cesta, quella in
salotto accanto al camino; l’ho chiamato ancora e lui non ha nemmeno alzato il
muso, quindi l’ho scosso e lui era così freddo, così rigido che ho capito che
era… che era…- le si spezzò la voce e tirò su violentemente con il naso. –che
era morto.- concluse in un soffio disperato.
-Ora dov’è?- domandò Ron,
allungando una mano per posarla su quella dell’amica. –Voglio dire, dove lo hai
lasciato?-
-E’ ancora lì, dove l’ho trovato.
Non ho avuto il coraggio di spostarlo, non ce la facevo.-
-Va bene.- sospirò Ron. –Ora devi
decidere cosa vuoi farne: vuoi che lo porti alla Sezione Animali del San Mungo,
vuoi che lo faccia evanescere, vuoi…
-Dobbiamo fargli il funerale,
Ron.- mormorò piano Hermione. –Voglio che abbia un funerale dignitoso, che possa
riposare in pace, insomma.-
Ron si astenne dal commentare in
qualsiasi modo ciò che la ragazza aveva appena detto, invece la prese
gentilmente per mano e la condusse attraverso il corridoio, verso il salotto;
quando era entrato non ci aveva fatto caso, ma in effetti Grattastinchi, o
meglio il suo cadavere, giaceva
ancora nella cesta di vimini. Anche Hermione posò lo sguardo sul gatto ed emise
un altro lieve singhiozzo. Ron si passò una mano tra i
capelli.
-Dove lo mettiamo?- domandò,
stringendosi nelle spalle, a disagio.
-Penso che dovremmo avvolgerlo in
una coperta.- disse lentamente Hermione. –Poi lo portiamo nel parco che c’è qua
dietro casa e lo seppelliamo. Sai Ron, a lui piaceva tanto quel parco! Ci andava
tutti i giorni, catturava gli uccellini e poi me li
portava.-
Ron represse una smorfia
disgustata e si eclissò nella stanza da letto di Hermione, tornando poco dopo
con una coperta scarlatta.
-Questa va bene, ‘Mione? Era sulla
poltrona…
-Sì, benissimo, lui adorava questa
coperta. Però, Ron… avvolgicelo tu, per favore. Io… non me la sento, ti
prego.-
Lui annuì riluttante, poi estrasse
la bacchetta e fece levitare il corpo del gatto fino alla coperta; Hermione
seguì attentamente quell’operazione, gli occhi che si riempivano ancora una
volta di lacrime, ma questa volta lei non le lasciò uscire. Drappeggiò invece
con cura la coperta attorno a Grattastinchi e poi prese in braccio l’involto,
stringendoselo contro il seno. Ron storse il naso.
-Non preferisci che lo faccia
levitare?- domandò debolmente, ritrovandosi meschinamente a pensare che non
l’avrebbe più abbracciata fino a che non si fosse fatta una doccia; poi si sentì
terribilmente in colpa per ciò che aveva pensato e prese la mano ad Hermione,
stringendola tra le sue. Lei gli sorrise dolcemente, ricambiando per un attimo
la stretta.
-Andiamo.- disse soltanto prima di
scomparire, seguita dal ragazzo.
Ricomparvero nel parchetto vicino
all’appartamento di Hermione, erano nei pressi del bosco dietro al quale si
trovava la Stamberga Strillante; non c’era quasi nessuno, quella dove abitava
Hermione era considerata la zona residenziale di Hogsmead e la maggior parte dei
maghi che possedeva una casa lì la sfruttava soltanto d’estate, quando
decidevano di lasciare i loro manieri nelle campagne del Wiltshire o dello
Yorkshire per passare qualche giorno in città.
-La fossa?- chiese cautamente Ron,
non sapendo da che parte cominciare.
-Un incantesimo qualsiasi.-
rispose Hermione alzando le spalle. –Non importa quale, basta che faccia un buco
per terra.-
Ron annuì, sebbene vagamente
perplesso: a Hermione importava sempre quale incantesimo si usava;
nonostante ciò non commentò ed estrasse la bacchetta.
-Reducto!- esclamò puntandola contro il
terreno; una zolla erbosa di dimensioni abbastanza grandi venne sbalzata qualche
metro più in là ed Hermione si avvicinò a passi lenti alla fossa, le scarpe col
tacco che sprofondavano nella terra morbida, sporcandosi di fango, ma lei
sembrava non accorgersene neppure.
-Grattastinchi, mi dispiace così
tanto che tu te ne sia andato.- mormorò mentre depositava la coperta con il
corpo del gatto nella fossa. Ron si tenne a debita distanza, osservando
silenziosamente Hermione e tendendo un orecchio per sentire quello che stava
dicendo. –Sei stato un tenero amico.- continuò lei, a bassa voce. –Sempre al mio
fianco, sempre fedele; eri un gatto intelligente ed io ti ho voluto molto bene,
Grattastinchi. Mi piaceva tanto parlare con te e anche accarezzarti… eri così
docile, mio piccolo amico.- a quelle parole Ron si ritrovò ad inarcare
ironicamente un sopracciglio, ma quando se ne accorse si affrettò a smettere e
tornò a prestare attenzione a ciò che stava dicendo
Hermione.
-Ciao, Grattastinchi.- stava ormai
concludendo lei. –Ti ho voluto tanto bene, sei stato l’amico migliore che
potessi avere, ricordalo.- disse ancora, poi estrasse la propria bacchetta da
una tasca interna della giacca del tailleur e ricoprì la buca. Si tirò in piedi
e Ron fu subito accanto a lei, le cinse gentilmente le spalle con un braccio e
la riportò a casa.
Andarono in cucina, Hermione
diceva che ancora non ce la faceva a stare in salotto e vedere il cesto di
Grattastinchi, il divano dove gli piaceva sdraiarsi, il caminetto davanti al
quale gli piaceva stare a scaldarsi; sostanzialmente tutta la casa, pensò Ron,
ma non disse nulla.
-Ti preparo una tazza di tè?-
domandò invece, non sapendo bene cosa fare. Hermione annuì, così Ron estrasse il
bollitore e accese il fornello con un colpo di bacchetta. Si sedette su uno
degli sgabelli attorno al bancone della cucina.
-Come ti senti?- chiese cautamente
ad Hermione.
-Un po’ meglio.- mormorò lei,
stringendosi nelle spalle. –Voglio dire, dopotutto Grattastinchi era vecchio,
aveva di gran lunga superato la ventina e so bene che per i gatti era già
arrivato a un’età straordinaria, quindi sono felice che abbia vissuto al massimo
la sua vita, però… so che mi mancherà. Sono stata così poco senza di lui e già
mi sento sola.-
-‘Mione, tu non sei sola.- ribatté
dolcemente Ron. –Guarda, ci sono io qui con te.-
Hermione lo fissò per qualche
istante con sguardo vacuo, poi, riluttante, gli concesse un
sorriso.
-Già, ci sei tu. Grazie davvero
per essere venuto.-
-Non è nulla.- rispose compito
Ron. –Quando hai bisogno di me, io ci sono sempre. Lo sai.- esitò appena prima
di aggiungere: -Come Grattastinchi.-
Questa volta Hermione scoppiò a
ridere e Ron si rabbuiò.
-Non come
Grattastinchi?-
-In questo momento sì, proprio
come Grattastinchi.- rispose Hermione. –Perché mi stai facendo compagnia e mi
stai ascoltando. Però…- si morse nervosamente il labbro inferiore, prendendosi
un attimo di tempo per scegliere con cura le parole; Ron intuì che stava per
dire qualcosa che riguardava loro due, lasciando da parte il gatto. –Però,-
riprese Hermione. –tu hai la tua vita ed io penso che tu debba viverla e basta,
ecco.-
-Questo cosa significa?- domandò
lentamente Ron, perplesso: non capiva cosa c’entrasse.
-Significa che sei stato molto
gentile a venire, ma potevano farlo Ginny o Harry. Capisci, loro sono miei amici
e sarebbe stato più…
-Aspetta un attimo.- borbottò Ron
tra i denti, gli zigomi che iniziavano a diventare rossi, facendo spiccare
ancora di più le lentiggini. –Io non sono forse un tuo
amico?-
-Oh, Ron, ma certo che lo sei,
però… lo sai com’è tra noi due, non è più come una volta, quando eravamo
ragazzini, ora siamo adulti e il nostro rapporto si è un po’ complicato e io
credo…
-Cosa?- chiese Ron allargando le
braccia verso l’alto, come se chiedesse al Cielo di dargli la forza di capire
quella donna. –Stai forse dicendo che perché ci capita di andare a letto insieme
pensi che io non possa più essere un tuo amico?-
-No!- ribatté Hermione, ora si
stava alterando anche lei. –Però di solito quando un rapporto si basa anche sul
sesso, e non è una relazione stabile, succede che non si è più semplici amici e
le cose stupide perdono importanza, non si è più interessati a passare a trovare
l’altra persona così, semplicemente per chiacchierare o per consolarla quando
muore il suo gatto.-
La risposta di Ron doveva essere
molto veemente, a giudicare dall’espressione furiosa sul suo volto, ma non
riuscì a dire nulla perché il bollitore del tè emise un lungo fischio acuto,
annunciando che bisognava toglierlo dal fuoco. Il ragazzo sbuffò, gli puntò
contro la bacchetta e lo fece levitare fino al bancone, riempiendo sia la sua
tazza che quella di Hermione; quando posò nuovamente lo sguardo sulla ragazza
sembrava decisamente più calmo.
-Ti sbagli se credi che tu mi
interessi soltanto quando siamo a letto insieme. Mi interessa tutto quello che
ti succede, Hermione, altrimenti adesso non sarei qui e non starei ad ascoltarti
quando mi parli del tuo lavoro e non… - lasciò la frase in sospeso e sospirò,
prendendo a contemplare con estrema attenzione i recipienti delle spezie posati
accanto al lavandino. –Non devi sempre pensare che io abbia un secondo fine per
tutto ciò che faccio, sai. Alle volte succede solo che mi fa piacere passare del
tempo con te, anche se può suonare incredibile.-
Hermione non disse nulla per un
lungo istante, poi si alzò con un sospiro e allacciò le braccia attorno al collo
di Ron, appoggiando una guancia sulla sua schiena; lui prese ad accarezzarle
piano una mano che delicatamente sostava sul suo petto e rimasero così per un
po’, senza dire nulla.
-Anche se può suonare incredibile,
- mormorò Hermione a un certo punto, ricalcando con il tono di voce quelle
parole. –mi dispiace per quello che ho detto. Lo so che siamo amici e… senti,
oggi sono molto nervosa per quello che è successo ed ora oltretutto sono
stanca.-
Ron si districò gentilmente dal
suo abbraccio per poterla vedere in faccia; le sorrise, accarezzandole una
guancia con la nocca dell’indice.
-Infatti penso che sia ora di
andare a letto, Hermione, si sta facendo tardi.- si alzò, aspettando che lei
facesse lo stesso; l’accompagnò in camera e la osservò in silenzio mentre si
metteva in pigiama. –Quello quando ci sono io non te lo metti.- commentò
inarcando un sopracciglio.
Lei gli rivolse un’occhiata di
rimprovero, ma nei suoi occhi c’era decisamente un
sorriso.
-Mi preferisci con o senza?-
chiese, la domanda era maliziosa, ma nella sua voce di malizia quasi non ce
n’era, piuttosto Ron colse una nota di sincera curiosità.
-Senza.- le rispose sorridendo,
non esitando nemmeno un secondo. –Me penso che per stanotte, data la situazione,
te lo lascerò tenere.-
-Grazie tante, - mormorò Hermione
alzando gli occhi al soffitto. –sei molto gentile per questa
concessione.-
-Non c’è di che.- ridacchiò Ron,
scostando le coperte e facendo cenno ad Hermione di infilarsi a letto. –Ma spero
che tu non pretenda che anch’io indossi un pigiama, perché purtroppo non l’ho
portato con me.-
-Cosa vuoi dire?- domandò Hermione
accigliandosi. –Non avevi detto che ti saresti fermato a
dormire.-
Ron si grattò distrattamente la
testa, le orecchie che si coloravano appena di rosso.
-Pensavo che potevo dimostrarti
che posso starti accanto anche come amico, ecco.- borbottò, stringendosi nelle
spalle. –Siccome so che Grattastinchi dormiva con te, - spiegò, evitando
accuratamente di incontrare lo sguardo di Hermione e di lasciar trapelare la
nota di contrarietà che avrebbe messo in quelle parole se il contesto fosse
stato diverso. –pensavo che potrei… sostituirlo, per stanotte. Sai, se ancora
non te la senti di stare da sola.-
Hermione lo guardò per qualche
attimo, sorridendo, poi batté una mano sul cuscino accanto al
suo.
-D’accordo, per stanotte puoi
essere il mio Grattastinchi.- gli concesse, scostando le coperte dall’altra
parte del letto; Ron si tolse maglietta e pantaloni e fece per raggiungere
Hermione, poi parve ripensarci e puntò la bacchetta contro i propri boxer,
facendoli diventare arancioni. –Così tra capelli e il resto gli assomiglio
ancora di più.- spiegò annuendo con convinzione.
Hermione gli sorrise ancora, poi
attese che il ragazzo si infilasse nel letto con lei e spense le luci con un
colpo di bacchetta.
Restarono in silenzio per un po’,
vicini al buio, e dopo un poco Ron tese una mano, prendendo quella di Hermione
tra le sue.
-Dimmi cosa faceva Grattastinchi,
dimmi cosa devo fare.- le disse con una nota di divertimento nella voce ed
Hermione comprese che non la stava prendendo in giro, ma stava semplicemente
tentando di tirarle su il morale dopo quella giornata
triste.
-Grattastinchi si accoccolava sul
mio fianco.- disse sottovoce. –Mi appoggiava le zampe sulla pancia, così mi
teneva caldo, poi mi metteva la testa sul seno e si lasciava
accarezzare.-
-Non sembra affatto spiacevole il
lavoro del gatto.- commentò Ron rotolandole addosso, gettando una gamba sulle
sue e cingendole la vita con un braccio; appoggiò la testa sul suo seno e chiuse
gli occhi quando la mano di Hermione si infilò tra i suoi capelli e prese ad
accarezzarli piano, dolcemente.
-A questo punto dovresti fare le
fusa.- mormorò Hermione, ringraziando che fosse buio e che lui non potesse
notare con quanta tenerezza lei stava fissando il suo capo abbandonato sul suo
petto, altrimenti temeva che sarebbe scappato a gambe levate come era suo solito
fare quando si accorgeva che le cose stavano degenerando; proprio come qualche
mattina fa, pensò Hermione, quando erano in quello stesso letto e si stavano
coccolando, cosa che di solito non succedeva mai, e poi lui, ad un certo punto,
si era appigliato al fatto che Grattastinchi era salito sul letto per smetterla
e tornare a litigare, come sempre. Hermione aveva giurato che non l’avrebbe mai
più lasciato dormire con sé, ma in quel giorno per lei così difficile Ron le era
stato accanto ed era stato così dolce, che lei aveva pensato che, forse,
potevano anche provare a dividere le loro nottate passionali dalla loro amicizia
e riuscire a passare una notte nello stesso letto senza fare
nulla.
Ron alzò il volto verso di lei e
la guardò contrariato.
-Continua ad accarezzarmi, o le
fusa te le scordi.- borbottò, mentre Hermione, con un sorriso, riprendeva a
passare le dita tra i suoi capelli e lui iniziava ad emettere strani versi, che
non potevano passare neanche lontanamente per le fusa di un gatto, ma che le
fecero altrettanto piacere.
-Ron, - lo chiamò dopo un attimo
in tono pensieroso. –tu assomigli veramente a Grattastinchi, sai? O meglio, lui
ha sempre assomigliato a te e spesso mi sono chiesta se non l’avessi scelto per
questo. La mia piccola palla di pelo arancione, che me ne ricordava un’altra che
però non mi dedicava altrettante attenzioni.- concluse a voce così bassa che lui
faticò quasi a sentire la parte finale della frase.
-In che senso?- chiese Ron, il
capo sempre appoggiato sul suo petto, ma lo sguardo ora piantato sui bottoncini
del pigiama di Hermione e non più nei suoi occhi.
-Quando ero bambina mi piacevi
tanto.- confessò Hermione, Ron percepì distintamente il suo cuore sotto al suo
orecchio emettere un battito irregolare: erano cose che non gli aveva mai detto,
anche se tutti e due le avevano sempre sapute e cocciutamente taciute, e che
ancora, dopo tanti anni, la mettevano in imbarazzo. –Quando siamo andati al
Serraglio Stregato, - continuò Hermione. –penso di aver scelto Grattastinchi
perché aveva il colore dei tuoi capelli e mi ricordava te ed io… io sognavo di
poter passare le mani tra i tuoi capelli, di accarezzarti, e accarezzare un
gatto che ti assomigliava mi sembrava un compromesso accettabile,
all’epoca.-
-Ora stai accarezzando me.-
sussurrò Ron, non sapendo bene cosa dire. –Al momento vorresti accarezzare
Grattastinchi, ma lui non c’è; accarezzare me, che gli somiglio, non è altro che
un compromesso accettabile?- domandò con una punta di durezza nella voce,
tuttavia non si scostò da lei mentre lo diceva.
-No.- rispose Hermione,
sospirando. –Negli anni sono cambiate tante cose, Ron. Ho avuto la possibilità
di averti nel mio letto e l’ho presa al volo, lo sappiamo entrambi il perché.
Però non ho mai avuto la possibilità di accarezzarti come sto facendo stasera e
al momento, anche se è una cosa meschina e mi fa sentire in colpa verso
Grattastinchi, a cui ho voluto davvero molto bene, mi sembra che la sua
morte sia stato un compromesso accettabile, per poterti avere in questo modo.
Quello che mi intristisce è che so benissimo che questa sarà l’ultima notte che
ti avrò così.-
Ron alzò lentamente il volto dal
suo seno e lo nascose nell’incavo tra il collo e la spalla della ragazza; ora
capiva i discorsi di Ginny e quello che aveva detto a proposito di ciò che
Hermione voleva da lui e sui suoi sentimenti. Non provò nemmeno a dire qualcosa,
perché sapeva che avrebbe rovinato quel momento di così tenera intimità dicendo
qualcosa di stupido o senza senso, che li avrebbe fatti imbarazzare entrambi o,
peggio, litigare, e lui non ne aveva affatto voglia. Invece le sfiorò il collo
con il naso, poi l’attaccatura dei capelli dietro l’orecchio e prese il lobo tra
le labbra, succhiandolo dolcemente fino a che lei non emise un gemito basso e
rauco e lo scostò da sé.
-Ron, che stai facendo?- domandò
quasi senza fiato, sentendo il sangue salirle alle guance e farle diventare
scarlatte; avevano condiviso notti in cui lui aveva succhiato altre parti del
suo corpo in modo più malizioso e più eccitante, ma ora, con lei con indosso il
suo pigiama di flanella e per il fatto che fino a qualche attimo prima stavano
parlando tranquillamente, le sembrava tutto diverso.
-Faccio il tuo gatto.- le rispose
semplicemente Ron, accarezzandole una guancia con il naso e poi con le labbra,
come fanno i gattini quando vogliono le coccole. Hermione non fu stupita quando
sentì la bocca del ragazzo posarsi sulla sua e ancora meno quando la sua lingua
le penetrò tra le labbra; per un attimo pensò che doveva interromperlo, che
quella notte serviva per dimostrarle che poteva anche essere soltanto suo amico
e che ora non lo stava facendo, ma quando le mani di Ron, calde e delicate,
iniziarono ad aprire i bottoncini della giacca del pigiama, vi si insinuarono
sotto e presero ad accarezzarle dolcemente il ventre e poi il seno non le venne
in mente nessun buon motivo per fare una cosa così stupida come dirgli di
smettere.
La mattina dopo Ron si svegliò per
la fastidiosa ondata di luce che all’improvviso riempì la stanza; dischiuse
svogliatamente un occhio con il quale riuscì a mettere a fuoco la figura di
Hermione, affaccendata ad aprire tutte le tende.
-Che fai?- le domandò con voce
assonnata, rigirandosi tra le coperte e seppellendo la testa sotto al cuscino.
–E’ presto!- aggiunse in tono lamentoso.
-Alzati, Ron, dobbiamo parlare.-
borbottò Hermione, avvicinandosi al letto e tirando repentinamente giù le
coperte, scoprendo del tutto Ron, che rabbrividì, ma non accennò ad alzarsi.
–Resta a letto ancora un po’ anche tu.- le disse invece, ora la sua voce era
suadente, ma Hermione non ci fece nemmeno caso.
-Ho detto che dobbiamo parlare.-
ribadì secca. –Quindi vedi di alzarti, che io tra poco devo essere al Ministero,
ho una riunione urgente con quelli dell’Accademia Auror: pare che qualcuno abbia
praticato degli incantesimi davanti a dei babbani e che poi abbia operato
diversi incantesimi di memoria sugli stessi e che una matricola degli Auror si
sia preso la libertà di arrestarlo e propinargli del Veritaserum per sincerarsi
su quali fossero i suoi scopi; è venuto fuori che quello aveva visto un
Mangiamorte ed aveva semplicemente evocato un Patronus per proteggere se stesso
ed i babbani. Il Dipartimento Auror sostiene la buona fede della sua matricola e
chiede a noi di multare il mago; il mago, giustamente, sostiene che quelli siano
impazziti, che lui aveva agito per la sicurezza di tutti e si sta anche mettendo
in testa di denunciare l’accaduto al Ministro. Un casino, insomma.- sparò tutto
d’un fiato; poi tirò un sospiro profondo e scosse la testa, come se non
riuscisse a capire per quale motivo gli stesse raccontando del suo lavoro quando
era altro che doveva dirgli. –E, ti ripeto, noi due dobbiamo
parlare.-
Ron, sconfitto, si tirò su a
sedere; si passò una mano tra i capelli e dopo si stropicciò gli occhi, cercando
di svegliarsi una volta per tutte.
-Cosa diavolo ci fai già vestita?-
domandò ad Hermione, occhieggiando all’impeccabile tailleur, quel giorno di un
rosso cupo. Si ritrovò a pensare che quel colore era perfetto sulla sua
carnagione; stava quasi per dirlo a lei, quando venne preso in pieno dai suoi
vestiti, che gli erano stati scagliati addosso con assai poca
delicatezza.
-Ma non hai ascoltato nulla di
quello che ti ho detto?- sbottò Hermione, alterata. –La riunione, gli Auror…
Devo uscire!-
-Esci, allora. Io mi faccio una
doccia e poi me ne vado.-
-No!- ringhiò la ragazza, serrando
le braccia al petto e fulminandolo con un’occhiata gelida. –Dobbiamo parlare, ho
detto! Ti aspetto in salotto tra tre minuti esatti, se non ti presenti giuro che
torno di qua e prima ti schianto, poi ti pietrifico e ti faccio levitare nudo
per tutta Hogsmead, lasciandoti davanti ai Tre Manici di Scopa,
chiaro?-
Ron annuì un paio di volte,
sgomento, ed Hermione abbandonò impettita la stanza.
Ron si vestì alla svelta,
decisamente confuso sia dal brusco risveglio che da quello che gli aveva appena
detto Hermione, poi si recò in salotto.
Lei era seduta al bancone della
cucina e sorseggiava distrattamente del caffé, mentre la Gazzetta del Profeta
levitava ubbidientemente davanti a lei, voltando pagina di tanto in
tanto.
-Hermione… - la chiamò, sedendosi
davanti a lei. –Sei sicura di voler andare al lavoro?- domandò cautamente. –Da
come mi hai parlato prima deduco che tu sia ancora leggermente sconvolta per
Grattastinchi.-
Hermione sbatté la tazza sul
piattino, uno schizzo di caffé andò a macchiare la tovaglia; lei considerò la
macchia per qualche attimo, poi trasse un respiro profondo e spostò lo sguardo
su Ron.
-Non ti ho certamente parlato così
perché sono sconvolta per Grattastinchi, Ronald.- disse lentamente e Ron,
sentendo il suo nome pronunciato per intero, rabbrividì
d’istinto.
-E allora cosa c’è?- chiese,
incrociando le braccia sul bancone della cucina ed appoggiandovi sopra la testa;
la osservò attentamente, mentre lei si sistemava il colletto della camicia
bianca con un gesto automatico: trovava sempre qualcosa da sistemare
nell’abbigliamento o nell’acconciatura, quando era nervosa per un qualche
motivo.
-C’è, Ron, - esordì Hermione in
tono deciso. –che la giornata di ieri è stata un disastro e ne dobbiamo
parlare.-
-Per Grattastinchi, intendi?- le
domandò Ron, annuendo comprensivo. –Capisco, è successa una cosa brutta,
è…
-Io mi riferivo a ciò che è
successo tra me e te, Ron.- lo interruppe Hermione seccamente. –A ieri sera, a
quello che ci siamo detti e a quello che abbiamo fatto. E’ stato quello il
disastro.-
Ron aprì la bocca, ma subito la
richiuse, rendendosi improvvisamente conto che in realtà non sapeva bene cosa
dire. Tentò di riordinare le idee, di ripercorrere con la mente ciò che si erano
detti e ciò che avevano fatto, cercando l’intoppo che aveva tanto fatto
arrabbiare Hermione.
-Io non capisco.- le disse dopo un
po’. –A me sembra che siamo stati bene, no? E non abbiamo nemmeno litigato, io
davvero non capisco cosa…
-Tu dovevi essere il mio gatto!-
sbottò Hermione, furiosa. –Invece abbiamo fatto l’amore e… insomma, per la
santissima barba di Merlino, non sono cose che si fanno con un
gatto!-
-Io ho soltanto fatto finta di
fare il gatto, Hermione.- disse Ron in tono altamente ragionevole, come se
davvero non riuscisse a comprendere di cosa stessero
parlando.
-Lo so!- esclamò lei, passandosi
nervosamente una mano tra i capelli e riavviando un ricciolo castano dietro
l’orecchio. –Questa notte ho pensato molto, sai? Ho pensato che in effetti tu
non sei il mio gatto e non lo sarai mai.- lo guardò senza però vederlo veramente
e senza notare la sua espressione stralunata. –E comunque io non voglio che tu sia il mio gatto, capisci?
Intendo dire, quando vorrò un gatto me lo comprerò, punto e basta. No, da te non
voglio questo. E poi tu hai detto che puoi essere anche soltanto mio amico, ma
questa notte dimostra pienamente che non è così e non lo sarà mai, perché lo sai
benissimo che non ce la faremmo a tornare al nostro rapporto di prima, quindi
rimangono soltanto due alternative ed è arrivato il momento di scegliere.- disse
tutto d’un fiato, poi sbuffò e scosse la testa. –Hai capito cosa ti sto
dicendo?-
Ron scosse la testa con foga, era
la risposta più sincera che poteva darle.
-Non ho capito assolutamente
niente di quello che hai detto. Non vuoi che io sia il tuo gatto? Molto bene,
perché non lo sono. E poi quella cosa su noi due soltanto amici… d’accordo, non
siamo soltanto amici, ma non vedo
dove sia il problema se vogliamo essere anche amici!-
-Il problema è che io non ce la
faccio più, ecco!- esclamò Hermione. –Tu vieni a letto con me come se fossimo
amanti, poi come ieri sera diventi dolce e fai il carino dicendo che mi stai
dimostrando che possiamo essere amici, dopo mi baci e siamo di nuovo amanti.
Così non mi va più bene, Ron.-
-Sì, ma in conclusione cosa vuoi da me?- chiese lui,
decisamente spazientito.
-Io da te voglio soltanto sapere
se vuoi stare con me oppure no.- mormorò Hermione, ora aveva perso tutta la sua
fermezza, ma il suo sguardo era deciso e costantemente fisso su
Ron.
-Io…- Ron scosse la testa,
stringendosi nelle spalle. –Cosa… cosa intendi con “stare con te”? Voglio
dire…
-Io voglio sapere se ti piacerebbe
passare tutte le tue notti con me, e se ti piacerebbe che alcune fossero
passionali come le solite e altre come ieri sera, e poi passare con me anche le
giornate e… - si interruppe e spostò lo sguardo sul lavello. –Insomma, Ron, vuoi
stare con me sì o no?-
-Ma… - Ron si passò una mano tra i
capelli, nervosamente. –Io pensavo… cioè, praticamente noi due stiamo già
assieme, no? Insomma, ci frequentiamo…
-Frequentarci non significa stare
assieme, Ronald.- rispose Hermione con uno sbuffo esasperato. –Io voglio la
certezza che tu stia con me e con nessun’altra, io voglio che noi due… io voglio
che tu stia con me seriamente, Ron. Altrimenti puoi anche andartene e non farti
più vedere, perché questo è un ultimatum: o stai con me o non ci stai, non ho
più intenzione di venire a letto con te e di non avere nient’altro, capito?-
sbottò Hermione d’un fiato, serrando le braccia contro il petto e fissandolo con
sguardo fermo. –Quindi dammi una risposta, che devo
uscire.-
Ron deglutì un paio di volte,
improvvisamente sentiva di avere la gola tremendamente secca; si strine nelle
spalle, alzando lentamente uno sguardo timido su Hermione.
-Mi stai chiedendo una cosa…
importante, ‘Mione.- disse piano. –Io… puoi darmi qualche giorno per pensarci?-
chiese, lanciandole un’occhiata implorante.
Hermione fece per annuire,
sconsolata, ma poi le tornò in mente che si era prefissa di non concedere più un
solo minuto a Ron se lui le avesse detto qualcosa di diverso da “sì” o
“assolutamente”.
-Hai avuto anni per pensarci, Ronald Weasley. E’
giunto il momento di darmi una risposta: sì o no.-
-Io… - Ron la stava ancora
guardando, disperato. –Io non so…
-Molto bene.- lo interruppe
Hermione, secca. –Hai espresso la tua opinione. Peggio per te, Ron. Addio.-
disse dopo avergli lanciato un ultimo sguardo assassino; poi si smaterializzò
prima che lui potesse aggiungere qualsiasi cosa.
-Hermione mi ha lasciato.- esordì
Ron spalancando con impeto la porta della camera da letto di Harry e
Ginny.
Il silenzio più assoluto seguì la
sua triste affermazione e Ron si chiese se ci fosse effettivamente qualcuno in
quel groviglio di lenzuola da cui non si riusciva a distinguere nulla; per
accertarsi di non stare parlando a vuoto si posizionò ai piedi del letto e tirò
il piumone verso di sé, scoprendo lentamente la sola figura di Harry che dormiva
beatamente accoccolato su se stesso. Ron si girò improvvisamente verso il muro
alle sue spalle, coprendosi gli occhi con una smorfia
disgustata.
-Santo Merlino, Harry, ma tu dormi
nudo?- domandò rabbrividendo. –Per la miseria, se entrava tua figlia e ti
vedeva… così?-
Harry emise un mugugno indistinto,
poi mosse la mano verso l’altro lato del letto, tastandolo probabilmente alla
ricerca della moglie e solo quando si accorse che non c’era nessuno si decise ad
aprire finalmente un occhio.
-Gin, amore, perché hai tolto le
coperte?- domandò voltandosi completamente verso la sagoma ai piedi del letto.
Poi mise a fuoco un paio di spalle larghe coperte da una maglietta su cui era
rappresentata la mascotte dei Cannoni di Chudley e finalmente realizzò che
quello non era certamente sua moglie.
-Fatti vedere in faccia o ti
schianto!- ruggì tirando fuori la bacchetta da sotto il cuscino e puntandola
contro Ron, che si girò di scatto, le mani in alto in segno di
resa.
-Harry, sono tuo cognato Ron.-
disse lentamente. –Potresti rinfoderare la bacchetta, per
favore?-
Harry sbatté gli occhi un paio di
volte, poi ripose la bacchetta sul comodino e scosse la testa con espressione
per metà perplessa e per metà incredula.
-Ron, cosa diavolo ci fai qui?-
domandò con voce ancora assonnata.
-Devo parlarti, ma non se prima
non rinfoderi tutte le tue bacchette:
vestiti, per favore.- mugugnò coprendosi nuovamente gli occhi mentre l’altro
comprendeva cosa aveva voluto dire e si alzava, andando a recuperare degli abiti
puliti nell’armadio.
-Ron, vorresti spiegarmi perché
sei piombato nella mia camera da letto a quest’ora del mattino?- sbottò Harry
dopo qualche attimo.
-Sei presentabile?- gli chiese
Ron; l’altro sbuffò, così si azzardò a togliere la mano dagli occhi e vide che
il suo migliore amico indossava il solito paio di jeans e la maglietta. –Okay,
sei vestito. Allora andiamo in sala, che ti devo parlare.-
Harry fece strada per il corridoio
e si fermò in cucina, versando due abbondanti tazze di caffè, pensando che ce ne
sarebbe stato bisogno. Dopodichè, sconsolato, raggiunse Ron in salotto e si
preparò a sorbirsi in anteprima l’ultima puntato di “Ron&Hermione: il
tormento continua!”.
-Che è successo?- chiese
controvoglia. –Riguarda Hermione?-
-Esatto.- mormorò Ron annuendo
gravemente. –Stamattina mi ha lasciato.- soggiunse con un tono tragico da
peripatetica.
Harry inarcò un sopracciglio,
bevendo una sorsata di caffé dalla sua tazza.
-Come ha fatto a lasciarti se
nemmeno stavate insieme?-
-Ecco, - iniziò a spiegare Ron,
torcendosi nervosamente le mani. –è proprio per questo che mi ha lasciato.
Insomma, tra noi c’era qualcosa, no?
Secondo te c’era?-
-Beh… vi frequentavate.- buttò lì
Harry in tono poco convinto: effettivamente non sarebbe stato in grado di
descrivere ciò che c’era tra i suoi due migliori amici, visto che nemmeno loro
lo sapevano con precisione.
-Sì, infatti.- concordò Ron
annuendo. –C’era una frequentazione e a me sembrava chiaro che ci fosse, ma
secondo lei no, non è abbastanza, non è quello che vuole.- continuò a spiegare
imitando il tono di Hermione. –La signorina mi ha detto di scegliere, Harry, o
insieme o niente. Come se di solito stessimo separati! Insomma, io la vado a
prendere fuori dal Ministero ogni volta che non ho gli allenamenti, la ascolto
blaterare a proposito di ragazzini che fanno incantesimi di qua e di là,
incasinandole le giornate, praticamente ogni sabato la invito a cena e succede
che facciamo anche l’amore… se questo non è stare
assieme!-
-Ron… - Harry sospirò, passandosi
una mano tra i capelli ed arruffandoli ancora di più. –Sai com’è, le ragazze
cercano altre cose… Ma poi, scusa, mi puoi spiegare con precisione cosa caspita
è successo? Come mai stamattina hai visto Hermione? Credevo fossi andato da lei
ieri sera per quella faccenda di Grattastinchi, ma…
-Abbiamo dormito assieme.- spiegò
Ron tetramente. –Ieri sera era così giù che le ho proposto di sostituire
Grattastinchi per la notte, sai, una cosa simpatica con io nel letto accanto a
lei che miagolavo e facevo le fusa, giusto per tirarla un po’ su di morale… Poi
una cosa tira l’altra, ovvio, e siamo finiti a fare l’amore. E secondo me è
stato anche bello, meno appassionato ma più tenero, rispetto alle altre volte.-
sospirò, sorridendo appena. –Ma stamattina lei aveva un diavolo per capello:
tanto per cominciare ha minacciato di schiantarmi perché non mi ero alzato
subito, dopo ha iniziato tutta una dannata tiritera sul fatto che dovevo essere
il suo gatto, ma non lo sono stato e comunque se vuole un gatto se lo compra e
poi voleva un amico, ma mi ha sbattuto in faccia che non ero capace a fare
nemmeno quello… dopo, all’improvviso, si è fatta tutta rigida e mi ha chiesto se
volevo stare con lei.- guardò l’amico, scuotendo la testa. –Ma che vuol dire
tutta questa cosa? Io ti giuro che non ho capito un dannato
accidente!-
Harry sospirò pesantemente,
togliendosi gli occhiali e prendendo a pulirli con minuziosa attenzione con la
maglietta che indossava: era l’unica cosa che riuscisse a calmarlo e a fargli
dire qualcosa di normale quando si trovava a parlare con
Ron.
-Penso che Hermione abbia
finalmente ceduto a se stessa.- mormorò, alzando gli occhi su Ron; riusciva
soltanto a distinguere la sagoma dell’amico seduto sul divano di fronte a lui e
la massa rossiccia dei suoi capelli, però poteva benissimo figurarsi
l’espressione perplessa che aveva assunto Ron, così cercò le parole adatte per
spiegarsi. –Intendo dire, - continuò, rimettendosi gli occhiali. –lo sappiamo
tutti come è fatta Hermione, no? Le piace controllare la sua vita, le piace che
tutto sia in ordine e tu… tu le hai sempre scombussolato tutto
e…
-Che significa che le ho sempre
scombussolato tutto?- chiese Ron, imbronciandosi ed aggrottando le sopracciglia
con espressione contrariata.
-Che non ha mai avuto modo di
programmare le cose con te e sei stato come… la sua vena ribelle o qualcosa del
genere e… immagino che ora abbia deciso che non vuole più andare avanti
così.-
Ron fece per dire qualcosa in sua
difesa, ma non trovò delle parole che gli paressero appropriate; mormorò
soltanto un’imprecazione piuttosto fantasiosa, che voleva indicare quanto
l’avesse stupito ciò che Harry gli aveva detto, poi affondò il naso nella tazza
di caffé e mandò giù un lungo sorso.
-Spero che tu non abbia risposto
una cosa del genere, ad Hermione.- ridacchiò Harry, ma smise quando l’amico gli
lanciò un’occhiata che avrebbe potuto gelare l’Inferno. –Merlino, Ron, non le
avrai proprio detto…
-Non proprio. –borbottò tetro Ron.
–Ma penso di aver risposto qualcosa di peggio di una parolaccia, e questo è dire
tutto, mi sa.- rispose scuotendo
mestamente la testa.
-D’accordo, - sospirò Harry. –cosa
le hai detto?-
-Se poteva concedermi qualche
giorno per pensarci.- rispose Ron, stringendosi nelle spalle. –E lei si è
arrabbiata.-
Harry annuì con fare esperto, le
sopracciglia aggrottate.
-Pessima cosa, Ron: le donne odiano quando ci mostriamo insicuri di
voler stare con loro.- spiegò stringendo le labbra. –Non so se te l’ho mai
detto, - aggiunse dopo un attimo, notando che l’amico non accennava a voler dire
qualcosa e si stava incupendo a vista d’occhio. –ma la grande litigata che
abbiamo fatto io e Ginny qualche giorno prima delle nozze è avvenuta proprio
perché lei mi aveva detto che le sarebbe piaciuto avere un figlio al più presto
ed io le avevo risposto che mi servivano alcuni giorni per pensarci.- raccontò
sospirando.
Ron si sporse in avanti sulla
poltrona, ora sembrava particolarmente interessato.
-Davvero? Non lo sapevo.- disse;
poi rivolse all’amico uno sguardo timido e vagamente colpevole. –In realtà
credevamo tutti che aveste litigato perché… sai… per quella Morgana,
l’assistente che ti eri trovato per l’ufficio, e per il fatto che un po’ troppo
spesso ti cadeva l’occhio sul suo fondoschiena. Alle tue spalle mamma minacciava
incantesimi Conjunctivitis a tutto
spiano.- confessò; dopodichè aggrottò la fronte con espressione pensosa.
–Comunque io in quell’occasione avevo preso le tue difese: nessuno
sarebbe riuscito ad evitare di guardare il fondoschiena di quella ragazza, era
un autentico splendore!-
Harry
scoppiò a ridere e, suo malgrado, si ritrovò ad annuire.
-Me
lo ricordo bene e se devo essere sincero è successo che qualche volta mi sia
ritrovato a guardarla ed anche a litigare con Ginny per quello, ma è sempre
successo che abbiamo fatto pace nel giro di cinque minuti e alla fine mi sono
costretto a licenziare Morgana.- disse con un sorriso. –Ma quella volta lei non
c’entrava nulla, c’entravamo soltanto Ginny ed io con la mia insicurezza. Ti
giuro, Ron, che ho pensato che quella volta ci saremmo lasciati sul serio,
proprio qualche giorno prima del matrimonio: è stato
terribile.-
-Però
non è andata così.- osservò Ron, sorridendo all’amico. - Vi siete sposati e Lily
è nata dopo un annetto, no?-
-Già.-
sospirò Harry. –Ed è successo perché mi sono ritrovato a scongiurare Ginny come
un idiota, chiedendole di non lasciarmi e dicendole che avrei fatto con lei
tutti i figli che desiderava, anche una squadra di Quidditch al completo, e che
non volevo del tempo per pensare a nulla, perché avevo già in chiaro che l’amavo
e questo mi bastava.- confessò facendo una smorfia. –In tutta sincerità, Ron, di
questa cosa mi vergogno da morire e probabilmente è questo il motivo per cui non
te lo avevo raccontato prima. Insomma, ho ceduto a lei, no? E per quanto cedere
mi abbia reso felice, visto che mi ha dato un bellissimo matrimonio, Lily e
tutto il resto, spesso mi ritrovo a pensare che quello di Ginny non sia stato
altro che uno spudorato tentativo di manipolarmi, nonché un velato ricatto.-
concluse stringendosi nelle spalle.
Ron
annuì con foga, passandosi distrattamente una mano tra i
capelli.
-Un
ricatto in piena regola!- concordò scuotendo la testa contrariato. –Proprio come
quello che mi ha propinato Hermione questa mattina! E’ una cosa inammissibile,
è…
-E’
una cosa che le donne adorano fare.- spiegò Harry con una scrollata di spalle.
–Loro ti assecondano, fanno le gattine, poi succede che vogliono fare qualcosa e
tu non vuoi e allora ricorrono alle loro arti per fartelo
fare.-
-Ma…
ma… non è giusto, non è leale!- esclamò Ron, le orecchie che
iniziavano a colorarsi di rosso mentre lui cominciava ad alterarsi. Harry sapeva
che se voleva riuscire nel suo intento senza sorbirsi una colorita tirata sulle
donne doveva fare molta attenzione e scegliere con cura le cose da
dire.
-Alle
volte nemmeno noi siamo leali con loro.- disse in tono estremamente ragionevole.
–Però bisogna trovare degli accordi, no? Se… ci si vuole
bene.-
Ron
si ritrovò ad annuire davanti ad una cosa tanto sensata.
-Sì,
ma…
-Aspetta,
Ron, fammi finire.- lo interruppe seriamente Harry. –Tu vorresti sì o no stare
con Hermione?-
-Io…
- Ron scosse la testa, sospirando pesantemente. –Harry, è quello che mi ha
chiesto Hermione e io…
-No,
no, lascia perdere Hermione.- borbottò Harry facendo un gesto con la mano come a
voler scacciare un insetto molesto. –Stai parlando con me, è semplicemente una
confidenza, nulla di definitivo e nulla che riferirò a Hermione o Ginny. Rimane
tra me e te: vuoi stare con lei?-
-Ecco…
sì, credo di sì. Però Harry, miseriaccia, lei mette sempre tutto in un modo così
serio! Voglio dire, io capisco che forse il rapporto che abbiamo ora per lei
potrebbe essere troppo poco, però non vorrei che dicendole di sì lei si
mettesse in testa di fare troppo, capisci? Io sono uno spirito libero, io
ho bisogno del mio spazio e…
-Diglielo,
Ron.- sbuffò Harry sistemandosi gli occhiali sul naso. –Dille che sì, vuoi stare
con lei, ma non vuoi correre troppo. Penso che Hermione ti verrà incontro, ma se
tu ti mostri così poco convinto lei non può fare altro che pensare che tu non
voglia impegnarti con lei in nessun modo, ma non è così.-
-No,
non è così.- sospirò Ron; girò lo sguardo su Harry. –Dici che tra me e lei
potrebbe funzionare? Intendo… a lungo termine. Dopotutto non riusciamo a stare
per più di una notte senza litigare e …
-Immagino
che quando saprà di averti in un senso più serio di quello che è stato fina
adesso lei sarà sicuramente più calma e più dolce e poi... Grattastinchi ora non
c’è più.- aggiunse con uno sguardo significativo.
Ron
si esibì in un sorriso che sembrava terribilmente l’orribile ghigno di una iena
ridens.
-Anche
questo è vero.- sospirò. –Quindi tu dici che ora dovrei andare da lei e
risponderle che ci ho pensato e che la mia risposta è sì?- domandò con un filo
di voce.
-Certo.
Però prima ti consiglio di andare a comprare dei fiori, dei cioccolatini o
qualcosa di carino per farti perdonare: sai com’è Hermione, se ti presenti senza
nulla che la rabbonisca un poco succede che ti schianta prima che tu possa dire
qualsiasi cosa.-
Ron
annuì con espressione cupa, poi scosse la testa e si picchiettò un dito su una
tempia.
-E’
matta, quella.- mormorò. –E lo sono anche io, dato quello che sto per fare.-
commentò con espressione imbronciata; salutò Harry, dopodichè
scomparve.
Come
sempre quando aveva del tempo da spendere prima di fare qualcosa di importante,
come ad esempio giocare una partita di Quidditch o vedere una partita di
Quidditch, Ron decise di bighellonare per un po’ ad Hogsmead, sia per
assicurarsi da Accessori per il Quidditch che la sua nuova scopa da corsa
appena ordinata arrivasse in tempo per la partita di campionato, che per cercare
qualcosa di carino per Hermione che riuscisse a convincerla a farlo entrare in
casa e dargli il tempo di parlare.
Una
volta rassicurato che la sua scopa al momento si trovava nella filiale di Diagon
Alley e che sarebbe arrivata ad Hogsmead entro quella stessa sera, Ron prese a
gironzolare per le vie della città, fermandosi davanti a vetrine di negozi che
gli sembrava di non aver mai nemmeno notato.
Studiò
con minuziosa attenzione alcune confezioni a forma di cuore di cioccolatini
esposte da Il Dolce Incantesimo del Cacao, ma pensò che se avesse
presentato una di quelle scatole rosa confetto ad Hermione, lei avrebbe pensato
che la stava decisamente prendendo in giro e gli avrebbe sbattuto la porta in
faccia.
Superò
a passo spedito Madama Victoria’s Secret – Le Magie dell’Intimo,
ricordando cos’era successo l’ultima volta che aveva ardito regalare ad Hermione
della biancheria, il Natale precedente: erano tutti riuniti alla Tana, la
famiglia Weasley più Harry, Lupin, Moody e qualche altro membro dell’Ordine
della Fenice, e quando era arrivata l’ora di scartare i pacchi c’era talmente
tanta confusione che Ron non era più riuscito a trovare Hermione per dirle di
aprire il proprio regalo da sola ed in un luogo appartato; era quindi successo
che mamma Weasley, sicura che nell’elegante sacchettino che suo figlio aveva
consegnato a quella che era convinta presto sarebbe diventata sua nuora ci fosse
una piccola scatolina di velluto blu contenente un anello, aveva insistito
perché Hermione aprisse il regalo davanti a lei, Ginny, Tonks ed un’altra
dozzina di donne a cui teneva far sapere quanto fosse romantico e
galante suo figlio, e quando dal sacchetto era fuoriuscito un completino
intimo di pizzo nero con una dedica assai spinta che descriveva quando, come e
perché Hermione avrebbe potuto indossare il dono, Molly Weasley era prima
diventata cianotica e poi aveva emesso un urlo che probabilmente si era sentito
fino a Londra o, più probabile, fino ad Edinburgo. Più tardi Ron si era dovuto
sorbire non solo la predica di sua madre, che sempre urlando gli aveva
comunicato quanto fosse delusa dal suo oltraggioso comportamento e gli aveva
gentilmente dato del porco maniaco maschilista, ma anche quello di Hermione che,
pure lei strillando come una Banshee, lo aveva accusato di essere uno stupido e
gli aveva comunicato che mai avrebbe indossato quella roba dopo che mamma
Weasley sapeva che lui voleva che lei indossasse quella
roba.
Da
quel giorno, Ron aveva deciso che Hermione si sarebbe arrangiata da sola per
quanto riguardava la biancheria intima.
Ron
stava iniziando a perdersi d’animo, quando venne colto da un colpo di genio: se
c’era un posto dove poteva sicuramente trovare un regalo per Hermione,
quel posto non poteva che essere una libreria.
Si
diresse a passo spedito verso Il Tempio del Libro ed entrò, prendendo a
gironzolare per il negozio con aria alquanto sperduta, tirando giù volumi a caso
dagli scaffali polverosi.
La
verità, era che non aveva idea di cosa potesse interessare ad Hermione; o
meglio, sapeva che ad Hermione interessavano tomi di migliaia di pagine che
tutte le persone con un minimo di senno trovavano estremamente noiosi e
soporiferi, ma non sapeva né di quale genere, né dove
trovarli.
Si
diresse titubante verso il bancone, pensando che forse era il caso di chiedere
una mano a qualcuno, e rivolse un sorriso stentato alla commessa, una vecchia
strega tutta intenta a togliere le ragnatele da uno dei libri di Gilderoy
Allock; Ron attese qualche attimo, ma sembrava che la strega nemmeno lo avesse
notato.
-Mi
scusi.- la chiamò piano, temendo di farle prendere un colpo e di averla poi
sulla coscienza.
-Ha
bisogno di qualcosa?- domandò la donna senza neanche accennare ad alzare gli
occhi.
-Sto
cercando un libro.- rispose Ron in tono infastidito, non troppo entusiasta di
essere così poco considerato. –Un
libro per una ragazza.- precisò.
La
vecchia strega alzò finalmente lo sguardo e gli lanciò un’occhiata
sospettosa.
-Che
tipo di ragazza?- chiese aggirando il bancone e fermandosi davanti allo snodo
dei corridoi, come pronta ad avventurarsi in uno di essi non appena avuta una
risposta.
Ron
si grattò il mento con espressione pensosa, cercando un modo per descrivere
propriamente Hermione.
-E’
una donna.- precisò stringendosi nelle spalle. –E le piacciono le cose serie,
non le frivolezze. E’ interessata a molte cose e… accidenti, non so… comunque
lei viene qua molto spesso, sa, adora leggere. Magari la conosce.- aggiunse
speranzoso.
-Tamara
McEwan?- domandò sbrigativa. –O forse Helen Sanderson? Christina
James? Tessie Ever, Kelly Louan, Mariah…
-Hermione
Granger.- si affrettò a rispondere Ron, prima che la donna gli snocciolasse
l’intera lista delle clienti femminili.
-Oh,
la cara Hermione, ma certo!- esclamò la strega rivolgendogli ora un sorriso che
andava da un orecchio all’altro. –Hermione è la mia miglior cliente, ma non l’ho
nominata perché non pensavo che potesse frequentare un ragazzo come lei.- gli
spiegò, occhieggiando verso i suoi jeans sdruciti in fondo; Ron si rabbuiò
all’istante, ma la donna non parve farci caso. –Comunque, visto che si tratta di
Hermione credo di poter dare una mano: conosco i suoi gusti alla perfezione!
Venga con me.-
Ron
non commentò, ma vagamente rincuorato la seguì attraverso uno dei corridoi più
stretti; sorpassarono la sezione Malie e Magie, Incantesimi Comuni e si
fermarono davanti a quella di Storia degli Incantesimi, Storia delle Leggi
Magiche e Storia delle Arti Magiche.
-Ecco
qua.- disse la strega facendo un ampio gesto con la mano per indicare tutti e
tre gli scaffali. –Hermione non esce mai di qui senza un libro di una di queste
sezioni.- spiegò. –Sono sicura che qualsiasi cosa prenda le farà sicuramente
piacere.-
Ron
sorriso vittorioso e scelse un libro a caso.
-Ad
esempio questo?- domandò mostrando la copertina di un
librone.
-La
signorina ha comprato quel volume circa quattro anni fa, quando è stata nominata
direttrice del suo ufficio.- mormorò la vecchia strega, avvicinandosi allo
scaffale. –Ed anche quello.- aggiunse facendo un cenno verso il tomo che Ron
stava per prendere. –E quasi tutti i volumi del primo, secondo, terzo e quinto
scaffale.- completò con quello che secondo Ron era un sorrisetto
sadico.
-I
libri del quarto scaffale?- chiese Ron, la sconforto che sembrava essere
scomparso che tornava ad opprimergli lo stomaco.
-Per
la signorina Hermione i libri del quarto scaffale sono decisamente inutili,
poiché sono tutti volumi non professionali, che trattano l’argomento in un modo
superficiale; dato il suo lavoro ed i suoi interessi le conoscenze della
signorina sono già di gran lunga superiori a ciò che è scritto qua dentro.-
spiegò la donna in tono compito. –Mi dispiace, signore.-
Ron
si passò una mano sul volto, pregando che non fosse colto da un raptus omicida
che lo avrebbe sicuramente indotto a tirare il collo a quell’adorabile
vecchina.
-Crede
che ci sia un libro che Hermione ancora non ha comprato?- domandò in tono calmo,
prendendo un respiro profondo.
-Oh…
non saprei.- mormorò la strega. –Questo, forse.- disse recuperando dal fondo
dello scaffale un libricino di una ventina di pagine al massimo che si
intitolava Guida pratica all’Incantesimo d’Appello.
Ron
scosse la testa, togliendo il libro di mano alla donna e rimettendolo a posto
con un gesto stizzito.
-Volevo
regalarle un libro per farmi perdonare per una sciocchezza, ma con quello penso
che si potrebbe soltanto arrabbiare di più.- spiegò sbuffando. –Grazie
dell’aiuto, ma credo che punterò su qualcosa d’altro.-
Si
diresse a passo spedito verso la porta, la donna che gli trotterellava dietro.
Era praticamente in strada, quando venne richiamato.
-Signore
– lo chiamò la strega dall’interno. –se fossi in lei darei un’occhiata alla
cartoleria La Piuma Magica: la signorina Granger avrà bisogno di una
penna nel suo ufficio, non crede?-
Ron
evitò accuratamente di rispondere in alcun modo, ma imboccò comunque una
stradina sulla destra, ritrovandosi davanti la cartoleria di cui aveva parlato
la donna.
Non
ce la faceva più a cercare qualcosa di adatto, quindi decise che avrebbe preso
una qualsiasi cosa vagamente carina che non costasse più di quindici galeoni,
una somma già piuttosto alta, a suo parere.
Gironzolò
per gli scaffali, guardando le varie penne esposte, esaminando il prezzo di
ognuna. Alla fine optò per una bianchissima piuma d’oca dall’impugnatura
d’argento intarsiato; era elegante e raffinata e costava soltanto dodici
galeoni.
Fece
per andare alla cassa, quando qualcosa gli urtò contro la gamba; abbassò lo
sguardo su una bimbetta di sei anni al massimo, che all’istante scoppiò a
piangere.
-Oh,
no, piccola, non è successo niente.- tentò di tranquillizzarla chinandosi verso
di lei e sorridendole; la bambina pianse più forte e Ron si accorse che molte
delle persone presenti nel negozio avevano abbandonato i loro acquisti per
guardarlo male. –Silenzio, piccola.- le intimò. –Per favore! Ti regalo qualcosa
se la smetti.- aggiunse.
La
bimba smise immediatamente di strillare, le lacrime che sembravano già essere
scomparse.
-Cosa
mi regali?- domandò curiosa.
-Ecco…
questa bellissima piuma, vedi, con il pennino in…
-Non
voglio una piuma!- esclamò la bambina, riprendere a piangere. –Io voglio un
gattino!-
Ron
aprì la bocca per dire qualcosa, ma subito la richiuse, mentre un’illuminazione
improvvisa lo coglieva.
-Chiedilo
ai tuoi genitori, piccola.- le disse prima di posare la piuma per Hermione su un
ripiano a caso ed uscire fulmineamente dal negozio per raggiungere nuovamente la
strada principale.
Ron
sapeva benissimo che l’orario di chiusura dell’Ufficio per l’Uso Improprio delle
Arti Magiche erano le cinque e trenta precise, ma sapeva altrettanto bene che
Hermione, tra pratiche da firmare portate in ritardo e la sua mania di tirarsi
avanti con il lavoro, non usciva mai prima delle sei meno un
quarto.
Sapeva
anche che Hermione non appena arrivava a casa dal lavoro era sempre nervosa e di
cattivo umore, cosa che non lo avrebbe aiutato affatto, e che aveva bisogno di
una ventina di minuti per indossare qualcosa di più comodo, farsi un tè e
rilassarsi leggendo almeno un capitolo del libro del momento; per questo motivo
Ron si Materializzò fuori dal suo appartamento alle sei e quindici precise e,
facendosi coraggio, suonò il campanello.
Hermione
aprì la porta con un sorriso caloroso e Ron pensò che forse le cose sarebbero
state più facili del previsto; quel sorriso, però, si spense non appena lei lo
riconobbe e Ron ritirò immediatamente il pensiero
precedente.
-Sei
tu.- constatò Hermione senza alcun entusiasmo, piuttosto un po’
delusa.
-Già.-
sorrise Ron. –Sono io. Aspettavi forse qualcun altro?- borbottò accigliato.
Forse aveva invitato un uomo, forse…
-In
realtà sì, Ginny dovrebbe essere qui a minuti. Tu cosa vuoi?- gli chiese
bruscamente, appoggiando un braccio contro lo stipite opposto della porta per
impedirgli di entrare.
-Ho
due piccole palle di pelo arancione da consegnare.- mugugnò Ron, accennando con
il mento alla grande scatola che teneva in mano. –E vorrei anche
parlarti.-
Hermione
inarcò un sopracciglio, l’espressione decisamente
sospettosa.
-Cos’è
che dovresti darmi?-
-Una
cosa, Hermione.- borbottò Ron. –Se mi fai entrare…
-In
casa mia non entri più, Ronald.- disse lei duramente. –Non ho intenzione di
ritirare le parole che ho detto stamattina e… “addio” mi sembra una cosa
abbastanza chiara, non credi?-
-Io
credo che dovresti farmi entrare, così potremmo parlarne con calma.- mormorò Ron
regalandole un sorriso che pensava fosse irresistibile; lei evidentemente era di
altro parere, poiché non si smosse di un millimetro.
-Se
hai qualcosa da dire puoi farlo qui. Hai due secondi e l’unica cosa che tu possa
dire per farmi cambiare idea è “sì”.-
Ron
considerò per qualche attimo di dirlo e di sistemare poi le cose una volta dopo
essere entrato, ma immaginò che se avesse detto di sì e dentro si fosse messo a
ritrattare tutto Hermione si sarebbe arrabbiata ancora di
più.
-Hermione…
- cominciò in tono suadente, cercando di rabbonirla, ma lei alzò una mano per
zittirlo.
-Risposta
sbagliata e tempo scaduto, Ron.- lo interruppe. –Ed ora puoi anche
andartene.-
Ron
fece per ribattere, ma all’ultimo momento si astenne.
-D’accordo.-
disse invece. –Io me ne vado, come ti pare. Però non mi tengo questa roba, non
saprei cosa farmene.- disse allungando le braccia per consegnare la scatola ad
Hermione; lei d’istinto fece un passo indietro e Ron approfittò del fatto che
avesse tolto il braccio dallo stipite per oltrepassarla e farsi strada dentro
casa.
-Grazie
per avermi fatto entrare.- borbottò facendo una smorfia ed andando a sedersi sul
divano, depositando la scatola sul tavolino di fronte a sé. –Ora se tu fossi
così gentile da sederti ed ascoltarmi…
Hermione,
le braccia strettamente serrate al petto e l’espressione che non prometteva
nulla di buono, si andò a sedere sulla poltrona di fronte al divano su cui stava
Ron e si appoggiò rigidamente allo schienale.
-Dimmi
cosa diavolo vuoi e facciamola finita.- sbottò in tono stizzito. –Non voglio
perdere tempo.-
-Molto
bene, non prediamo tempo: apri il mio regalo e poi parliamo.- disse Ron
spingendo la scatola verso di lei. –Fai piano però, è una cosa delicata.-
aggiunse con un sorriso.
Lei
stava per dirgli che sapeva dove se lo poteva ficcare, il suo stupidissimo
regalo, quando questo emise uno strano verso e si mosse. Hermione fissò stupita
prima Ron e poi la scatola; la curiosità prese il sopravvento e così si piegò in
avanti sulla poltrona, allungò una mano e tolse lentamente il
coperchio.
Dentro
la scatola, accoccolato su una coperta rossa, c’era un piccolo gattino arancione
con un enorme fiocco rosso legato al collo che dormiva beatamente; Hermione
spalancò la bocca, assolutamente sorpresa, dopodichè accarezzò con due dita il
micino, che sbadigliò e prese a stiracchiarsi.
Hermione
lo prese in mano e se lo strinse cautamente al petto, dandogli dei piccoli
grattini sotto al mento e sorridendo quando quello prese a fare le
fusa.
-Ron…
- disse alzando improvvisamente lo sguardo sul ragazzo, come se si fosse appena
ricordata di lui. –Santo cielo, è così piccolo!-
-Ha
tre mesi.- spiegò Ron. -Spero che ti piaccia.- aggiunse titubante. –Ho girato
tutta Hogsmead prima di trovarlo.-
-Oh,
certo che mi piace.- rispose Hermione, senza smettere di accarezzare il gattino.
–Però non dovevi, Ron, non…
-Invece
dovevo, Hermione.- la interruppe lui stringendosi nelle spalle. –Dovevo
prendertelo perché Grattastinchi non c’è più e tu hai bisogno di un gatto, di un
amico che ti scaldi la pancia e faccia le fusa, perché… beh, è stato dimostrato
che io come gatto non valgo proprio niente. Così ti ho portato un’altra piccola
palla di pelo arancione… è praticamente uguale a Grattastinchi, no? Lo so che
non è spelacchiato, ma quando ho chiesto a Madama Sibilla se ne aveva uno
spelacchiato lei mi ha cacciato dal negozio, urlandomi contro che tutti i suoi
animali erano in perfetto stato, e non mi ha fatto rientrare fino a quando non
le ho assicurato che stavo scherzando.-
Hermione
suo malgrado ridacchiò, ma subito ritornò seria. Posò il gattino sulle proprie
ginocchia e prese a fissare Ron.
Avrebbe
voluto urlargli addosso che non poteva sperare di comprarla con un gatto, che
questa volta non lo avrebbe perdonato così facilmente, che non aveva intenzione
di starsene lì seduta ad ascoltare le mille stupidissime scuse che lui le
avrebbe rifilato per non mettersi con lei, ma tutte le parole arrabbiate che le
vorticavano in testa sembrava che non avessero la minima intenzione di
uscire.
-Avevi
detto di avere due piccole palle di pelo arancione da consegnare.-
mormorò invece con un filo di voce.
Ron
annuì, il suo sorriso che si faceva appena più rigido.
-Già.
Ecco, la seconda sono io.- disse aprendo le braccia, come a voler far vedere
cosa aveva da offrire. –A disposizione.-
Hermione
sospirò pesantemente, abbandonando la testa sullo schienale della
poltrona.
-Ho
già disposto di te, Ron.- disse lentamente. –E… te l’ho già detto, non voglio
più che vada avanti così.-
-Lo
so.- annuì Ron. –Lo so e… sono d’accordo con te.- sospirò, passandosi una mano
tra i capelli. –Hermione, io voglio stare con te. Io… sostanzialmente è da un
anno che non esco più con una ragazza che non sia tu e questo ti assicuro che
per un uomo significa essere praticamente sposato. Però io ho la mia
squadra, gli allenamenti, le partite…
-Ed
io ho il mio lavoro.- lo interruppe Hermione. –E non voglio rinunciarci, proprio
come te. Non voglio che nessuno soffochi l’altro, non è necessario che cambiamo
tutte le nostre abitudini per stare insieme, no?-
-Penso di no.- rispose Ron
stringendosi nelle spalle. –Voglio dire… anche Harry e Ginny sono molto diversi,
eppure questo non gli ha impedito di crearsi una
famiglia.-
-Esatto.- mormorò Hermione con un
sorriso. –Tu andrai alle tue partite ed io tutti i giorni al lavoro; la
differenza sarà che quando torneremo a casa sapremo che l’altro ci starà
aspettando.-
-Non sembra così spiacevole.-
commentò Ron sorridendo. Sospirò, poi aggiunse sommessamente: -Il mio è un sì,
Hermione.-
-Oh, Ron.- sussurrò lei con un
sospiro di sollievo. -Pensavo che non l'avresti mai detto,
credevo...
Lui annuì brevemente e
rigidamente, come a volerle comunicare che sapeva benissimo cosa lei credeva, e
che non c'era bisogno che glielo dicesse; si stese sul divano, battendosi una
mano sul petto. –E adesso che ci siamo chiariti non potresti venire
qua?-
Hermione
non se lo fece ripetere due volte: posò il gattino sulla coperta ed oltrepassò
il tavolino, sdraiandosi accanto a Ron ed appoggiando la testa sulla sua spalla.
Rimasero abbracciati in silenzio per un po’, poi Ron diede un leggero colpetto
ad Hermione.
-A
che pensi?- le chiese sfiorandole il collo con le labbra.
-Stavo
pensando al nome del gatto.- rispose lei, allungando una mano per accarezzare il
micio. –Penso che lo chiamerò Palla, diminutivo di Piccola Palla Di Pelo
Arancione.-
-Un
nome decisamente artistico.- ridacchiò Ron; poi tornò serio. –Quando credi che
potrò trasferirmi da te?- domandò in tono compito.
Hermione
alzò di un poco la testa per riuscire a guardarlo in
volto.
-Vorresti
davvero venire a vivere qui?-
Ron
alzò le spalle.
-So
per esperienza che tendi a cedere il posto nel letto accanto a te ad occupanti
felini, quindi vorrei prendere possesso del territorio prima che lo faccia
Palla.- rispose in un tono talmente serio che Hermione scoppiò a
ridere.
-D’accordo,
allora.- acconsentì. –Per me va bene anche da ora.-
-Perfetto.-
commentò Ron prima di abbassare il volto verso Hermione e baciarla; lei ricambiò
il bacio e si sistemò meglio tra le sue braccia, concedendogli maggiore accesso
alla sua bocca.
Fu
proprio nel momento in cui le mani di Ron si avventurarono sotto la maglietta di
Hermione che la porta dell’appartamento si spalancò ed entrò Ginny, seguita a
ruota da Molly Weasley che era tutta un borbottio.
-Che
ragazzo!- stava dicendo scuotendo la testa. –Hermione, cara, dove sei?- domandò
a voce più alta. –Ho saputo di Grattastinchi, mi dispiace tanto, ed Harry mi ha
anche detto che hai litigato con Ronald.- aggiunse con disappunto. –Mi dispiace,
mia cara. Che ragazzo, per la miseria!- scosse nuovamente la testa. –Hermione,
tesoro, non è il caso che tu ti nasconda perché io sono sua madre: lo sai che su
questo frangente io do sempre ragione a te!-
-Grazie
tante, mamma.- disse Ron agitando una mano oltre la spalliera del divano.
–Comunque Hermione è qui.- aggiunse. –Che dici, vieni a sederti o te ne stai lì
a criticarmi dietro le spalle?-
Molly
e Ginny attraversarono il salotto, andando a sedersi sulle due poltrone, e Ron
ed Hermione si tirarono su, ma non abbastanza in fretta perché mamma Weasley non
notasse la loro iniziale posizione.
Sfoggiò
un sorriso da un orecchio all’altro, dando di gomito a Ginny, che quasi fece
cadere il gatto, che aveva appena preso in braccio, poi assunse un’aria
noncurante.
-Avete
qualcosa da comunicarci, per caso?- domandò in tono
casuale.
Ron
ed Hermione si scambiarono un’occhiata, ritrovandosi poi ad annuire in
contemporanea.
-Una
cosa ci sarebbe.- mormorò timidamente Hermione.
-Vi
sposate!- esclamò Molly, senza riuscire a trattenersi. –Le hai appena dato
l’anello!-
-No,
mamma.- sospirò Ron, sconsolato. –Le ho appena dato un gatto, in realtà.- disse
indicando con un cenno del capo Palla in braccio alla
sorella.
-Oh,
che cosa carina!- cinguettò mamma Weasley. –Ora vi
sposerete!-
-Non
lo sappiamo.- disse Hermione. –Per ora abbiamo soltanto deciso di
convivere.-
Ginny
lanciò agli amici uno sguardo sorpreso, aprendo la bocca per congratularsi, ma
Molly la tacitò con un gesto della mano.
-Ma
questo significa che allora presto vi sposerete,
no?-
Ron
ed Hermione si scambiarono uno sguardo esasperato e fecero per ribattere, ma
mamma Weasley non ne diede loro il tempo.
-Sei
così fortunata, Hermione cara. - continuò in tono eccitato. -Proprio ieri
mattina mi è capitato, per caso, di fare un salto in soffitta e notare che il
mio abito da sposa è ancora in perfette condizioni!- spiegò annuendo con
convinzione; poi sospirò e si portò una mano sul cuore. -Sono così contenta che
voi due vi sposiate! Devo subito correre a dirlo a
tutti!-