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Autore: Arisu95    29/01/2012    4 recensioni
Un buon soldato é colui che lotta al fianco del suo superiore.
Nel bene e nel male.
Sempre.
Era quello a cui Ludwig, seppur combattuto dal suo cuore, si ostinava a credere.
E a poco e nulla sembravano servire gli sforzi di Gilbert nel fargli cambiare idea.
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One-Shot sullo sfondo della WWII ... L'idea mi é venuta l'altro giorno mentre guardavo uno speciale sul Giorno della Memoria ...
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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NOTE. Non so quanto gli avvertimenti siano corretti, sono un po' una frana in queste cose. Non so nemmeno se dovrei postarla, diciamo che come argomento la Seconda Guerra Mondiale é molto delicato, e non me la sono mai sentita di scrivere nulla a proposito. Ma non so, ieri sera mi é preso l'istinto di scriverla ... Perciò ho deciso di dargli una possibilità. Spero di non aver preso troppo alla leggera l'argomento, e se l'ho fatto mi scuso infinitamente ... =/

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- Dovere di un Buon Soldato -

 

 

Il sole pallido brillava nel cielo un po' annuvolato.
Uomini e donne camminavano per le vie, chiacchieravano, ridevano e scherzavano insieme nei locali e nelle case..
Come sempre facevano, come avevano fatto il giorno prima e come avrebbero fatto il giorno seguente.

I bambini giocavano per le vie, allegri ed innocenti, correndo e saltando insieme al loro presente, senza passato ed ignari del futuro.
Un profumo di dolci e di pane appena sfornati si spargeva per le vie, ad avvisare gli adulti che era ora di comprare il pane per la cena, facendo arrivare i bimbi a frotte, con i nasi deformati sui vetri e lo stomaco all'improvviso vuoto, affamato di torte e di paste.

Una cittadina qualsiasi.
Il clima tranquillo e accogliente.

Nessuno avrebbe mai immaginato cosa qualcuno stava già tramando nei minimi dettagli.


Gilbert camminava per quelle strade, e mentre tutti sorridevano, il suo viso era stranamente inquieto ed angosciato.
Il superiore di suo fratello era cambiato.


Ludwig aveva trattenuto Gilbert al telefono per ore, e se inizialmente parlava timidamente e dubbioso delle teorie strane del suo superiore, ultimamente gliele descriveva con una tale esaltazione, una così grande forza d'animo, che parevano davvero essere idee positive e rivoluzionarie.
L'albino, così travolto da mille parole, quasi si fece convincere da suo fratello, che quelle idee erano davvero buone e giuste.

Poi si mise a riflettere.
Quel superiore non gli aveva mai dato molta fiducia.
Talvolta aveva pensato che fosse pazzo, ma alzando le spalle concludeva spesso con un sospiro, come a dire  'se mio fratello lo ascolta, tanto pazzo non sarà'.

Invece no.
Gilbert non si sbagliava affatto.
Nelle ultime chiamate, Ludwig pareva essersi trasformato in un'altra persona.
Non c'era più nulla di umano in cio' che diceva.
Solo tante parole piene di orgoglio per la meravigliosa razza a cui apparteneva, e altrettante di disprezzo per tutti gli altri.

'Ah Gil, il mondo sarebbe davvero migliore se fossero tutti ariani come noi!' - Aveva detto in una risata malata, aggiungendo poi 'ma il mio superiore penserà anche a questo'.


L'albino aveva provato a farlo tornare sui suoi passi, ricordandogli tutto cio' che gli aveva insegnato, in quanto fratello, mentore e padre.
Ma Ludwig sembrava non capire.
Pareva fuori di senno, completamente adulato dal suo superiore.
Ormai cio' che Gilbert diceva pareva non avere più importanza.

C'era solo il suo superiore.
'Perché lui ha davvero un cuore grande!' andava dicendo Ludwig, e l'albino sapeva di averlo ormai perso.

Quel superiore era davvero un pazzo, e ormai aveva fatto al suo fratellino il lavaggio del cervello.
Di tutto quello che gli aveva insegnato lui, Gilbert Beilschmidt, sembrava non essere rimasto nulla.

Aveva voluto fare, tuttavia, un ultimo tentativo.
Incontrare Ludwig di persona, e cercare di farlo tornare in sé.

E mentre pensava a cosa gli avrebbe detto, cosa avrebbe fatto, e all'intera faccenda, era già entrato a casa sua.

"Gil!" - Gli sorrise Ludwig dandogli una pacca sulla spalla.

Come poteva ... Come poteva sorridere in quel modo?
Come poteva essere lo stesso uomo che al telefono gli cantava di un futuro disastroso, fatto di false illusioni?

"Ciao Lud ... Dobbiamo parlare. A proposito dl tuo superiore ..." - Rispose l'albino. Erano rare le volte in cui era così serio.

"Oh! Ancora di questo? Ti ho spiegato largamente i suoi meravigliosi progetti!" - Esclamò Ludwig.

Sembrava sinceramente entusiasta ...
Gilbert non ce la faceva più a vederlo così.
Lo conosceva da quando era bambino, e vedeva qualcosa di strano nel suo comportamento.
Come se in cuor suo, molto in profondo, avesse ancora dei dubbi.
E per Dio! Quanto sperava che nutrisse dubbi!

"I suoi progetti non sono meravigliosi. E' un pazzo, West." - Proferì serio Gilbert, guardandolo negli occhi.

Ludwig sfuggì con lo sguardo, e d'un tratto si fece gelido e distaccato.

"No ... Non é un pazzo, ti sbagli. Il mondo aveva bisogno di uno come lui." - Il viso del tedesco era come stravolto, in preda ad un sadismo malato - "Non é questione di giusto o sbagliato. C'è una razza superiore, la mia e la tua, e razze inferiori. Queste non sono teorie, é scienza."

"Ludwig! Ti rendi conto di quello che stai dicendo ??!! Sei completamente impazzito!"

"No ... No, non lo sono. Ho semplicemente aperto gli occhi. Dovresti farlo anche tu."

Ludwig non sapeva fino a che punto credeva in quello che stava dicendo.
Ma era il suo superiore a dirlo, e lui ne era il suo più fedele soldato.
E questo doveva fare un buon soldato.
Appoggiare ciecamente il proprio superiore, perchè egli conosce il bene del proprio Paese e lo guida per portarlo alla salute.
Un buon soldato esegue sempre gli ordini di chi è sopra di lui.
E lui non era un soldato qualsiasi ... Era l'intera Germania.

L'albino era senza parole.
Sapeva cosa sarebbe successo da lì a poco.
Quel superiore era un pazzo, davvero un pazzo.
Gilbert si sorprese al pensiero che Ludwig era riuscito ad accettare cio' che diceva.
Gli aveva imbottito la testa di stupidaggini, e svuotargliela non sarebbe stato facile.
Mentre Ludwig al telefono gli parlava delle idee rivoluzionarie a cui stava aderendo, un paesaggio orribile si dipingeva nei suoi occhi dalle iridi rosse.
Voleva fermarlo, doveva convincerlo, riportare il suo amato fratellino alla ragione ...

"West! Ti rendi almeno conto di quello che hai intenzione di fare?!" - Gli chiese Gilbert preoccupato, interrompendo l'ennesimo discorso che l'altro uomo stava facendo, tutto impegnato a descrivere teorie ed idee a suo parere strabilianti.

"Certo che sì. Quei cani non meritano di vivere. Sono una razza bastarda, meticcia, inferiore. Mi chiedo perché Dio metta al mondo creature tanto imperfette ..." - Sentenziò freddamente Ludwig, con un mezzo sorriso malato sulle labbra secche.

Gilbert rimase a guardarlo a bocca aperta, gli occhi scarlatti e allarmati a fissare quelli azzurri e gelidi del fratello.
No, non era il Ludwig che conosceva.
Quello non era il suo fratellino.
Non poteva essere lui.

Guardava quegli occhi azzurri e stretti, come ipnotizzato.
Quegli occhi ...
Come potevano essere gli stessi?

Come potevano essere gli occhi di quel bimbo paffuto che spiava la domestica di Austria arrossendo di timide emozioni?

Come poteva essere quel moccioso rompiscatole che allungava le braccia grassottelle verso di lui chiedendogli di sollevarlo, quando era stanco e la strada verso casa era ancora tanto lunga?

Gilbert pensava alla loro vecchia casa.
In quei tempi lontani in cui vivevano insieme, lui glorioso come non mai, allo sbaraglio per l'Europa, e Ludwig a sorridergli felice con quegli occhioni azzurri, ogni volta che lo vedeva, guardandolo, ammirandolo, chiedendogli delle sue avventure e addormentandosi dolcemente sulla sua spalla, sempre a metà del racconto.

Ora invece, quegli stessi occhi lo evitavano.
L'iride azzurro cielo era diventata di ghiaccio.
I capelli biondi arruffati ora pettinati all'indietro.
Quel viso pieno come un krapfen era un dolce ricordo.
Ora c'era spazio solo per un volto severo, intransigente, dai tratti duri e spigolosi.

Dalla barba appena fatta emergevano gocce di sudore, che correvano silenziose e svelte verso la mascella, dove Ludwig si passava nervosamente la mano.
Non aveva nemmeno il coraggio di guardare in faccia suo fratello.

"Lud ..." - Gilbert sospirò sconsolato. - "Come diavolo puoi ..."

"Smettila di farmi la predica!" - Gridò duramente Ludwig - "Ho ragione io, e non sei nessuno per dirmi il contrario! Pulirò questo mondo da tutta la spazzatura."

L'albino lo guardò con il terrore dipinto negli occhi scarlatti, capendo a cosa alludesse con il termine 'spazzatura' ... No, questa storia era un qualcosa di patologico. Prevedeva uno dei più grandi disastri di tutti i tempi.

"E mi sbarazzerò ... Anche di te. Qualora il mio superiore me lo chieda." - Ludwig affermò freddo e impassibile, occhi e bocca sadici ed assetati di sangue e di morte.

E mentre quelle parole spietate uscivano dalla sua bocca, il battito del suo cuore aumentava,così come il sudore freddo, e sentì un gran gelo nel cuore.
Stava sbagliando ... Sì, stava assolutamente sbagliando tutto.
Ma il suo superiore aveva ordinato questo ...
E un soldato non disobbedisce mai agli ordini, costi quel che costi.

Ormai era diventato un robot.
Non era più un uomo, no, nel suo petto non batteva più alcun cuore e attraverso i suoi occhi vedeva solo comandi, armi, sangue e morte.

Tanta, tanta morte.
Ed era giusto così.
... Sì, era giusto.
Un soldato non ascolta mai il suo cuore.
Mai.

Gilbert andò verso di lui, fuoco negli occhi, con lo sguardo severo e orgoglioso come una maschera, come a nascondere un profondo dolore.

Allungò la mano verso il suo petto.

"Ho provato a convincerti. Ho provato a dirti che stai per fare una cosa orribile. Non trovo nemmeno le parole per descrivere quanto questa strage sia assurda e insensata. Vuoi ascoltare il tuo superiore? Bene ..."

Gli strappò via bruscamente la croce di ferro prussiana dalla divisa e se la mise in tasca, stringendola nella mano con rabbia.

"... Ma dimenticati di me. Ludwig, ti disconosco come fratello. Non azzardarti mai più a portare il mio cognome. Inquina pure la mia croce con una svastica. Mettitela pure al braccio. Inciditela sulla schiena. Ammazza Ludwig, ammazza quanta più gente puoi. Ma sappi che pagherai per questo. Pensavo che il tuo superiore fosse pazzo. Ma tu sei più pazzo di lui ad ascoltarlo."


Ludwig rimase immobile come una statua di marmo ad ascoltarlo, con gli occhi gelidi a cercare una fuga.
Una fuga, sì.
Voleva scappare ... Scappare da tutto e da tutti.
Da Gilbert, dalle altre Nazioni, dal suo superiore.
Dal suo passato, dal suo presente e dal suo futuro.

Non aveva scelta, ormai.
Doveva obbedire, perchè questo fa un soldato.
Non poteva sfuggire al presente, in nessun modo.
Avrebbe tanto voluto trafiggersi il costato da parte e parte, ma sapeva che nulla sarebbe cambiato.

Era una Nazione, lui.
Avrebbe potuto trafiggersi il corpo tutte le volte che voleva, perdere litri di sangue, amputarsi braccia e gambe, farsi sfigurare il viso ...
Ma non sarebbe cambiato nulla.
Il suo cuore avrebbe continuato a battere, tanto nel suo attuale corpo scolpito, quanto in un ammasso di carne da macello.
Perché Ludwig non era un uomo qualsiasi.
Era una Nazione, e una Nazione non muore mai se non è il suo momento.
Non importa quanto male si faccia.
Può desiderare la morte, cercarla, implorarla, ma da tutti i suoi sforzi sortirebbe solo dolore.

I suoi compagni, comuni mortali, bramano la sua immortalità.
Non capiscono che é una maledizione.
Vivere senza che si prospetti mai una fine é da suicidio.
E neppure il suicidio cambierebbe le cose.
No, nemmeno quello.
Vivere, vivere, vivere, non c'è altra scelta.

Vivere come un condannato a morte, sapendo che l'agognata morte non arriverà mai.


La scena si era congelata.
Gilbert guardava Ludwig con il cuore infranto.
Quanto é doloroso separarsi dai figli e dai fratelli.
Quanto é doloroso vederli sbagliare e non riuscire a far nulla per cambiare le cose.

L'albino avrebbe potuto combattere di più per convincerlo, ma sapeva che nulla sarebbe cambiato.
Cos'era lui, infondo ...?
Una Nazione morta.
Vagava per le sue antiche terre, che aveva deciso di lasciare in mano al fratellino, vedendolo così sano, robusto, pieno di vita e di sani principi.

No ... Si sbagliava.
Aveva sbagliato tutto.
Ludwig non era diventato l'uomo che credeva.
Ne aveva avuto la stessa visione distorta e benevola che hanno i genitori dei propri figli.

Gilbert non era un santo, su questo non ci pioveva.
Ma mai sarebbe arrivato a tanto.
No, non era mai stato così disciplinato verso i suoi superiori quanto suo fratello.
All'inizio pensava che fosse un bene.
Perché 'ribelle' sembra sinonimo di indisciplinato, di ostile, di un qualcosa di sbagliato.
La disciplina sembrava essere tutto, specie in campo militare.
Invece, in quel momento, si rese conto che non c'é nulla di peggio dell'obbedienza cieca.


L'albino sentì qualcosa di bagnato scorrergli lungo la mano in tasca.
Aveva stretto quella croce di ferro così forte che gli si era bucata la pelle, ed ora il suo sangue scuro e caldo scorreva lento sporcando il ferro e la stoffa.

Strinse i denti sollevando appena il labbro nervoso, la testa inclinata verso il fratello minore, gli occhi scarlatti inondati di rabbia gli lanciavano lame affilate.


L'altro rimase in piedi, le labbra secche serrate, la mascella e la fronte gelide e sudate, gli occhi di ghiaccio fissi nel vuoto, le spalle larghe e immobili, le mani bianche e strette in pugni, presi da fremiti e tremori.

Senza quella croce sul petto sentiva che gli mancava qualcosa.
Qualcosa di importante.

No ... A parlare era stato il suo cuore.
E un soldato non ascolta mai il suo cuore.
Disciplina, obbedienza, onore.
Questo era un soldato.
Difensore e prode esecutore degli ordini del suo superiore.
Sì, questo significava essere un vero soldato.

Ce l'avrebbe fatta anche da solo.
Perdere Gilbert non doveva significare nulla.
Se la pensava in maniera differente da lui, altri non era che un debole, un cane, qualcuno da eliminare il prima possibile.
Povero lui, che non riesce ad affrontare la verità.
Perché sì, non tutti sono uguali, c'è chi é migliore e chi no.
Sì ... Doveva essere per forza così.
E' quello che aveva detto il suo superiore.
Il soldato è portavoce del suo comandante.
Sempre.


Gilbert si voltò sconsolato incamminandosi verso la porta.
Se ne sarebbe andato, Nazione senza più terre, in qualche luogo sperduto del suo antico regno.
Ci aveva provato lui, a far ragionare Ludwig.
Se nulla era riuscito a fermarlo, significava che il destino aveva parlato.
E Gilbert avrebbe solo aspettato il destino.
Avrebbe aspettato il suo verdetto, e se Destino cantava la sua morte, Morte avrebbe aspettato.
Erano secoli che viveva, e ormai sentiva che la sua lunga vita stava volgendo al termine.
Ormai non era che un nome svolazzante nell'aria e sui libri di storia.
Si era, anzi, meravigliato di essere ancora vivo.

Si schiarì la voce, e parlò per l'ultima volta a colui che un tempo era il suo amato fratellino.


"Un buon soldato non é colui che sa obbedire. Un buon soldato é quello che sa cos'è bene e cos'è male e combatte al fianco del primo per sconfiggere il secondo. Il vero soldato lotta per cio' che è giusto. E questa é una cosa che scoprirà solo ascoltando il proprio cuore, nessun altro. Il cuore é superiore all'obbedienza. Pensavo di avertelo insegnato, ma mi sbagliavo. Addio, West ..."


E quell'ultimo nome gli riempì la bocca di una remota dolcezza che gli diede la nausea, mentre sentiva la porta scricchiolare e chiudersi dietro di sé, mentre angosciato da orrende visioni si incamminò verso casa.

 

.Fine.

  
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