Amava
il tramonto.
Era uno di quei momenti che la sua
anima si metteva in pace con il mondo.
Uno di quei momenti nei quali dentro
lei nasceva una nuova speranza.
Il suo amico Sole in tutta la sua
maestosità stava discendendo quel tappeto rosso con sfumature tendenti
all’arancio fino al rosa più chiaro agli estremi, che era il
cielo.
Attraverso le tenebre avrebbe percorso
un nuovo viaggio per poi risalire il cielo rinvigorito e con nuova
luce.
E lei sperava con tutte le sue forze di
poter essere lì, l’indomani, a contemplare quel nuovo spettacolo per i suoi
occhi.
Una sensazione di calore le si
insinuava nel più profondo dell’anima.
Dopo quella notizia non era più sicura
che potesse provare una sensazione diversa dal calore e dalla solitudine che
gelida si faceva sentire in tutto il suo peso.
Una lontana cantilena
risuonava.
Percepiva il ritmo creato dalle
percussioni e quella melodia che aveva accompagnato dolcemente i suoi sogni fin
da bambina.
Quasi, quasi sarebbe rimasta
lì..
Un leggero e freddo vento si stava
alzando come a farle sentire che era viva.
La sua mente era sgombra da
pensieri.
Alzò la testa per sentire meglio quella
sensazione che contrastava piacevolmente con la temperatura del suo
corpo.
Si sentiva mancare lentamente le
energie.
Guardò il Sole che oramai era nel suo
ultimo tratto prima di sparire dalla sua vista.
Il cielo si era scurito assumendo
tonalità più fredde.
Qualche stella timida
risplendeva.
Toccò il terreno arido e poi si sdraiò
aspettando di vedere il comparire delle tenebre.
Ripensò a un anno fa, quando la vita
del suo villaggio era molto diversa.
Non c’era l’ospedale o il piccolo
altare dove pregare.
Non c’erano neanche la scuola o i
volontari a insegnare cose nuove e divertenti come la recitazione o le storie
degli altri continenti, di popoli che avevano calpestato la piccola porzione di
terra nella quale era sdraiata tanti, tanti anni fa.
Era incredibile tutto
questo.
Poi pensò ai suoi fratellini più
piccoli.
E alla sua mamma che era morta quando
lei aveva due anni.
Pensò alle ingiustizie della
vita.
E divenne triste.
Poi però risentì quel gelido vento
accarezzarle il profilo e la sua mente si risvegliò da quello stato di torpore
nel quale era caduta, in quella trappola di rabbia contornata da domande alle
quali non sapeva dare risposta.
E poi, la sua mente andò
all’altare.
Quel luogo la
rassicurava.
Poteva soltanto chiudendo gli occhi,
penetrarvi.
Era molto semplice e le poche
decorazioni erano tutte concentrate in quel piccolo
spazio.
Un candelabro con poche e consunte
candele risplendeva nel suo cuore.
Di nuovo quel ritmo e la nenia della
sua infanzia.
Che dolce
torpore.
Stanchezza.
I suoi occhi serrati in una morsa di
amarezza.
Avrebbe voluto essere tante lei stesse,
vedersi uscire la sera con le amiche, aiutare altri bambini come lei imparando
quelle arti, oppure soltanto crescere felice e in salute, o ancora esplorare
tutti quei posti che le venivano descritti come meravigliosi,…, oh, quante cose
avrebbe voluto fare.
Ma invece era lì.
Non c’erano rimproveri nel suo cuore
verso chi avrebbe potuto.
Aveva visto l’infinità del
cielo.
Ma solo ora poteva dire di aver visto i
veri colori di quel cielo che tanto amava.
Solo ora poteva dire di aver visto
veramente l’intensità dei colori del suo cielo, dall’azzurro intenso di alcune
stelle, al rosso intenso del Sole, al lillà delle scie delle comete, al nero più
profondo.
Solo ora.
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