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Autore: Night Sins    30/01/2012    2 recensioni
Un mendicante appare alle porte del regno di Whalyon e Peter, il Re, deve rispondere alla richiesta di aiuto del suo suddito. Nemmeno Nael, suo consigliere ed ex mago, riesce a prevedere cosa nasconde il pavido individuo arrivato da un lontano villaggio...
[Non ho sbagliato a scrivere il nome di Neal... vedere note all'interno]
Genere: Azione, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Whalyon
Fandom: White Collar (con 'contaminazioni' da Merlin)
Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, un po' tutti
Pairing: Peter/El
Rating: G
Genere: azione, fantasy, generale
Avvertimenti: AU
Timeline: //
Spoiler: nessuno
Conteggio Parole: 4107 (in totale)
Prompt: Damigella in difficoltà, per la Scalata del Cliché clash
Fandom!AU per la scorsa edizione del Cow-T
Betareader: nessie sun
Disclaimer: "Io scherzo... forse." (cit. A.Costa) // I personaggi non sono miei, ma degli autori e di chiunque ne abbia diritto; tanto meno sono utilizzati a fini di lucro, ma solo per mero piacere personale.
Note: Iniziata quasi un anno fa, l'avevo già in mente per la Scalata di Cliché Clash, e in seguito l'input del Cow-T mi spinse ad iniziarla, ma non la finii in tempo per la gara così è rimasta a macerare nel mio pc fino ad ora. White Collar nel mondo di Merlin.
Data la 'diversità' di epoca, ho cambiato i nomi di alcuni pg con altri che mi sembravano più adatti al tempo. Quindi: Neal Caffrey è diventato Nael Caffery. Diana e Jones sono Dynvor e Shayf. Reese Hughes è Ricbeth. Garret Fowler è Gareth. Vincent Adler è Vincentius.
E' la prima volta che scrivo una fanfic che ha in sé così tanti elementi che mi sono estranei (soprattutto l'ambientazione e l'azione), quindi fatemi presente qualsiasi cosa che non torni, grazie!



Due guardie portarono al cospetto del Re un uomo dall'aspetto trasandato.
"Maestà, abbiamo trovato questo mendicante nei pressi del castello. Voleva intrufolarsi all'interno", disse il più giovane e basso, Dynvor, scelto appositamente dal sovrano come proprio difensore.
"Non è come sembra, Vostra Altezza!" si difese l'uomo.
"Aspetta di essere interpellato", lo rimproverò la seconda guardia.
"Va bene, basta," disse il Re, poi si rivolse al mendicante. "Perché eri intorno al castello?"
"Sapevo che Re Peter era un uomo giusto, Maestà", si prostrò l'uomo.
"Parla", ordinò il sovrano.
"Non sono un mendicante, mio Signore, anche se il mio aspetto così mi fa apparire. Vengo da un piccolo villaggio a Sud di Whalyon; mi ci sono voluti tre giorni di cammino per poter giungere a voi."
"Cosa vi ha spinto ad un viaggio così estenuante?"
"Mettervi in guardia, Maestà, e richiedere il vostro aiuto."
"In guardia da cosa? Che è successo?", chiese ancora il Re, attento.
L'uomo sospirò e trattenne a fatica un singhiozzo. "Siamo stati attaccati. Il nostro villaggio è stato quasi completamente distrutto da degli strani mostri... non sembravano creature normali... Sembravano frutto di magia."
L'espressione di Peter si fece seria e si voltò verso sua moglie, silenziosa al suo fianco. La Regina posò delicatamente una mano su quella del proprio consorte e accennò un sorriso rassicurante.
Il sovrano tornò a rivolgersi al proprio suddito. "Ho capito. Farò tutto quello che è in mio potere per aiutare il tuo villaggio. Dynvor, Shayf", chiamò le due guardie che fino a quel momento erano rimaste in disparte. "Offrite al nostro ospite vitto e alloggio per la notte. Domani mattina partiremo presto."
"Come volete, Maestà", rispose Shayf.
"Dynvor", il Re fermò l'altra guardia, prima che andasse via. "Tu vai a chiamare Nael e fallo venire immediatamente qui."
"Sarà fatto."

Dopo che i tre uomini se ne furono andati, la Regina Elizabeth prese la parola. "Queste cose capitano, lo sai."
"Non... Sai che non vorrei crederci. Ci sono stati tempi in cui riuscivamo a vivere pacificamente con i maghi. Ricordo quando ero giovane, ancora un bambino, andavamo a Camelot e Gaius ci faceva sempre divertire con i suoi incantesimi", Peter sorrise a quel ricordo infantile. "Ma poi proprio da Camelot è stata bandita nel modo più feroce e oramai chiunque voglia restare almeno in buoni rapporti con Uther ha una politica quasi identica..."
"Ma non tutti i maghi sono cattivi", gli ricordò sua moglie.
"Ditemi, Vostra Maestà."
Quasi come se la Regina lo avesse evocato Nael apparve sulla porta della Sala del trono, con il solito sorriso smagliante e il tono irriverente anche davanti al sovrano.
"Avvicinati."
Quando Nael fu al cospetto dei due regnanti fece un inchino, lieve ed elegante.
"Domani partiremo all'alba; c'è la possibilità che avrò bisogno di te. Sii puntuale", ordinò Peter.
"Come sempre, mio Re", sorrise il giovane.
"Nael", riprese l'uomo, alzandosi. Il tono stanco di chi si ritrova a dover ripetere per la millesima volta una cosa ovvia.
Il ragazzo attese che il sovrano gli fu davanti e gli avesse messo una mano sulla spalla, poi cambiò il sorriso sulle proprie labbra con uno più consapevole e malizioso. "Sì, Peter?"
"Dovrai stare attento", rispose serio.
"Lo so. Lo ripeti sempre."
"E sempre fai a modo tuo", sbuffò il Re. "Promettimelo."
"Te lo prometto."

***

Il cielo era appena rischiarato dai primi raggi solari che illuminavano le cime spoglie degli alberi attorno al castello, rendendoli un uniforme mare bianco e scintillante.
Peter guardava quella distesa luminosa avanzare come un'onda inarrestabile fino a che la luce non giunse a lambire le torri di vedetta del muro di cinta. Un nuovo giorno era sorto su Whalyon e sembrava che ci fosse un nuovo nemico alle porte del regno.
Elizabeth gli si avvicinò da dietro, premurosa, posò le mani sulle sue spalle e gli baciò la guancia destra. "Chiunque sia, riuscirete a fermarlo. Ho fiducia in voi, Maestà", sussurrò, e a sentirla si sarebbe detto che fosse la verità.
Lui chiuse gli occhi. "Lo spero."
Peter era il Re, oramai, ma prima di ciò era stato un semplice cavaliere. Aveva visto e partecipato a molte guerre e combattimenti e sapeva come andavano le cose, ma una battaglia che comprendeva la magia non poteva essere prevedibile, per nessuno.
Diventare sovrano di un regno era forse il sogno di ogni uomo, ma solo chi era già figlio di Re poteva ambire ed essere certo di tale carica. A volte, però, capitava che un Re avesse la sfortuna di non avere figli. Era stato il caso del precedente regnante di Whalyon, Re Ricbeth; una sfortuna che aveva significato la fortuna di Sir Peter, giovane cavaliere che per coraggio e lealtà si era guadagnato la fiducia del sovrano e il suo posto a capo del regno.
L’attuale monarca sentiva ogni giorno il peso di quella responsabilità e desiderava solo di svolgere il proprio compito al meglio - anche se era ovvio che, per chi desiderava e aveva sognato di essere al suo posto, il suo meglio non era mai abbastanza.
“Peter. Lady Elizabeth.”
Nael apparve sulla soglia e la coppia si voltò verso di lui. La Regina stava sorridendo, ma il suo consorte aveva lo sguardo serio.
‘Questa’ era una delle cose che molti continuavano a rinfacciargli. Aver portato nel castello, come proprio cavaliere e consigliere, un giovane di un altro regno e, peggio di tutto, un mago; poco importava se non praticava più (almeno ufficialmente). Se si aggiungeva che tale individuo aveva anche un carattere particolarmente esuberante e sfacciato - in quel momento si trovava in una zona del castello privata, riservata al re e alla regina, senza esservi stato invitato - era facile capire perché Peter avesse faticato tanto a far sì che tutti lo accettassero, almeno pubblicamente; ma sapeva che bisognava dare fiducia anche a chi non sembra meritarne, come Ricbeth aveva fatto con lui.
“Sei pronto?”, domandò il sovrano.
“Non si vede?”
“Allora perché non hai aspettato di sotto con gli altri? No, non voglio saperlo”, si corresse immediatamente.
“È stato gentile”, disse la regina, avvicinandosi al cavaliere. Quando gli fu davanti, gli prese il volto tra le mani e posò un delicato bacio sulla sua guancia. “Buona fortuna, Nael.”
Peter fece un verso strano e Elizabeth rise tornando verso di lui. “Buona fortuna, mio Re”, gli augurò prima di baciarlo dolcemente sulle labbra.
Dopo lunghi istanti Peter si allontanò lentamente e gli sorrise. “Grazie, mia Regina.”

***

Erano oramai passati due giorni e diverse ore di cammino quando i cavalieri guidati dal sovrano e dal mendicante si fermarono nuovamente in una radura per il pranzo e per far riposare i cavalli.
Nael, in genere sempre amante del rendere quei momenti più leggeri e facili da sopportare per tutto il gruppo, era invece, ora, estremamente silenzioso ed in disparte.
Peter sapeva che questo voleva dire che c’era qualcosa che non andava. Gli si avvicinò e Nael si spostò un po’ a sinistra, lasciandogli così lo spazio per sedersi accanto a lui sul vecchio tronco caduto.
“Cosa c’è che non va?”, domandò, senza tanti giri di parole.
Il giovane scosse le spalle. “Non lo so… Magari non è nulla… Solo una strana sensazione”, rispose, tentando un sorriso.
Il Re annuì, grave. “Qualsiasi cosa sia, se noti qualcosa, tienimi informato.”
“Contaci.”

Peter si alzò e si rivolse a tutto il gruppo. “Bene. Pronti per ripartire?”
Tutti annuirono e, sistemate velocemente le vivande, si rimisero in marcia.

“Oramai non manca molto”, informò il suddito con un fremito nella voce, difficilmente comprensibile.
Il sovrano si fece attento, pronto a trovarsi davanti qualsiasi cosa.
Questo non bastò, però, a impedirgli di finire in trappola.
All’improvviso sentì il vuoto sotto il proprio cavallo ed entrambi caddero in una buca profonda. Sopra di sé, Peter sentì solo urla e rumori di lotta.
Provò a risalire, ma le pareti erano lisce e friabili, ogni volta che riusciva a trovare anche un minimo appoggio questo franava sotto il suo peso.
Non poteva nemmeno issarsi sul suo cavallo; nella caduta si era evidentemente rotto una zampa e non riusciva a stare in piedi.
“Mi dispiace, amico”, disse, non appena notò la situazione, e infilzò il cuore dell’animale con la spada, mettendo fine al suo dolore.

***

Non sapeva quanto tempo fosse passato o cosa fosse avvenuto fuori di lì quando qualcuno si affacciò nella fossa.
“Come state, vostra Maestà?”, domandò lo sconosciuto, con tono di scherno.
“Chi siete? Dove sono i miei cavalieri?”
“Molto nobile da parte vostra preoccuparvi degli altri, ma non è il momento migliore.”
“Cosa volete?”, domandò ancora il Re, incurante delle minacce.
“Portarla dal nostro capo. Pianti la spada per terra e noi le lanceremo una corda”, disse l’uomo. “È la sua unica possibilità per uscire vivo e riuscire a salvare i suoi cavalieri e Lady Elizabeth, sire.”
Peter strinse i pugni e, infine, affondò la propria arma nel terreno sotto di sé.
“Saggia scelta, Maestà.”

***

Il Re si era ritrovato in una cella buia e umida. Era stato abbandonato lì da diverse ore, senza incontrare il fantomatico ‘capo’ di cui aveva parlato il tizio di prima. Non sapeva nemmeno se era giorno o notte.
Solo una guardia era sempre presente davanti alla sua cella; non volevano ucciderlo, non ancora almeno, dato che aveva acqua in abbondanza e un’altra guardia era passata a portargli un pezzo di pane con una strana zuppa della quale Peter aveva preferito non indagare sul contenuto.
Era stancamente seduto in un angolo della cella quando un rumore di passi attirò la sua attenzione; non poteva essere la guardia con il cibo perché era passata troppo poco tempo prima.
"Salve, vostra Maestà", salutò il cavaliere.
Peter alzò la testa di scatto, riconoscendo la voce. "Sir Gareth!" Si mise in piedi e si avvicinò alle sbarre. "Che cos'è questa storia?"
"Mi dispiace, sire", rispose l'uomo e, nonostante il tono duro, sembrava sincero. "È colpa vostra che avete preso quel mago con voi."
Il Re continuava a non capire, ma il cavaliere non sembrava intenzionato a dare ulteriori spiegazioni. "Aprite la cella", si rivolse alla guardia.
"Andiamo, Maestà, vi siete riposato abbastanza. Non vogliamo tirarla ancora per le lunghe, vero?"
Il sovrano lo seguì senza protestare.
"Cosa c'entra Nael?", domandò dopo un po'. "Credevo le cose fossero sistemate oramai."
"Non è una questione personale, Vostra Altezza. Non per me, almeno."
"Chi c'è dietro, allora?"
"Oh, tranquillo, se il vostro cavaliere fa quello che gli è richiesto non dovrete preoccuparvi di questo."
"Se non lo fa?"
"Non dovrete preoccuparvi lo stesso, dato che verrete ucciso."

***

Peter venne portato via dalla prigione solo per essere condotto in un altro edificio, più lugubre e fatiscente del precedente.
Non sapeva dove si trovavano, a metà del percorso era stato bendato e tutto quello che aveva visto era la stanza di legno dove era rinchiuso. L'unica finestra presente era sbarrata dall'esterno e davanti alla porta sostava un'altra guardia; l'aveva sentita muoversi di quando in quando, ma non gli aveva mai rivolto la parola.
Dopo dell'altro indefinibile tempo, il sovrano sentì la guardia allontanarsi e poi nuovi passi avvicinarsi. Guardò verso la porta aspettandosi di vedere, finalmente, colui che lo aveva voluto prigioniero, ma quando questa si aprì la sua sorpresa non poteva essere più grande.
"Nael?"
"Vostra Maestà"; il mago fece un lieve inchino.
"Cos'è questa storia?", domandò l'uomo, la voce dura e severa.
"Sono venuto a controllare che fossi vivo."
"Come?"
Il più giovane lo guardò perplesso.
“Come facevi a sapere che ero qui? Come mai sei da solo? E”, Peter si fermò a riprendere fiato, guardandolo intensamente negli occhi, “dimmi che non è opera tua.”
Nael continuava a essere stupito, ma lo stesso rispose. “Non so di cosa tu parli con esattezza, ma non è opera mia. So che eri qui perché me lo ha detto chi ti ha rapito e sono solo perché ha organizzato tutto in modo che io non potessi tentare di salvarti senza pagare il giusto riscatto.”
Era il turno di Peter di essere ignaro di ciò a cui l’altro si riferisse.
“Prima, però,” riprese il mago, “devo essere sicuro che tu sia il vero re.”
“Che discorsi sono? Mi vedi, ovvio che sono io!”
“Per chi conosce le arti magiche, sostituire una persona con un’altra del solito aspetto è uno scherzo.”
“E quindi, vuoi farmi qualche incantesimo o cosa?”
“Non posso usare la mia magia qui,” rispose mesto il giovane, “ma posso farti delle domande, qualcosa che solo il vero Peter conosce.”
“Bene, avanti, fai le tue domande!”
“Qual è il colore preferito da Lady Elizabeth?”
“Il viola.”
“Qual è il mio nome completo?”
“Nael Staton Caffery.”
“Chi mi ha offerto rifugio nella tua città, dopo che il mio regno è andato distrutto?”
“La vedova di Sir Byron, Lady June.”
“Dove ero nascosto la prima volta che mi hai scoperto nel tuo castello?”
Lo sguardo di Peter si fece severo. “Nelle mie stanze”, rispose, fissandolo negli occhi. Nael era oramai vicinissimo a lui - a ogni domanda era avanzato di un passo - e ora stava sorridendo vistosamente, anche se aveva gli occhi lucidi.
“Prova superata, mio Re”, commentò, gettandoglisi al collo e abbracciandolo forte. “Ti libererò, Peter, te lo prometto.”
“Ma chi è che mi ha catturato? Cosa vuole?”, domandò il sovrano, allontanandosi per guardarlo negli occhi. “Nael, non fare sciocchezze.”
“Tranquillo, è tutto sotto controllo”, rassicurò il mago. “Devo andare. Non temere, sono tutti al sicuro.”

   
 
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