che ha sprecato parte del suo tempo libero per depurarla e renderla quantomeno leggibile. E perché è la mia sistaH e le voglio un iceberg di bene!
A Marzia,
che ormai è parte di me. E’ la mia metà.
E a Somo,
con la quale condivido la maggior parte delle mie passioni e dei miei scleri. E che ci sopportiamo a vicenda, ecco.
Di neve,
propositi e strane manovre
Quando
Thad Hurwood passò accanto alla bacheca degli annunci al
primo
piano, fu sorpreso da un’improvvisa scarica di neve finta.
Neve finta. Alla Dalton.
Imprecò, cercando di scrollarsi
di dosso quei piccoli granelli bianchi di... polistirolo? Non sapeva di
cosa
fossero fatti, fatto sta che ora ne aveva capelli e divisa tutti
ricoperti: era
già la seconda volta che succedeva quel
giorno, per non parlare del fatto che era la quinta
negli ultimi tre.
L’Accademia
Dalton era una scuola seria e composta: come diamine facevano
ad architettare queste diavolerie del genere ogni benedettissimo anno?
Non si
poteva nemmeno andare a dare un’occhiata agli orari delle
lezioni o ai vari
annunci senza essere travolti da una tempesta di neve finta. Come
potevano gli
insegnanti – e il preside, cavolo! – permettere che
un tale aggeggio fosse
installato in giro per la scuola? Gettava una scarica di neve ogni
quarto
d’ora: a pensarci bene, forse, doveva solo calcolare meglio i
tempi, per cercare
di evitare di essere travolto la volta
successiva.
Imbestialito,
si diresse verso l’aula canto, dove aveva deciso che avrebbe
trascorso il pomeriggio per ripassare Storia, dato che quel giorno gli
Warblers
non avrebbero dovuto fare alcune prove.
Spalancò
la porta con poca grazia, maledicendo il fatto che metà
pomeriggio
l’avrebbe utilizzato per togliersi quella schifezza dai
capelli, ed entrò nella
stanza, più calda e accogliente che mai. Se da una parte
odiava la Dalton per
quegli stupidi scherzetti – e anche perché ogni
volta che andava in bagno
mancava la carta igienica –, dall’altra non poteva
fare a meno di amarla più di
ogni altra cosa: la stanza era stata tappezzata da cima a fondo di
ghirlande e
decori natalizi, ben due alberi di Natale erano stati posizionati ai
lati delle
finestre e nastri rossi e oro pendevano dal soffitto. Il tepore che
accolse
Thad gli fece quasi dimenticare di essere appena stato vittima di una
bufera di
neve. Socchiuse gli occhi e poi, improvvisamente, ebbe come la
sensazione che
qualcosa non andasse. Aprì di nuovo gli occhi e si accorse
subito che c’era
qualcosa che stonava in quel paradiso che era
l’aula canto.
Era
una sensazione brutalmente familiare.
Infatti
sul divano era accasciato un ragazzo: a prima vista sembrava stesse
dormendo seduto, ma poi Thad si accorse che aveva la testa china su
qualcosa
che lui non riusciva a vedere. Sbuffò, perché si
rese conto che neanche quel
giorno sarebbe riuscito a mantenere la sua promessa di studiare.
Si
avvicinò lentamente a Sebastian che, quando si accorse che
nella stanza
c’era qualcun altro oltre a lui, si voltò e lo
squadrò per qualche secondo: il
cipiglio che assunse poco dopo fece a dir poco infastidire Thad... come sempre.
Era
meccanico, ormai: Thad irrompeva in una stanza qualsiasi in cui
c’era
Sebastian, quest’ultimo lo guardava in modo strano e Thad si
innervosiva. Un classico.
«Ciao,
Thad» disse Sebastian, aggrottando la fronte, «mia
sorella ha sempre
avuto problemi di forfora, vuoi che le chiedo il nome dello shampoo che
usa?
Magari, non so, potrebbe essere utile per il tuo problema».
Avrebbe dato qualunque cosa
per
poterlo strozzare. Davvero, era irritante il modo in cui si poneva con
quasi
tutti, con lui in particolare.
Mentre
decideva se regalargli solo un’occhiataccia oppure dargli un
pugno
sul naso, Thad si accorse che la cosa che lo aveva tenuto occupato fino
a quel
momento, era un... volantino di....
Ma che caz-!?
Era
una delle poche cose al mondo che non era in grado di immaginarsi,
nemmeno raccogliendo tutta la fantasia accumulata in diciassette anni
di vita.
Aggrottò
la fronte e si sedette accanto al compagno, inclinando appena la
testa per sbirciare. Sebastian gli lanciò
un’occhiataccia.
«Volontariato!?»
esclamò Thad,
allibito. «Ti sconsiglio vivamente gli anziani, magari quei
poveracci avrebbero
ancora qualche anno di vita da godersi... ah, e pure i bambini! Sai,
dovrebbero
poter avere la possibilità di crescere sani di mente, ma
soprattutto dovrebbero
avere la possibilità di poter crescere e
basta».
«Oppure
potrei fare volontariato alle persone povere e malaticce come te,
per esempio. La tua forfora sembra un caso davvero grave»
ribatté Sebastian.
«Io
non ho la forfora!» s’infervorò
l’altro. «E’ tutta colpa di- è
quell’affare che hanno
installato sopra
la bacheca! E’ tremendo, è già la
quinta volta che mi succede da quando l’hanno
messo».
«E
sai questo cosa dovrebbe voler dire?»
«Cosa?».
«Che
sei un imbecille, perché dopo una settimana ti ostini ancora
a passare
lì vicino» rispose Sebastian, come se la cosa
fosse ovvia.
«Ma...
dovrò pur salire in dormitorio!».
Sebastian
fece spallucce. «Cambia strada».
«Non c’è
un’altra strada. E poi
che razza di discorso è? Questa è la mia scuola,
ho il diritto di girarci senza
essere importunato da stupida neve finta, porc-» fu la
risposta di Thad.
«Mi
chiedo perché tu ti debba venire a lamentare con
me di queste sciocchezze, quando sono occupato a fare cose
ben
più importanti che darti consigli sulla forfora».
Era
un caso perso. Thad cercava in tutti i modi di non dargli bada, ma era
abbastanza difficile.
«Allora
parliamo di te e del tuo problema» riprese il moro.
«Anzi, diciamo
pure che il problema è di quella povera gente che ti
dovrà sopportare».
«Thad,
non me ne frega un tubo di fare volontariato. Ma ti pare? Mi ci
vedi? Beh, io no» disse Sebastian, sventolando il volantino
in faccia
all’amico. Beh, almeno è
sincero e
autocritico, pensò Thad e poi l’altro
aggiunse: «Stavo solo scrivendo».
Okay,
forse era più credibile il volontariato.
«Stavi...
scrivendo»
«E’
quello che ho detto».
«Suppongo
non siano compiti...».
«No,
infatti» rispose l’altro, sogghignando.
«Sono i propositi per l’anno
nuovo».
In
quel momento Thad era indeciso se scoppiare a ridere o sgranare gli
occhi tanto da farsi venire una paresi facciale.
Sebastian,
Sebastian Smythe, che scriveva
propositi per l’anno imminente?
«Oddio,
siamo tutti fottuti» rispose soltanto, cercando di rimanere
serio.
Poi, sbirciando meglio nel foglio, notò che
c’erano delle strane e ripetute
scritte a penna. «Ma... sei sicuro siano i propositi per
l’anno nuovo?».
«Sì,
perché?».
«Beh,
c’è scritto ‘Blaine Anderson’
in ogni spazio libero!» esclamò Thad.
«Sì,
certo, è lui il mio proposito per l’anno
nuovo» sospirò l’altro, cominciando
a mangiucchiare il tappo della penna. «E’ evidente
che quest’anno lascerà
quell’ameba del suo ragazzo e si trascinerà a
carponi da me».
«Ah,
ma davvero? E cosa te lo fa pensare?».
«Beh,
il semplice fatto che l’ho
pensato, Thad». Sebastian arricciò il
naso. «Ogni cosa che penso si avvera,
lo sai? Per esempio, adesso sto pensando che tu sia gay».
Uno.
Due.
Tre.
Thad, mantieni la
calma. Thad chiuse gli occhi per cercare di evitare lo
sguardo del ragazzo,
altrimenti sarebbe stato un motivo in più per sfondargli la
faccia con un
pugno. Era una delle cose che non sopportava di più di
Sebastian: era convinto
che fosse omosessuale.
Okay,
il fatto che la vita fosse imprevedibile era
un’ovvietà, ma lui era
abbastanza certo che gli piacessero le ragazze: non provava
assolutamente nulla
quando guardava un ragazzo – qualsiasi
ragazzo – e non vedeva come Sebastian dovesse ogni volta affondarlo in quel modo.
No,
okay, forse il termine ‘affondarlo’ non era molto
appropriato, visto
l’argomento.
«In
che lingua te lo devo dire che non sono gay!?».
Sebastian
fece spallucce. «Non ho detto che lo sei. L’ho solo
pensato, quindi lo sarai a breve.
Non fa
una piega».
«Ma
che caz-?».
Se
avesse avuto una cordicella a portata di mano...
«Sebastian,
lasciatelo dire, hai un cervello talmente piccolo che le idee
per uscire devono fare manovra» disse Thad con aria
compiaciuta. Sì, va bene,
non lo pensava davvero, però doveva pur trovare un modo per
insultarlo. Lui lo
faceva sempre, ed era stufo di essere il suo giocattolino.
«Sono
impressionato da questa tua battuta».
«Ci
hai messo un secolo per rispondere» continuò Thad.
«Che manovra hai
usato, stavolta? Quella a U?».
Inaspettatamente,
inappropriatamente, insensatamente... Sebastian scoppiò a
ridere.
Forse
era un miraggio.
«Cristo,
Thad, perché t’ hanno fatto etero?» se
ne uscì improvvisamente
Sebastian, lasciando l’altro decisamente di stucco.
Cristo, Thad, perché
t’ hanno fatto etero? Cristo, Thad, perché
t’ hanno fatto etero? Cristo, Thad,
perché t’ hanno fatto etero?
Lo
aveva detto in tono talmente convincente quasi da farlo sembrare vero.
Ma non poteva essere vero: Sebastian lo prendeva sempre in giro, faceva
anche
battutine del tutto inappropriate su entrambi, ma mai
facendole sembrare una cosa reale. Eppure quell’ultima
frase...
Nah.
«Comunque
ci siamo persi in chiacchiere varie e ci siamo dimenticati del
motivo per cui siamo qui: i miei propositi» disse Sebastian.
«Aehm,
veramente io sarei venuto qui per studiare. Non me ne fotte un fico
secco dei tuoi propositi, soprattutto se tutti
si chiamano Blaine Anderson» rispose semplicemente Thad,
sprofondando ancora di
più nel divano. Solo dopo aver detto l’ultima
frase, si rese conto di avergli
dato modo di attaccarlo con un “sei per caso
geloso?”. Lo faceva spesso.
Fortunatamente
questo non accadde. Strano ma vero.
«Ma
dato che ormai sei qui...»
«Non
avevo dubbi» sospirò Thad, seccato, roteando gli
occhi al cielo.
Chissà perché lui si ritrovava sempre a fare da
consulente a persone e/o cose
di cui non gli importava minimamente.
E
se riguardava Sebastian gli importava ancora meno.
«Allora,
cosa vuoi da quel povero Blaine?» domandò poi.
«Farmelo,
mi pareva ovvio» rispose l’altro in tono neutro.
«Non credo che
starà ancora per molto con Kurt – dopo aver
conosciuto me, poi».
«Me
lo stai ripetendo da quando lo hai conosciuto, ovvero quattro mesi
fa... e in tutto questo tempo non è cambiato di una virgola.
Forse sei solo fissato, non
è che ti interessi poi
molto» constatò saggiamente Thad, scivolando
ancora di più nella poltrona.
«Con
me tutti cambiano idea, prima o poi».
«Oh,
ma la vuoi smettere di essere così egocentrico? Mi urti i
nervi, cazzo!
Vorrei darti un pungo sul naso, ma mi farei male per quanto
è appuntito».
Sebastian
aggrottò la fronte, indispettito: che fosse riuscito a farlo
innervosire?
Thad ci sperava, non l’aveva mai visto nervoso. In qualche
strano modo,
riusciva sempre a mantenere un tono pacato e tranquillo, e questa cosa
lo
infastidiva non poco.
«E’
quello che penso davvero» aggiunse poi, continuando a
scrutare lo
sguardo opaco di Sebastian, che prese il volantino appoggiato sulle
gambe e lo
posò sul tavolino di fronte.
Il
tutto con una calma quasi disarmante.
«Assolutamente»
riconfermò Thad, deglutendo. «Dovrebbe esserci una
legge
che ti vieti di essere così arrogante...»
«Stai
sparando un mucchio di stronzate, Thad, cosa vorresti
dimostrare?».
«Niente...
non ti sopporto» rispose l’altro.
Sebastian
sbuffò. «Sai che c’è?
C’è che se davvero è come dici, a
quest’ora
ti saresti già alzato e te ne saresti andato senza farti
tanti problemi. E
invece te ne stai lì seduto come un’acciuga a
spogliarmi con gli occhi. Per
l’amor del cielo e di tutti i gay, sii coerente con te
stesso, Thaddino».
Ok,
momento: acciuga? Spogliare Sebastian con gli occhi? Thaddino?
Però
Sebastian aveva ragione. Perché era ancora seduto
là, solo Merlino
poteva saperlo. Anzi, per qualche arcano motivo stava sprofondando
sempre di
più nella poltrona accanto al compagno. E soprattutto non
aveva voglia di
alzarsi e nemmeno ci riusciva.
Prese
a fissare un punto indistinto davanti a lui e improvvisamente
sembrò
calmarsi. Pensò che era andato lì quel pomeriggio
per studiare e invece era
l’ultima cosa che voleva: odiava ammetterlo, ma stava bene
lì seduto sul
divanetto, anche se c’era Sebastian a scartavetrargli le
balle.
Sospirò
e, in quel momento, con la coda dell’occhio vide che
Sebastian lo
stava imitando: scivolò sul poggia schiena fino alla sua
altezza e stette lì
fermo, in silenzio.
Strano,
Thad non aveva mai pensato di poter associare le parole
‘Sebastian’
e ‘silenzio’.
Però...
in quella stanza c’era un calduccio che faceva quasi chiudere
gli
occhi, da quanto si stava bene. Thad infine cedette e li socchiuse,
pensando a
quanto fosse sprecata quella giornata. Si era svegliato con la voglia
di fare
un sacco di cose e invece se ne stava lì a cazzeggiare con
Sebastian da come
minimo tre quarti d’ora.
Quasi
quasi sarebbe stato meglio se fosse rimasto in dormitorio...
Una
cosa certa era che almeno non avrebbe fatto l’ennesima
figuraccia con
la neve finta...
E
non avrebbe visto Sebastian...
E
non avrebbe discusso con lui...
Sentì
un leggero tremolio alla spalla, ma non aveva voglia di aprire gli
occhi per vedere cos’era. Cristo, si sentiva così
pigro in quel momento! Ma il
calduccio che lo avvolgeva lo stava assopendo pian piano, senza che se
ne
rendesse completamente conto. Ora capiva perfettamente Jeff e la sua
mania di
appisolarsi ovunque.
Poco
dopo quel ‘tremolio’ divenne più deciso
e Thad capì cos’era accaduto.
La cosa lo sorprese – e non poco – ma non aveva le
forze per opporsi.
Non
si sentiva nemmeno se stesso in
quel momento.
E
poi sentì il braccio di Sebastian cadere a peso morto sul
suo.
E...
***
Quando
Thad aprì gli occhi, fuori era già buio.
Perché...
perché aveva chiuso gli occhi?
Sbadigliò
e tentò di stiracchiarsi, ma si accorse che qualcosa
– o meglio, qualcuno –
gli rendeva i movimenti
alquanto impossibili: ebbe il coraggio di voltarsi e scoprire che
Sebastian
aveva ancora la testa appoggiata alla sua spalla e il braccio
attorcigliato al
suo.
Ora,
onestamente, cosa cazzo doveva
fare?
E...
cavoli, sperò con tutto il cuore che qualcuno
sbucasse da nulla per dirgli ‘no, tranquillo Thad, non hai
dormito con
Sebastian”. Stupidamente si guardò intorno, ma non
accadde nulla. Forse era
costretto a dover accettare l’idea di aver dormito col
compagno.
Però
c’era da dire che era stato Sebastian a dormire con lui, non lui con Sebastian: chi si era
aggrovigliato attorno al suo braccio, d’altronde?
Sebastian Smythe, io
ti odio da morire.
Gli
prese il braccio – con la sua solita galanteria – e
lo scostò il più
lontano possibile dal suo. Ora che era ben sveglio riusciva a concepire
l’orripilante situazione. E se qualcuno li avesse visti?
Naaah, le risate lo
avrebbero svegliato di sicuro.
In
quel momento, probabilmente per colpa dello scossone, Sebastian
aprì gli
occhi e se li stropicciò con i pugni: mise a fuoco
l’ambiente circostante e poi
si voltò verso Thad:
dallo sguardo che gli
lanciò, probabilmente era incredulo come lui.
«Ho
dormito sul tuo braccio?» domandò poi.
Thad
si tastò l’arto, per poi lanciargli
un’occhiataccia. «Sì, esatto».
«Ah»
disse solamente Sebastian, continuando a stiracchiarsi.
«Bh»
replicò ironico l’altro. «Ora
è tutto intorpidito a causa tua... spero
non sia anche bucato grazie al tuo naso».
Sebastian
gli lanciò un’occhiata pungente, ma non sembrava
innervosito,
soltanto... offeso. Sebastian sembrava offeso. Oddio, che fosse
riuscito a far
emergere un altro lato del compagno?
Questo
sì che sarebbe stato un punto in più a suo
favore. Sebastian era umano,
yu-hu!
«Thad,
sinceramente... che PALLE!» commentò Sebastian,
alzando gli occhi al
cielo. «Mi sono semplicemente addormentato sulla tua spalla,
non ti ho
trasmesso alcun tipo di malattia, mi pare. Abbiamo sonnecchiato
assieme, e
allora? Non serve farne una questione di Stato, sei proprio una pigna
in culo!
Oh no, ma con te per forza dev’essere tragica la cosa, no?
Infatti guarda, lì
c’è un folletto che ci sta filmando con la sua
mini telecamera e dopo metterà
il video su YouTube, magari. Mettiti bene in testa una cosa: non frega
a
nessuno! Sei un rompi cazzi e adesso me ne vado, perché ho
di meglio da fare piuttosto
che ricordarti che un giorno scoprirai di essere
bisex. Ciao».
Detto
ciò, si alzò dal divano e si diresse verso la
porta, cercando accuratamente
di guardarlo negli occhi prima di scomparire dalla sua visuale.
Thad
era... boh, shockato?
Umiliato?
Non
aveva mai sentito Sebastian parlare in quel modo con nessuno, men che
meno con lui: di solito si limitava a prenderlo in giro o –
quelle rare volte!
– a parlarci in modo quasi normale. Ma incazzato
così... mai. Almeno, non fino
a quel giorno.
Più
che ‘incazzato’ sembrava alquanto infastidito dalle
sue battute
pungenti: ma, oh, se le cercava! Sebastian le sparava ogni giorno e in
ogni
momento, perché una volta che le diceva lui doveva essere
‘sgridato’ in quel
modo? Non era affatto giusto.
Forse...
forse gli dava fastidio perché in fondo – molto in fondo – ci... ci
teneva davvero a lui. Altrimenti non si sarebbe
spiegato il suo comportamento.
Thad
non capiva. Il suo cervello in quel momento poteva essere paragonato
al caos di camera sua, il che era tutto dire.
Un
istante dopo la porta si spalancò e comparve Nick, con
un’espressione
incredula stampata in faccia.
«Si
può sapere che hai fatto a Sebastian?»
domandò indicando dietro di sé,
rimanendo mezzo nascosto dalla porta.
Thad
alzò un sopracciglio. «Cosa dovrei avergli
fatto?».
«Ah,
non ne ho idea! Aveva una faccia strana... non da stronzo»
rispose
Nick.
«Io
non gli ho fatto niente!».
«Sicuro?».
«Sì,
mi pare ovvio!».
Nick
increspò leggermente le labbra e assottigliò lo
sguardo. «Vabbè, io
torno a giocare a Battaglia Navale con Trent e Jeff... Ah,
un’ ultima cosa: tu
e Sebastian dovreste dormire più spesso insieme,
perché non fate chiasso e siete
così carini! Ci si vede!».
«...
Non osare dirlo a qualcuno,
è stato un incidente!» replicò Thad,
infuriato.
«Bye
bye!» sentì la voce dell’amico ormai
lontana.
«...
NICK!».
Thad
si lasciò cadere con la schiena sul divano e vi ci
sprofondò.
Odiava
la Dalton, odiava i suoi amici e odiava il mondo. Non ne era sicuro,
ma in un certo senso odiava anche se stesso.
E
l’indomani avrebbe preso due al compito di Storia, almeno su
di questo ne
era certo.
The... end?
Inizialmente credevo di essere l’unica pazzoide (anzi, due pazzoidi: io e Somo), ma poi ho visto che anche su Tumblr giravano gif e post con questa ship e mi si è aperto il cuore ♥
Alons-y!
:*