Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: LyndaWeasley    30/01/2012    11 recensioni
Sebastian/Thad; accenni slash.
«Oh, ma la vuoi smettere di essere così egocentrico? Mi urti i nervi, cazzo! Vorrei darti un pungo sul naso, ma mi farei male per quanto è appuntito». Sebastian aggrottò la fronte, indispettito: che fosse riuscito a farlo innervosire? Thad ci sperava, non l’aveva mai visto nervoso. In qualche strano modo, riusciva sempre a mantenere un tono pacato e tranquillo, e questa cosa lo infastidiva non poco.
«E’ quello che penso davvero» aggiunse poi, continuando a scrutare lo sguardo opaco di Sebastian, che prese il volantino appoggiato sulle gambe e lo posò sul tavolino di fronte. Il tutto con una calma quasi disarmante. «Dovrebbe esserci una legge che ti vieti di essere così arrogante...» «Stai sparando un mucchio di stronzate, Thad, cosa vorresti dimostrare?». Sebastian sbuffò. «Sai che c’è? C’è che se davvero è come dici, a quest’ora ti saresti già alzato e te ne saresti andato senza farti tanti problemi. E invece te ne stai lì seduto come un’acciuga a spogliarmi con gli occhi. Per l’amor del cielo e di tutti i gay, sii coerente con te stesso, Thaddino». Ok, momento: acciuga? Spogliare Sebastian con con gli occhi? Thaddino?
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia è dedicata a Elisa,
che ha sprecato parte del suo tempo libero per depurarla e renderla quantomeno leggibile. E perché è la mia sistaH e le voglio un iceberg di bene!
A Marzia,
che ormai è parte di me. E’ la mia metà.
E a Somo,
con la quale condivido la maggior parte delle mie passioni e dei miei scleri. E che ci sopportiamo a vicenda, ecco.

 

 

 

 

 

Di neve, propositi e strane manovre

 

 

Quando Thad Hurwood passò accanto alla bacheca degli annunci al primo piano, fu sorpreso da un’improvvisa scarica di neve finta.

Neve finta. Alla Dalton. Imprecò, cercando di scrollarsi di dosso quei piccoli granelli bianchi di... polistirolo? Non sapeva di cosa fossero fatti, fatto sta che ora ne aveva capelli e divisa tutti ricoperti: era già la seconda volta che succedeva quel giorno, per non parlare del fatto che era la quinta negli ultimi tre.

L’Accademia Dalton era una scuola seria e composta: come diamine facevano ad architettare queste diavolerie del genere ogni benedettissimo anno? Non si poteva nemmeno andare a dare un’occhiata agli orari delle lezioni o ai vari annunci senza essere travolti da una tempesta di neve finta. Come potevano gli insegnanti – e il preside, cavolo! – permettere che un tale aggeggio fosse installato in giro per la scuola? Gettava una scarica di neve ogni quarto d’ora: a pensarci bene, forse, doveva solo calcolare meglio i tempi, per cercare di evitare di essere travolto la volta successiva.

Imbestialito, si diresse verso l’aula canto, dove aveva deciso che avrebbe trascorso il pomeriggio per ripassare Storia, dato che quel giorno gli Warblers non avrebbero dovuto fare alcune prove.

Spalancò la porta con poca grazia, maledicendo il fatto che metà pomeriggio l’avrebbe utilizzato per togliersi quella schifezza dai capelli, ed entrò nella stanza, più calda e accogliente che mai. Se da una parte odiava la Dalton per quegli stupidi scherzetti – e anche perché ogni volta che andava in bagno mancava la carta igienica –, dall’altra non poteva fare a meno di amarla più di ogni altra cosa: la stanza era stata tappezzata da cima a fondo di ghirlande e decori natalizi, ben due alberi di Natale erano stati posizionati ai lati delle finestre e nastri rossi e oro pendevano dal soffitto. Il tepore che accolse Thad gli fece quasi dimenticare di essere appena stato vittima di una bufera di neve. Socchiuse gli occhi e poi, improvvisamente, ebbe come la sensazione che qualcosa non andasse. Aprì di nuovo gli occhi e si accorse subito che c’era qualcosa che stonava in quel paradiso che era l’aula canto.

Era una sensazione brutalmente familiare.

Infatti sul divano era accasciato un ragazzo: a prima vista sembrava stesse dormendo seduto, ma poi Thad si accorse che aveva la testa china su qualcosa che lui non riusciva a vedere. Sbuffò, perché si rese conto che neanche quel giorno sarebbe riuscito a mantenere la sua promessa di studiare.

Si avvicinò lentamente a Sebastian che, quando si accorse che nella stanza c’era qualcun altro oltre a lui, si voltò e lo squadrò per qualche secondo: il cipiglio che assunse poco dopo fece a dir poco infastidire Thad... come sempre.

Era meccanico, ormai: Thad irrompeva in una stanza qualsiasi in cui c’era Sebastian, quest’ultimo lo guardava in modo strano e Thad si innervosiva. Un classico.

«Ciao, Thad» disse Sebastian, aggrottando la fronte, «mia sorella ha sempre avuto problemi di forfora, vuoi che le chiedo il nome dello shampoo che usa? Magari, non so, potrebbe essere utile per il tuo problema».

 Avrebbe dato qualunque cosa per poterlo strozzare. Davvero, era irritante il modo in cui si poneva con quasi tutti, con lui in particolare.

Mentre decideva se regalargli solo un’occhiataccia oppure dargli un pugno sul naso, Thad si accorse che la cosa che lo aveva tenuto occupato fino a quel momento, era un... volantino di....

Ma che caz-!?

Era una delle poche cose al mondo che non era in grado di immaginarsi, nemmeno raccogliendo tutta la fantasia accumulata in diciassette anni di vita.

Aggrottò la fronte e si sedette accanto al compagno, inclinando appena la testa per sbirciare. Sebastian gli lanciò un’occhiataccia.

«Volontariato!?» esclamò Thad, allibito. «Ti sconsiglio vivamente gli anziani, magari quei poveracci avrebbero ancora qualche anno di vita da godersi... ah, e pure i bambini! Sai, dovrebbero poter avere la possibilità di crescere sani di mente, ma soprattutto dovrebbero avere la possibilità di poter crescere e basta».

«Oppure potrei fare volontariato alle persone povere e malaticce come te, per esempio. La tua forfora sembra un caso davvero grave» ribatté Sebastian.

«Io non ho la forfora!» s’infervorò l’altro. «E’ tutta colpa di- è quell’affare che hanno installato sopra la bacheca! E’ tremendo, è già la quinta volta che mi succede da quando l’hanno messo».

«E sai questo cosa dovrebbe voler dire?»

«Cosa?».

«Che sei un imbecille, perché dopo una settimana ti ostini ancora a passare lì vicino» rispose Sebastian, come se la cosa fosse ovvia.

«Ma... dovrò pur salire in dormitorio!».

Sebastian fece spallucce. «Cambia strada».

«Non c’è un’altra strada. E poi che razza di discorso è? Questa è la mia scuola, ho il diritto di girarci senza essere importunato da stupida neve finta, porc-» fu la risposta di Thad.

«Mi chiedo perché tu ti debba venire a lamentare con me di queste sciocchezze, quando sono occupato a fare cose ben più importanti che darti consigli sulla forfora».

Era un caso perso. Thad cercava in tutti i modi di non dargli bada, ma era abbastanza difficile.

«Allora parliamo di te e del tuo problema» riprese il moro. «Anzi, diciamo pure che il problema è di quella povera gente che ti dovrà sopportare».

«Thad, non me ne frega un tubo di fare volontariato. Ma ti pare? Mi ci vedi? Beh, io no» disse Sebastian, sventolando il volantino in faccia all’amico. Beh, almeno è sincero e autocritico, pensò Thad e poi l’altro aggiunse: «Stavo solo scrivendo».

Okay, forse era più credibile il volontariato.

«Stavi... scrivendo»

«E’ quello che ho detto».

«Suppongo non siano compiti...».

«No, infatti» rispose l’altro, sogghignando. «Sono i propositi per l’anno nuovo».

In quel momento Thad era indeciso se scoppiare a ridere o sgranare gli occhi tanto da farsi venire una paresi facciale.

Sebastian, Sebastian Smythe, che scriveva propositi per l’anno imminente?

«Oddio, siamo tutti fottuti» rispose soltanto, cercando di rimanere serio. Poi, sbirciando meglio nel foglio, notò che c’erano delle strane e ripetute scritte a penna. «Ma... sei sicuro siano i propositi per l’anno nuovo?».

«Sì, perché?».

«Beh, c’è scritto ‘Blaine Anderson’ in ogni spazio libero!» esclamò Thad.

«Sì, certo, è lui il mio proposito per l’anno nuovo» sospirò l’altro, cominciando a mangiucchiare il tappo della penna. «E’ evidente che quest’anno lascerà quell’ameba del suo ragazzo e si trascinerà a carponi da me».

«Ah, ma davvero? E cosa te lo fa pensare?».

«Beh, il semplice fatto che l’ho pensato, Thad». Sebastian arricciò il naso. «Ogni cosa che penso si avvera, lo sai? Per esempio, adesso sto pensando che tu sia gay».

Uno.

Due.

Tre.

Thad, mantieni la calma. Thad chiuse gli occhi per cercare di evitare lo sguardo del ragazzo, altrimenti sarebbe stato un motivo in più per sfondargli la faccia con un pugno. Era una delle cose che non sopportava di più di Sebastian: era convinto che fosse omosessuale.

Okay, il fatto che la vita fosse imprevedibile era un’ovvietà, ma lui era abbastanza certo che gli piacessero le ragazze: non provava assolutamente nulla quando guardava un ragazzo – qualsiasi ragazzo – e non vedeva come Sebastian dovesse ogni volta affondarlo in quel modo.

No, okay, forse il termine ‘affondarlo’ non era molto appropriato, visto l’argomento.

«In che lingua te lo devo dire che non sono gay!?».

Sebastian fece spallucce. «Non ho detto che lo sei. L’ho solo pensato, quindi lo sarai a breve. Non fa una piega».

«Ma che caz-?».

Se avesse avuto una cordicella a portata di mano...

«Sebastian, lasciatelo dire, hai un cervello talmente piccolo che le idee per uscire devono fare manovra» disse Thad con aria compiaciuta. Sì, va bene, non lo pensava davvero, però doveva pur trovare un modo per insultarlo. Lui lo faceva sempre, ed era stufo di essere il suo giocattolino.

«Sono impressionato da questa tua battuta».

«Ci hai messo un secolo per rispondere» continuò Thad. «Che manovra hai usato, stavolta? Quella a U?».

Inaspettatamente, inappropriatamente, insensatamente... Sebastian scoppiò a ridere.

Forse era un miraggio.

«Cristo, Thad, perché t’ hanno fatto etero?» se ne uscì improvvisamente Sebastian, lasciando l’altro decisamente di stucco.

Cristo, Thad, perché t’ hanno fatto etero? Cristo, Thad, perché t’ hanno fatto etero? Cristo, Thad, perché t’ hanno fatto etero?

Lo aveva detto in tono talmente convincente quasi da farlo sembrare vero. Ma non poteva essere vero: Sebastian lo prendeva sempre in giro, faceva anche battutine del tutto inappropriate su entrambi, ma mai facendole sembrare una cosa reale. Eppure quell’ultima frase... Nah.

«Comunque ci siamo persi in chiacchiere varie e ci siamo dimenticati del motivo per cui siamo qui: i miei propositi» disse Sebastian.

«Aehm, veramente io sarei venuto qui per studiare. Non me ne fotte un fico secco dei tuoi propositi, soprattutto se tutti si chiamano Blaine Anderson» rispose semplicemente Thad, sprofondando ancora di più nel divano. Solo dopo aver detto l’ultima frase, si rese conto di avergli dato modo di attaccarlo con un “sei per caso geloso?”. Lo faceva spesso.

Fortunatamente questo non accadde. Strano ma vero.

«Ma dato che ormai sei qui...»

«Non avevo dubbi» sospirò Thad, seccato, roteando gli occhi al cielo. Chissà perché lui si ritrovava sempre a fare da consulente a persone e/o cose di cui non gli importava minimamente.

E se riguardava Sebastian gli importava ancora meno.

«Allora, cosa vuoi da quel povero Blaine?» domandò poi.

«Farmelo, mi pareva ovvio» rispose l’altro in tono neutro. «Non credo che starà ancora per molto con Kurt – dopo aver conosciuto me, poi».

«Me lo stai ripetendo da quando lo hai conosciuto, ovvero quattro mesi fa... e in tutto questo tempo non è cambiato di una virgola. Forse sei solo fissato, non è che ti interessi poi molto» constatò saggiamente Thad, scivolando ancora di più nella poltrona.

«Con me tutti cambiano idea, prima o poi».

«Oh, ma la vuoi smettere di essere così egocentrico? Mi urti i nervi, cazzo! Vorrei darti un pungo sul naso, ma mi farei male per quanto è appuntito».

Sebastian aggrottò la fronte, indispettito: che fosse riuscito a farlo innervosire? Thad ci sperava, non l’aveva mai visto nervoso. In qualche strano modo, riusciva sempre a mantenere un tono pacato e tranquillo, e questa cosa lo infastidiva non poco.

«E’ quello che penso davvero» aggiunse poi, continuando a scrutare lo sguardo opaco di Sebastian, che prese il volantino appoggiato sulle gambe e lo posò sul tavolino di fronte.

Il tutto con una calma quasi disarmante.

«Assolutamente» riconfermò Thad, deglutendo. «Dovrebbe esserci una legge che ti vieti di essere così arrogante...»

«Stai sparando un mucchio di stronzate, Thad, cosa vorresti dimostrare?».

«Niente... non ti sopporto» rispose l’altro.

Sebastian sbuffò. «Sai che c’è? C’è che se davvero è come dici, a quest’ora ti saresti già alzato e te ne saresti andato senza farti tanti problemi. E invece te ne stai lì seduto come un’acciuga a spogliarmi con gli occhi. Per l’amor del cielo e di tutti i gay, sii coerente con te stesso, Thaddino».

Ok, momento: acciuga? Spogliare Sebastian con gli occhi? Thaddino?

Però Sebastian aveva ragione. Perché era ancora seduto là, solo Merlino poteva saperlo. Anzi, per qualche arcano motivo stava sprofondando sempre di più nella poltrona accanto al compagno. E soprattutto non aveva voglia di alzarsi e nemmeno ci riusciva.

Prese a fissare un punto indistinto davanti a lui e improvvisamente sembrò calmarsi. Pensò che era andato lì quel pomeriggio per studiare e invece era l’ultima cosa che voleva: odiava ammetterlo, ma stava bene lì seduto sul divanetto, anche se c’era Sebastian a scartavetrargli le balle.

Sospirò e, in quel momento, con la coda dell’occhio vide che Sebastian lo stava imitando: scivolò sul poggia schiena fino alla sua altezza e stette lì fermo, in silenzio.

Strano, Thad non aveva mai pensato di poter associare le parole ‘Sebastian’ e ‘silenzio’.

Però... in quella stanza c’era un calduccio che faceva quasi chiudere gli occhi, da quanto si stava bene. Thad infine cedette e li socchiuse, pensando a quanto fosse sprecata quella giornata. Si era svegliato con la voglia di fare un sacco di cose e invece se ne stava lì a cazzeggiare con Sebastian da come minimo tre quarti d’ora.

Quasi quasi sarebbe stato meglio se fosse rimasto in dormitorio...

Una cosa certa era che almeno non avrebbe fatto l’ennesima figuraccia con la neve finta...

E non avrebbe visto Sebastian...

E non avrebbe discusso con lui...

Sentì un leggero tremolio alla spalla, ma non aveva voglia di aprire gli occhi per vedere cos’era. Cristo, si sentiva così pigro in quel momento! Ma il calduccio che lo avvolgeva lo stava assopendo pian piano, senza che se ne rendesse completamente conto. Ora capiva perfettamente Jeff e la sua mania di appisolarsi ovunque.

Poco dopo quel ‘tremolio’ divenne più deciso e Thad capì cos’era accaduto. La cosa lo sorprese – e non poco – ma non aveva le forze per opporsi.

Non si sentiva nemmeno se stesso in quel momento.

E poi sentì il braccio di Sebastian cadere a peso morto sul suo.

E...

***

Quando Thad aprì gli occhi, fuori era già buio.

Perché... perché aveva chiuso gli occhi?

Sbadigliò e tentò di stiracchiarsi, ma si accorse che qualcosa – o meglio, qualcuno – gli rendeva i movimenti alquanto impossibili: ebbe il coraggio di voltarsi e scoprire che Sebastian aveva ancora la testa appoggiata alla sua spalla e il braccio attorcigliato al suo.

Ora, onestamente, cosa cazzo doveva fare?

 E... cavoli, sperò con tutto il cuore che qualcuno sbucasse da nulla per dirgli ‘no, tranquillo Thad, non hai dormito con Sebastian”. Stupidamente si guardò intorno, ma non accadde nulla. Forse era costretto a dover accettare l’idea di aver dormito col compagno.

Però c’era da dire che era stato Sebastian a dormire con lui, non lui con Sebastian: chi si era aggrovigliato attorno al suo braccio, d’altronde?

Sebastian Smythe, io ti odio da morire.

Gli prese il braccio – con la sua solita galanteria – e lo scostò il più lontano possibile dal suo. Ora che era ben sveglio riusciva a concepire l’orripilante situazione. E se qualcuno li avesse visti? Naaah, le risate lo avrebbero svegliato di sicuro.

In quel momento, probabilmente per colpa dello scossone, Sebastian aprì gli occhi e se li stropicciò con i pugni: mise a fuoco l’ambiente circostante e poi si voltò verso Thad: dallo sguardo che gli lanciò, probabilmente era incredulo come lui.

«Ho dormito sul tuo braccio?» domandò poi.

Thad si tastò l’arto, per poi lanciargli un’occhiataccia. «Sì, esatto».

«Ah» disse solamente Sebastian, continuando a stiracchiarsi.

«Bh» replicò ironico l’altro. «Ora è tutto intorpidito a causa tua... spero non sia anche bucato grazie al tuo naso».

Sebastian gli lanciò un’occhiata pungente, ma non sembrava innervosito, soltanto... offeso. Sebastian sembrava offeso. Oddio, che fosse riuscito a far emergere un altro lato del compagno?

Questo sì che sarebbe stato un punto in più a suo favore. Sebastian era umano, yu-hu!

«Thad, sinceramente... che PALLE!» commentò Sebastian, alzando gli occhi al cielo. «Mi sono semplicemente addormentato sulla tua spalla, non ti ho trasmesso alcun tipo di malattia, mi pare. Abbiamo sonnecchiato assieme, e allora? Non serve farne una questione di Stato, sei proprio una pigna in culo! Oh no, ma con te per forza dev’essere tragica la cosa, no? Infatti guarda, lì c’è un folletto che ci sta filmando con la sua mini telecamera e dopo metterà il video su YouTube, magari. Mettiti bene in testa una cosa: non frega a nessuno! Sei un rompi cazzi e adesso me ne vado, perché ho di meglio da fare piuttosto che ricordarti che un giorno scoprirai di essere bisex. Ciao».

Detto ciò, si alzò dal divano e si diresse verso la porta, cercando accuratamente di guardarlo negli occhi prima di scomparire dalla sua visuale.

Thad era... boh, shockato?

Umiliato?

Non aveva mai sentito Sebastian parlare in quel modo con nessuno, men che meno con lui: di solito si limitava a prenderlo in giro o – quelle rare volte! – a parlarci in modo quasi normale. Ma incazzato così... mai. Almeno, non fino a quel giorno.

Più che ‘incazzato’ sembrava alquanto infastidito dalle sue battute pungenti: ma, oh, se le cercava! Sebastian le sparava ogni giorno e in ogni momento, perché una volta che le diceva lui doveva essere ‘sgridato’ in quel modo? Non era affatto giusto.

Forse... forse gli dava fastidio perché in fondo – molto in fondo – ci... ci teneva davvero a lui. Altrimenti non si sarebbe spiegato il suo comportamento.

Thad non capiva. Il suo cervello in quel momento poteva essere paragonato al caos di camera sua, il che era tutto dire.

Un istante dopo la porta si spalancò e comparve Nick, con un’espressione incredula stampata in faccia.

«Si può sapere che hai fatto a Sebastian?» domandò indicando dietro di sé, rimanendo mezzo nascosto dalla porta.

Thad alzò un sopracciglio. «Cosa dovrei avergli fatto?».

«Ah, non ne ho idea! Aveva una faccia strana... non da stronzo» rispose Nick.

«Io non gli ho fatto niente!».

«Sicuro?».

«Sì, mi pare ovvio!».

Nick increspò leggermente le labbra e assottigliò lo sguardo. «Vabbè, io torno a giocare a Battaglia Navale con Trent e Jeff... Ah, un’ ultima cosa: tu e Sebastian dovreste dormire più spesso insieme, perché non fate chiasso e siete così carini! Ci si vede!».

«... Non osare dirlo a qualcuno, è stato un incidente!» replicò Thad, infuriato.

«Bye bye!» sentì la voce dell’amico ormai lontana.

«... NICK!».

Thad si lasciò cadere con la schiena sul divano e vi ci sprofondò.

Odiava la Dalton, odiava i suoi amici e odiava il mondo. Non ne era sicuro, ma in un certo senso odiava anche se stesso.

E l’indomani avrebbe preso due al compito di Storia, almeno su di questo ne era certo.

The... end?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono contenta di aver diffuso il verbo delle Sebastian/Thad, davvero.
Inizialmente credevo di essere l’unica pazzoide (anzi, due pazzoidi: io e Somo), ma poi ho visto che anche su Tumblr giravano gif e post con questa ship e mi si è aperto il cuore ♥

Alons-y!

:*
   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: LyndaWeasley