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Autore: AbbyS_19    30/01/2012    2 recensioni
la minuscola one-shot, che parla di un ragazzo che è stato lasciato e che non riesce a "superare il trauma" e che vede la sua ex come una ragazza perfetta (cosa che si vedrà non essere vera nel corso della storia).
Impara così a superare il suo blocco emotivo, che gli impediva di avere emozioni reali.
per chi se lo chiedesse, la ragazza sono davvero io, ed il ragazzo è davvero il mio ex, il quale mi vede davvero così, ed è davvero il mio vicino di banco.
l'unica cosa che non è realmente accaduta è l'ultimo episodio, anche perchè non so suonare il piano (anche se il ragazzo dagli occhi color caffè mi ha davvero insegnato a suonare una canzone con il piano) ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breathe



Respira.
Senti la vita che ti riempie i polmoni, l'aria che li libera dal dolore che crei e che sopporti.


In un’altra vita avrei fatto in modo che restassi,
Così non avrei dovuto dire che sei stata tu quella che se n’è andata.


“Lo so che è dura, ci sono passato prima di te”.
“Grazie, Luca, davvero”.
Palle, tutte palle. Non mi aiuta per niente.
La volete sapere la verità? La verità è che l'unica cosa che mi impedisce di crollare è la certezza delle 7,42: l'ora in cui, ogni giorno, varca la soglia della IVª A, in cui appoggia lo zaino sul banco, si toglie la cuffia ed io posso vedere come porta i capelli, sentire se la sera prima li ha lavati con lo shampoo al miele o con quello all'albicocca, sentire la sua voce, la sua cadenza buffa, sentire che mi saluta, imbarazzata, il suo respiro.
C'è qualcosa di incredibile nel modo in cui respira: sembra che in quell'attimo, l'aria che passa per i suoi polmoni, canti, mi racconti una storia, mi abbracci, per poi lasciarmi, sempre troppo presto.
Ogni mattina, giorno dopo giorno, questa tortura.
E la cosa più frustrante non è questo. È che lei lo sa, sa che cosa provo per lei, sa che, lasciandomi, mi ha spezzato; Non il cuore, ma i polmoni.
I greci pensavano che si pensasse con i polmoni, io credo che con essi si provino le emozioni.
Lo so che è stupido, ma sono le idee di un ragazzo di quattordici anni che si è perso, assecondatemi, per una volta.


You're always there, you're everywhere,
But, now, I wish you were here.


Perché tu non sei qui: è vero, sei accanto a me, ma la tua mente non è nella classe.
La cosa peggiore è che so dove sei: sei in una scuola poco lontana da qui, con gli occhi che guardano un ragazzo con dei bei riccioli scuri e gli occhi color caffè, mentre parla con la ragazza seduta nel banco accanto al suo.
Una lacrima muta ti riga la guancia, ma la asciughi subito, con un movimento goffo.
Amo questo gesto, lo fai in un modo tutto tuo: ti appoggi l'avambraccio sull'occhio e lo strofini fino ad arrivare al polso, poi improvvisi un sorriso, anche se nessuno ti guarda.
Guardi furtivamente il cellulare, per controllare se il ragazzo dagli occhi color caffè ti ha scritto, ma lo sai che non ti ha scritto, che non ti scriverà.
Ho voglia di piangere, ma non ce la faccio.
Forse è questo il mio problema: non so dire le cose al momento giusto, non esprimo emozioni, non vivo.

“Arrabbiati, picchiami, urla, fai qualcosa!- Diceva. Era disperata- Non reagisci mai! Non sei un essere umano! Non ridi, non ti arrabbi, non odi, non piangi, non parli... non ami”.
Quelle parole bruciavano nell'aria della mia camera, ma io non dicevo niente. Mi  limitavo a fissarla, con il mio sguardo spento. Mi odiavo per quello che le stavo facendo, ma non riuscivo a fare altrimenti.
“Non ti voglio vedere mai più!” Urlò. Prese la sua giacca ed uscì dalla porta.
Non ha mai  più varcato quella soglia.


Troppe volte ho rivissuto questa scena, troppe volte ho voluto gridare, troppe volte qualcosa mi impediva di farlo, quel qualcosa mi chiudeva lo stomaco, mi paralizzava e non mi faceva respirare.


… E poi mi accorsi che era lei,
Non poteva essere che lei.


Ti ho vista in centro oggi, eri andata a trovare il ragazzo con gli occhi color caffè.
Lo hai visto mentre teneva per mano la sua ragazza, sei scoppiata in lacrime e sei scappata. Quello che non sai, però, è che lui ti ha vista, ed aveva una smorfia di dolore dipinta sul viso che io non ho mai saputo esprimere.
Allora ho capito che c'era solo una cosa da fare.
Ho imboccato il vicolo in cui eri corsa e ti ho vista, mentre suonavi. Poi mi sono accorto di essere in una stanza. Eravamo nella tua scuola di musica, dove c'era quel pianoforte che ti piace tanto, e tu suonavi la canzone che ti aveva insegnato a suonare lui.
Non c'era speranza, non ne saresti uscita, non da sola.
Presi una sedia e mi sedetti accanto a te. Ti spaventasti, non ti eri accorta della mia presenza.
“Pietro, ti ho già detto che...” Incominciò.
“Non sono qui per me, sono qui per te, come amico. Se vuoi parlare, ci sono”. Le dissi.
“E da quando parli?” Ribatté lei, sarcastica.
“E da quando tu non affronti un problema?- Obiettai.
“Una cosa di cui mi vanto- proseguii – È la comodità delle mie spalle, ora sono qui tutte e due per te, sfruttale”. Sorrisi.
Allora lei pianse, a lungo, silenziosamente, fino a che mi chiese:
“Secondo te lei è bella?”
Sapevo che si riferiva alla ragazza che il ragazzo dagli occhi di caffè teneva per mano, e le risposi:
“Non ho mai visto una ragazza più brutta in tutta la mia vita, aveva anche un occhio più grande dell'altro, e poi hai visto le gambe? Sembravano due tronchi d'albero!”
sembrando soddisfatta della risposta, mi abbracciò.
“Grazie, Pietro, sei un amico fantastico, davvero”.
Mi sarebbe bastato, l'importante era essere con lei.
L'importante era respirare.
  
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