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Autore: Yees    30/01/2012    1 recensioni
Che cosa sono, in fondo, i sogni?
Questa la domanda della piccola Celia, immersa nell'atmosfera sognante del Circo dei Sogni.
E le sensazioni che ne deriveranno.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il Suono Dei Sogni


Cosa vogliono dire i sogni? Perché la gente ci si affeziona come fossero veri pezzi di ricordi, esperienze vissute ma troppo lontane per essere davvero riportate in vita nella nostra testa, per sentirne di nuovo il profumo, i suoni.                    
Cosa vogliono dire i sogni? Perché ci colpiscono, ci scuotono come fossimo foglie al vento? Non lo sapevo, né tantomeno me lo domandavo. Ma da quando ero arrivata in mezzo a quella strana squadra di maghi, di prestigiatori, anche i sogni avevano cominciato a prendere un loro valore profondo, cristallino.                 
L’atmosfera che si respirava sotto quei tendoni bianchi e neri aveva un nonsoché di speciale, di, certo, magico,  ma questo era ovvio. No, io sentivo qualcosa di più particolare, le mie braccia erano costantemente percorse da brividi ogni qual volta un nuovo spettacolo aveva inizio davanti ai miei occhi vivaci, curiosamente spalancati sul mondo alla ricerca di modelli di vita, di figure che mi ispirassero fiducia.                                                                                                            
 Non era stato un caso che fossi stata mandata in quel posto. Ora me ne rendevo conto. I giorni passavano, e la mia voglia di imparare i mirabolanti trucchi dell’Incantatore – o meglio, Prospero, come amava essere chiamato, soprattutto da me – cresceva a dismisura, portandomi addirittura a diventare insistente, noiosa, caparbia.                                                                                             
Ma Prospero aveva tutto il tempo del mondo per me, mi dedicava ogni suo attimo libero, spesso esplorava il mio viso alla ricerca dei tratti familiari che ci accomunassero, che ci rendessero davvero quello che da tempo si mormorava in giro. Avevo chiesto persino a lui cosa significassero certi sogni. Cosa rispondeva? Che i sogni ci appartengono come l’anima, il segreto che sta dietro a ognuno di essi non va divulgato come una semplice barzelletta.                                              

“Ehm… Allora, come ti trovi?”. Mi veniva fatta spesso una domanda del genere, e io, inevitabilmente, muovevo il capo sbadatamente, cenni senza senso per risposte che altrimenti ne avrebbero avuto ancor meno.
All’inizio avevo temuto di aver sonno, durante gli spettacoli, quando la magia si accendeva di un calore tutto suo, e la gente si affollava all’ingresso e sugli spalti in attesa di qualcosa di sorprendente.                                                               
Ma ben presto avevo capito che in quei casi non esiste sonno o stanchezza.              
Le luci si dipingevano di mille colorazioni diverse, i miei occhi stavano a stento dietro a tutte quelle sfumature accecanti, e quando tristemente lasciavano la scena, restando comunque impresse nella mente di tutti gli spettatori, beh, ecco che allora partivano gli acrobati, partivano le musiche, partiva un nuovo sogno. Riuscivo a scorgere le espressioni dei bambini nelle prime file, riuscivo a sorprendermi ogni volta nell’osservare quell’ambiente tinto di un improvviso senso di felicità, di spensieratezza.

“Ogni problema va accantonato fuori dai cancelli di questo circo!” scherzava con una risata fresca e gentile Prospero, quando tentava di istruirmi non solo sugli aspetti scenici del circo. Lui mi spiegava cosa dovesse provare la gente quando sedeva sotto quei tendoni, cosa dovesse pensare quando assisteva alle esibizioni, cosa dovesse dire quando usciva da lì e tornava a casa con i fremiti dell’eccitazione ancora sulla pelle.
Non c’era cosa più bella e appagante dei sorrisi che riuscivo a individuare sui visi delle persone attorno a me. E a quel punto, anche le mie labbra si increspavano automaticamente in un’espressione di gioia, di puro amore per quel momento, che desideravo non scorresse mai più via dalla mia memoria di bambina.
In certi momenti come quello mi chiedevo se fossi davvero costretta a crescere e ad abbandonare questo mio stato sognante, che mi baciava la notte quando chiudevo gli occhi, e mi stringeva tra le sue braccia ogni volta che un nuovo spettacolo iniziava.

“Un giorno eseguirai anche tu queste cose che adesso ci vedi fare” mi assicurava Prospero. Io lo squadravo con occhio critico, come alla ricerca di una traccia di menzogna nei suoi occhi o nel mondo in cui mi sorrideva fiducioso.                    
Ma non trovavo nulla, e allora lui allargava le sue braccia e io mi tuffavo nel suo caloroso abbraccio piena di speranza e aspettative.
“Un giorno faremo tutto questo, io e te, insieme”
Io annuivo, sorridevo timidamente. Mordicchiavo le unghie delle mie dita, aspettando con ansia quel famigerato giorno.                                             

C’era anche un ragazzo dall’aria particolare, c’era sempre, con le mani infilate nelle tasche anteriori dei suoi jeans rossi, i grandi occhi in cui si riflettevano le immagini del circo, o forse le proiezioni dei suoi stessi sogni, il capello marrone in testa che schiacciava malamente quella chioma nera di ricci indomabili. Lui aveva attirato il mio sguardo, col suo sguardo. Le nostre occhiate non duravano più di qualche secondo, ma in quel poco tempo che ci era offerto per studiarci, ci capivamo meglio di chiunque altro.
Era anche lui frutto di quella magica, nuova vita in cui ero da poco tempo entrata?
 
Stropicciai gli occhi, insonnolita. Mi rigirai nel letto, premetti il viso contro il cuscino profumato. Tentai di isolarmi dal resto del mondo, ma dopo poco mi fu chiaro di aver perso ogni speranza di ritrovare il sonno perduto. E con esso anche lo splendido sogno che aveva animato quella notte silenziosa. Un sogno a tratti così realistico da avermi convinta della sua esistenza.                                
Socchiusi leggermente gli occhi, spiando al di là del bordo della coperta spessa che mi ero portata fin sopra il naso. Pareti blu con su disegnate tante piccole stelle luminose, un abat-jour che proiettava tutt’attorno la sua calda luce rossastra, e quell’armadio gigantesco, interamente ricoperto di fotografie.           
“Uhm…” borbottò una voce rauca al mio fianco.                                                 
Mi voltai di scatto, tirando nuovamente la coperta fin sotto gli occhi.                
Sorrisi, per la mia stessa sbadataggine.                                                             
Prospero dormiva come un bambino, rannicchiato al mio fianco, non si era affatto accorto del mio risveglio.                                                                   
Allora capii che quello che avevo scambiato per un sogno era la verità. Lui era al mio fianco, era reale. Lui, il protagonista del mio sogno, meglio detto “vita”.

“Sogni d’oro, papà” sussurrai concedendogli un tenero bacio sulla fronte.       

Tornai a concentrarmi con gioia sulla realtà che mi aspettava, ogni mattina, ogni sera. Quella del magico circo che ormai definivo “casa”.

Forse non ne avevo ancora scoperto il significato, ma ero certa che i miei sogni avessero il suono della felicità che risiedeva in quel circo, ogni notte.
 

   
 
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