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Autore: perrypotter    30/01/2012    18 recensioni
- Terza classificata a pari merito al contest “Hi! Nice to meet you” indetto da Virgyblackina -
Vi siete mai chiesti cosa spinse Elizabeth a chiedere a Carlisle di salvare Edward, nel modo accorato che noi tutti conosciamo?
Io si e questo contest mi ha dato la possibilità di dare una mia personale risposta al quesito.
Spero possa piacervi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Carlisle Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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IL DONO DI ELIZABETH


Mi trovavo sdraiata su quel letto, non rammentavo nemmeno come ci fossi arrivata ma ero li.
Sentivo la mia testa scoppiare, la tosse squassava il mio petto, i miei respiri ridotti a dei rantoli.
All’improvviso un profumo arrivò al mio naso.
Non sapevo come ero riuscita a sentirlo. Da giorni ormai non sentivo più niente, men che meno gli odori, eppure questo in particolare mi colpì con la forza di una cannonata sul mio corpo già tanto provato.
Quell’odore, quel profumo, l’avrei riconosciuto fra milioni. Non potevo sbagliarmi, era proprio il suo.
Con una forza che non pensavo più di possedere aprii gli occhi e lo vidi.
Si muoveva veloce tra i vari letti presenti nella mia stessa stanza.
Lo guardai attraverso il velo che copriva i miei occhi eppure non ebbi il minimo dubbio. Era lui.
Parlava in modo pacato all’indirizzo di un uomo, un medico forse, non avrei potuto dirlo.
Quel viso. Quella voce. Quegli occhi, così intensi, caldi, avvolgenti, rassicuranti.
Sapevo di non sbagliare, erano passati quasi trent’anni ma ero certa che fosse lui.
Come avrei potuto dimenticare il giorno che lo conobbi.
Ero solo una bambina all’epoca, avevo sette anni. Passeggiavo tra i campi incurante di tutto. Raccoglievo fiori, li odoravo e sorridevo tra me e me. Mi sentivo felice, ballavo sulle punte delle mie scarpine nere. Una strana euforia mi aveva pervaso nonostante il cielo grigio e le nuvole cariche di pioggia.
D’un tratto lo vidi. Era poco distante da me e mi guardava con aria perplessa quasi a chiedersi cosa facesse una bambina sola in mezzo ai campi.
Mi si avvicinò molto lentamente come se avesse paura di spaventarmi.
Si piegò sulle gambe portando i suoi occhi all’altezza dei miei.
Era di una bellezza irreale. La pelle più chiara che avessi mai visto e due occhi talmente profondi da potersi perdere nel guardarli.
«Buongiorno signorina», mi disse dolcemente «cosa fa una bimba piccola come te tutta sola in mezzo ai campi?»
Arricciai le labbra in un chiaro segno di disappunto.
«Io non sono una bambina, ho già sette anni» gli risposi.
«Oh, vi prego di perdonare la mia maleducazione madamigella. Non intendevo essere villano, solo mi chiedevo come fosse possibile che una fanciulla tanto bella come voi non  fosse accompagnata nelle sue passeggiate dal suo promesso.»
Subito abbassai lo sguardo sorpresa e lusingata dal suo modo di parlare.
Nessuno mai si era rivolto a me con quei termini e persino una bambina come me era in grado di capire che dovesse essere un uomo molto colto e raffinato.
«Scuse accettate» gli risposi facendo un piccolo inchino come avevo visto fare tante volte alle dame. Mi aprii in un sorriso spontaneo e lui fece lo stesso.
«Sei un principe?» Gli chiesi con occhi sognanti.
«No, mia dolce fanciulla. Non sono un principe.»
I suoi splendidi occhi dorati si velarono di tristezza come se, all’improvviso, un pensiero molesto gli avesse attraversato la mente.
«Allora cosa sei?» Chiunque fosse, doveva essere una persona importante.
Il suo portamento e i suoi modi potevano suggerire solo quello.
«Sono solo un uomo di passaggio da queste parti e tu non dovresti dare confidenza agli estranei. I tuoi genitori non te l’hanno insegnato?»
Il pudore apparve subito sul mio viso. Quella era una delle prime cose che mi erano state insegnate ma io non ero mai stata particolarmente ubbidiente e di certo in quel momento, dopo aver conosciuto lui, non potevo che gioirne.
«Come ti chiami?» Chiesi senza rispondere alla sua domanda.
Eruppe in una risata dolce, cristallina. Sembrava un coro di angeli.
«Mi chiamo Carlisle Cullen, piccola impertinente.»
Sempre col sorriso sul viso mi porse la mano, ma quando avvicinai la mia si chinò in un baciamano che mi fece arrossire fin nelle punte dei capelli già rossicci di natura.
«Posso avere l’onore di conoscere il tuo nome, mia incantevole amica?»
«E- Elizabeth» balbettai di rimando.
«È un onore conoscerti, Elizabeth. Visto che il tuo promesso non è con te, posso tenerti compagnia fino al tuo rientro a casa?»
«Con vero piacere ma io… non ho un promesso. Mamma dice che sono troppo piccola per pensare al matrimonio.»
«Concordo pienamente con la tua mamma. Credo che sia una donna molto saggia.»
«Potresti essere tu.»
«Cosa? »
«Il mio promesso. Potresti essere tu.» Gli sorrisi con occhi sognanti. Era di una bellezza fuori dall’immaginabile.
Sospirò tristemente prima di rispondermi.
«Non posso, piccola mia. Ma non temere, un giorno conoscerai il tuo grande amore e sarai felice come nemmeno immagini.»
Avevo l’impressione che nei suoi occhi fosse comparsa una tristezza immensa di quelle che per fortuna non avevo mai conosciuto.
«Tu l’hai trovato? Il tuo amore, l’hai trovato?»
«No, Elizabeth, purtroppo non l’ho ancora trovato, ma non perdo le speranze.»
Di nuovo il suo sorriso mi abbagliò.
Restammo a parlare per tutto il pomeriggio. Gli raccontai dei miei sogni e lui mi raccontò tante storie affascinanti sui suoi studi e su alcune persone che aveva conosciuto.
Mi resi conto che la mia strada era ancora molto lunga, mi sarebbe piaciuto avere un compagno di avventure come lui.
Col senno di poi, mi resi conto che in realtà non mi aveva raccontato niente di sè, solo che era un dottore e che amava prendersi cura delle persone, che grazie al suo lavoro aveva la possibilità di espiare le sue colpe.
Naturalmente all’epoca non capii cosa intendesse ma non me ne curai, troppo presa a parlare di me e delle mie fantasie.
«Adesso credo che sia ora che torni a casa. La tua mamma sarà in pensiero per te.»
«Sì, lo penso anche io. Ti vedrò ancora?»
«Non credo che sia una buona idea. I tuoi genitori potrebbero arrabbiarsi se lo sapessero.»
Sentivo già le lacrime spingere per uscire dai miei occhi ma ero sempre stata una bambina forte e coraggiosa e cercai di trattenerle.
«E se non lo diciamo a nessuno? Potrebbe essere il nostro segreto.»
Immersi il mio sguardo nel caramello più splendente che avessi mai visto in attesa di una sua risposta.
«Va bene. Se verrai qui domani, mi troverai ma subito dopo andrò via e non tornerò più. Mi dispiace, piccola, ma non posso fare diversamente.»
«Solo un giorno? Perché solo uno?»
«Non posso restare qui. Te l’ho detto, sono di passaggio e non posso restare.»
Non so perché, ma ebbi la netta impressione che quello che mi stava dicendo non fosse la verità. Mi sembrò di scorgere una sofferenza sconosciuta e profonda.
Mi avvicinai a lui e, senza neanche sapere perché, lo abbracciai forte.
«Prometti che sarai per sempre il mio principe.»
Mi staccai da lui per guardare ancora una volta in quei suoi occhi meravigliosi perdendomi in quell’abisso di dolcezza.
Non seppi mai perché ma ero certa che non l’avrei più rivisto.
Posai delicatamente un bacio sulla sua guancia e la sua pelle fredda quasi mi intorpidì le labbra.
Mi guardò con tristezza mormorando «sarai sempre la mia principessa, te lo prometto mia piccola amica.»
Tornai a casa con la tristezza nel cuore certa che quello tra noi fosse un addio.
La mattina dopo la febbre alta mi costrinse a rimanere a letto.
Piansi disperatamente pregando mia madre di lasciarmi uscire.
Dovevo andare da lui, dovevo vederlo ancora una volta, ma non ci fu niente da fare. Mia madre fu categorica impedendomi fermamente di uscire dal letto.
Come avevo immaginato non lo vidi mai più almeno non nella realtà, ma nei miei sogni, lì lo rividi ancora e ancora fino ad imprimere i tratti del suo viso nella mia mente.
Molti anni dopo, conobbi Edward Masen e, come mi disse Carlisle, diventò il mio grande amore.
Ci sposammo dopo pochissimo tempo, eravamo davvero molto felici.
Poco tempo dopo, il Signore benedì la nostra unione mandandoci il nostro piccolo Edward Anthony. Divenne il fulcro della nostra vita, la nostra gioia, la nostra unica preoccupazione.
Quando mi comunicò di voler partire per il fronte, potei chiaramente sentire il mio cuore infrangersi per il dolore.
Cercai di dissuaderlo in ogni modo senza riuscire a fargli cambiare idea.
Avevo sempre immaginato di vederlo innamorato, sposarsi e amare la sua famiglia come io e suo padre ci eravamo amati e avevamo amato lui.
Era sempre stato un bambino bellissimo ma crescendo era diventato un giovane forte e affascinante eppure mai una volta aveva espresso il desiderio di conoscere o frequentare una fanciulla nonostante in tante lo sperassero.
E adesso mi trovavo qui, riversa in un letto d’ospedale in procinto di morire col mio angelo a qualche letto di distanza che versava in condizioni peggiori delle mie.
Mi parve così assurdo, avevo temuto tanto che morisse per mano dell’esercito straniero e adesso mi stava abbandonando per una stupidissima febbre che non lasciava scampo.
Avevo già perso il mio amato marito e adesso, sembrava che fossi destinata a vedere le mie ragioni di vita perire davanti ai miei occhi senza poter fare niente per salvarli.
Avrei dovuto vedere il mio bambino avviarsi alla stessa fine di suo padre.
Non potevo accettarlo.
Cercavo di accudirlo dal mio letto come meglio potevo, combattevo contro la febbre che tentava in tutti i modi di trascinarmi nell’abisso più profondo, ma sentivo che le forze mi abbandonavano.
Sapevo che non avrei resistito ancora per tanto tempo, dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse salvare il mio Edward.
Fu in quel momento che i miei occhi incontrarono nuovamente i suoi riconoscendoli immediatamente. Come avrei potuto sbagliarmi?
Avevo rivisto il suo volto talmente tante volte nei miei sogni che conoscevo ogni più piccolo particolare.
Come era possibile che fosse esattamente come lo ricordavo? Com’era possibile che il suo volto non portasse i segni del tempo? Io non ero vecchia eppure il mio volto era cambiato completamente, il mio corpo era maturato, ero diventata una donna e lui doveva essere un vecchio mentre non mostrava più di trent’anni.
Esattamente come quando lo conobbi.
Per un momento pensai che fosse un parente, magari un figlio, ma come poteva? Era assolutamente identico e quando qualcuno pronunciò il suo nome smisi di pormi domande che non avrebbero avuto risposta.  
In quel momento l’unica certezza che avevo era che nel dottor Cullen ci fosse molto di più di quanto si vedesse all’esterno.
Non avevo idea di cosa fosse, ma in ogni caso era in grado di vivere a lungo e se poteva farlo lui, forse poteva fare in modo che anche il mio Edward potesse farlo.
Non ebbi la minima esitazione, il minimo dubbio.
Nel momento in cui si avvicinò a me afferrai il suo braccio, nonostante la febbre molto alta riuscii comunque a sentire il gelo della sua pelle, lo stesso di tanto tempo fa.
Lo pregai di fare quanto in suo potere per mio figlio.
«Salvalo» gli dissi
Mi guardò con dolcezza prima di rispondermi «farò il possibile.»
Rafforzai la mia presa e con una determinazione più forte di qualsiasi dolore pervadesse il mio corpo insistetti con la mia supplica che aveva il sapore di un ordine.
«Devi! Devi fare tutto ciò che puoi. Ciò che agli altri non è consentito, ecco cosa devi fare per il mio Edward.»
Mi rivolse uno sguardo quasi impaurito ma ormai le forze mi stavano abbandonando.
Chiusi gli occhi un attimo dopo aver visto nel suo sguardo una nuova luce che mi rassicurò sulle sue intenzioni.
Avrebbe fatto ciò che gli avevo chiesto.
Il mio piccolo Edward avrebbe continuato a vivere, avrebbe trovato l’amore, sarebbe stato felice e per me niente altro aveva importanza.
La febbre avvolse i miei sensi, poco dopo vidi il mio amato Edward. Mio marito mi  porgeva la mano per accompagnarmi in un posto meraviglioso dove tutt’ora viviamo felici come lo eravamo a casa nostra.
Da qui possiamo vedere il nostro bambino, gioire della sua felicità, soffrire dei suoi dolori, ma comunque felici di ciò che è diventato.
Ha fatto molti errori, ma ha avuto la forza di cambiare, ha lottato per essere migliore e adesso è un uomo meraviglioso.
Sì, ho detto uomo perché, anche se la sua natura non è la stessa che aveva quando l’ho dato alla luce, non avrei potuto sperare niente di meglio per lui.
Ha trovato una nuova meravigliosa famiglia che lo ama immensamente.
Ha trovato l’amore della sua vita e ha avuto la rara possibilità per quelli come lui di avere una bambina stupenda.
Tante volte avrei voluto parlargli, sfiorare la sua pelle, fargli sapere che io e suo padre non abbiamo mai smesso di amarlo, ma questo non è possibile.
So per certo però che non ci ha dimenticato del tutto.
Ha donato alla sua amata l’anello che mi regalò suo padre e ciò significa che siamo ancora nel suo cuore.
Si dice che una mamma darebbe la vita per i suoi figli.
Io ho potuto dargli solo un po’ del mio tempo, ma conoscere Carlisle Cullen è stato il regalo più grande che il Signore mi abbia concesso e io l’ho donato al mio unico figlio Edward Anthony Masen Cullen.

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Ringrazio Rossella per lo splendido banner che ha preparato per me e tutte voi che siete arrivate fin qui.
 
  
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