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Autore: TonyCocchi    30/01/2012    10 recensioni
La guerra è finita. Germania lavoro sodo e tra mille difficoltà per riprendersi e ricostruirsi un futuro. E sa bene che dovrà farlo tutto da solo, senza aspettarsi più sostegno del dovuto dalle altre nazioni. Chi mai vorrebbe entrare in confidenza con lui ormai? Chi mai sarebbe tanto cretino da preparargli il pranzo?
(Germania x Italia)
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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hetalia - lasagne amare per germania

Ehilà a tutti!
Dopo un po’ di romanticismo con “What a wonderful world this would be!” (se non l’avete letta spero correrete a darci un’occhiata ^_^) ritorno ora al filone di Hetalia versione “seria”, con una fic con meno allegria e qualche lacrima in più.

Ma per quelli che invece preferiscono l’Hetalia più solare e briosa, sappiate ho in serbo un’idea per una più-capitoli che credo non vi lascerà delusi, e che avrà protagonista quello che per me è il più figo tra le nostre adorate nazioni, Turchia!

Riguardo questa intanto, come da introduzione tratta di Germania ed Italia, anche se non esattamente come pairing romantico, ecco perché ho preferito non mettere “shonen ai” tra gli avvisi. Stavolta non mi riferisco a nessun evento storico particolare, ambientando la fic nel periodo post-bellico, diciamo anni 50 o 60…

Buona lettura!

 

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

 

 

 

Inghilterra e Francia sono sempre disponibili a parlare con te per quel che riguarda gli affari, le relazioni economiche che state pian piano reintrecciando, gli accordi vantaggiosi coi quali state rimettendo in sesto sia voi che il resto dell’Europa.

Ti rendi conto di essere un partner importante per loro, e che sarai fondamentale anche in futuro.

Ma per quanto riguarda cose diverse dal lavoro e dalla diplomazia, né loro, né tantomeno nessun altro, spreca una sola parola con te.

Tu stesso, da sempre mal propenso allo spreco e al superfluo, non appena la discussione è chiusa, saluti educatamente e prendi la tua strada, che è sempre nella direzione opposta rispetto ai tuoi interlocutori.

 

Sei un membro fondatore della Comunità Economica Europea, partecipi attivamente ad ogni seduta, non manchi mai né sei mai in ritardo.

Su di te si può contare sempre, con il tuo sobrio abito grigio, il tuo cappello, la tua ventiquattrore sempre piena di appunti dalle precedenti riunioni, il tuo contegno; così serio, così tedesco.

Quando prendi la parola, tutti ascoltano ciò che hai da dire, si preoccupano se sei preoccupato, si rincuorano se sei fiducioso. E quando la riunione è chiusa, rimetti tutto nella valigetta e vai via senza perder tempo, così impegnato, così impalpabile.

Sollevi appena il cappello per ricambiare i saluti di circostanza che ti rivolge chi ti incrocia per i corridoi o in aula.

Ti rendi conto che al di là di quello, non c’è niente, che all’infuori del lavoro e della politica, è come non esistessi più.

E tu dai ragione a loro, senza riserve o giustificazioni per te stesso.

Chi mai d’altro canto ti vorrebbe mostrare ancora confidenza dopo ciò che hai fatto?

 

Sei un traditore.

Un assassino.

Un mostro.

 

È passato così tanto tempo dall’ultima volta che hai parlato con qualcuno all’infuori degli ambiti professionali di nazione che ormai potresti aver pure dimenticato come si imbastisce una normale conversazione tra amici.

Di amici tanto non te ne è rimasto nessuno.

Li hai fatti scappare tutti via.

Schiene.

Spalle rivolte verso di te la maggior parte del tempo.

Ecco cos’hai ottenuto dalla tua follia, e sai che è ciò che avrai d’ora in avanti, e non hai nulla da ridire.

Ora che sei rinsavito, la cosa ti sembra così giusta e sacrosanta che non provi mai neanche una volta a trattenerti con qualcuno senza un motivo serio per farlo.

Discuti, ascolti pareri, consigli, e poi raccogli le tue cose e togli il disturbo; l’idea non ti sfiora nemmeno nella testa.

Ti rendi conto che è questo il futuro che ti sei procurato, che è così che andrà d’ora in avanti. Non reagisci, lo vuoi accettare, perché il senso di colpa esige quotidianamente la tua solitudine come tributo, affinché cessi il suo impietoso tormentarti.

Ti rendi conto che sotto le tue vesti eleganti, quelle macchie ci saranno per sempre.

Sotto il tuo instancabile impegno, gli altri le vedranno ogni volta, e non sarai più di un collega per nessuno.

 

Solo un’eccezione conferma la regola.

Il tuo vecchio alleato. Lui è l’unico che quando al lavoro ti saluta, almeno da quando ha ricominciato a farlo, ti sorride.

Lo conosci e quindi sai che non vale la pena di sorprenderti per la cosa.

Se a lui va bene così, decidi di lasciarlo fare; almeno fin quando non inizierà a sbilanciarsi troppo.

 

“Germania! Ti va di pranzare insieme oggi?”

“Grazie dell’invito Italia, ma devo rifiutare. Ho parecchio da sbrigare.”

Sai bene che lui è uno stupido, e non è giusto che te ne approfitti.

Il tuo rifiuto è istantaneo, e ben più energico di quanto il galateo preveda; speri che tanto distacco gli levi da mente l’idea.

 “Allora… sarà per un’altra volta… Ciao!”

Richiudi la valigia e vai via; mentre torni a casa, l’ultima cosa che desideri, è ritrovarti il giorno dopo, e magari l’altro ancora, con lui ad insistere e te a dover rifiutare ogni volta.

 

Nuova giornata, nuova riunione, nuovo mal di testa che sopporti senza batter ciglio. Mentre esci dalla sala per una pausa, ecco che ti raggiunge.

“Germania! La riunione riprenderà alle tre, abbiamo il tempo di pranzare insieme!”

“A dire il vero pensavo di impiegare questo tempo per rivedere alcune carte: ho un’importante contratto in ballo con Francia.”
“Dai, non ci mettiamo molto!”
“Temo che…”

Ti interrompe, e ti sbatte sotto gli occhi una busta di carta: “Ho portato il pranzo da casa!”
“Buon appetito allora.” lo liquidi facendo per allontanarti.

“Per tutti e due intendevo!”

Ti volti.

“Ne ho preparato per tutti e due! Dai, solo un assaggio!”

Ti prende per la manica della giacca e ti costringe a sedere su una delle panchine del corridoio.

Ti siedi col preciso intento di rialzarti subito; sei nervoso, vuoi andare via, lontano da quell’idiota.

“Ho usato quei cosi che mi ha regalato Giappone qualche anno fa, i bento! Sono molto pratici ho scoperto! Tieni, apri il tuo! Dovrebbe essere ancora caldo!”

Afferri il bento solo per paura che ti possa cadere addosso. È coperto da un foglio di carta stagnola umidiccia. Temi di sporcarti e per fortuna ci pensa lui a toglierlo per te.

“Oggi ho preparato le lasagne!

Un leggero sbuffo di fumo sale verso la tua faccia, e sotto il foglio argentato compare uno strato di sugo tanto rosso che nel contrasto coi tuoi abiti e le pareti bianche intorno, e il tuo umore al momento, è come un pugno in un occhio.

Infilzate nella pasta, ci sono due bandierine, quelle dei vostri due paesi.

“Senti che profumino! Scommetto ti sono mancate le mie ricette, vero?”

Tremi. Desideri scattare in piedi, ma poi ti cadrebbe tutto addosso e per terra.

Perché sei arrivato fino a questo punto, ti chiedi.

Ti rendi conto avresti dovuto subito ordinargli di mollarti la giacca.

Devi rifiutare, trovare una scusa ed andartene.

Hai i nervi a fior di pelle: come poteva essere così stupido?

“Italia…”

Ti porge una forchetta e un coltello avvolti in un fazzoletto di carta.

 

“Mangia.”

 

Rimani spiazzato. Non pensavi la vocina di Italia potesse avere un simile tono, e farti un simile effetto.

Non pensavi che uno come Italia potesse essere tanto “gentile” da farti scattare sull’attenti, come davanti al più esigente dei generali.

Prendi le posate dalle sue mani e vedi che lui ha già cominciato a mangiare.

“Avanti, mangia.” ti ordina di nuovo, prepotente e premuroso, come non ti servisse nient’altro al mondo che quella roba un po’ molliccia dall’odore invitante.

Le lasagne nel tuo bento sono già state divise da una griglia di tagli in quadratini, il coltello non ti serve.

Ne infilzi uno con la forchetta e lo porti alla bocca.

 

Cottura perfetta.

Ingredienti di prima scelta.

Bravura del cuoco.

Squisite.

E così dannatamente amare.

Talmente amare che non puoi fare a meno di piangere.

 

Ingoi, porti lentamente alla bocca un altro boccone, e butti fuori lacrime su lacrime.

 

Come sono amare.

 

Cerchi di singhiozzare il più piano possibile; accorgimento in fondo inutile quando hai gli occhi così rossi.

Non vuoi disturbare la gente che attraversa il corridoio e quindi abbassi la testa, fingendoti concentrato sul pasto; le tue lacrime finiscono sulla pasta e mangi pure quelle.

Non ce la fai. Sono troppo amare. Non puoi non piangere.

Non ce la fai. È troppo stupido. Non puoi non piangere.

 

Il tradimento.

L’occupazione.
Cefalonia.

Marzabotto.

Le Fosse Ardeatine.

 

E lui ti porta le lasagne, e ti invita a mangiarle insieme a lui.

Senti che ti sta guardando. Ti vergogni, e cerchi di contenerti il più possibile.

Ma lui non ti giudica; ti osserva tra un boccone e l’altro senza fiatare, come si fosse aspettato di vederti ridotto così. Ti lascia piangere perché ha provato a capire tutto quello che stai passando adesso, e al tuo posto farebbe la stessa cosa.

 “America e Russia che giocano a fare i re di tutto… Dividono il mondo in chi sta con uno e chi sta con l’altro… Tu e tuo fratello costretti a parlarvi attraverso un muro… Paesi amici che ora nemmeno si parlano più…”

Lo ascolti, così triste e diverso da come l’hai sempre conosciuto; la testa non riesci a sollevarla e ti accontenti di guardarlo con la coda dell’occhio, chiedendoti dove voglia arrivare.

“Questo mondo è diventato già abbastanza freddo. Se qualcuno non fa qualcosa, chissà dove arriveremo… C’è bisogno che qualcuno inizi a fare qualcosa di buono.”

Infilza la lasagna senza portarla alla bocca. Ti sembra voglia girarsi, ma poi ti imita e si stringe nelle spalle.

 

“C’è bisogno che qualcuno inizi a perdonare…”

 

La testa ti scoppia, e senti gli occhi congestionati, come stretti in una morsa. Lasci uscire altre lacrime sperando di dare a loro e a te un altro po’ di sollievo.

Cade il silenzio e speri dica altro, perché tu non ci riesci; hai davvero dimenticato come si parla con gli amici dopo tutti questi anni.

“Quindi, posso invitarti a pranzare ancora con me ogni tanto?”

Ti rendi conto che avevi tanto bisogno di piangere.

E di mangiare qualcosa preparato da Italia.

Annuisci col capo e, anche se hai gli occhi incollati sui rimasugli di sugo nel fondo del contenitore, scommetteresti l’anima che il suo solito sorriso è tornato, più bello che mai. Ne sei felice, ma non ti senti ancora in grado di accettarlo.

C’è un unico modo che hai per dimostrargli la tua gratitudine.

Infilzi di nuovo la forchetta nelle lasagne, deciso a non lasciarne neanche un pezzettino.

 

Accidenti, quanto sono amare.

 

 

“Il mio capo vuole rivedere ancora una volta i termini dell’accordo, ma i vantaggi sono indubbi. Credo che a breve potremo siglarlo.”

“Molto bene, Francia. Chiederò al mio un altro po’ di pazienza.”

“Ti farò sapere appena ci saranno altri sviluppi.”

Ti porge la mano e la stringi.

Ci pensi su e trovi di nuovo, dopo tanto tempo, il coraggio di parlare anche se non c’è più niente di importante da dire.

“Francia?”
“Si?”

“Vista l’ora, cosa ne diresti di mangiare insieme qualcosa in qualche ristorante qui vicino?”

Il dado è tratto, non ti resta che stare a vedere. Come avevi previsto, Francia impiega più tempo a chiedersi se ha capito bene che se accettare o meno.

“Francia?”

Si sveglia e, imbarazzato, ti da subito una risposta.

“Si. Perché no?”

E a quel punto sei tu che impieghi più tempo a goderti la gioia che senti dentro che a farti venire in mente un buon posto nelle vicinanze.

Così è lui a trarti fuori d’impiccio: “Ristorante francese?”
Sorridi: “Lo sospettavo l’avresti proposto.”

“Siamo bravi in cucina, no?”
“Non quanto gli italiani.”
“Non ne sarei così sicuro.”

Gli daresti una pacca sulla spalla, ma pensi che forse sarebbe un po’ troppo per il vostro modo di relazionarvi attuale.

Tu preferisci fare le cose piano e bene.

Piuttosto che uscirsene da un giorno all’altro con un piatto di lasagne, come uno stupido di tua conoscenza.

 

Ne ricordi il sapore, e ti rendi conto, qualunque cosa possa dire Francia accanto a te, di non aver mai mangiato nulla di così buono.

 

 

 

Dal grigiore della vita di colpevole, al ritorno della speranza e dei colori, restituiti al povero Ludwig da un’insolitamente indigesta porzione di lasagne.

Ho immaginato che il rancore e la diffidenza dei vincitori e delle vittime non siano state l’unica cosa ad isolarlo dal resto del mondo in quei grigi e gelidi anni del dopoguerra: anche il senso di colpa ha fatto la sua colpa, uno dei sensi di colpa più grandi che la storia abbia mai consegnato sulle spalle di una nazione.

Solo l’umiltà salva in questi casi: l’umiltà di perdonare il proprio carnefice, perché torni a considerarsi un essere umano, e ricostruire con lui un nuovo legame d’amicizia, certamente meglio di una perenne indifferenza.

Sto diventando troppo aulico, quindi chiudo qui, sperando che il messaggio della storia sia stato inteso! ^__^
Alla prossima!

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

  
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