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Autore: Little Shade    30/01/2012    7 recensioni
"Erano passati tre anni, tre lunghi, interminabili anni. Aveva da poco sepolto la moglie, ma l'amore per lei era morto tre anni prima, come era morto lui, John Hamish Watson."
Watson, dopo tre anni dalla morte di Holmes, torna al 221b di Baker Street.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Ancora 221b di Baker Street

 

Erano passati tre anni, tre lunghi, interminabili anni. Aveva da poco sepolto la moglie, ma l'amore -affetto- per lei era morto tre anni prima, come era morto lui, John Hamish Watson, avendo visto sotto i suoi occhi scomparire il suo eccentrico, improbabile, geniale compagno e artefice di avventure, che Watson stesso avrebbe definito meglio come amico, se non amante, Sherlock Holmes. Ebbene sì, Sherlock Holmes era l'unica persona che il Dott. Watson avesse mai amato veramente, di un amore carico di fiducia, di affetto e dedizione  che continuava ancora a vivere in lui.
Quella mattina, stranamente, voglia la depressione, la sveglia che non era suonata o Watson stesso, decise di andare al loro vecchio appartamento al 221b di Baker Street. Era tanto che non vi si recava per andare a trovare la signora Hudson e in quella viuzza di Londra si erano aperti nuovi negozi ed attività. Strano come andava avanti il mondo anche senza Holmes, pensò. Riconobbe subito l'entrata anche se la signora Hudson aveva cambiato la porta con sopra inciso il numero civico, probabilmente logorata dal tempo e dal tarlo. Suonò e l'anziana signora -“nonnina” pensò e gli sfuggì un sorriso- lo accolse in casa offrendogli una tazza di the caldo e qualche biscotto. L'ambiente era sempre lo stesso, caldo e accogliente, con l'aggiunta di qualche nuovo mobile che la signora aveva voluto cambiare per rinnovare un po' quella vecchia casa, ed ancora pieno del solito gradevole odore. Dopo qualche chiacchiera formale con la padrona di casa si recò un po' ansioso agli alloggi del suo ex amico-coinquilino. Non era più tornato in quella camera dopo la sua morte e confrontarsi con il passato metteva il dottore in uno stato d'animo poco piacevole, per questo rimase qualche minuto immobile davanti alla porta nera sulla destra che aveva racchiuso le più strane cianfrusaglie e la mente più geniale di Londra, se non dell'Europa. Entrò con un'aria leggermente malinconica e si sorprese nel constatare le condizioni dell'abitacolo. Tutto era esattamente nello stile Holmes -certo, la signora Hudson aveva liberato l'ambiente da piante velenose e animali vari, frutto dei suoi ultimi esperimenti, ma la stanza sembrava non essere mai stata abbandonata da Sherlock- i fogli erano sparpagliati in giro, una boccetta d'inchiostro e la penna erano posate sul camino a mo' di soprammobile, le tende scure erano semichiuse e l'arco del violino assieme ad una canottiera intima probabilmente sporca, erano elegantemente appesi all' appendiabiti posto di fianco al dottore. Ma cosa ancora più sorprendente era l'odore di tabacco che prepotente aleggiava nell'aria come se Holmes stesse fumando la sua pipa proprio in quel momento.
Credette di essere diventato matto, la sua mente e i suoi ricordi gli stavano giocando un brutto scherzo. Holmes non poteva essere lì, era morto e l’aveva visto buttarsi da quel terrazzo con i suoi stessi occhi. Zoppicando e barcollando andò ad accomodarsi su quella che era stata la sua poltrona e, sedendosi, si meravigliò di quanto si sentisse ancora indistintamente il suo odore misto a miele e componenti chimici. Chiuse gli occhi e si coprì il volto con le mani sospirando; la morte di Holmes aveva inciso tanto su di lui e a volte si stupiva di quanto il non averlo accanto lo facesse stare male. Il dottore sobbalzò sentendo delle mani calde andarsi a posare sulle sue ed un respiro lieve solleticargli la nuca.
Tutto gli diceva che era Holmes, come gli confermava la sua pazzia, ma la voce dell’uomo posto dietro di lui lo scosse facendogli capire che no, non era pazzo.
- Watson, caro mio, non si agiti. Mi dispiace non averla avvisata del mio ritorno a Londra, ma ho dovuto vivere nell’ombra e devo ammetterlo: mi è mancato, dottore-.
Stava quasi per piangere, lì tra le sue braccia che avevano preso a stringerlo, e con la voce rotta, disse:
- Holmes, come- come ha fatto a sopravvivere?-
- Come? Mi vede dopo tutti questi anni e non mi dice neanche se le sono mancato o meno?- rispose con tono scherzoso l’investigatore privato, ma poi aggiunse serio:
- Sono stato fortunato, devo ammetterlo, ho evitato per un soffio le rocce, anche se non posso dire lo stesso per il professor Moriarty,  e sono sopravvissuto alle acque svizzere grazie al respiratore per l’asma preso in prestito dal caro Mikey.-
Non aveva smesso di stringerlo andando contro l’abitudine di muoversi mentre spiegava qualcosa e Watson prese le mani dell’amico tra le sue dandosi un’ulteriore conferma della presenza di Sherlock in quell’appartamento.
- Certo che mi è mancato egoista bastardo!-
Aggiunse Watson, ma Holmes continuò, ridacchiando per l’appellativo.
-Sa Watson, se non fosse venuto lei, molto probabilmente avrei tirato fuori il mio travestimento da gentle lady per incontrarla-.
-Per l’amor del cielo, Holmes!  Già ha rischiato di farmi prendere un colpo in questa maniera!- sbraitò il dottore e quasi sbiancò all’idea di vedere di nuovo il suo compagno in quelle vesti.
- Però devo ammettere che lei ha un tempismo perfetto! Ho per le mani un caso sorprendente…-
- Lo sa?- Lo interruppe Watson prima che si perdesse nelle sue spiegazioni e si estraniasse dal resto del mondo per un po’- È sempre un piacere, Holmes.-
E John, anche se aveva l’amico ancora alle sue spalle, poté giurare di aver sentito il calore del sorriso di Sherlock, apertosi nel sentire le sue parole.

Note d’Autrice
È la prima volta che scrivo su questo fandom, anche se ne sono innamorata già da tempo, perciò spero di aver catturato l’essenza dei due .
La morte di Mary è presa dalla trama del libro.
Grazie per aver letto!
  
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