In un soffio
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Capitolo 1 -
Una
ragazza bionda camminava lungo le strade del centro di una Tokyo
vestita a festa ed illuminata dalle luci del Natale.
Era snella, alta, proporzionata. Avvolta da un lungo cappotto di panno
nero sgusciava rapida fra i passanti con qualche busta in mano. Ad un
tratto si fermò vicino alla vetrina di una pasticceria ed
estrasse dalla tasca un biglietto che aveva scritto di suo pugno, lo
scrutò e si disse:
“Dunque… un cappellino rosa per Ichigo, un carillon per
Mina, un libro di fotografia per Lory, un paio di orecchini
sbrilluccicosi per Zakuro. Okay, poi un orologio per Ryan e un libro
sulle specialità culinarie italiane per Kyle. Sì,
ho preso tutto. La mia paga di due mesi, tredicesima inclusa, se
n’è andata tutta in una sola sera, però
n’è valsa la pena!”sorrise compiaciuta.
Subito si accorse che stava davanti ad una pasticceria e, considerando
che aveva ancora qualche soldo, pensò di portare dei
pasticcini ai suoi fratellini, anche perché ormai il
caffè era chiuso.
Uscita dal negozio chiese l’ora ad un passante e
constatò che erano le nove passate, quindi si decise ad
incamminarsi verso casa.
“Magari se prendo la metropolitana arriverò
prima”così si avviò cercando la
scalinata che portava alla metro. Mentre camminava era immersa nei suoi
pensieri così non si accorse minimamente che si stava per
scontrare con un’altra persona che, come lei, pareva andare
di fretta.
L’impatto fu inevitabile. La ragazza cadde a terra insieme ai
suoi pacchetti, lo stesso accadde al ragazzo con cui si era scontrata.
«Maledizione. Scusi, andavo di fretta e non l’ho
vista»
«Oh no, sono io che devo scusarmi, avrei dovuto stare
più attenta» fece
la giovane tirandosi in piedi con uno scatto impressionante.
Ma quello non se ne curò, piuttosto si apprestò a
raccogliere le buste cadute di mano alla ragazza e gliele porse con
cortesia.
«Grazie»
«Di nulla, signorina»
In quel momento i due si guardarono negli occhi e la ragazza ebbe un
fremito.
Il passante sembrò avvertirlo e con un «Arrivederci» si
affrettò ad andarsene. Lei rimase impietrita. Lo aveva
già visto quel volto, ne era più che certa.
Scossa dalla musichetta che veniva da un negozietto lì
vicino si ricordò che doveva prendere la metro, quindi si
affrettò, iniziò a correre accorgendosi che stava
nevicando. Fece il biglietto in fretta e furia e salì sul
mezzo.
Ripensò
subito a quel viso. Non sapeva perché ne fosse tanto
convinta ma lei lo conosceva. Ma dove lo aveva già visto?
Per lungo tempo una faccia simile aveva popolato i suoi sogni, ma non
era la stessa, eppure il suo cuore ne era sicuro… Gli
scossoni del mezzo di trasporto non riuscirono a distogliere i suoi
pensieri dall’immagine di quel giovane misterioso e per lei
non tanto sconosciuto, vestito pesante, per il freddo sì, ma
chissà che non volesse nascondersi…
Ma da chi? Da lei, forse? No, non poteva essere, d'altronde lei non lo
conosceva neppure, sicuramente somigliava a qualcuno di sua conoscenza,
ma personalmente non lo conosceva, quindi si decise, anzi, si costrinse
a non pensare a lui, aveva altro da fare, lei, non poteva perdere tempo
in quel modo.
Eppure….
«Oh,
basta! Non devo più pensarci!» gridò improvvisamente.
La gente
si volse tutta verso di lei, al che la ragazza si scusò
immediatamente, imbarazzata.
Arrivò finalmente a casa sua, corse trafelata fino in cucina
in cerca dei fratellini. Entrò in camera da letto e li vide
tutti addormentati nei loro lettini mentre in un angolo stava la
gentile maestra dell’asilo che i piccoli avevano frequentato
anni prima, che stava rimboccando le coperte alla più
piccola, Eika.
«Signorina! E’ ancora qui?»
«Oh, bentornata, cara! Sì, sono rimasta qui ad accudire i tuoi
fratelli, ti aspettavo»
«La prego mi scusi, so che ho fatto tardi e…»
«Calmati, di cosa devi scusarti? E’ tutto a posto,
mi fa piacere stare con i bambini, non mi ha arrecato alcun disturbo» si
affrettò a dire la donna.
«Ne è sicura? Le hanno dato fastidio?»
«Ma no, come puoi pensarlo? Li ho aiutati a fare i compiti,
abbiamo giocato insieme e ho dato una mano a Eika con gli esercizi di
ginnastica, infine ho preparato loro la cena. La piccolina vuole diventare come te, lo sai?»
«Sì, lo so. Grazie mille per essere stata con loro tutto
il tempo, non sapevo se se ne fosse andata oppure no, ma vedo con
piacere che è rimasta»
«Ma certo Paddy, perché mai avrei dovuto lasciarli
soli? Ora è meglio che vada però, si sta facendo
un po’ tardi. Chiamami quando vuoi, okay?»
«Grazie, lei è un angelo!»
«Ma figurati, per così poco?»
«Non è affatto poco, anzi, per me è
tantissimo!»
Si
salutarono scambiandosi un dolce sorriso, poi la donna se ne
andò.
Rimasta
sola, la ragazza si mise a letto. Non riusciva a smettere di pensare a
quel volto e allora, fra ricordi passati e quell’immagine
presente, si addormentò.
La notte
era scura, illuminata fiocamente da un piccolo quarto di luna.
Sul
cornicione di un palazzo sedeva un ragazzo che scrutava la casetta
indipendente che aveva di fronte. Sorrise compiaciuto e disse:
“Non
mi ero sbagliato. Eccoti qui, Paddy!”
-L’angolo
di Amy-
Ciao gente,
questa volta voglio proporvi una breve storia dedicata alla
più piccola delle Mew Mew, anche
questa risalente al periodo in cui ho scritto
“Aish”, quindi si parla di una storia vecchia,
questa qui però è composta da due capitoli.
Questo non dice molto ma il prossimo, forse, potrebbe piacervi.
Comunque, tanto per fare chiarezza, vorrei specificare un paio di cose:
i personaggi sono da considerarsi più grandi rispetto alla
serie; i nomi un po’ originali e un po’ italiani
non sono una svista, ma una scelta.
Gradirei molto se mi lasciaste le vostre opinioni in merito, il
prossimo capitolo arriverà presto, datemi solo il tempo di
risistemare i miei vecchi pasticci…
A presto se volete,
Amy