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Autore: 365feelings    31/01/2012    5 recensioni
È l’unione di due pelli, di due odori.
È alchimia, è una reazione chimica.
È iniziato per caso, un giorno qualsiasi, di un anno qualsiasi, ma è iniziato. E ora siete qui, uniti: non due entità, due corpi, due esseri. Non più.
È strano, è bello, è spaventoso. Accorgerti che il tuo cuore batte troppo forte e che la causa è solo sua. Fa paura. Ma ne vale la pena.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Nickname sul forum: KumaCla
Nickname su Efp: KumaCla
Titolo della fanfiction: Non sarebbe meraviglioso arrendersi?

Titolo del contest: OTP Tournament - Dramione vs Drarry vs Harmony, I Edizione
Pairing: Draco/Harry
Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter
Generi: Introspettivo - Romantico(?)

Warnings: Yaoi - What if
Credits: I personaggi appartengono alla Rowling.
«Ciò che alla gente piace, è vedere l‘eroe cadere» cit. Spiderman
«Lo sai che secondo molti psicologi l’ostilità è in realtà attrazione sessuale sublimata?» cit. Shadowhunters
Note personali: per quanto mi piaccia leggerle, io e le Draco/Harry non siamo compatibili: la storia seguente ne è la prova. Ho scelto come prompt quattro colpi di bacchetta. E saranno quattro colpi di bacchetta a scandire l’andamento del racconto (o almeno questo doveva essere l’intento). Non aggiungo altro, vi auguro buona lettura e vi ringrazio per essere giunti fin qui.

 

 

Non sarebbe meraviglioso arrendersi?

 

 

 

«Alohomorra» dice a voce alta per farsi sentire, come se tu non avessi già udito il rumore dei suoi passi risalire lungo le scale scricchiolanti. È un rumore sordo, che rimbalza sulle pareti e che non riesci ad ignorare: dura un minuto, il tempo che impiega a correre fino all’ingresso.
Draco entra, chiudendo la porta alle spalle con un gesto secco, e si guarda intorno schifato, come ogni volta. Il suo sguardo si posa sul piano cucina imbrattato di pomodori e maionese, si sposta sul disordine del microscopico salotto e si perde in un punto della parete alle tue spalle, dove è appesa la scopa.
Sai che si sta chiedendo come tu faccia a vivere qui dentro e come lui sia finito in questa soffitta buia e umida. Lo sai perché sono le stesse domande che tu stesso ti poni.
«Colloportus» borbotta rivolto alla porta. La sicurezza non è mai troppa. Vigilanza costante, avrebbe detto Malocchio.
«Cos‘è questo odore?» sbotta poi arricciando il naso aristocratico. I lineamenti pallidi, irrigiditi dall’imbarazzo, sono infastiditi dall’olezzo che proviene dal lavello.
«La cucina, credo» rispondi con finta noncuranza, posando la penna: le pergamene sulle tue ginocchia hanno perso tutto il loro interesse nel momento in cui lo hai sentito arrivare.
Uno sdegnato «Gratta e netta» si perde tra le sue labbra e poi ripone la bacchetta in una piega del suo costoso mantello.
Il silenzio è così forte che ti dà fastidio, non lo sopporti. D’altronde non sopporti nemmeno quando viene riempito. Draco Malfoy non ti è mai andato a genio - un‘antipatia ricambiata - e hai passato i migliori anni della tua vita a scontrarti con lui: non riesci ancora a credere che ora voi due siete amanti.
Quand’è successo che la voglia di prenderlo a schiaffi è diventata il desiderio di accarezzarlo?
«Lo sai che secondo molti psicologi l’ostilità è in realtà attrazione sessuale sublimata?» ti ha detto una volta, con un ghigno sul volto bianco, prima di baciarti. Eravate in un Motel, fuori nevicava: il vostro primo Natale insieme.
Cerchi di ricordare il momento esatto in cui tutto è cambiato, ma non ci riesci: è tutto vago e confuso.
Tutto è iniziato con una parola di troppo, un cazzotto e un bacio.

 

La locanda giù al porto è un locale ignobile, fatiscente e malfamato. Lo frequentano individui del calibro di Fenrir, tutta gente che ormai non ha più un’anima, tutta gente dannata - marcita nella fetida prigione della società, che mastica e poi sputa i resti delle persone negli angoli bui delle strade.
In un luogo come quello - una discarica di maghi e truffatori - il tuo volto passa inosservato, nessuno fa caso all’uomo emaciato con gli occhiali seduto all’angolo. Nessuno fa domande.
Una sera - una delle tante trascorse ad annullarti - nell’aria infestata da fumi e alcolici, la figura di Draco Malfoy appare chiara e distinta; ma è solo un attimo, poi scompare dietro una porta.
Fuori l’odore del mare è uno schiaffo in pieno volto: la salsedine impregna l’aria, si insinua nelle narici, satura i polmoni.Ricordi il corpo scuotersi sotto i conati di vomito: le guance rosse, graffiate dal freddo, si gonfiano e si sgonfiano, sbuffando vapore e cercando ossigeno, catturano con avidità l’aria, se ne liberano in fretta.Cozzi contro il muro, ti aggrappi alle mattonelle umide, scivoli lentamente sull’asfalto e finalmente vomiti.
Non riesci a smettere, rigetti tutto, anche tutta la tua vita. Apri gli occhi e la ritrovi nella melma puzzolente sotto di te: è tutta lì la tua esistenza, dagli anni ad Hogwarts al divorzio con Ginny.
Costretto in ginocchio dalla nausea incessante, la prima cosa che noti sono un paio di scarpe nere e lustrate. Fanno capolino nel tuo campo visivo, a tre passi da te. Le fissi, un altro conato di investe, rigurgiti saliva e gli ultimi rimasugli della cena.
Uno schizzo di quello che era stato Fish&Chips finisce sulle sue scarpe, imbratta la perfezione del cuoio lucido: la cosa ti diverte per un breve istante, poi alzi lo sguardo, piano.
Due gambe, un torace e infine un volto. Il suo.
«Malfoy» latri - che cos’è, una domanda, un’affermazione, una supplica?
«Potter» risponde con sufficienza e inarca un sopracciglio biondo.
«Che ci fai qui?»
«Affari miei».
«Che vuoi?»
Non ottieni risposta e ti alzi - non sopporti che quel damerino ti guardi dall‘alto - , passandoti la manica della giacca sulla bocca. Sputi un grumo di saliva, hai sete e ti stai irritando.
«Allora, non dici niente?» biascichi scivolando di lato e recuperando solo all’ultimo l’equilibrio.
«Ogni parola sarebbe superflua» risponde con calma, cercando di rimanere imperturbabile: il suo volto è una maschera fredda, è cera bianca.
«Dì qualcosa, dannazione. Lo so che cosa stai pensando!»
Vorresti strappargliela, quella maschera, vorresti vederlo sanguinare, conficcare le unghie nella sua candida pelle e lacerarla, vorresti straziare la carne e raschiare le ossa. Vorresti che la smettesse di guardarti in quel modo, come ha sempre fatto.
Ma tutto ciò che riesci a fare è barcollare in avanti, verso di lui, mulinando le braccia e fallendo nel tentativo di raggiungerlo.
«Avanti, dillo. Dillo, maledizione! È la tua occasione, non è quello che hai sempre desiderato?!»
C’è rabbia nelle tue parole, c’è la furia violenta dell’esasperazione. Ma contro chi stai urlando? Per chi è tutta la tua rabbia?
Le sue labbra si increspano in un sorriso di scherno - una variazione della maschera: nella notte baluginano i suoi denti bianchi e perfetti, beffardi.
Il pugno che si infrange contro la mascella fa male, ad entrambi.
Un lampo d’ira attraversa i suoi occhi e lo fa fremere.
Poi sono solo labbra che cozzano e corpi che si scontrano, lingue che si attorcigliano e membra che si intrecciano.
Non ricordi altro, se non un vortice di libidine che termina in un letto, tra le sue gambe.

 

«Non esci da questa topaia da un mese».
Ha parlato all’improvviso, rompendo il silenzio, e come al solito le sue parole ti infastidiscono. Sarà il modo in cui le dice, sarà per ciò che dice, sarà che le dice lui, ma ti senti minacciato e scatta istintivamente il tuo meccanismo di difesa.
«Che te ne importa?» sbotti - perché sei sempre sulla difensiva con lui? - e osservi la sua reazione. Se possibile diventa ancora più rigido e allora passi alla fase numero due, al contrattacco.
«Sei preoccupato per me?» chiedi con un sorriso sardonico.
È sempre così il vostro rapporto: attacco-difesa-attacco. Non sarebbe meraviglioso arrendersi?
«Il grande Harry Potter, il Bambino che è sopravvissuto, il salvatore, l‘Eroe del Mondo Magico! Dal sottoscala alla soffitta, ne hai fatta di strada. Se solo ti vedessero, non esiterebbero un attimo a distruggerti. Già ti immagino in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta».
Il serpente ha colpito e ha trovato carne nuda, un nervo scoperto, una ferita da infettare con il suo veleno.
«Ciò che alla gente piace, è vedere l‘eroe cadere. E tu sei a terra».
Il matrimonio, l’alcol, i litigi, il divorzio: ti passa tutto davanti, come un treno o un lampo. Vedi Ginny che grida e piange - forse per rabbia o dolore, forse per delusione, forse per tutto questo insieme - , vedi le ceramiche in frantumi e non puoi dimenticarti di esserti chiesto da dove spuntasse quel servizio mentre le tazzine si rompevano - ci sono cose che non hai mai saputo - , vedi il tuo matrimonio che va in pezzi e vedi te stesso chino su un bancone con una bottiglia vuota in mano.
La parola fallimento brucia nella tua mente e sulla tua pelle, ma per quanto la scacci, questa rimane.
«Vaffanculo» è il meglio che riesci a dire e lui sogghigna. Quanto lo odi in questi momenti.
«Un consiglio da amico, cambia aria. Dicono che l‘America sia un gran bel posto per sparire».
«Tu non sei mio amico».
«Giusto, sono la tua puttana».
Ancora una volta scatta qualcosa, è come una molla e senza rendertene conto balzi in piedi.
Sei lì, a un passo da lui e sei immobile. Non sai cosa fare, non sai cosa dire, ma il tuo corpo grida e lo fa in una lingua che solo quello di Draco comprende.
Lo scontro diventa fisico e ancora una volta sono le labbra a cozzare: i denti mordono, le lingue si intrecciano.
È l’unione di due pelli, di due odori.
È alchimia, è una reazione chimica.
È iniziato per caso, un giorno qualsiasi, di un anno qualsiasi, ma è iniziato. E ora siete qui, uniti: non due entità, due corpi, due esseri. Non più.
È strano, è bello, è spaventoso. Accorgerti che il tuo cuore batte troppo forte e che la causa è solo sua. Fa paura. Ma ne vale la pena.

 

«Accio bacchetta» adesso, mentre esce dalle coperte, formula l’incantesimo a voce bassa, per non farsi sentire.
Non sa che tu lo vedi ogni volta, che hai gli occhi puntati sulla sua schiena nuda che piano piano scompare sotto la spessa coltre di vestiti, che non ti sfugge nessuno dei sui movimenti.
O forse lo sa, ma preferisce fare finta di nulla. È più facile così, lasciar scivolare il tuo sguardo alle spalle, lasciarlo perdere dietro una porta chiusa. È meno difficile, meno doloroso.
Forse se tu parlassi cambierebbe qualcosa. O forse no. Non lo sai, non lo vuoi sapere. Quindi lo guardi in silenzio, indugi sulla sua pelle che piano piano viene coperta, fissi la porta.
Dopo non rimane nulla del suo passaggio, è come se non si sia mai presentato - Draco è un fantasma nel tuo appartamento, un’apparizione.
Draco è un ladro abile, freddo e calcolatore, che ruba momenti, attimi, ore; mai giorni, mai nulla che possa durare nel tempo. Si introduce furtivo e altrettanto silenzioso esce. Draco è un ladro davvero abile, ma non è infallibile - è umano - , quindi torna.
Perché sempre così: se ne va con l’intenzione di non presentarsi più e ritorna con la convinzione che sarà l’ultima volta.
«Posso smettere quando voglio» ha detto.
Ma alla fine è sempre qui, con te.

 
   
 
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