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Autore: Across The Universe    31/01/2012    8 recensioni
Piccino piccino picciò spoiler del 2x03.
 
« Dammi la tua mano! » ordinò Sherlock senza fiato, mentre correvano.
John arrossì.
Ma cosa c’era da arrossire in un momento come quello? 
Diede la mano a Sherlock .
« Ora sì che la gente parlerà...» cercò John d’ironizzare.
Sherlock/John.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bene, salve. Siamo V. e Sybil e questa è la nostra prima storia in questo fandom.
E' bene che sappiate, prima di iniziare a leggere questo delirio più totale, che abbiamo scritto due storie separate per poi cercare di unirle in questo pasticcio immenso.

Certe di ricevere critiche negative,

V. & Sybil.


 

 

L'intelligenza è il nuovo "SECSI".





 

« Ti unisci a me? » disse Sherlock divertito.

« Mpf, sì … sembra che sia reato colpire il commissario capo » due poliziotti spinsero John con forza sulla volante e lo costrinsero a star fermo, per poi ammanettargli la mano destra a quella sinistra del suo amico.

Sherlock lo guardò con dolcezza: John si era messo nei guai per lui, non l’aveva abbandonato. Non l’avrebbe mai abbandonato.

Cacciò subito i sentimentalismi dalla testa, i sentimenti non aiutano a pensare.

« Sarà un po' difficile » bisbigliò all’orecchio di John.

« Già…Nessuno per la cauzione ».

« Pensavo di più alla nostra imminente ed audace fuga ».

John guardò Sherlock con sguardo curioso. Che cosa intendeva?

L’investigatore lo sorprese come sempre: con una rapida mossa prese una pistola dalla fondina di un poliziotto e la puntò verso i loro carcerieri.

« Signore e signori potreste cortesemente inginocchiarvi? »

John, sconvolto, indietreggiò insieme all’amico che, essendo più grande di lui, più che seguirlo si lasciava trascinare.

« Tanto per farvelo sapere, la pistola è una sua idea. Io sono solo un suo, beh...»

« Un mio ostaggio! » disse Sherlock fermo, con gli occhi gelidi.

Era un bravo attore, non si poteva mettere in dubbio.

« Un ostaggio, sì, giusto ».

Ora puntava la pistola contro sua tempia, si sentiva nervoso, ma si fidava di Sherlock.

Lo conosceva al cento per cento, non dubitava di lui e non si sarebbe fatto ingannare dai giochetti mentali di Moriarty.

« Adesso che si fa? » chiese a bassa voce.

« Si fa quello che vuole Moriarty, si scappa via…»

Detto questo, in maniera un po’ goffa ma comunque efficace, John e Sherlock si girarono ed iniziarono a correre nella direzione opposta alle volanti della polizia.

La fuga sembrava essere più complicata del previsto: Sherlock era troppo alto e, di conseguenza, le sue gambe erano molto più lunghe di quelle di John, che non riusciva a stargli dietro.

Si strattonavano a vicenda le manette, ferendo così i polsi di entrambi.

« Dammi la tua mano! » ordinò Sherlock senza fiato, mentre correvano.

John arrossì.

Ma cosa c’era da arrossire in un momento come quello?

Diede la mano a Sherlock .

« Ora sì che la gente parlerà...» cercò John d’ironizzare.

Quando si trovava in imbarazzo, il solo modo per non farlo comprendere a Sherlock, era l’ironia.

Ma Sherlock, alla battuta di John, sorrise.

Di solito non sorrideva mai alle sue battute!

Che avesse capito che l’ironia in realtà nascondeva una sua debolezza?

Ma perché ci stava pensando?

E perché si preoccupava tanto di dare la mano a Sherlock?

Erano in un momento critico e lui si preoccupava di stringere la mano al suo amico?

La cosa non lo preoccupava per niente, anzi, gli dava un senso di sicurezza, ma anche di tenerezza.

Era proprio questo che lo metteva in imbarazzo.

Non doveva pensare a questo, stavano scappando, la mente doveva restare lucida!

« Cristo, rallenta, ormai dovremmo averli seminati! » cercò di urlare John con il fiato corto.

D'altro canto, il suo amico, sembrava non aver dato molto peso alle sue suppliche continuando a correre.

Fantastico.

La giornata di John Watson non poteva avere altri risvolti positivi: si trovava in qualche vicolo sperduto di Londra, mentre scappava da una squadra di poliziotti, dei quali aveva anche aggredito il capo, per poi essere ammanettato ad un neo ricercato che era nientedimeno che il suo collega.

« Sherlock » biascicò John, un'altra volta, senza risultato.

L'amico non si arrestava.

Bene, sarebbe dovuto passare alle maniere forti.

Per quanto fosse più piccolo fisicamente del collega, era senza dubbio molto più forte.

Impuntò i piedi per terra, facendo barcollare pericolosamente la figura stanziata di Sherlock.

Non riuscendo a reggere il confronto con l'ex militare, il povero consulente investigativo cadde a terra, con un braccio in alto.

Ovviamente, quello in questione, era quello ammanettato al suo migliore amico.

« John! » fece Sherlock. « Perché diamine l'hai fatto? »

« Deducilo » lo sfidò sprezzante. « Sono cinque minuti buoni che sto cercando di fermarti! Ma tu hai continuato imperterrito! »

Sembrava una donnicciola durante una crisi di mezz'età.

« John, Dio, non c'è tempo di prendersi delle pause o di rallentare! »

« Ah, quindi mi avevi sentito?! » gli urlò contro il medico, mentre l'amico era ancora seduto per terra.

« Naturale. Ma ovviamente non capisci mai quand'è il momento di arrestarsi e quale di correre! » gli sputò.

« Non tutti siamo geniali come te, Sherlock! » disse acido, cercando di incrociare le braccia, senza ricordarsi di essere ancora legato all'amico. « E poi, perché non è il momento di fermarsi? »

« Dio, John, io spero che tu ti ci stia impegnando per sembrare il più inopportuno possibile! » ringhiò il detective, ancora a terra. Per la prima volta, lo guardava dal basso. « Dobbiamo correre e non per scappare dalla polizia! Abbiamo troppe cose da sbrigare in troppo poco tempo! »

Detto ciò, saltò in piedi e, pensando di aver convinto l'amico biondo, si mosse nuovamente.

Senza esito.

Il moro si girò verso il medico per capire cosa non andasse.

John, infatti, non aveva mosso un solo muscolo.

« No, non te la darò vinta anche questa volta!» gli urlò in faccia John, paonazzo. « Ogni volta è sempre la stessa storia! »

« John, non ti sei mai lamentato dei miei metodi! E francamente non mi sembra questo il caso di iniziare a farlo » disse apatico Sherlock.

Lo irritava enormemente quando faceva così, ovvero, sempre.

Quando trattava degli argomenti che non lo toccavano affatto.

In quel momento, l'avrebbe picchiato a sangue.

Ma non l'avrebbe fatto per colpa delle manette.

In tutto ciò, notò che avevano ancora le mani unite.

E che la sua era particolarmente calda.

Dei brividi lo scossero e, ovviamente, non scamparono dall'acuta osservazione di Sherlock.

« Perché sei rabbrividito? » chiese incurante.

« Non sono rabbrividito ».

« Sì che sei rabbrividito ».

« Lo saprò meglio io, che dici!? » sbottò John.

« Certo che no, visto che non mi sfugge mai niente ».

« Piantala ».

« Andiamo! »

« No ».

« Perché? » chiese l'investigatore, cercando di intimidirlo con uno sguardo.

« Perché non mi va » fece John, senza problemi. « Sono stanco dei tuoi capricci ».

« Cristo, John, muoviamoci! » imprecò Sherlock, infastidito. « Non abbiamo tempo da perdere! »

« Vedi?! » sbottò John.

« Adesso non abbiamo tempo, John! » lo implorò Sherlock. « Dobbiamo andare! »

«Tu..» sibilò John, indicandolo con l'indice dell'altra mano. « Ogni volta, ogni dannata volta, mi trascini in situazioni senza capo né coda, senza spiegarmi niente, senza avvertirmi di niente, dando tutto per scontato. Tu pensi che io possa andare avanti così?! »

« Qual'è il problema? » chiese Sherlock alzando i sopraccigli, fissandolo con uno sguardo assente.

« Il problema » sottolineò John « Il problema è che devi smetterla di darmi del perfetto idiota! »

« Tutto qua? » chiese noncurante il detective.

« Hai idea di come possa sentirmi io?! » gli domandò John, cercando di muoversi. « No, certo! A te non ti importa mai di niente e nessuno! »

« Dio, John, devi fare il sentimentale proprio ora? » domandò retorico Sherlock, alzando i suoi occhi ghiacciati verso il cielo nero come la pece.

« Non sto facendo il sentimentale! » gli urlò John.

« La pianti di urlare? Sei estremamente...»

« Se dici noioso, giuro che questa volta ti uccido violentemente » lo zittì l'amico.

« Okay, tanto se non ti muovi tu non posso muovermi neanche io. Allora, qual'è il problema? » chiese Sherlock incalzante, solo per finire quella patetica discussione il prima possibile.

« Hai capito » lo accusò John. « Come quella volta del mastino! »

« Ti ho salvato e in più ti ho anche chiesto scusa » si difese Sherlock, come se avesse fatto già fin troppo.

« Ti rinfresco la memoria, Sherlock: mi hai offerto un caffè che pensavi fosse avvelenato, per approvare una tua teoria » gli rimembrò. « Senza ricordarti che lo bevo senza zucchero ».

« Dettagli » bofonchiò l'altro.

« I dettagli non sono sempre quelli più importanti? » gli fece eco John.

« Touché, John, hai iniziato ad apprendere la tecnica per affrontare un discorso intellettuale. Ora, possiamo andare? » domandò Sherlock.

« No. Ti ricordo che mi hai fatto credere di essere vittima di un dannato mastino assassino! »

« Ma ti ho salvato! »

« Ma l'hai fatto! E anche la cosa di Irene Adler...»

« Si chiama “La Donna” ».

John strinse le nocche. Odiava toccare quell' argomento, gli faceva male.

« Tu, chiamala “La Donna”, visto che sei talmente immaturo da non riuscire ad pronunciare il suo vero nome! » gli sbottò John.

« Mi spiace John, ma francamente non riesco a trovare il nesso di quest'inutile accusa » gli disse, tralasciando le offese.

« Mi hai fatto credere che fosse morta, mentre, in realtà, l'hai salvata! » gli disse.

Sherlock si irrigidì.

« Come fai a sapere che l'ho salvata? »

« L'ho dedotto ».

« Hai preso il mio telefono, non è vero? »

« Tu lo fai sempre con il mio computer! »

« Beh, John, non riesco a capire...»

« Mi ero tanto rammaricato per te, per questa, questa stronza che non fa altro che farti male! E tu? Oh, le avevi salvato al vita, giusto. Senza dirmi nulla! »

Le guance di John si erano imporporate, improvvisamente.

Notò che in tutto questo, le loro mani erano ancora saldamente unite.

Nessuno dei due sembrava volesse lasciare l'altra.

Prima che potesse ribadire qualcosa, John lo bloccò.

« E non dirmi non era importante, Sherlock. Perché per te quella stronza è importante! Più di quanto non lo sia io! »

Oh, Cristo. L'aveva detto realmente?

Sherlock spalancò gli occhi.

Per la prima volta sorpreso.

« Sei geloso » sibilò con un ghigno storto.

« No ».

« Sì ».

« Ti ho detto di no ».

« E io ti ho detto di sì » continuò Sherlock.

Quest'ultimo strinse di più la presa della mano.

John, imbarazzato, cercò di lasciarla. Senza successo.

« Okay, qual'è il piano? » chiese il medico.

Sherlock lo osservava con uno sguardo strano.

« Sei geloso » ribadì nuovamente.

« Piantala, Sherlock! » urlò John paonazzo.

Le sue orecchie bruciavano.

Sentiva caldo.

Troppo caldo.

Quella situazione pensava di non doverla affrontare mai ed, invece, eccola lì.

Credeva di riuscire a mascherare la sua gelosia per sempre, ma si dimenticava che si trattava di Sherlock Holmes.

Deglutì sonoramente e cercò di distogliere lo sguardo, da quello freddo glaciale del coinquilino.

« Dobbiamo andare, no? » domandò il medico, fissando per terra.

« Sì » disse l'altro, senza rinunciare alla presa.

« Mi potresti anche lasciare, adesso, no? » domandò sprezzante, John.

« Sei geloso » disse per la terza volta.

« Senti, Sherlock, lo sai, no? Tu sei l'unico genio, qui, non sbagli mai. Io, invece, da povero comune mortale, ho detto una cosa che non pensavo e tu hai completamente frainteso perché, a differenza di come tutti gli altri pensano, io non sono gay. A me piacciono le donne, okay? Non mi piaci e...»

Il suo insensato monologo venne interrotto da una mossa azzardata del detective.

Si avvicinò e lo baciò sulle labbra, con delicatezza, un bacio breve che accompagnò socchiudendo gli occhi.

John rimase paralizzato, fermo, immobile su sé stesso, con le pupille spalancate.

Non poteva essere.

Sherlock, si staccò subito e, notando la sua espressione inebetita, girò sui tacchi per continuare a correre verso un vicolo buio e stretto, ivi i due fuggitivi si sedettero a terra per riprendere nuovamente fiato.

John, con la mano liberà, si allargò il collo del maglione che sembrava quasi soffocarlo.

Non poteva essere successo!

Sherlock lo aveva baciato?!

E ora si comportava come se non fosse accaduto nulla!

Che poteva fare? Doveva ignorare l’accaduto anche lui?

Provò ad avviare una conversazione sensata in quel subbuglio mentale, cercando di mantenersi calmo e distaccato da quello che era successo.

« Dobbiamo trovare un modo per toglierci queste manette » disse John, quando riprese fiato.

« Non essere stupido, John, non abbiamo tempo per liberarci! Queste manette sono un dispositivo di contenzione nuovo, non si possono assolutamente aprire senza l’apposita chiave e, in questo istante, non siamo muniti di nessuno oggetto d’acciaio per rompere la catena ».

Sherlock si voltò verso John che si trovava giusto a pochi centimetri dal suo naso.

« Ma questo già lo sapevi, John. Mmh, hai il viso rosso e non è dato dalla corsa, quindi o sei in imbarazzo per la nostra evidente vicinanza, oppure ti sei reso conto che la tua affermazione era stupida ed evidenziava solo la tua voglia di allontanarti da me, quindi posso dedurre…che è la mia vicinanza ad infastidirti, ti provoca imbarazzo…è forse perché ti ho baciato, John? »

« M..m..ma che dici?! Non sono affatto imbarazzato o infastidito! Ma ci sarebbe facilitata la corsa se fossimo separati, no? »

John divenne ancora più rosso, non sapeva come evitare l’argomento.

Sentiva il fiato di Sherlock sulle sue labbra, poteva vedere ogni dettaglio del suo viso, a quella vicinanza.

L’aggrottarsi delle sue sopracciglia pensierose.

I capelli spettinati dal vento.

Il colletto alzato che rendeva il suo collo più attraente …attraente?

Ma cosa stava pensando?!

Deglutì velocemente.

Si trovava in un vicolo buio, stretto con la schiena al muro, e la spalla che toccava quella dell’amico.

Sì, l’amico!

Doveva solo pensare a come scappare, e magari anche trovare Moriarty.

« Sei ancora più rosso...ora » disse Sherlock, evidentemente divertito.

Da quanto aspettava quel momento?

Solo e legato a John.

Non riusciva a comprendere il perché, ma vederlo arrossire lo rendeva felice, e non capiva neanche il motivo.

Sapeva solo che John era l’unica persona che lo aveva sempre reso insicuro delle sue emozioni, rendendolo nervoso e, spesso, impedendogli addirittura il ragionamento.

Ma questo, Sherlock, al contrario di John, non lo dava a vedere.

« Perché sorridi? »

« Perché non vuoi ammettere che io ti intimidisco ».

« T…tu cosa?! Sherlock, a volte il tuo egocentrismo è veramente…veramente abnorme! »

« Mmh, sarà… »

Sherlock non si sbagliava, non si sbagliava mai.

Intanto al povero John batteva forte il cuore e non riusciva a controllarsi.

Aveva sempre ammirato la mente di Sherlock, ma non si era mai reso conto di quanto ammirasse anche il suo corpo, il suo profumo che in quel momento lo stava inondando.

I suoi occhi, lo scrutavano come se cercassero di leggerlo dentro e lui NON poteva allontanarsi! Non poteva fuggire,era veramente costretto ad affrontare i suoi sentimenti…sentimenti??

No, no, no, ma quali sentimenti?!

Non capiva più niente, aveva voglia soltanto di seguire il suo istinto che in quell’istante gli diceva di mettere la sua mano tra i capelli di Sherlock e di baciarlo fino a perdere il respiro.

Baciarlo fino a non sentire più quel cuore che batteva cosi forte.

« Sh..Sherlock! »

« Cosa? »

« Ti potresti voltare un po' più in là dal mio viso? »

« Ah, allora ammetti che è la mia presenza che ti intimidisce! »

« No, no. È che non riesco a concentrarmi se mi fissi! »

« Mmh, d’accordo. Per prima cosa, credo che dovremmo scavalcare quel cancello! Dall’altra parte si trova il mio laboratorio; immagino che lì potremmo pensare con calma e magari liberarci anche dalla manette che ti infastidiscono tanto ».

« Okay, okay ».

Sherlock precedette John e, in pochi movimenti, riuscì a saltare dall’altro lato del cancello.

« Se ti aggrappi in quel buco vicino al muro…credo che riusciresti a saltare più facilmente ».

« Sherlock… »

« Sì?! »

In quel momento i due amici si trovavano naso contro naso.

C’era solo il cancello a dividerli.

John aveva gli occhi lucidi, probabilmente per il troppo freddo,

Allungò una mano nell’incavo delle ringhiere e accarezzò la guancia di Sherlock.

Lui, preso alla sprovvista, rabbrividì ma si lasciò accarezzare da John, silenziosamente.

Si guardarono negli occhi per un lungo istante, poi John, senza preavviso, si aggrappò al colletto di Sherlock, spingendolo verso il suo viso.

Le labbra di John si buttarono con foga su quelle di Sherlock che, inizialmente, rimasero immobili per la sorpresa, ma poi iniziarono a prendere vita come quelle del suo amico.

Sherlock strinse la mano ammanettata a quella del collega mentre, con quella libera, cercava di avvicinarlo al suo corpo.

John, invece, lasciava scivolare lentamente le sue dita nei suoi capelli neri .

Non c’era imbarazzo o eccitazione, dalla passione erano passati ad uno stato di dolcezza assoluto.

Sherlock non stringeva più la giacca dell’altro, ma gli accarezzava il volto, baciandolo sempre più lentamente in modo tale da riprendere fiato.

John sorrideva mentre baciava Sherlock, dal momento di dolcezza era passato a quello di gioia.

Aveva finalmente conquistato le labbra che stava desiderando e, divertito, iniziò a morderle stuzzicandolo.

Sherlock si lasciò trasportare e iniziò a sorridere anche lui.

Finirono per staccarsi l’uno dal viso dell’altro, entrambi sorridevano e si guardavano con uno sguardo che solo loro due potevano comprendere.

In maniera anche troppo seducente Sherlock si leccò le labbra.

« Che dici passi da questo lato o mi lasci tutto solo? »

  
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