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Autore: sayuri_88    01/02/2012    2 recensioni
Ti accarezza con lo sguardo, manca così poco per toccarvi.
Lo desideri il suo tocco, lo brami.
E quasi ti senti una sciocca per volerlo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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OS già pubblicata ma nella sezione originale.
Spero vi piaccia, nel caso ditemelo un commentino^^ Ispirato alla pubblicità di Chanel

Buona lettura!

QUI, trovate il collegamento per vedere lo spot se non lo conoscete.





I'm a Fool to Want You





Corri, il treno partirà tra pochi minuti.
Devi fare in fretta se non vuoi rimanere a terra.
La stazione è poco affollata e il ticchettio dei tuoi tacchi risuona nell’aria assieme alla voce meccanica e atona del capostazione che annuncia la partenza del tuo treno.
Ti affretti.
La gonna svolazza, come animata da vita propria, qualche ragazzino si gira a guardare la tua corsa prima di essere richiamato dalla madre che lo esorta a salire.
E finalmente sali e ti fermi sulla piccola scaletta proprio quando un anziano signore dalla divisa blu, con in testa un cappellino bianco fischia a pieni polmoni, annunciando la partenza del treno.
Stai partendo e già ti senti libera.
 
Il tuo viaggio ha inizio.
 
 
Ti appoggi alla parete e dondoli assecondando il cullare costante del treno e osservi il paesaggio fuori dal finestrino. Piccoli paesini si susseguono, incorniciati dal verde vivo e pulsante dei boschi francesi.
Ma c’è anche il tuo riflesso. Ci sei tu che non sai chi sei e viaggi per cercare qualcosa.
 
Poi lo senti, lo percepisci. Lo vedi.
Un fugace sguardo rubato.
 
La sua mano, che sfiora la parete. Dita lunghe e curate.
Si avvicina.
Deve passare.
Ti avvinci al vetro per lasciargli spazio.
 
Il corridoio è stretto.
 
Il suo calore ti avvolge, il suo profumo è inebriante.
 
Ti accarezza con lo sguardo, manca così poco per toccarvi.
Lo desideri il suo tocco, lo brami.
E quasi ti senti una sciocca per volerlo.
 
Non succede nulla.
 
È dietro di te ora.
Il suo respiro ti solletica la pelle candida del collo, quasi ti sembra di sentire il tocco delle sue labbra.
Lentamente chini il viso vero di lui.
È fermo alle tue spalle ma fugge il tuo sguardo. Così anche tu.
I vostri occhi s’incrociano nel riflesso. E ci leggi la tua stessa brama.
 
Chi sei?
 
Dove sei diretto?
 
Resta.
 
Ed è un attimo, un momento che ne vale mille.
 
Si allontana.
 
No.
 
Senti freddo e non sai perché.
Lo guardi e ancora una volta incroci il suo sguardo e pensi che il riflesso non ha fatto giustizia ai suoi occhi, incorniciati da una chioma rossiccia e ribelle.
Verdi.
Come un prato in primavera, come smeraldi o due bellissime giade.
No, nessuno di loro è paragonabile al colore di quelle iridi che ti sembrano scavare dentro.
Di più, sempre di più fino alle porte della tua anima.
 
 
Ti guardi nel piccolo specchio della cabina, hai liberato i capelli dalla loro costrizione e ora ti cadono leggeri sulle spalle.
Sistemi la leggera vestaglia, che come seta ti accarezza.
Ma il suo tocco è freddo. È un altro quello che vuoi sentire, che desideri.
E ti senti una sciocca a volerlo.
 
Bussano alla tua porta e il tuo cuore inizia a cavalcare impazzito.
È lui, è il tuo primo pensiero.
 
Come puoi saperlo?
Infatti, non lo sai. Lo speri.
 
«Passaporto, per favore? »
Non è lui.
 
Sei inquieta, ti struggi mentre il tuo corpo nudo viene accarezzato dalle lenzuola.
Chiami Morfeo, lo preghi e i suoi papaveri ti portino nel suo mondo onirico ma non succede. è sordo ai tuoi richiami come a farsi beffe di te.
Guardi la porta come se si potesse aprire da un momento all’altro e rivelare la sua persona.
 
Tu non lo sai ma lui è lì. Dietro quella porta. Protetto dalle ombre della notte.
 
Vuole bussare. Ma non lo fa e il pugno rimane fermo lì, a pochi centimetri da quella superficie di legno lucido e intarsiata.
È un pazzo a volerti, lo sa bene.
 
Chi sei?
 
Dove sei diretta?
 
Vieni con me…
 
Lui scivola lungo la porta. Siete così vicini eppure così lontani.
 
Un gesto, un passo. Ma non fate nulla.
 
Guardi il soffitto assorta e rassegnata.
Che speravi, infondo?
 
Hai bisogno d’aria. Vuoi scacciare il suo pensiero dalla tua mente.
Ti alzi, indossi la tua vestaglia.
Esci.
 
Il corridoio è illuminato dalla luce soffusa delle piccole lampade.
È deserto.
 
Abbassi il finestrino e appoggi i gomiti su di esso scrutando con gli occhi il mondo ancora addormentato.
Lasci che il vento ti culli, che ti accarezzi e così volano via anche i tuoi pensieri.
 
E allora, pensi, forse è stata solo un’illusione, che tuttavia, per un attimo, è stata vera davvero.
 
Istanbul.
La città tra due mondi.
Bella, viva, animata da una cacofonia di suoni e colori.
Che vide la bella Io scappare dalla gelosia di Era. La cui unica colpa è stata amare ed essere amata.  
 
La stazione è affollata.
Ti guardi attorno.
Cosa cerchi?
Nulla…
 
Allora chi cerchi?
 
 
 
Perché non rispondi?
 
Cerco un’illusione.
Ti senti una sciocca a volerlo.
A volere un amore che non può essere vero.
 
Esci.
Vedi il cielo screziato di giallo e arancione.
È il tramonto.
 
Davanti a te il porto.
Uno stormo di gabbiani volteggia sopra le navi. Danzando a ritmo delle loro sirene.
 
Sali sul primo traghetto che ti porterà nel cuore della città.
È notte, eppure il mercato pulsa di vita.
Sorridi.
Sembra quasi che la città ti abbia accolto a braccia aperte.
I mercanti ti fermano alle loro bancarelle, ti offrono del tè e tu accetti.
Parli con loro.
Stai bene.
 
In mano la tua macchina fotografica.
Strumento per catturare l’attimo irripetibile.
 
Sei ferma sul ponte del traghetto. È ancora il tramonto e tra poco dovrai tornare a casa.
Cerchi di catturare gli ultimi atti.
Ed è in quel momento che scatti una foto.
Proprio quando passa un battello. È bianco. Uno dei tanti battelli turistici.
 
Ed è stato uno sguardo tra tanti ma tu l’hai visto.
Recuperi la foto dalla memoria della scheda e ingrandisci.
Sul ponte più alto c’è lui.
 
Ti guarda.
 
Anche lui ti ha visto.
 
Segui il battello con lo sguardo. Sei stupita.
Non è stata un’illusione.

Ma ormai è lontano.
 



È il giorno della partenza e non lo hai più rivisto.
Varchi la soglia della stazione.
Oggi è deserta.
Con il borsone alla mano cammini verso il tuo binario.
 
Poi lo senti. Ancora.
È familiare.
 
Altri passi ridondano dietro di te.
Ti fermi. È come se ti avesse chiamato.
 
È alle tue spalle.
Ti sfiora il polso, poi sale su lungo il braccio.
È delicato, come se temesse di vederti scoppiare come una bolla di sapone.
Tu piace il suo tocco.
È gentile.
Caldo.
 
Tremi mentre lentamente giri su te stessa.
 
Siete uno di fronte all’altro.
 
Lui ha lasciato cadere il suo braccio.
Ti dispiace. Il suo tocco ti piaceva.
Le sensazioni che ti ha fatto provare ti piacevano.
 
Sorride.
Tu sorridi.
 
« Ciao ».








Allora? Non so da dove salta fuori. E' venuta così e probabilmente adesso direte "ma che schifo è?"
Beh... concordo con voi. 
E' una storia senza pretese ma spero di non aver fatto uno schifo : )

   
 
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