L’Ombra del Peccato.
Immaginate un cielo nero e impenetrabile. Un cielo che vi sovrasta, vi circonda e vi avvolge come un pesante manto intralciandovi il cammino. Immaginate ora che esista qualcosa che lo possa ferire, qualcosa che riesca a squarciare il buio con aura se possibile ancora più nera dandovi l'idea che possieda una sorta di spessore. Uno "spessore" elettrico, volubile, dove uno schiocco di dita basterebbe per incenerire qualsiasi cosa nel raggio di un chilometro. L’ideale per descrivere un paesaggio di questo tipo sarebbe di trovarvi davanti ad unico cartello bruciacchiato con su scritto, in una lingua dimenticata da Dio:
“ Siate i benvenuti! Se volete visitarlo, l’Inferno è solo ad uno starnuto da qui. ”Tale scenario non poteva permettersi che un umorismo simile.
Quindi,
ora accettate l'idea che da ere remote, vi sia qualcosa che abbia
imparato a sostentarsi e a vivere considerando quell'inferno di nero e
pece, contro ogni buon senso la propria casa.
Un regno di ombre a cui far ritorno dopo essere stato a braccare
qualcosa. Un luogo desolato che non sembra aver mai visto la luce del
sole e dove niente sembrava mettere le radici troppo a lungo.
A questo punto voi mi domanderete … e di cosa vivrebbe
allora questo qualcosa?
Dì
vita, per essere precisi. Dell’essenza stessa della vita.
È una creatura che ne riconosce il delicato e sottile
profumo, ne segue la traccia percorrendola a ritroso valicando confini,
fino a risalire alla fonte. Non esiste luogo troppo lontano dove non
possa giungere, non esiste spazio o tempo che possa rallentarne il volo
o la corsa. Se decide di trovarvi non esiste posto sicuro dove
nascondervi. Caccia e cattura usando ingegno e astuzia. E, diciamocelo,
sedere a tavola con uno di loro non è mai un bello
spettacolo. C’è una credenza, secondo la quale non
si debba dare agli incubi un nome… perché
altrimenti essi diverrebbero più forti e più
veri. Gli esseri umani tendono sempre a dare un nome a tutte le cose e,
infatti, anche questo predatore che esiste fin dalla notte dei
tempi non fa eccezione. Stiamo parlando del predatore
dell’uomo per eccellenza.
Vi dico
inoltre, che questo predatore di vita è immortale, con una
forza sovraumana, che non conosce sazietà ed è divorato dalla fame tanto da non conoscere la parola
riposo. Con il tempo ha acquisito più nomi e una mente
brillante ed intuitiva. Può prendere un aspetto umano e
camminarvi affianco, scambiando con voi battute come se si trattasse di
un vecchio amico a cui sta a cuore un
vostro problema e vi offre una facile e vantaggiosa soluzione.
Può presentarsi perfino come un ancora di salvezza,
porgendovi la mano mentre siete ad un passo dal baratro e offrendovi
così un allettante alternativa, un occasione d’oro.
Perché semplicemente non sa resistere al richiamo di chi,
come il sottoscritto trovandosi davanti ad una morte atroce, non ne
vuole più sapere di quella barzelletta chiamata
Dio.
Ma
diversamente da quello che potreste pensare non ero alla ricerca di una
salvezza, ne di una opportunità.
Io volevo ogni cosa che quella creatura potesse darmi, giocare con chi
mi aveva rubato la speranza, farlo ballare sulla punta di uno spillo
ardente come sicuramente aveva fatto sulla tomba dei miei genitori. A
quel tempo, ero solo un bambino che si crogiolava nella sua bolla di
sapone e si credeva al sicuro, all’oscuro di tutto quello che
lo aspettava fuori. Ora lo so, niente in realtà mi avrebbe
potuto proteggere dalla malvagità che mi aveva strappato
dall’abbraccio caldo di mia madre e di mio padre. Nessun
santo sarebbe venuto ad asciugare le mie lacrime mentre marchiavano a
fuoco il mio fianco. Nessun Dio misericordioso sarebbe accorso udendo
le mie suppliche mentre i ripetuti abusi sul mio corpo mandavano la mia
mente in pezzi. Non biasimatemi, ma sarei dovuto morire su
quell’altare come un martire quella stessa notte, urlando e
divertendo quelle bestie che portavano l’umanità
come la maschera di una realtà atroce e rivoltante solo per
preservare la fede in Dio?
La cosa
spaventosa era sapere che avrebbero proseguito il loro macabro
divertimento, perché dentro quella gabbia la mia vita non
significava nulla. Dopo di me sarebbe toccato ad un altro e ad un altro
ancora. Non ero che una vittima tra le tante. Il piccolo Conte
Phantomhive non era che un bambino qualunque. Con quella terrificante
verità, che si faceva strada con l'accrescere della mia
paura, speravo che le mie grida spaccassero quel cielo stellato che
inclemente osservava incurante la mia fine.
Non volevo. Non volevo morire. Non volevo che quel luogo fosse la mia
tomba.
Quella notte. Una fila di volti nascosti dai cappucci presero le chiavi della gabbia, arretravo scalciando, urlavo ma non riuscivo più ad udire le mie grida sotto le mura delle loro risate. Quando mi afferrarono una caviglia mi sentii mancare il respiro sotto quella stretta, formulai quello che pensavo sarebbe stato il mio ultimo pensiero. Avevo capito che mi stavo illudendo ancora una volta.
In realtà, non c’era mai stato alcun Dio per cui pregare.
Sentii delle voci di sgomento e il mondo si
fermò, calò improvvisamente una nebbia
innaturale, densa, nera, che si allargò
minacciosamente. Inglobò tutto nel buio insieme
all’altare incrostato dal sangue dell'ultima vittima
…chi
si udì nel fumo, con una che sembrava giungere da un altro
luogo …chi di voi?
Alcuni
iniziarono a correre impacciati verso l’uscita non credendo
ai loro occhi, altri gridarono che era giunto il demone e aveva
apprezzato il loro sacrificio. Quell'agglomerato di fumo si mosse
intorno all'altare come se avesse posseduto una volontà
propria e la stesse usando per cercare qualcosa o qualcuno. In effetti,
qualcuno gridò contro la fitta nebbia pregandola di donargli
l’eterna giovinezza. La nube fosca sembrò
prestargli un secondo di attenzione ma poi passò oltre. Si
rivolse alle gabbie dove tremando mi ero attaccato alle sbarre non
riuscendo a staccarle gli occhi di dosso.
Dire che ebbi paura era minimizzare, ebbi una paura fottuta
perché quell'ammasso di fumo nero sembrava studiare chiunque
respirasse in quell'infernale circolo di pietra. Lo sentii crepitare
elettrico mentre mi sfiorava. La mia mente mi ricordò che
stavo comunque per morire e mi suggerì che ero davanti
l’unica cosa che pareva essere giunta alle mie preghiere.
C'era da capire se fosse veramente così, o se quella dannata
cosa fosse venuta per uccidere indiscriminatamente. I miei aguzzini
intanto cercarono di capire come rivolgersi alla nebbia, pregando di
donare loro fama e ricchezza.
Quella passò ancora oltre. Era scioccante perché effettivamente
lì sfiorava e poi si ritirava. Stava proprio cercando
qualcuno ed era sempre più attirata nella mia direzione.
Quella cosa era venuta per cercare me. Non chiedetemi come me ne resi
conto, ma sentii una sorta di filo conduttore tra me e quel...
qualsiasi cosa fosse. Sapevo che sarebbe stata solo questione
di pochi secondi prima che si... E mentre lo pensai accadde. Si
voltò improvvisamente nella mia direzione. È
difficile spiegare come un banco di nebbia oscura, seguita dalle sue numerose escrescenze fumose che
si dissolvevano man mano che si spostava, potesse mimare un simile movimento. Eppure l'aveva
appena fatto.
Sentii che ero ad un passo dall'andare in iperventilazione. Ero io,
quello che cercava ero veramente io. Il fumo non possiede occhi, ma il
quel momento avrei potuto giurare che mi stesse fissando. Si mosse
nella mia direzione come se mi avesse sentito… o meglio come
se mi avesse effettivamente riconosciuto, cosa che mi dette i brividi e infatti
mi parlò.
Ah,
ecco… dunque eri tu … lo
fece attraverso la mente, direttamente dentro alla mia testa,
esplorandola deliziato come avesse delle metaforiche dita di velluto,
un esperienza che tra l’altro non auguro a nessuno. Dal nulla
prese a delinearsi un volto.
Hai fatto un grande sacrificio… disse
ancora, ma stavolta anche quelli che assistevano sgomenti in disparte sembrarono capire che qualcosa non
quadrava. Non era
come se lo aspettavano. Degli uomini gridarono di non farmi
parlare, ma nessuno volle prendersi il disturbo di attirare "la cosa".
Essa mi parlò restituendomi per alcuni secondi la
concentrazione, tuttavia, mi diede la sgradevole sensazione di ospitare
un intruso.
Ti
sei fatto sentire fino agli anfratti più remoti
dell’inferno per poi infine giungere al mio
orecchio… è stata quasi una fortuna per
te. Non sembrò parlare dei
presenti e non ero sicuro al momento di voler sapere esattamente cosa
significasse quel "quasi". Poco dopo aggiunse...Gli
altri che stavano arrivando … non si sarebbero presentati in
modo altrettanto Elegante.
La voce marcò sulla parola "elegante"
come se avesse un altro significato che sembrava divertirlo
particolarmente. Io intanto, stavo lottando con la spiacevole idea di
star impazzendo del tutto. Stavo concependo io quel pensiero, o lo
stava veramente trasmettendo quella coltre inquietante? La
maggior parte della nebbia si condensò davanti ai miei occhi.
« Cosa sei? » dissi alla lugubre sagoma che via via
stava acquisendo consistenza.
« … che padrone piccolo. »
Il commento fuorviante dell’essere fece ribollire di rabbia ogni singolo atomo della mia coscienza. Se proprio dovevo morire che accadesse subito, senza avere giochi di pessimo gusto anche da parte della mia immaginazione. RISPONDIMI!
Non ebbi
bisogno di distinguerlo al buio per sapere che stava ridendo di me. La
sua risata con mio terrore, mi avvolse come una calda pelliccia di visone e dal nulla
iniziò a parlare con quella che credevo essere la sua vera
voce. « Stavo seguendo il tuo
richiamo e ti ho trovato. Quindi sta a te ora, decidere se fare un contratto con un Demone e realizzare i tuoi desideri, oppure no. »
Concluse. Dunque se mi fossi rifiutato si sarebbe rivolto a qualcun
altro. Quella era la mia chiave per la libertà quindi per quanto spaventosa non
provavo nessuna esitazione ad usarla. Si passò la
lingua sulla labbra, ed ebbi la sensazione che avesse seguito o letto dal
principio il mio pensiero, come se avessi fatto qualcosa di
estremamente interessante e nell'insieme si stesse chiedendo che sapore
avessi.
« Il
prezzo per attraversare il fiume è stato già
pagato. »
Lanciai un rapido sguardo di terrore all'altare di pietra insanguinato.
Immagino che si stesse riferendo al corpo della bambina che era stata
sacrificata prima di me. Mi sentii un mostro perché
apprezzai di non aver pagato io quel prezzo. Sorrise come se stesse
ancora indovinando i miei pensieri. Forse esisteva veramente questo
filo conduttore che ci univa, non che saperlo mi tranquillizzasse, al
contrario.
«
Io… io.. » uno degli aguzzini gridò: -
Fatelo stare zitto! Tappategli la bocca! - Ma avendo io tutta la sua
attenzione i miei carcerieri che si erano avvicinati restarono
pietrificati sul posto. La nebbia li lambì come una fiamma
nera. Fu semplicemente terrificante, li sfiorò come
se possedesse delle mani immaginarie. Il mio cuore
batteva come se volesse uscirmi dal petto. Lacrime rabbiose corsero
lungo il contorno del viso bruciandomi. Finalmente liberai l'urlo che
avevo intrappolato in gola.
« … VOGLIO FORZA. »
« VOGLIO LA FORZA PER VENDICARCI DI TUTTO QUELLO CHE
CI HANNO FATTO. » Ripresi fiato e conclusi in
fretta.
« DEMONE, FIRMERÒ IL CONTRATTO! »
Un
sorriso affilato fece capolino dal fumo:
« Vuoi quindi
rinunciare alla luce per seguire un sentiero oscuro… bene.
Marcherò i nostri corpi con un sigillo,
c’è bisogno di un posto bene in vista.
Più è visibile più sarà
forte il potere. Dove lo vuo- »
«
QUALSIASI POSTO VA BENE! » Urlai e mi lanciai contro le
sbarre cercando di toccare l’unica cosa che sapevo essere
l’unica possibilità che mi restava.
L’unico filo a cui aggrapparmi mentre le lacrime mi solcavano
le guance.
« VOGLIO IL POTERE PIÙ FORTE CHE ESISTA!
» e due occhi tra i più spaventosamente vivi che
avessi mai visto arserò davanti al mio volto. E vi lessi
FAME. Una fame ceca, smodata, infinita.
E la mia rabbia sembrò solo accentuarla.
« Perfetto. »
La
coltre si allungò velocemente nella mia direzione. Un
braccio interamente foderato di nero apparve dal nulla. Una
mano pallida mi agguantò il viso e quasi mi
scagliò via con una rapidità spaventosa che mi
rese muto, incapace di parlare. Ma a dire la
verità quella mano non mi preoccupava tanto, temevo invece
quello che ancora restava nascosto nella nebbia e che possedeva quegli
occhi spaventosi.
Prese ad accarezzarmi il viso quaso stesse toccando una sua
proprietà.
« Quanta
Avidità per un corpo così
piccolo… »
sembrò dirlo fra sé estasiato.
Continuò come parlando a se stesso « Dovrei
mettere il sigillo su questo bell'occhio così grande e pieno
di disperazione ».
Se
pensavo che tutto quello che avevo subito fino a quel
momento era stato straziante, mi sbagliavo. Raggiunsi delle
vette del dolore che non pensavo fossero possibili, la sua mano
riusciva a coprirmi l’intero viso e una fitta allucinante
all’occhio destro mi rese ceco e sordo. Urlai come se avessi
dovuto gareggiare con quella sofferenza. Lottai contro quella mano
graffiandola, perché tanto dolore per me era inconcepibile.
Ma era come cercare di scalfire un muro a mani nude. Rise di gusto, una
di quelle risate che non si dimentica facilmente, una di quelle che ti
gela il sangue nelle vene. La mia mente svuotata vacillava nel torpore
mentre il dolore pian piano stava scemando altrove e la vista tornava.
Per un attimo in quel fumo denso sentii un fruscio, continuo e
vibrante, come piume che cadevano al suolo avvitandosi su loro stesse
facendo dei mulinelli. Pareva il rumore di mille fogli che cadono
scontrandosi fra loro.
In mezzo alla confusione intravidi un corvo, lo vidi con
l’unico occhio su cui potevo fare ancora affidamento. Udii un
graffiante rumore di tacchi che senza alcuna gentilezza artigliavano il
pavimento. Mosse qualche passo nella mia direzione.
…
Mi sembrò un sogno
poiché riuscii a scorgere di nuovo il sorriso affilato in
quella sagoma nera. Sembrando stagliarsi contro il buio e fendere
l’oscurità della notte con la sua sola presenza,
come possedesse un aura tagliente.
Man mano che lo osservavo divenne sempre più reale. Un
attimo prima c’era solo la nebbia e subito dopo
c’era un uomo alto e distinto nel suo impeccabile completo
scuro.
Potete
pure darmi dello stupido, ma sembrava che ci tenesse ad apparire
elegante ai miei occhi, come se la prima impressione fosse
tutto.
I presenti impallidirono a quell’apparizione e, pur essendo
armati, presero istintivamente le distanze dall’uomo sbucato
dal nulla. Il demone lì osservo con scarso interesse e si
sistemò i guanti immacolati sulle mani. Non mi accorsi che ero fuori dalla
gabbia. Doveva essere stato lui.
« I vostri ordini? A parte eliminare i
presenti ovvio. » Ah, giusto...
Gli
uomini incappucciati udite quelle parole smisero di cercare la sua
attenzione, corsero verso l’uscita e fu ordinato che venissi
ucciso insieme a lui. Ovviamente nessuno voleva prendersi il tempo di
farlo, tutti volevano fuggire e nessuno aveva la minima intenzione di
restare lì. Si accalcarono alle porte come animali in
trappola.
Era incredibile… la voce dell’uomo risultasse
sempre elegante, pur mantenendo la stessa quantità d
irriverenza verso il suo interlocutore...
« Padrone? »
Non
riuscivo a credere che fosse tutto vero, la sua mano foderata di bianco
mi sfiorò delicatamente una spalla e io mi scostai
bruscamente come ustionato, non volevo assolutamente che mi toccasse.
L’uomo sorrise pazientemente, se non altro il cuore che mi
batteva a mille nel petto era senza dubbio la prova che fossi ancora
vivo.
Eppure, guardandolo, seppi di aver comunque perso qualcosa. Qualcosa
che come i miei genitori non sarebbe più tornato. Sapere
esattamente cosa fosse, era dato saperlo solo a quel demone che
attendeva sorridendo.
Sempre e comunque quel dannato sorriso sulle labbra.
« I miei ordini?
»
«
Mi proteggerai sempre a costo della tua vita. Obbedirai ad ogni mio
ordine in ogni circostanza.»
« e... non mi tradirai mai. Questo fino a pieno
compimento della mia vendetta. »
« …nient’altro? »
Pensai ai miei genitori… era passato parecchio tempo da quando ero stato rapito, anche se non sapevo esattamente quanto. Mi dissero sempre di non preoccuparmi di nulla e che divenendo grande mi sarebbero sempre stati accanto. Non era più così. Forse era solo una favola che mi raccontavano per riuscire a farmi dormire. Capii che l'avevano detto non sapendo della tragedia che stava per colpirci, ad ogni modo lo dissi ugualmente:
« Sì, … non mentirmi mai. »
Dopo di che il tutto si svolse in un battito di ciglia. Molti morirono velocemente sul posto e altri li seguirono senza neppure rendersi conto di ciò che si era abbattuto su di loro. Poi tutto venne avvolto dalle fiamme… due figure si allontanarono solitarie.
Entrambe dando le spalle all’incendio,
entrambe senza sentire il bisogno di voltarsi indietro.
Unite eternamente nell'Ombra del Peccato.