Ringrazio Morgana che l'ha valutata, Sophie che ha letto la bozza e mi ha convinta a continuarla e Hyperviolet Pixie che me l'ha betata, sei stata gentilissima!
Vi lascio alla storia.
Ringrazio chiunque deciderà di leggerla e, magari, anche di recensirla.
Sciogliere la neve
(La neve nel cuore)
Ricordavo i suoi occhi.
Due specchi scuri nei quali potevo trovare ogni cosa che avessi mai desiderato. Non avrei avuto bisogno d’altro che di guardarli per recuperare la mia umanità, per ricordarmi chi fossi. Le ombre cupe che vi trovavo rivelavano la sua tristezza. Anche quando sorrideva apertamente rimaneva sempre, nel velo del suo sguardo, un fondo di malinconia che non ero stato in grado di scacciare.
Ci eravamo rivisti per caso, dopo che le nostre storie passate erano
finite. Lei era chiaramente triste e io avevo tentato subito di
approfittarmi della sua debolezza. All’inizio desideravo solo deriderla,
sfogando su un’altra donna il dolore che Astoria aveva provocato in me.
Non avrei mai pensato che lei avrebbe ceduto, che si sarebbe lasciata portare a fondo, che mi avrebbe permesso di avere accesso ai suoi segreti, che si sarebbe fidata di me.
La verità è che siamo stati insieme, ma non abbiamo mai rivelato i nostri sentimenti l’uno all’altra.
Le sue mani erano calde, lei teneva gli occhi chiusi, abbandonata ai miei abbracci.
Io invece la osservavo, attendevo con impazienza di incrociare quello sguardo fiero, mi piaceva ritrovarvi ogni volta la sorpresa nello scoprire i miei occhi aperti.
Il mio cuore, però, è sempre stato chiuso.
Non sono stato capace di donarglielo, neanche quando io ne avevo sentito davvero il bisogno.
“E quindi, che cosa sono io per te?”
La vita, sei l’unica in grado di mantenere integra la mia anima. Questo avrei voluto dirle, ma dalla mia bocca velenosa uscivano parole che non pensavo: “Non farmi queste domande, Granger, mi pare che fosse chiaro fin dall’inizio che non ci sarebbe stato nulla di più tra noi.”
Granger. La chiamavo così per alzare quel muro che non ero in grado di demolire e che tanto avrei voluto distruggere; per abbatterlo sarebbero bastate poche parole: “Hermione, non andare via,” ma non so se avrei mai potuto trovare il coraggio per pronunciarle ad alta voce.
Eppure ero cambiato, lei lo sapeva. I miei gesti mostravano le mie paure, le davano la speranza di credere che tra noi le cose sarebbero potute cambiare; ma le mie parole non le consentivano di avere prova di questo mio cambiamento.
Appoggiata al muro, sul ciglio della strada, Hermione si osservava le
scarpe, che disegnavano cerchi sulla neve ai suoi piedi. Sospirava,
probabilmente non sapeva come comportarsi con me.
Io invece ero stupito: non credevo che si
sarebbe presentata. Una volta di più mi aveva dimostrato la sua forza.
Quando finalmente mi vide, il suo sguardo freddo fu scaldato dal sorriso sincero che, ne ero certo, aveva preso forma sul mio volto.
Avevo passato tutta la mia vita a nascondermi: all’inizio sfruttando la protezione di mio padre, poi scegliendo sempre di seguire la direzione che gli altri avevano scelto per me, infine abbandonandomi all’amore di Astoria, un sentimento freddo e controllato che poteva essere paragonato all’amore per una Firebolt deluxe, non certo a qualcosa che unisce due persone. Lei aveva scelto me e io non avevo fatto altro che adeguarmi.
***
“Quindi mi stai dicendo che vuoi
che ci sposiamo?”
“Non mi sembra una strana richiesta, siamo una coppia ufficiale ormai, non credo che qualcuno si stupirebbe.”
“Un contratto come un altro, quindi. Aspiri a vivere così, Astoria?”
“No.” Fece una lunga pausa. “Io credo che tu sia la persona giusta per me, ci ho pensato bene prima di sceglierti.”
Lei mi aveva scelto, aveva fatto in modo
che ogni cosa andasse come aveva previsto. Solo in quel momento
realizzai quanto mi fossi lasciato trascinare: ero stato come un
insetto, avevo sbattuto più volte contro una finestra chiusa convinto
che prima o poi avrei trovato la via per uscire. Non avevo mai
considerato l’idea di aprire la porta, forse perché aspettavo che
qualcuno lo facesse per me.
“Dimmi, Astoria, credi davvero che il nostro sarebbe un matrimonio felice?”
“Credo che sarebbe… buono per entrambi.”
“Io no.”
Lei spalancò la bocca, rimase ferma in attesa delle mie spiegazioni.
“Io non ti sposerò. Non sono innamorato di te.”
Una risata di scherno risuonò nella stanza. “Non mi dirai che credi di essere in grado di amare?”
“Non lo so, ma di sicuro non dividerò la mia vita e, se vuoi metterla così, i miei soldi con qualcuno che non ritenga valevole della mia stima totale e assoluta. Tu mi hai dimostrato di tenere razionalmente al mio nome, ma io non sono mai stato in grado di darti niente, non credi anche tu di meritare di meglio?”
“Io credo di averci pensato abbastanza, la vita non è romantica, richiede senso pratico e io ce l’ho. Tornerai da me. Aspetterò un po’.”
La donna che fino a quel momento avevo creduto di amare si Smaterializzò
dopo pochi istanti.
Erano passati mesi da quel giorno; per tutto quel tempo Astoria non aveva mai mandato gufi, né era passata a prendere le sue cose. Quella mattina avevo impacchettato i suoi oggetti personali e li avevo fatti mandare a casa sua, accompagnati da una lettera nella quale le spiegavo che mi ero convinto di avere fatto la scelta giusta, e non sarei tornato da lei, ma che ero certo che avrebbe trovato un altro mago alla sua altezza. Ero abbastanza sicuro che avesse già iniziato a cercarlo.
***
Con un cenno della mano, Hermione mi salutò; io arrivai a pochi passi da
lei, per poi prenderle la mano. “Andiamo a bere un tè?”
Lei, superata la sorpresa iniziale, con uno strattone si liberò della mia mano; i suoi occhi mostravano una speranza che mal si accordava con quell’allontanamento. “Che ti prende?”
Opposti, eravamo sempre stati così: mentre lei mostrava la sua anima con
gli occhi, i miei la celavano; io ero sincero nei gesti, perché il mio
corpo ormai rifiutava di seguire gli ordini del mio cervello, la cui
codardia stava nella mia incapacità di mettermi in gioco. Le mie mani
desideravano Hermione, avevo bisogno di sentire il profumo della sua pelle
e di adeguarmi al ritmo del suo respiro per sentirmi parte di lei. Avevo
la necessità di guardarla dormire, prima di fuggire nel cuore della notte
per paura. Il mio orgoglio però era cieco di fronte alle emozioni. Avevo
imparato a mettere a tacere tutto quello che andava contro il mio
immediato interesse o contro le convinzioni che avrebbero potuto portarmi
benefici certi in futuro. Avevo sempre spento il mio cuore.
“Rimani con me oggi.”
Me lo ripeteva ogni volta che ci vedevamo,
spesso con il volto nascosto nel buio della notte. Io non volevo restare,
tentavo di proteggerci entrambi ed ero convinto di farlo: tra noi non
c'era un futuro.
La sua mano tremava leggermente quando la posava sulla mia spalla e mi
sussurrava timidamente quelle poche, semplici parole.
“Dovevi dirmi qualcosa?” un sussurro, il suo.
“Oggi è Natale. Volevo vederti.”
“Auguri, allora. Però non ti ho preso niente.”
“Non ci avevo neanche pensato… non dopo quello che è successo.”
***
“Non possiamo andare avanti così.” La sua espressione tradiva tristezza, i suoi occhi mostravano che aveva pianto.
“Vuoi chiudere? In effetti è la cosa migliore che possiamo fare,” freddo come il metallo, avevo capito che lei mi stava mettendo di fronte a una decisione, ma io non ero in grado di prenderla.
“Va bene.”
Da allora non l’avevo più contattata, fino alla vigilia di Natale. Le avevo scritto poche righe nelle quali la invitavo a incontrarci.
***
“E perché ti sei fatto vivo dopo tanto?”
Di nuovo, incrociai i suoi occhi tiepidi, carichi di quella rabbia che lei usava per nascondere la sua tristezza con me. “Perché era ora che io fossi sincero.”
Aprì piano la bocca e prese fiato. “Dimmi, allora.”
“Hermione, rimani con me... non solo oggi, se vuoi.”
Le lacrime che le rigavano il volto mostravano la sua gioia. Non era servito di più: era bastato aprire il mio cuore per permettermi di vedere il suo, finalmente privo delle ombre che anch’io avevo esteso.