I'm here. Don't stop believing.
Nei mesi seguenti alla 'caduta' di Sherlock , John iniziò ad avere un incubo ricorrente che gli tolse il sonno e rischiò di portargli via la ragione.
Si ritrovava su quel maledetto tetto, immobile come una statua, immobile come lo era stato il suo amico , e guardava in basso la gente che correva frettolosa, ignara o indifferente alla vista di un uomo che stava per togliersi la vita. Proprio come Sherlock.
Stava lì, sull'orlo di quel baratro senza fine, finchè non apriva le braccia, pronto a spiccare il volo. Pronto a morire. Ogni volta che arrivava a quel punto gli si sovrapponeva al cuore, all'anima, al corpo il fantasma di un uomo alto e pallido, coi capelli ebano arruffati e un lungo cappotto nero, che gli sussurrava : - I'm here -. Poi John si lasciava cadere e precipitava per ore, giorni, mesi, anni nel vuoto, nel buio di una morte gelida che aveva accolto tra le sue braccia, fin troppo presto , Sherlock. Ad un certo punto John non era certo se era il buio ad inghiottirlo o era lui che chiudeva gli occhi, fatto sta che si ritrovava, quando la vista ritornava , di nuovo su quel dannato tetto, a fissare quella stesse persone che aveva osservato prima; l'unica differenza era che tra le mani aveva il cellulare di Sherlock, su cui spiccavano, in forma di messaggio , le parole : - I'm here. Don't stop believing -.
Al risveglio era madido di sudore con le lacrime che gli bagnavano il viso.
Adesso John, proprio come nel suo incubo , si ritrova sull'orlo del baratro : guarda in basso la strada grigia e quasi può distringuere lì, sul freddo pavimento indifferente, una figura in nero su cui spicca il rosso cupo del sangue....si passa una mano sul viso per cancellare quelle immagini, come se fosse una spugna che cancella lo sporco di quel sangue dal suo viso...si sporge dal cornicione del tetto : sarebbe precipitato nel vuoto, proprio come lui. Una vocina nella sua testa, piccola quanto rumorosa , non fa altro che ripetergli : - Verrà..lui arriverà e ti fermerà. - ma John sa che è una bugia, un'ultima illusione prima di morire.
Spalanca le braccia pronto a spiccare il volo, e vede il fantasma dei suoi sogni sovrapporsi a lui scuotendogli l'anima dal profondo, dalle viscere proprio come la sua versione in carne ed ossa aveva fatto con la sua vita. John gli stringe le mani grandi e opache, è pronto ormai : vuole saltare e farla finita con quell'incubo , con quel dolore , con quella terapia , con la solitudine di quell'appartamento vuoto, con quel ricordo....all'improvviso un 'beep' risuona nell'aria silenziosa e alle orecchie di John suona come uno sparo assordante : è un'attimo di indecisione e la sua determinazione crolla, come lui all'indietro sul pavimento freddo . Ha il fiatone e lente goccioline di sudore gli imperlano il viso pallido, la bocca e le mani tremano per la tensione e lo spavento , il cuore pompa frenetico. Un altro 'beep' , e solo una manciata di secondi dopo John realizza che il suono proviene dalla sua tasca destra, quella che contiene il suo cellulare, e che uno stupido messaggio di un ancor più stupido cellulare gli ha salvato la vita. Recupera l'aggeggio con mano tremante , e quasi sviene per l'emozione quando aprendo il messaggio legge : - I'm here. Dont' stop believing - .
Il tempo , il mondo , il respiro di John, il suo cuore e persino ogni cellula del suo corpo si fermano per permettergli di assorbire l'importanza e il significato di quelle parole; quando tutto riprende a muoversi, a vivere , a scorrere a respirare John si accorge di star piangendo : gli aveva chiesto un miracolo e Sherlock l'aveva accontentato.
Si ritrovava su quel maledetto tetto, immobile come una statua, immobile come lo era stato il suo amico , e guardava in basso la gente che correva frettolosa, ignara o indifferente alla vista di un uomo che stava per togliersi la vita. Proprio come Sherlock.
Stava lì, sull'orlo di quel baratro senza fine, finchè non apriva le braccia, pronto a spiccare il volo. Pronto a morire. Ogni volta che arrivava a quel punto gli si sovrapponeva al cuore, all'anima, al corpo il fantasma di un uomo alto e pallido, coi capelli ebano arruffati e un lungo cappotto nero, che gli sussurrava : - I'm here -. Poi John si lasciava cadere e precipitava per ore, giorni, mesi, anni nel vuoto, nel buio di una morte gelida che aveva accolto tra le sue braccia, fin troppo presto , Sherlock. Ad un certo punto John non era certo se era il buio ad inghiottirlo o era lui che chiudeva gli occhi, fatto sta che si ritrovava, quando la vista ritornava , di nuovo su quel dannato tetto, a fissare quella stesse persone che aveva osservato prima; l'unica differenza era che tra le mani aveva il cellulare di Sherlock, su cui spiccavano, in forma di messaggio , le parole : - I'm here. Don't stop believing -.
Al risveglio era madido di sudore con le lacrime che gli bagnavano il viso.
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Adesso John, proprio come nel suo incubo , si ritrova sull'orlo del baratro : guarda in basso la strada grigia e quasi può distringuere lì, sul freddo pavimento indifferente, una figura in nero su cui spicca il rosso cupo del sangue....si passa una mano sul viso per cancellare quelle immagini, come se fosse una spugna che cancella lo sporco di quel sangue dal suo viso...si sporge dal cornicione del tetto : sarebbe precipitato nel vuoto, proprio come lui. Una vocina nella sua testa, piccola quanto rumorosa , non fa altro che ripetergli : - Verrà..lui arriverà e ti fermerà. - ma John sa che è una bugia, un'ultima illusione prima di morire.
Spalanca le braccia pronto a spiccare il volo, e vede il fantasma dei suoi sogni sovrapporsi a lui scuotendogli l'anima dal profondo, dalle viscere proprio come la sua versione in carne ed ossa aveva fatto con la sua vita. John gli stringe le mani grandi e opache, è pronto ormai : vuole saltare e farla finita con quell'incubo , con quel dolore , con quella terapia , con la solitudine di quell'appartamento vuoto, con quel ricordo....all'improvviso un 'beep' risuona nell'aria silenziosa e alle orecchie di John suona come uno sparo assordante : è un'attimo di indecisione e la sua determinazione crolla, come lui all'indietro sul pavimento freddo . Ha il fiatone e lente goccioline di sudore gli imperlano il viso pallido, la bocca e le mani tremano per la tensione e lo spavento , il cuore pompa frenetico. Un altro 'beep' , e solo una manciata di secondi dopo John realizza che il suono proviene dalla sua tasca destra, quella che contiene il suo cellulare, e che uno stupido messaggio di un ancor più stupido cellulare gli ha salvato la vita. Recupera l'aggeggio con mano tremante , e quasi sviene per l'emozione quando aprendo il messaggio legge : - I'm here. Dont' stop believing - .
Il tempo , il mondo , il respiro di John, il suo cuore e persino ogni cellula del suo corpo si fermano per permettergli di assorbire l'importanza e il significato di quelle parole; quando tutto riprende a muoversi, a vivere , a scorrere a respirare John si accorge di star piangendo : gli aveva chiesto un miracolo e Sherlock l'aveva accontentato.