La
storia ha partecipato al contest “In Other Shoes”
indetto da Rosebud.89, arrivando prima su quattro.
Prompt:
Suicidio
Personaggio:
McGranitt Minerva (OOC COME RICHIESTO
DAL CONTEST)
Avvertimenti:
la storia è ambientata nel 7° libro.
Fu
durante una bella mattinata di primavera senza
nuvole e con il sole splendente che, guardando fuori da una delle
finestre
della Torre dei Grifondoro, Minerva McGranitt si rese conto che il
luccichio
del marmo bianco era l’unica cosa rimastagli di Albus
Percival Wulfric Brian
Silente.
La
donna abbassò lo sguardo con fare rassegnato e
stanco; era stato un anno difficile, e nell’aria non
c’era alcun segno di
cambiamento. L’Ordine della Fenice era attivo ma, come non
aveva risolto la
situazione durante la prima guerra magica, anche ora sembrava che il
suo
margine d’azione fosse limitato.
Harry
Potter non aveva mai sconfitto Voldemort; il
ragazzo era sopravvissuto per casualità, per fortuna, per
motivi che forse
neanche Silente era riuscito a capire del tutto e che, anche se era
riuscito a
capire, non si era comunque scomodato di confidarle.
Il
Prescelto, in ogni caso, era sparito dalla
circolazione, alla ricerca di misteri più grandi di lui, e
nel mentre i
Mangiamorte spadroneggiavano nel castello per niente ostacolati dal
nuovo
preside Piton, il quale si assentava spesso per motivi non del tutto
chiari.
Fu
così, circondata dall’infelicità, dal
trionfo del
male sul bene, da un senso di inutilità crescente che
Minerva McGranitt smise
di essere se stessa e si lasciò andare all’apatia
più disperata, ad un comodo
chiudere gli occhi davanti all’orrore e lasciare che gli
eventi le scivolassero
addosso.
Le
dispiaceva sinceramente vedere i suoi giovani
alunni segnati nell’anima e nel corpo dai maltrattamenti
subiti per aver
intrapreso la strada del coraggio, e cercava di calmare la loro sete di
giustizia proponendo una pazienza smisurata, eccessiva anche per i
Tassorosso.
I
Grifondoro erano spaesati e, senza più una guida,
agivano in maniera più intraprendente ma anche maggiormente
sconsiderata,
talvolta ricevendo punizioni più dure di quanto messo in
conto.
Tutto
questo non poteva di certo sfuggire a Severus
Piton, che ancora sosteneva coraggiosamente il ruolo di
doppiogiochista.
Questa, dal suo punto di vista, era una di quelle cose che Silente non
aveva
previsto. Chi avrebbe mai immaginato che l’intransigente
professoressa
McGranitt potesse cedere?
Severus
si maledì; non poteva scoprirsi e rovinare
tutto, ma non poteva neanche permettere che la casa dei
“coraggiosi di cuore”
non agisse perché altrimenti ci sarebbero state molte
più perdite, in termini
di vite umane, di quanto si potesse pensare.
Del
resto era l’agire che, nel bene o nel male,
cambiava il mondo.
Così,
una sera, Severus convocò Minerva nel suo
ufficio. Lei fu puntuale, entrò quasi a capo chino e
restò in piedi, aspettando
che il preside le desse qualche ordine.
Severus
si sentì travolgere dal senso di
rassegnazione della donna, e dovette attendere qualche secondo per
riuscire a
parlare. “Si accomodi, professoressa McGranitt”.
La
donna si sedette.
“Sono
tempi duri” esordì il preside. “Sembra
che
tutto stia cambiando, eppure dentro di noi ciascuno è quello
che è sempre
stato”.
La
professoressa ascoltava, ma aveva perso fiducia
in Piton nel momento in cui l’assassino di Silente aveva
avuto un nome;
nell’attimo in cui seppe da chi era nato l’Avada
Kedrava che aveva spento per
sempre quegli occhi azzurri, la bussola si ruppe e ora lei non riusciva
più a
orientarsi.
“E
sarà sempre dato sostegno a Hogwarts a chi chiede
aiuto” continuava Severus cercando un contatto visivo con la
sua ex-collega.
Minerva
alzò lo sguardo e, con voce quasi
supplichevole, chiese: “Anche ai Grifondoro?”.
“A
tutti” fu la risposa secca.
Minerva
riabbassò lo sguardo, ma non era una ragazzina;
conosceva il potere illusorio delle parole, e sapeva quanto spesso poi
esse si
discostassero dall’agire cinico della maggior parte delle
persone.
I
pensieri le si leggevano in viso senza bisogno di
usare la Legilimanzia, e furono ben chiari per Severus che
pensò di poter
riparare alla situazione agendo ancora una volta in modo coraggioso.
Con passo
deciso avanzò verso un mobile alto, finemente inciso, e
aprendolo ne trasse
all’esterno la sua personale raccolta di ricordi.
Prese
una boccetta e la porse alla McGranitt
dicendole: “Il mio predecessore aveva molta stima di
lei”.
La
donna prese la boccetta, se la rigirò tra le dita
senza dir nulla. Sapeva che si trattava di ricordi ma non aveva idea di
che
cosa potesse trattarsi. Severus non le diede nessuna spiegazione,
sapeva di
aver già fatto troppo, se questo non fosse bastato per
risvegliare nella
McGranitt il suo antico coraggio, allora non c’era niente che
potesse farlo.
Piton
congedò la donna e si ritirò nelle sue stanze
mentre la McGranitt andò dritta al suo Pensatoio. Con
cautela versò il
filamento argentato nel magico contenitore e ci su tuffò per
vedere uno dopo
l’altro tutti i ricordi di Severus: la piccola Lily,
l’accordo preso con
Silente, la morte dei Potter, il nuovo accordo e la richiesta
sconsiderata di
Silente di morire per mano sua, e poi ancora Severus che aiutava Harry
a
trovare la spada di Grifondoro.
Quando
uscì dal Pensatoio era frastornata, sentiva
di dover parlare nuovamente con Severus e dunque uscì di
fretta dalle sue
stanze, ma si rese conto che stava succedendo qualcosa: delle urla
rimbombavano
nel castello e pareva provenissero dalla Sala Grande.
La
donna si diresse incontro alle voci e… e facendo
attenzione si accorse che non erano tante voci ma solo una: quella di
Harry che
urlava: “Combatta, professore!”. La McGranitt
entrò nella Sala giusto il tempo
di vedere Severus Piton trasformarsi in una nuvola nera mentre Harry
gli
gridava: “Vigliacco!”.
Dopo
pochi secondi la voce di Voldemort si diffuse
nella Sala chiedendo la consegna di Harry Potter. Di slancio la
professoressa
si fece avanti con l’intenzione di convincere il ragazzo ad
arrendersi a
vantaggio di tutti gli altri, ma la precedette di poco la professoressa
Sprite
che invece propose all’intera scuola di organizzare la
resistenza.
La
McGranitt però non appoggiava molto l’idea della
guerra, tuttavia si rendeva conto di quanto fosse impopolare a questo
punto il
suo pragmatismo. In modo defilato indietreggiò e
salì le scale per tornare
nelle sue stanze; entrataci dentro si chiuse a chiave e
insonorizzò le mura.
Non
voleva sentire le urla di disperazione, il
castello crollare, gli scoppi che producevano gli incantesimi contro i
contro-incantesimi. Voleva solo sopravvivere.
Dopo
diverse ore decise di uscire allo scoperto.
C’erano polvere, distruzione e devastazione ovunque. Stava
scendendo le scale
quando, da dietro, qualcuno le mise la mano sul collo.
Lei
si voltò e sentì il lupo mannaro Greyback
alitarle
sul viso. Gli occhi di Greyback erano assettati di sangue.
“Dammi solo un
motivo per cui non dovrei ucciderti” disse lui ridendo,
pronto ad affondare i
denti nel collo della donna.
“Io
ho qualcosa per il tuo Signore Oscuro” rispose
lei con la voce tremante mostrandogli la boccetta dei ricordi.
Greyback
gliela strappò di mano, sapeva che quel
liquido conteneva dei ricordi e la domanda fu semplice: “Di
chi sono?”.
“Di
Severus Piton. Lui fa il doppiogioco, ancora
oggi”.
Il
lupo mannaro rise con tutto il fiato che aveva in
gola, forse Voldemort gli avrebbe dato un po’ del suo immenso
potere una volta
portata a termine la guerra se gli avesse mostrato il tradimento di
quello che
tutti consideravano “il fedelissimo”.
Greyback
strinse il braccio della McGranitt e si
smaterializzarono all’esterno. Il suo olfatto, superiore a
quello di un mago
normale, li condusse fino alla rimessa delle barche sul Lago nero.
“Perché
mi porta qui? Cosa vuole da me?” chiese la
McGranitt.
“Seguo
l’odore di Nagini. Dove è lei, lì
è anche il
Signore Oscuro. Non vuole essere presente quando gli
consegnerò la fiala?”.
Minerva
non rispose, lui la teneva per un braccio,
ma l’altra mano era libera ed era infilata nella tasca della
lunga tunica
verde, stringeva la bacchetta senza avere il coraggio di usarla. Poi
entrarono
nella rimessa e quel che videro sorprese entrambi.
Severus
Piton stava morendo dissanguato in un angolo
della rimessa. Greyback urlò, capendo che il suo piano
poteva andare in
frantumi, era furioso e spinse la professoressa a terra. Lei si
riparò con il
braccio vedendo l’altro pronto a colpirla, quando
distintamente sentì: “Avada
Kedrava!”.
Greyback
stramazzò a terra, mandando in frantumi la
boccetta. Severus abbassò il braccio, talmente debole da non
riuscire più a
sostenere il peso della bacchetta con al quale aveva appena compiuto
l’ultimo
gesto malvagio della sua vita.
Minerva
si sollevò e andò incontro al preside, gli
posò le dita sul collo insanguinato e fece pressione nel
tentativo di fermare
il sangue. Con lo sguardò, Severus, raggiunse la boccetta e
incrociò gli occhi
colmi di lacrime della professoressa.
“Perché?”
le chiese.
Lei
per un attimo restò a bocca aperta, infatti
sebbene fosse una domanda scontata costava molta fatica darle una
risposta.
“Non lo so. Forse perché mi sento completamente
svuotata di tutto e non so come
riempire questo vuoto”.
Lui
prese fiato e, prima di spegnersi per sempre, le
sue ultime parole furono: “Se solo potessi darti degli occhi
verdi, con quelli
potresti riempire il senso di vuoto di tutto una vita”.
Minerva
si strinse Severus al petto e pianse, pianse
quanto poté. L’amore, il ricordo delle persone
amate, delle persone che l’avevano
amata poteva dare speranza a
chiunque. Doveva tornare indietro, al castello e combattere. Si
alzò e si
diresse verso l’uscita, ma in quel momento entrarono Harry,
Ron ed Hermione.
“Professoressa,
cosa ci fa qua?” chiese Hermione.
“Perché
non è al castello?” replicò Harry.
Ron
rifletté un secondo e aggiunse: “A dire il vero,
io non l’ho vista neanche prima al castello”.
La
McGranitt restò pietrificata, come poteva
spiegare che era rimasta per ore chiusa nella sua stanza, che poi aveva
tradito
la fiducia di Piton, che invece era nel giusto, e che per tanto tempo
si era
comportata come una vigliacca? Semplicemente non poteva,
perciò non poté fare
altro che dire: “Appena Piton si è volatilizzato,
Greyback mi ha portato qui,
da lui. Erano d’accordo, volevano usarmi come merce di
scambio, per convincere
Harry ad uscire allo scoperto”.
Hermione
era basita, sapeva che Piton stava dalla
parte di Voldemort, ma credeva che avrebbe avuto un minimo di rispetto
verso la
sua ex-collega.
“E
poi cosa è successo?” chiese Harry guardandosi
attorno e vedendo i due uomini morti.
“Greyback
non voleva aspettare, voleva mordermi, ma
Piton, forse mosso da pietà per me, si è opposto,
hanno lottato e alla fine
Piton gli ha lanciato un’Avada Kedrava uccidendolo.
Lui
era ferito, ma non ha voluto che lo aiutassi. Io
gli ho detto che avrei potuto aiutarlo, ma lui ha risposto che non
poteva più
sopportare il peso delle sue azioni, che non voleva più
vivere con la morte di
Silente sulla coscienza, e così si è inflitto il
colpo mortale” concluse
piangendo la donna.
Harry
guardò Severus, quell’uomo era stato un
vigliacco per tutta la vita e alla fine aveva preferito suicidarsi
piuttosto
che combattere.
Hermione
abbracciò la McGranitt nel tentativo di
consolarla, non sapeva che le lacrime che stavano scendendo sulla sua
maglietta
erano alimentate dalla vergogna, e andando via, senza rendersene conto,
mise il
piede sui ricordi di un uomo coraggioso, senza il quale non ci sarebbe
stata
nessuna possibilità di vittoria, e che passava alla storia
come un suicida.
-Ma
in fondo che differenza c’era tra il suicidarsi
togliendosi la vita, e il morire sacrificandosi per gli altri? Era
comunque un
rinunciare alla vita volontariamente-.
E
pensando ciò Minerva McGranitt si ripulì la
coscienza.
Prima
classificata:
“Grifondoro: la casa dei coraggiosi” di Alida
Totale:
43/45
Grammatica:
8/10
Mi mangio le mani per levarti questi due punti, perché la
tua storia mi è
piaciuta davvero tanto. Sfortunatamente c'è qualche errore
di battitura che non
ho potuto non tenere in considerazione. Roba da niente, giusto un paio
di
sviste un “al” al posto di un
“la”, uno “sguardò”,
invece che “sguardo” e
“Legillimanzia”, invece di
“Legilimanzia”. Un altro errore un po'
più grave,
invece è: “ (…) qualcuno le mise la
mano nel collo (...)” non si mette una mano
“nel collo”, ma “sul collo”.
Personalmente io scrivo andare incontro, non in
contro, come te, tuttavia ho fatto delle ricerche e pare che siano
corrette
entrambe le versioni, pertanto non ti penalizzerò in merito.
Complimenti.
Sintassi:
10/10
Mi piace molto il tuo modo di scrivere è diretto,
assolutamente non pesante,
chiaro, quindi non ho nulla da eccepire in merito alla sintassi.
È stato un
vero piacere leggerla.
Stravolgimento
IC: 10/10
Dunque, dunque adoro Minerva McGrannitt, benché non sia
solita shipparla con
Silente (che, invece detesto), ma questo è un altro
discorso. Hai fatto un
lavoro davvero straordinario nello sconvolgere totalmente il suo IC.
Quando ho
iniziato a leggere mi aspettavo che l'avresti solo resa debole, fino a
portarla
al suicidio, invece mi hai sorpresa. Mai mi sarei aspettata che
qualcuno si
figurasse una McGrannitt talmente disperata e fuori controllo da, non
solo non
prendere parte alla battaglia, ma anche da tradire lo stesso Severus.
Il suo
scaricarsi la coscienza, poi, in dirittura finale, è stato
davvero un tocco di
classe superbo.
Originalità:
10/10
Ho trovato la tua storia estremamente originale. Come ho detto nel
punto
precedente, questa resa della McGrannitt è stata
straordinaria e anche l'idea
di ambientare la storia durante la Seconda Battaglia mi è
piaciuta tantissimo.
Hai toccato picchi drammatici davvero alti, soprattutto nella scena
della morte
di Severus, ancora complimenti, davvero.
Utilizzo
del prompt: 5/5
Anche sull'utilizzo del prompt hai sicuramente punteggio pieno, ripeto:
all'inizio ho pensato che tu volessi far suicidare Minerva, invece
l'analisi
che le hai fatto fare sul suicidio di Severus, la manipolazione che
è riuscita
ad attuare di fronte al Trio e alla propria stessa coscienza
è stata magnifica.
Un utilizzo davvero superbo del prompt, complimenti.
Chiudo con una citazione: mi aspetto grandi cose da te (per l'altro mio
contest), terribili, ma grandi!