Anno
Domini 1520
Una dozzina di caravelle spagnole, stava viaggiando a vele spigate
verso il nuovo mondo. I conquistadores, che erano approdati su quei territori
vergini alcuni mesi prima, avevano fatto appello ai reggenti di Spagna per
poter ottenere che alcune navi salpassero da Palos al più presto possibile per
inviare provviste e munizioni. Il viaggio sarebbe durato molto, ma in quel
momento non era tra le preoccupazioni dell’ammiraglio la cui nave svettava su
tutte le altre per grandezza e magnificenza. Era stata richiesta la sua
partecipazione dagli stessi sovrani, e di certo non avrebbe deluso le loro
aspettative, discendeva da una famiglia che serviva e proteggeva la famiglia
reale da generazioni, fin da quando se ne ha memoria, e non sarebbe stato di
certo lui ad infangare il loro, il suo titolo, di ambasciatori sempre al
servizio della corona.
L’aurora stava
spuntando all’orizzonte dipingendo alla pallida luna, quasi malaticcia, le rotonde gote di rosa, come stesse
arrossendo. L’ammiraglio ne era estasiato e, nonostante fosse uno degli
spettacoli che da giorni lo intrattenevano, ne rimaneva continuamente
affascinato: l’alba di un nuovo giorno era sempre più bella di quella dei
giorni precedenti, svelando ogni volta particolari sempre nuovi, sfuggiti nelle
precedenti contemplazioni. Come tutte le cose belle però anche questa stava
ormai per finire: il sole, infatti, stava ormai facendo capolino affacciandosi
timidamente da sotto la linea dell’orizzonte, e illuminava con i suoi caldi
raggi un mare cristallino, la cui calma era infranta solo dal passaggio della
piccola flotta di navi.
Il
sole era ormai alto nel cielo, il torrido caldo era alleviato solo dalla brezza
che gonfiava le candide vele. Guardandosi intorno, si poteva notare un ciurma
impegnata ormai da qualche ora nell’aggiustare la rotta, a pulire il ponte e a
controllare che i nodi delle cime fossero ben saldi per affrontare qualsiasi
evenienza: il mare poteva esserti favorevole ma poteva anche esserti avverso,
perciò era meglio non sfidarlo, e questo lui lo sapeva.
Ormai
era questione di poco tempo e avrebbe finalmente toccato le terre di cui suo
fratello gli aveva parlato con tale trasporto nelle pagine nelle sue lettere da
lasciarlo stupefatto: nessuno avrebbe mai pensato che potesse esistere un luogo
tanto simile al paradiso. Voleva sapere, doveva, e ben presto sarebbe
stato tutto a portata di mano, così chiaro ai suoi occhi che solo il pensiero
scatenava in lui una gioia che avrebbe voluto urlare ai quattro venti cosicché tutti
sapessero che si era trovato ad un passo dall’essere redento. Ma questo non era
nella sua indole, non lo era mai stato, gli era stato sempre insegnato da suo
padre che i sentimenti hanno pessimi effetti: ti rendono debole, ti consumano e
ti rendono un viscido verme senza spina dorsale, un uomo immeritevole di essere
considerato tale.
Tornò
a scrutare le carte nautiche, fermandosi qualche volta per guardare anche solo
le nuvole che solcavano il cielo, quasi fossero lo specchio della sua nave che
procedeva a grande velocità. Tutto sembrava procedere tranquillamente … o
almeno così credeva.
“SASUKE!!!!”
. Finita la tregua.
Quella
voce tanto squillante quanto irritante fece sobbalzare il moro, facendo nascere
in lui un istinto omicida che riuscì a stento a reprimere.
“
Vorrei ricordarti, Naruto, che
su questa nave, finché tu starai qui a tormentarmi con la tua inutile presenza,
dovrai chiamarmi ammiraglio. Hai
capito brutta testa quadra!”
“Ehi
Ehi Ehi! Come siamo così permalosi stamattina? cos’è successo ti sei sognato
per l’ennesima volta Mercedes? Maria? Carmen? Victoria? O forse meglio anc- ”
“La
vuoi smettere di blaterare!!! Perché non vai ad infastidire Neji, Shikamaru, o
Sai! Così almeno mi lasci in pace fino a quando non sbarchiamo!” sbraitò. Di
certo non era affar suo cosa lo spingesse a passare le sue notti ogni volta con
donne sempre diverse, dopotutto se lo poteva permettere: aveva un fisico che
sembrava scolpito nel marmo, la sua pelle diafana contrastava con i suoi
capelli corvini e gli occhi paragonabili a due pietre d’onice, profonde e magnetiche, le sue erano labbra
sottili, e da queste uscivano parole che, se pronunciate con la sua voce
profonda e sensuale, avrebbero fatto cadere qualsiasi donna ai suoi piedi
annebbiandole a tal punto i sensi che la poverina l’avrebbe pregato, quasi
supplicato di poter avere il privilegio di passare anche solo una notte in sua
compagnia, da soli, lontano dagli occhi del mondo. Sasuke non se ne lamentava,
una valeva l’altra: erano solo degli stupidi giocattoli alla sua mercé, di cui
avrebbe potuto sbarazzarsi in qualsiasi momento. Non era ancora intenzionato a
vincolarsi ad una sola donna finché morte
non li avesse separati. C’erano ancora un’infinita di cose che non aveva fatto,
posti che non aveva ancora visto, mari che non aveva solcato, e non era per
niente intenzionato a perdere tutto per una stupida cerimonia che, secondo la
sua opinione, era priva di qualsiasi significato.
“Con
loro non c’è gusto non riesco a stuzzicarli come faccio con te … e poi Sai non
mi convince … ha un sorriso che m’inquieta solo a pensarci … brrrrr … quando
pensi che arriveremo? Sono ormai settimane che siamo su questa bagnarola e io
comincio a stufarmi ...” . Silenzio.
“Bastardo,
ci sei? sto parlando con te!” Ancora silenzio …
“Ma
mi stai ascoltando si o no?” Se c’era una cosa che dava fastidio al biondo era
essere ignorato … chi diavolo si credeva di essere! Era vero che Sasuke era un
nobile … ma per Dio era un nobile anche lui!!! Un minimo di rispetto accidenti!
“Hn.”
fu l’unica replica che ricevette dal moro.
“Senti
tu brutto-” Naruto era ormai intenzionato a pestarlo a sangue, quando ad un
tratto dalla cima dell’albero maestro si sentì gridare:
“TERRA!!!
TERRA!!!”
I
due si interruppero immediatamente e guardarono dritti a prua scorgendo le terre
che emergevano dall’acqua slanciandosi con i suoi verdi monti e le sue dolci
colline verso in cielo …
“Hmp
… Hai visto idiota? siamo arrivati”. In quel momento un urlo di gioia si libro
nell’aria, ormai il viaggio era giunto a termine.
Appena
sbarcati, Sasuke trovo sulla sua strada un paio di braccia che lo accolsero in
un forte abbraccio
“Benvenuto
nel Nuovo Mondo, nipote.”
Gli
sguardi dei due si incrociarono, gli occhi del giovane sembravano specchiarsi
negli occhi di colui che lo aveva accolto così affettuosamente, il colore delle loro iridi era lo stesso: nero
pece. Solo che davanti a lui si ergeva un uomo dai lunghi capelli corvini, con
un viso solcato da qualche ruga di vecchiaia.
“Grazie,
è un immenso onore per me essere qui … zio Madara.”
Piccolo
Angolino Autrice
Eccomiiii
finalmente ho preso un po’ di coraggio e ho pubblicato la mia prima fic in
assoluto !!!!!
Prima
di tutto ci tengo a ringraziare in maniera particolare SunliteGirl e FuyuShounen
per avermi incoraggiato a pubblicare questo mio primo capitolo.
Per
il momento non so con esattezza quando riuscirò ad aggiornare, spero comunque
prestissimo.
Grazie
per aver perso qualche minuto del vostro tempo per leggere la mia fic…
Al
prossimo aggiornamento!!!