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Autore: Alexandra_ph    02/02/2012    3 recensioni
Questo racconto è stato scritto nell'estate 2003. Si trattava di una "sfida", quella di inventare una storia divertente, utilizzando alcune frasi e alcuni oggetti prestabiliti. Ci ho provato, immaginandomi l'Ammiraglio alle prese con...
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si tratta di una “silly fic”, ossia un racconto divertente. Ci ho provato. Forse la cosa più divertente è stato tentare la sfida che non il racconto in sé, ma spero che vi piaccia comunque.Cronologicamente si colloca nella settima stagione, dopo la puntata JAGATHON. 

Buona lettura!

 


Buona giornata, ammiraglio!

 

La sveglia suonò come ogni mattina alle sei, ma quel giorno AJ Chegwidden la spense uscendo dal bagno. Era già in piedi da almeno un quarto d’ora.  S’infilò la tuta e le scarpe per correre e in meno di dieci minuti era già pronto per uscire. Dette un’occhiata alla pila di scartoffie che aveva posato sul tavolo la sera precedente: un paio di documenti richiedevano almeno una lettura prima di incontrare il segretario. Ma li avrebbe guardati dopo. Ora aveva un appuntamento. Uscì sulla veranda di casa sua e chiuse la porta. La giornata si presentava fresca, ma bellissima. S’incamminò lentamente verso il parco.  Chissà se anche quella mattina ci sarebbe stata? Domanda stupida, si disse, non appena entrò dal cancello: lei era già lì, che stava facendo riscaldamento.  Anche quel giorno era riuscita a precederlo.

“Colonnello! Credevo che avrei dovuto aspettarla!”

“Salve, signore! Sono arrivata da poco!”

“Mi precede sempre! Stamattina pensavo d’essere in anticipo.”

“Non riuscivo a dormire, e così…” rispose Mac, affiancandosi all’ammiraglio, che aveva già iniziato a correre.

“Pensieri, colonnello?”

“Non più del solito, signore.”

L’ammiraglio si voltò, osservandola per un momento con il suo sguardo indagatore: continuava ad essere preoccupato per lei. Da quando era stato annullato il suo matrimonio col capitano Brumby ed era rientrata dalla missione nel Pacifico, il colonnello non era più se stessa. Era sempre nervosa e triste. Certo, l’esperienza vissuta a Sumatra, durante la sommossa in cui lei e Galindez erano stati coinvolti, aveva lasciato il segno, ma lui era convinto che ci fosse dell’altro.

Quando le aveva proposto di allenarsi insieme per prepararsi al JAGATHON, la maratona di beneficenza organizzata dal tenente Sims, era felice che avesse accettato. Avrebbe avuto, così, la possibilità di indagare un po’, senza essere troppo esplicito. Ma il colonnello sapeva essere chiusa più di un riccio, se voleva! 
Scambiando poche parole col capitano Rabb poco prima della gara, aveva capito che lui c’entrava qualcosa col malumore di Mac. E perché sorprendersi? Quando mai il capitano non gli aveva creato problemi o preoccupazioni, in un modo o nell’altro?

“Il capitano Rabb la sta facendo impazzire col caso cui state lavorando, colonnello?”

“Non più del solito, signore!” rispose Mac, rivolgendogli un sorriso. 

Dopo il JAGATHON, quando gli era sembrato che la tensione tra i due si fosse allentata un poco, aveva deciso di fare un tentativo e assegnarli allo stesso caso, entrambi alla difesa, contro il capitano Turner e il tenente Singer all’accusa.

“Allora si tratta del tenente Singer… oppure del capitano Turner?”

“No, signore. Il lavoro non c’entra.”

Ci avrebbe scommesso! Se il lavoro non era la causa dei pensieri di Mac, allora il capitano Rabb tornava ad essere al centro della questione: il capitano Rabb come uomo, e non come collega.
Decise di non porre altre domande. Non voleva farla sentire troppo sotto pressione. Avrebbe corso il rischio che il colonnello abbandonasse l’idea di correre con lui tre volte la settimana, come avevano iniziato a fare per allenarsi alla gara e come avevano continuato a fare, in tacito accordo, a gara avvenuta. Quell’ora trascorsa a correre con qualcuno, sebbene fosse un suo subalterno, gli permetteva di dimenticare per un po’ tutti i problemi legati al suo lavoro. 
Continuarono per un’altra mezz’ora ognuno immerso nei propri pensieri, scambiandosi poche parole. Con Mac era piacevole anche starsene in silenzio.  Completato il percorso stabilito, si fermarono su una panchina a riposare un po’.

“Ci vediamo più tardi in ufficio, dopo il mio incontro col segretario, colonnello!”

“Deve vedere il segretario, signore?” gli chiese Mac con un sorriso negli occhi.

“Già…” rispose l’ammiraglio con aria leggermente disgustata.

“Allora le auguro buona giornata, ammiraglio! “ replicò Mac divertita.

“A dopo, colonnello” disse Chegwidden, alzandosi.

“No, signore. Oggi io e il capitano Rabb saremo a Leavenworth, per interrogare il nostro assistito… torneremo solo in serata.”

“Ah, già! Dimenticavo. Allora… forse, dovrei essere io ad augurare buona giornata a lei, colonnello!” rispose l’ammiraglio, con un sorriso divertito.

 “Forse ha ragione, signore!” disse Mac, salutandolo con una mano, mentre s’avviava dalla parte opposta.

Per entrambi era giunta l’ora di rientrare, farsi una bella doccia e prepararsi ad affrontare la giornata lavorativa.
Si, sarebbe stata una tranquilla giornata, si disse l’ammiraglio: a parte l’incontro col segretario, la sola idea di non avere in ufficio il capitano Rabb a creargli qualche problema, lo faceva sperare bene!

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Negli uffici del JAG, invece, quella mattina le cose erano iniziate male. E sembrava stessero procedendo anche peggio!
Una testimone che il tenente Roberts doveva interrogare per il caso Johnson, si era presentata con i tre figli a seguito. L’interrogatorio era abbastanza complesso e il tenente ci avrebbe impiegato parecchio. Aveva provato a spiegare gentilmente alla signora che la faccenda si sarebbe protratta per le lunghe e che sarebbe stato meglio se avesse accompagnato i bambini da qualcuno che potesse tenerglieli, ma la donna aveva replicato che non aveva nessuno cui lasciarli. Inoltre la bambina aveva una tosse fortissima, e lei voleva averla sott'occhio.
Il tenente non aveva potuto far altro che iniziare l’interrogatorio, permettendo ai bambini della signora Martin di fermarsi al Jag. Aveva chiesto a sua moglie Harriet se poteva occuparsene e glieli aveva affidati.

Il tenente Sims era una donna calma e paziente e un’ottima madre per il suo adorato AJ, ma quei tre ben presto l’avevano fatta impazzire.  Il più grande, Paul, di nove anni, aveva un’aria talmente saputella che aveva messo a dura prova il tenente Singer, notoriamente conosciuta come una dura. Il ragazzino s’era intrufolato nell’ufficio del tenente e aveva iniziato a farle un milione di domande. Ad ogni risposta della donna, il bambino replicava qualcosa, irritandola parecchio. Harriet, che dal corridoio aveva assistito alla scena, si era divertita un sacco a vedere il tenente Singer, che di solito rompeva le scatole a tutti, messa a tappeto da un ragazzino di nove anni! Ma ben presto aveva dovuto smettere di ridacchiare assieme a Tiner e a Galindez, perché aveva sentito l’urlo della Singer che la chiamava.
Entrata nell’ufficio del tenente, aveva chiesto amabilmente: 

“Che cosa posso fare per lei, signora?”

E la Singer: “Ha cinque secondi per farlo sparire!!”

Così il tenente Sims si era trovata di nuovo tra le mani il ragazzino. Ma si era anche accorta che il più piccolo, Michael, se n’era andato, allontanandosi dalla sua scrivania, dove lo aveva lasciato con la sorellina di cinque anni, Lisa, che stava giocando con la sua paperella giallina di gomma.

“Tiner, ho perso il più piccolo!” disse il tenente, sconvolta, al segretario dell’ammiraglio.

“Dove può essere finito, signora?” chiese il giovane.

Tiner era sempre gentile e premuroso con tutti, in modo particolare col tenente.  Accorse immediatamente, per aiutarla a cercare il bambino. Il piccolo Michael aveva solo quindici mesi e camminava a stento. Preferiva gattonare. Lasciarlo andare in giro per gli uffici sarebbe stato troppo pericoloso. Il segretario dell’ammiraglio abbandonò immediatamente i suoi doveri e cominciò a cercare il bambino ovunque. Ma come trovare il piccolo?
Con un’idea geniale, Tiner decise di mettersi gattoni pure lui: abbassandosi al livello del piccolo, gli sarebbe stato più facile scovarlo!
Era intento ad ispezionare sotto la scrivania di Galindez, quando si sentì apostrofare dal sergente:

“Tiner, cosa ci fa sotto la mia scrivania?” Il tono secco di Galindez lo spaventò e, sobbalzando, picchiò una zuccata contro il bordo del tavolo.

“Sto cercando il piccolo Michael, signore…”

“E lo cerca sotto la mia scrivania?”

“Mi spiace, signore, ma volevo essere certo che non ci fosse…” Così dicendo si era rialzato, allontanandosi rapidamente dal sergente. Galindez non aveva un briciolo di considerazione per le sue idee! Riprese quindi la sua ricerca negli altri uffici.

Harriet, nel frattempo, stufa marcia di rispondere alle incessanti domande di Paul, aveva deciso di sfidare la sorte e piazzare i due bambini nell’ufficio dell’ammiraglio, l’unico ufficio vuoto dove c’era un televisore collegato ad un videoregistratore, e far loro vedere la videocassetta di Lilo & Stitch che aveva comperato per il piccolo AJ e che si era dimenticata in borsa la sera prima.  Sperava così di tenerli calmi per un po’, mentre cercava Michael assieme a Tiner. Raccomandò ai due bambini di stare fermi e non toccare nulla e in cuor suo sperò di trovare il piccolo, prima che l’ammiraglio tornasse dall’incontro col segretario.
Raggiunse Tiner e lo vide che stava parlando con l’agente speciale Webb.  Oh, Dio! Clayton Webb era l’appuntamento dell’ammiraglio delle 11.00: se era già arrivato, allora presto sarebbe arrivato anche l’ammiraglio in persona.  Controllò l’orologio e vide che erano solo le 10.40. Il signor Webb era in anticipo! Avevano ancora venti minuti circa, per trovare il piccolo Michael, prima che l’ammiraglio rientrasse in ufficio.
Presa dalla sua preoccupazione per il ritorno del loro superiore, non aveva ascoltato quello che Tiner stava dicendo al signor Webb. Ma capì certamente quello che Clayton Webb, solitamente calmo e pacifico anche in mezzo ad un bombardamento, stava domandando con voce sconvolta a Tiner:

“Vorrebbe che io facessi COSA??”

“Che ci aiutasse a trovare il bambino, signor Webb. Lei è un agente segreto. Dovrebbe intendersi di queste cose...” replicò Tiner con aria innocente.  Harriet represse un sorriso all’idea di vedere gattonare anche l’agente speciale Webb.
Cercò di salvare il povero Tiner dalle ire di Webb:

“Signor Webb, scusi Tiner, ma è da circa mezz’ora che il bambino è sparito e non riusciamo a trovarlo… Ad ogni modo, non si preoccupi! Ci pensiamo noi. Lei attenda pure l’ammiraglio…” 

Webb non la lasciò finire: guardò entrambi come se avesse a che fare con due pazzi e disse che sarebbe ripassato più tardi. Meglio così, pensò Harriet. Altrimenti non avrebbe saputo dove farlo aspettare!  Di certo non nell’ufficio dell’ammiraglio, assieme a Paul e Lisa. Sorrise di nuovo all’idea dell’agente speciale Clayton Webb mentre si guardava Lilo & Stitch!!!

*************************************************************************************************** 

L’incontro col segretario non era andato poi così male, meglio di altre volte.  Riflettendo su questo, l’ammiraglio si disse che la giornata sarebbe stata perfetta. Superato lo scoglio “segretario della Marina” e in mancanza del capitano Rabb, nulla avrebbe potuto turbare la quiete di una tranquilla giornata autunnale in ufficio. L’aria era finalmente fresca, dopo la torrida estate appena trascorsa, e il cielo era limpido e luminoso. Nessuna nuvola. Se il grado glielo avesse permesso, sarebbe entrato al Jag fischiettando, quella mattina!  Invece si costrinse a reprimere il motivetto che aveva sulle labbra e ad entrare nell’ascensore con la sua solita aria autoritaria.

“Aspetti…”

Fu quasi travolto dalla congressista Bobbi Latham, che si era precipitata all’ascensore per salire.
Una corsa di prima mattina con la donna più sexy del suo staff; l’incontro col segretario andato bene, una mattina fresca e limpida e ora… travolto da un’altra bella donna: l’ammiraglio si chiese cosa potesse volere di più dalla vita, quel giorno!

“Congressista Latham… come mai da queste parti?”

“Ammiraglio Chegwidden, che piacere incontrarla! Sto andando dal capitano Turner” rispose la donna con un sorriso.

AJ Chegwidden le sorrise a sua volta: non stava cercando lui, ma il capitano Turner! Altro motivo per sentirsi allegro. Le cedette galantemente il passo per uscire dall’ascensore e le aprì la porta degli uffici del Jag con un sorriso… Che immediatamente gli morì sulle labbra.
L’ufficio sembrava nel caos: innanzi tutto, quasi nessuno era al proprio posto.  E questo era già sufficiente ad irritarlo di solito, ma quella mattina avrebbe anche chiuso un occhio. Se non fosse stato per le urla che sentiva provenire dall’ufficio del capitano Turner, alle prese col tenente Singer. La voce della donna arrivava anche attraverso la porta chiusa.
Al diavolo! Non ne poteva più di quella! Si rivolse alla Latham:

“Temo che il capitano Turner avrà bisogno di tutta la sua comprensione, più tardi! Ora sembra parecchio impegnato…” Mentre la donna annuiva, vide con la coda dell’occhio qualcosa che gli fece credere del tutto d’aver sbagliato ingresso, ed essere finito in un manicomio, anziché negli uffici della Procura Militare.
Uffici che lui dirigeva!
Il suo segretario e il tenente Sims stavano camminando carponi tra le scrivanie.  Sentì sul braccio la pressione della mano della congressista Latham che, cercando di calmarlo, si era avvicinata al suo orecchio e gli stava sussurrando:

“Ci sarà di certo una ragione, signore…”

L’ammiraglio cercò di non farsi rovinare la giornata neppure dal tenente Sims e da Tiner inginocchiati sul pavimento… si diresse verso il proprio ufficio, senza salutare nessuno, voltandosi solo un attimo per vedere se i due erano ancora a terra.
Si! Ci doveva per forza essere una spiegazione…
Aprì la porta del suo ufficio e a quel punto la fantastica giornata andò a farsi benedire del tutto.

Due bambini (due bambini?) stavano saltando e correndo nel suo ufficio, mentre un cartone animato (un cartone animato?) era trasmesso sul suo televisore. Fogli sparsi a terra erano calpestati dal maschietto, mentre altri, sulla sua scrivania, subivano lo stesso trattamento inflitto loro dalla bambina che saltellava sul tavolo… e, intanto, i due si lanciavano qualcosa di non ben identificato di cui riusciva a scorgere solo il colore: giallo.  Neppure il suo colore preferito!

“TIIINEEERRR!!!”

L’urlo dell’ammiraglio fece accorrere immediatamente il segretario, per fortuna in piedi. Dietro di lui il tenente Sims, con un’aria molto colpevole e la congressista Latham, con un’aria molto divertita.

“Cosa significa TUTTO QUESTO?” chiese infuriato, indicando il caos che regnava nel suo ufficio.

“Posso spiegarle, signore…” rispose timidamente il tenente Sims. 

“Lo spero, tenente” replicò secco l’ammiraglio, incrociando le braccia e apprestandosi ad ascoltare le spiegazioni del tenente. Quando Harriet terminò, tuttavia, l’umore dell’ufficiale non era migliorato.

“Sono un Ammiraglio, non una baby sitter! E questo è il mio ufficio, non un parco giochi! Tenente, veda di far sparire questi… questi due…”

“… bambini, signore” suggerì divertita Bobbi Latham, di fronte all’esitazione dell’ammiraglio.

“Bambini, appunto! Anche se a vedere quello che sono riusciti a combinare qui dentro li definirei piuttosto MOSTRI! Trovi un’altra sistemazione per questi due BAMBINI e veda di far tornare immediatamente il mio ufficio nelle sue condizioni originali. E si ricordi di togliere quel cartone animato! Nel frattempo andrò a farmi un caffè…” disse, dirigendosi verso la cucina. Ma, sentendo un ennesimo colpo di tosse provenire dalla bambina, si girò di nuovo e aggiunse:

“Quella bambina sembra un lupo. Non sarebbe il caso di darle dello sciroppo per la tosse? Ah, Tiner… si ricordi anche di spalancare le finestre e cambiare aria: ci saranno un milione di germi, lì dentro!”

“Non hai mai baciato qualcuna?” gli domandò all’improvviso il ragazzino.

L’ammiraglio lo guardò perplesso e rispose: “Si, certo…”

“Sai quanti milioni di germi vengono scambiati durante un bacio?” si sentì chiedere di nuovo l’ammiraglio dal bambino con aria saputa.  AJ Chegwidden ex-seal, ammiraglio della Marina e uno tra i migliori avvocati militari rimase senza parole.
Guardò interdetto la congressista Latham che aveva preso per mano i due ragazzini e li stava allontanando dal suo ufficio dicendo: “E’ meglio che veniate con me, voi due...”. Ancora senza parole, si diresse verso la cucina: forse avrebbe fatto meglio a farsene due, di caffè!

Mentre i bambini la seguivano per mano, Bobbi sentì dietro di sé la voce divertita di Sturgis che chiedeva:

“Uhm… c’è qualcosa che non so?”

“A cosa si riferisce, capitano?”

“Non sapevo che le piacessero i bambini, Bobbi!”

“Oh, loro! Li sto solo salvando dalle ire dell’ammiraglio” rispose con un sorriso.

“Sta bene, con dei bambini per mano! Il ruolo di madre le si addice!” la stuzzicò il capitano Turner.

“Non crede che ne avrei di miei, se ne avessi voluti?” replicò la Latham, rimettendolo al suo posto.

Il capitano Turner fece per ribattere, ma di nuovo l’urlo dell’ammiraglio, che invocava il suo segretario, immobilizzò tutti quanti.

“Tiner! E questo, chi diavolo è?” chiese spazientito Chegwidden, uscendo dalla cucina col piccolo Michael in braccio che gli stava imbrattando di cioccolato la camicia immacolata.
Il tenente Sims corse a recuperare il bambino:

“Signore, mi scusi tanto! Era sparito da quasi un’ora e non riuscivamo a trovarlo…” 

L’ammiraglio non replicò e si diresse nel suo ufficio: quella giornata, così ben iniziata, stava diventando un incubo!

*************************************************************************************************** 

E non era ancora finita!

L’ammiraglio Chegwidden controllò l’orologio, che segnava solo le 16.30.  Appoggiò i gomiti sulla scrivania e si prese il capo tra le mani. Come aveva potuto pensare che quella giornata sarebbe stata tranquilla? Ah, si, ora lo ricordava: solo perché in ufficio non ci sarebbe stato il capitano Rabb.  Ma dopo una giornata simile, si ripromise che non avrebbe più mandato da nessuna parte il capitano.  Almeno i problemi che gli dava il capitano sapeva come gestirli! Invece quello che era successo quel giorno… Quei bambini avevano messo a soqquadro l’intera Procura Militare.  Lui amava i bambini, ma quelli erano delle pesti! Il piccolino era riuscito a sparire altre due volte, prima che la madre, finalmente, se li portasse via. La bambina, invece, aveva preteso un catino con dell’acqua per far galleggiare la sua paperella di gomma, col risultato di bagnare ovunque. Infine il fratello più grande aveva cercato di entrare di nuovo nel suo ufficio per continuare il discorso sul bacio e sul sesso. Ci mancava solo che gli venisse a dire quanti spermatozoi ci fossero nel corpo umano maschile!

Quando Clayton Webb era tornato per incontrarlo, l’ammiraglio aveva ancora la camicia sporca di cioccolato, perché Tiner non era  riuscito a recuperarne una pulita. Sapeva che il capitano Rabb ne teneva sempre una di scorta (lui sì che era un uomo pronto ad ogni evenienza! E sfido, con la vita incasinata che aveva!), ma l’armadio del capitano era chiuso a chiave e lui non c’era.  Altro motivo per rimpiangere, quel giorno, la presenza del capitano Rabb! 
Clayton Webb, osservando lo stato della sua camicia, lo aveva guardato con un mezzo sorriso, quasi a prenderlo in giro, prima di affrontare l’argomento per il quale aveva chiesto di vederlo.
Al termine dell’incontro, credeva che avrebbe avuto un attimo di pace, ma era dovuto intervenire a calmare il tenente Singer che stava facendo un’ennesima sfuriata.

E mancava ancora più di un’ora alla fine di quella giornata tremenda!

Un urlo lo riscosse dalle sue riflessioni: ancora la Singer?
Se stava strapazzando qualcun altro, questa volta l’avrebbe messa agli arresti!  Uscì come una furia dall’ufficio, pronto ad aggredire il tenente Singer, quando vide il tenente Sims in piedi sulla scrivania. Quella mattina l’aveva trovata che strisciava a terra, ora era in piedi sul tavolo… Che fosse ora di andare a casa a farsi una bella dormita?!?

 “Tenente! Che ci fa lassù?”

“Signore… ho visto qualcosa muoversi lì dietro…” disse il tenente, indicando un punto a terra, verso una scrivania.

“Cosa pensa che sia, tenente?”

“Credo sia un topo, Signore…”

“Un topo?” Ci mancava pure il topo…

“Si, signore. L’anno scorso il sergente Galindez ne trovò uno, signore… e comprammo del veleno per topi da mettere in giro…”

“Si, ma lo trovò nell’archivio sotterraneo, tenente. Non qui negli uffici.” rispose l’ammiraglio. “D’accordo, mi faccia controllare…” e così dicendo, si avvicinò al punto indicato dal tenente.
Quando vide cosa aveva spaventato il tenente Sims, represse un sorriso e diede in colpetto con la punta della scarpa al “topo” in questione. 

“E’ questo il topo cui allude?”

“Credo di sì” rispose Harriet.

“Veramente Signore… sarebbe il mio piede…” disse Tiner, scivolando da sotto un tavolo.

“Ha deciso di pulire tutto l’ufficio con i suoi pantaloni, oggi, Tiner?” domandò l’ammiraglio.

Tiner si rialzò da terra, imbarazzato.

“Tenente, può scendere dal tavolo, ora. E lei, Tiner, sa dirmi cosa diavolo sta facendo ancora per terra?”

“Signore… stavo sostituendo il cavo del modem che non funzionava…”

L’ammiraglio scosse la testa sconsolato e rientrò nel suo ufficio. Chissà se sarebbe riuscito finalmente a terminare quel documento che l’indomani avrebbe dovuto far recapitare al segretario?
Per un’ora riuscì a lavorare in pace; dopo aver terminato, controllò l’orologio e si accorse che ormai era giunta l’ora di andarsene. Stava spegnendo il computer, quando sentì bussare alla porta.
Chi diavolo era, ora?

“Avanti!” tuonò la sua voce.

La porta si aprì e sulla soglia vide il capitano Rabb che si era gentilmente fermato per far entrare per prima il colonnello Mackenzie. Che sollievo... Erano solo loro!

“Capitano, colonnello! Sono felice di rivedervi!”

I due ufficiali si guardarono sorpresi, poi si accomodarono sulle poltrone davanti alla scrivania del loro superiore, osservandolo con attenzione.  Il capitano parlò per primo, scherzando: 

“E’ sicuro di sentirsi bene, ammiraglio? E’ felice di rivedere anche me?”

Mac sorrise al capitano e all’ammiraglio e poi gli chiese: “E’ andato bene il suo incontro col segretario?”

“BENISSIMO!  In confronto a tutto il resto…”

“Problemi in ufficio, ammiraglio?” domandò il capitano.

“Problemi? Lei, capitano, mi crea problemi. Problemi che un ex-seal sa affrontare. Oggi, invece, è stato un incubo! Mi creda: dopo una giornata come quella di oggi, tutte le preoccupazioni che mi darà lei in futuro, mi sembreranno una passeggiata!”

Il volto del capitano Rabb s’illuminò in uno dei suoi soliti sorrisi: l’ammiraglio doveva aver avuto una giornata davvero pesante.

“Che ne dice di una birra da McMurphy, signore?”

“Capitano, non sa quanto mi è mancato oggi! Ottima idea! Andiamocene da qui.” E così dicendo, prese il berretto e si diresse verso la porta, accompagnato dai due ufficiali.
Un paio di birre e un po’ di compagnia erano proprio quello che gli ci voleva. Forse la serata sarebbe stata migliore della giornata appena trascorsa.

 

  
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