Buona lettura!
Buona giornata, ammiraglio!
La
sveglia suonò
come ogni mattina alle sei, ma quel giorno AJ Chegwidden la spense
uscendo dal
bagno. Era già in piedi da almeno un quarto d’ora.
S’infilò la tuta e le scarpe per correre e in
meno di dieci minuti era già pronto per uscire. Dette un’occhiata alla
pila di
scartoffie che aveva posato sul tavolo la sera precedente: un paio di
documenti
richiedevano almeno una lettura prima di incontrare il segretario. Ma
li
avrebbe guardati dopo. Ora aveva un appuntamento. Uscì sulla veranda
di casa sua e chiuse la porta. La giornata si presentava fresca, ma
bellissima.
S’incamminò lentamente verso il parco.
Chissà se anche quella mattina ci sarebbe stata? Domanda
stupida, si
disse, non appena entrò dal cancello: lei era già lì, che stava facendo
riscaldamento. Anche
quel giorno era
riuscita a precederlo.
“Colonnello!
Credevo
che avrei dovuto aspettarla!”
“Salve,
signore!
Sono arrivata da poco!”
“Mi
precede sempre!
Stamattina pensavo d’essere in anticipo.”
“Non
riuscivo a
dormire, e così…” rispose Mac, affiancandosi all’ammiraglio, che aveva
già
iniziato a correre.
“Pensieri,
colonnello?”
“Non
più del solito,
signore.”
L’ammiraglio
si
voltò, osservandola per un momento con il suo sguardo indagatore:
continuava ad
essere preoccupato per lei. Da quando era stato annullato il suo
matrimonio col
capitano Brumby ed era rientrata dalla missione nel Pacifico, il
colonnello non
era più se stessa. Era sempre nervosa e triste. Certo, l’esperienza
vissuta a
Sumatra, durante la sommossa in cui lei e Galindez erano stati
coinvolti, aveva
lasciato il segno, ma lui era convinto che ci fosse dell’altro.
Quando
le aveva
proposto di allenarsi insieme per prepararsi al JAGATHON, la maratona
di
beneficenza organizzata dal tenente Sims, era felice che avesse
accettato.
Avrebbe avuto, così, la possibilità di indagare un po’, senza essere
troppo
esplicito. Ma il colonnello sapeva essere chiusa più di un riccio, se
voleva!
Scambiando poche
parole col capitano Rabb poco prima della gara, aveva capito che lui
c’entrava
qualcosa col malumore di Mac. E perché sorprendersi? Quando mai il
capitano non
gli aveva creato problemi o preoccupazioni, in un modo o nell’altro?
“Il
capitano Rabb la
sta facendo impazzire col caso cui state lavorando, colonnello?”
“Non
più del solito,
signore!” rispose Mac, rivolgendogli un sorriso.
Dopo
il JAGATHON,
quando gli era sembrato che la tensione tra i due si fosse allentata un
poco,
aveva deciso di fare un tentativo e assegnarli allo stesso caso,
entrambi alla
difesa, contro il capitano Turner e il tenente Singer all’accusa.
“Allora
si tratta
del tenente Singer… oppure del capitano Turner?”
“No,
signore. Il
lavoro non c’entra.”
Ci
avrebbe
scommesso! Se il lavoro non era la causa dei pensieri di Mac, allora il
capitano Rabb tornava ad essere al centro della questione: il capitano
Rabb
come uomo, e non come collega.
Decise di non porre
altre domande. Non voleva farla sentire troppo sotto pressione. Avrebbe
corso
il rischio che il colonnello abbandonasse l’idea di correre con lui tre
volte
la settimana, come avevano iniziato a fare per allenarsi alla gara e
come
avevano continuato a fare, in tacito accordo, a gara avvenuta.
Quell’ora
trascorsa a correre con qualcuno, sebbene fosse un suo subalterno, gli
permetteva di dimenticare per un po’ tutti i problemi legati al suo
lavoro.
Continuarono per
un’altra mezz’ora ognuno immerso nei propri pensieri, scambiandosi
poche
parole. Con Mac era piacevole anche starsene in silenzio. Completato il percorso
stabilito, si
fermarono su una panchina a riposare un po’.
“Ci
vediamo più
tardi in ufficio, dopo il mio incontro col segretario, colonnello!”
“Deve
vedere il
segretario, signore?” gli chiese Mac con un sorriso negli occhi.
“Già…”
rispose
l’ammiraglio con aria leggermente disgustata.
“Allora
le auguro
buona giornata, ammiraglio! “ replicò Mac divertita.
“A
dopo, colonnello”
disse Chegwidden, alzandosi.
“No,
signore. Oggi
io e il capitano Rabb saremo a Leavenworth, per interrogare il nostro
assistito… torneremo solo in serata.”
“Ah,
già!
Dimenticavo. Allora… forse, dovrei essere io ad augurare buona giornata
a lei,
colonnello!” rispose l’ammiraglio, con un sorriso divertito.
“Forse ha ragione, signore!”
disse Mac,
salutandolo con una mano, mentre s’avviava dalla parte opposta.
Per
entrambi era
giunta l’ora di rientrare, farsi una bella doccia e prepararsi ad
affrontare la
giornata lavorativa.
Si, sarebbe stata
una tranquilla giornata, si disse l’ammiraglio: a parte l’incontro col
segretario, la sola idea di non avere in ufficio il capitano Rabb a
creargli
qualche problema, lo faceva sperare bene!
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Negli
uffici del
JAG, invece, quella mattina le cose erano iniziate male. E sembrava
stessero
procedendo anche peggio!
Una testimone che il
tenente Roberts doveva interrogare per il caso Johnson, si era
presentata con i
tre figli a seguito. L’interrogatorio era abbastanza complesso e il
tenente ci
avrebbe impiegato parecchio. Aveva provato a spiegare gentilmente alla
signora
che la faccenda si sarebbe protratta per le lunghe e che sarebbe stato
meglio
se avesse accompagnato i bambini da qualcuno che potesse tenerglieli,
ma la
donna aveva replicato che non aveva nessuno cui lasciarli. Inoltre la
bambina
aveva una tosse fortissima, e lei voleva averla sott'occhio.
Il tenente non aveva
potuto far altro che iniziare l’interrogatorio, permettendo ai bambini
della
signora Martin di fermarsi al Jag. Aveva chiesto a sua moglie Harriet
se poteva
occuparsene e glieli aveva affidati.
Il
tenente Sims era
una donna calma e paziente e un’ottima madre per il suo adorato AJ, ma
quei tre
ben presto l’avevano fatta impazzire.
Il
più grande, Paul, di nove anni, aveva un’aria talmente saputella che
aveva
messo a dura prova il tenente Singer, notoriamente conosciuta come una
dura. Il
ragazzino s’era intrufolato nell’ufficio del tenente e aveva iniziato a
farle
un milione di domande. Ad ogni risposta della donna, il bambino
replicava
qualcosa, irritandola parecchio. Harriet, che dal corridoio aveva
assistito
alla scena, si era divertita un sacco a vedere il tenente Singer, che
di solito
rompeva le scatole a tutti, messa a tappeto da un ragazzino di nove
anni! Ma
ben presto aveva dovuto smettere di ridacchiare assieme a Tiner e a
Galindez,
perché aveva sentito l’urlo della Singer che la chiamava.
Entrata nell’ufficio
del tenente, aveva chiesto amabilmente:
“Che
cosa posso fare per lei, signora?”
E
la Singer: “Ha
cinque secondi per farlo sparire!!”
Così
il tenente Sims
si era trovata di nuovo tra le mani il ragazzino. Ma si era anche
accorta che
il più piccolo, Michael, se n’era andato, allontanandosi dalla sua
scrivania,
dove lo aveva lasciato con la sorellina di cinque anni, Lisa, che stava
giocando con la sua paperella giallina di gomma.
“Tiner,
ho perso il
più piccolo!” disse il tenente, sconvolta, al segretario
dell’ammiraglio.
“Dove
può essere
finito, signora?” chiese il giovane.
Tiner
era sempre
gentile e premuroso con tutti, in modo particolare col tenente. Accorse immediatamente,
per aiutarla a
cercare il bambino. Il piccolo Michael aveva solo quindici mesi e
camminava a
stento. Preferiva gattonare. Lasciarlo andare in giro per gli uffici
sarebbe
stato troppo pericoloso. Il segretario dell’ammiraglio abbandonò
immediatamente
i suoi doveri e cominciò a cercare il bambino ovunque. Ma come trovare
il
piccolo?
Con un’idea geniale,
Tiner decise di mettersi gattoni pure lui: abbassandosi al livello del
piccolo,
gli sarebbe stato più facile scovarlo!
Era intento ad
ispezionare sotto la scrivania di Galindez, quando si sentì apostrofare
dal
sergente:
“Tiner,
cosa ci fa
sotto la mia scrivania?” Il tono secco di Galindez lo spaventò e,
sobbalzando,
picchiò una zuccata contro il bordo del tavolo.
“Sto
cercando il
piccolo Michael, signore…”
“E
lo cerca sotto la
mia scrivania?”
“Mi
spiace, signore,
ma volevo essere certo che non ci fosse…” Così dicendo si era rialzato,
allontanandosi rapidamente dal sergente. Galindez non aveva un briciolo
di considerazione
per le sue idee! Riprese quindi la sua ricerca negli altri uffici.
Harriet,
nel
frattempo, stufa marcia di rispondere alle incessanti domande di Paul,
aveva
deciso di sfidare la sorte e piazzare i due bambini nell’ufficio
dell’ammiraglio, l’unico ufficio vuoto dove c’era un televisore
collegato ad un
videoregistratore, e far loro vedere la videocassetta di Lilo &
Stitch che
aveva comperato per il piccolo AJ e che si era dimenticata in borsa la
sera
prima. Sperava così
di tenerli calmi per
un po’, mentre cercava Michael assieme a Tiner. Raccomandò ai due
bambini di
stare fermi e non toccare nulla e in cuor suo sperò di trovare il
piccolo,
prima che l’ammiraglio tornasse dall’incontro col segretario.
Raggiunse Tiner e lo
vide che stava parlando con l’agente speciale Webb.
Oh, Dio! Clayton Webb era l’appuntamento
dell’ammiraglio delle 11.00: se era già arrivato, allora presto sarebbe
arrivato anche l’ammiraglio in persona.
Controllò l’orologio e vide che erano solo le 10.40. Il
signor Webb era in
anticipo! Avevano ancora venti minuti circa, per trovare il piccolo
Michael,
prima che l’ammiraglio rientrasse in ufficio.
Presa dalla sua
preoccupazione per il ritorno del loro superiore, non aveva ascoltato
quello
che Tiner stava dicendo al signor Webb. Ma capì certamente quello che
Clayton
Webb, solitamente calmo e pacifico anche in mezzo ad un bombardamento,
stava
domandando con voce sconvolta a Tiner:
“Vorrebbe
che io
facessi COSA??”
“Che
ci aiutasse a
trovare il bambino, signor Webb. Lei è un agente segreto. Dovrebbe
intendersi
di queste cose...” replicò Tiner con aria innocente.
Harriet represse un sorriso all’idea di
vedere gattonare anche l’agente speciale Webb.
Cercò di salvare il
povero Tiner dalle ire di Webb:
“Signor Webb, scusi Tiner, ma è da circa mezz’ora che il bambino è sparito e non riusciamo a trovarlo… Ad ogni modo, non si preoccupi! Ci pensiamo noi. Lei attenda pure l’ammiraglio…”
Webb non la lasciò finire: guardò entrambi come se avesse a che fare con due pazzi e disse che sarebbe ripassato più tardi. Meglio così, pensò Harriet. Altrimenti non avrebbe saputo dove farlo aspettare! Di certo non nell’ufficio dell’ammiraglio, assieme a Paul e Lisa. Sorrise di nuovo all’idea dell’agente speciale Clayton Webb mentre si guardava Lilo & Stitch!!!
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L’incontro
col
segretario non era andato poi così male, meglio di altre volte. Riflettendo su questo,
l’ammiraglio si disse
che la giornata sarebbe stata perfetta. Superato lo scoglio “segretario
della
Marina” e in mancanza del capitano Rabb, nulla avrebbe potuto turbare
la quiete
di una tranquilla giornata autunnale in ufficio. L’aria era finalmente
fresca,
dopo la torrida estate appena trascorsa, e il cielo era limpido e
luminoso.
Nessuna nuvola. Se il grado glielo avesse permesso, sarebbe entrato al
Jag
fischiettando, quella mattina! Invece
si
costrinse a reprimere il motivetto che aveva sulle labbra e ad entrare
nell’ascensore con la sua solita aria autoritaria.
“Aspetti…”
Fu
quasi travolto
dalla congressista Bobbi Latham, che si era precipitata all’ascensore
per
salire.
Una corsa di prima
mattina con la donna più sexy del suo staff; l’incontro col segretario
andato
bene, una mattina fresca e limpida e ora… travolto da un’altra bella
donna:
l’ammiraglio si chiese cosa potesse volere di più dalla vita, quel
giorno!
“Congressista
Latham… come mai da queste parti?”
“Ammiraglio
Chegwidden, che piacere incontrarla! Sto andando dal capitano Turner”
rispose
la donna con un sorriso.
AJ
Chegwidden le
sorrise a sua volta: non stava cercando lui, ma il capitano Turner!
Altro
motivo per sentirsi allegro. Le cedette galantemente il passo per
uscire
dall’ascensore e le aprì la porta degli uffici del Jag con un sorriso…
Che
immediatamente gli morì sulle labbra.
L’ufficio sembrava
nel caos: innanzi tutto, quasi nessuno era al proprio posto. E questo era già
sufficiente ad irritarlo di
solito, ma quella mattina avrebbe anche chiuso un occhio. Se non fosse
stato
per le urla che sentiva provenire dall’ufficio del capitano Turner,
alle prese
col tenente Singer. La voce della donna arrivava anche attraverso la
porta
chiusa.
Al diavolo! Non ne
poteva più di quella! Si rivolse alla Latham:
“Temo
che il
capitano Turner avrà bisogno di tutta la sua comprensione, più tardi!
Ora
sembra parecchio impegnato…” Mentre la donna annuiva, vide con la coda
dell’occhio qualcosa che gli fece credere del tutto d’aver sbagliato
ingresso,
ed essere finito in un manicomio, anziché negli uffici della Procura
Militare.
Uffici che lui
dirigeva!
Il suo segretario e
il tenente Sims stavano camminando carponi tra le scrivanie. Sentì sul braccio la
pressione della mano
della congressista Latham che, cercando di calmarlo, si era avvicinata
al suo
orecchio e gli stava sussurrando:
“Ci
sarà di certo
una ragione, signore…”
L’ammiraglio
cercò
di non farsi rovinare la giornata neppure dal tenente Sims e da Tiner
inginocchiati sul pavimento… si diresse verso il proprio ufficio, senza
salutare nessuno, voltandosi solo un attimo per vedere se i due erano
ancora a
terra.
Si! Ci doveva per
forza essere una spiegazione…
Aprì la porta del
suo ufficio e a quel punto la fantastica giornata andò a farsi benedire
del
tutto.
Due
bambini (due
bambini?) stavano saltando e correndo nel suo ufficio, mentre un
cartone
animato (un cartone animato?) era trasmesso sul suo televisore. Fogli
sparsi a
terra erano calpestati dal maschietto, mentre altri, sulla sua
scrivania,
subivano lo stesso trattamento inflitto loro dalla bambina che
saltellava sul
tavolo… e, intanto, i due si lanciavano qualcosa di non ben
identificato di cui
riusciva a scorgere solo il colore: giallo.
Neppure il suo colore preferito!
“TIIINEEERRR!!!”
L’urlo
dell’ammiraglio fece accorrere immediatamente il segretario, per
fortuna in
piedi. Dietro di lui il tenente Sims, con un’aria molto colpevole e la
congressista Latham, con un’aria molto divertita.
“Cosa
significa
TUTTO QUESTO?” chiese infuriato, indicando il caos che regnava nel suo
ufficio.
“Posso
spiegarle,
signore…” rispose timidamente il tenente Sims.
“Lo
spero, tenente”
replicò secco l’ammiraglio, incrociando le braccia e apprestandosi ad
ascoltare
le spiegazioni del tenente. Quando Harriet terminò, tuttavia, l’umore
dell’ufficiale non era migliorato.
“Sono
un Ammiraglio,
non una baby sitter! E questo è il mio ufficio, non un parco giochi!
Tenente,
veda di far sparire questi… questi due…”
“…
bambini, signore”
suggerì divertita Bobbi Latham, di fronte all’esitazione
dell’ammiraglio.
“Bambini,
appunto!
Anche se a vedere quello che sono riusciti a combinare qui dentro li
definirei
piuttosto MOSTRI! Trovi un’altra sistemazione per questi due BAMBINI e
veda di
far tornare immediatamente il mio ufficio nelle sue condizioni
originali. E si
ricordi di togliere quel cartone animato! Nel frattempo andrò a farmi
un
caffè…” disse, dirigendosi verso la cucina. Ma, sentendo un ennesimo
colpo di
tosse provenire dalla bambina, si girò di nuovo e aggiunse:
“Quella
bambina
sembra un lupo. Non sarebbe il caso di darle dello sciroppo per la
tosse? Ah,
Tiner… si ricordi anche di spalancare le finestre e cambiare aria: ci
saranno
un milione di germi, lì dentro!”
“Non
hai mai baciato
qualcuna?” gli domandò all’improvviso il ragazzino.
L’ammiraglio
lo
guardò perplesso e rispose: “Si, certo…”
“Sai
quanti milioni
di germi vengono scambiati durante un bacio?” si sentì chiedere di
nuovo
l’ammiraglio dal bambino con aria saputa.
AJ Chegwidden ex-seal, ammiraglio della Marina e uno tra i
migliori
avvocati militari rimase senza parole.
Guardò interdetto la
congressista Latham che aveva preso per mano i due ragazzini e li stava
allontanando dal suo ufficio dicendo: “E’ meglio che veniate con me,
voi due...”.
Ancora senza parole, si diresse verso la cucina: forse avrebbe fatto
meglio a
farsene due, di caffè!
Mentre
i bambini la
seguivano per mano, Bobbi sentì dietro di sé la voce divertita di
Sturgis che
chiedeva:
“Uhm…
c’è qualcosa
che non so?”
“A
cosa si
riferisce, capitano?”
“Non
sapevo che le
piacessero i bambini, Bobbi!”
“Oh,
loro! Li sto
solo salvando dalle ire dell’ammiraglio” rispose con un sorriso.
“Sta
bene, con dei
bambini per mano! Il ruolo di madre le si addice!” la stuzzicò il
capitano
Turner.
“Non
crede che ne
avrei di miei, se ne avessi voluti?” replicò la Latham, rimettendolo al
suo
posto.
Il
capitano Turner
fece per ribattere, ma di nuovo l’urlo dell’ammiraglio, che invocava il
suo
segretario, immobilizzò tutti quanti.
“Tiner!
E questo,
chi diavolo è?” chiese spazientito Chegwidden, uscendo dalla cucina col
piccolo
Michael in braccio che gli stava imbrattando di cioccolato la camicia
immacolata.
Il tenente Sims
corse a recuperare il bambino:
“Signore, mi scusi tanto! Era sparito da quasi un’ora e non riuscivamo a trovarlo…”
L’ammiraglio non replicò e si diresse nel suo ufficio: quella giornata, così ben iniziata, stava diventando un incubo!
E
non era ancora
finita!
L’ammiraglio
Chegwidden controllò l’orologio, che segnava solo le 16.30. Appoggiò i gomiti sulla
scrivania e si prese
il capo tra le mani. Come aveva potuto pensare che quella giornata
sarebbe
stata tranquilla? Ah, si, ora lo ricordava: solo perché in ufficio non
ci
sarebbe stato il capitano Rabb. Ma
dopo
una giornata simile, si ripromise che non avrebbe più mandato da
nessuna parte
il capitano. Almeno i problemi che gli dava il capitano
sapeva come gestirli!
Invece quello che era successo quel giorno… Quei bambini avevano messo
a
soqquadro l’intera Procura Militare.
Lui
amava i bambini, ma quelli erano delle pesti! Il piccolino era riuscito
a
sparire altre due volte, prima che la madre, finalmente, se li portasse
via. La
bambina, invece, aveva preteso un catino con dell’acqua per far
galleggiare la
sua paperella di gomma, col risultato di bagnare ovunque. Infine il
fratello
più grande aveva cercato di entrare di nuovo nel suo ufficio per
continuare il
discorso sul bacio e sul sesso. Ci mancava solo che gli venisse a dire
quanti
spermatozoi ci fossero nel corpo umano maschile!
Quando
Clayton Webb
era tornato per incontrarlo, l’ammiraglio aveva ancora la camicia
sporca di
cioccolato, perché Tiner non era riuscito a recuperarne una
pulita.
Sapeva che il capitano Rabb ne teneva sempre una di scorta (lui sì che
era un
uomo pronto ad ogni evenienza! E sfido, con la vita incasinata che
aveva!), ma
l’armadio del capitano era chiuso a chiave e lui non c’era. Altro motivo per
rimpiangere, quel giorno, la
presenza del capitano Rabb!
Clayton Webb,
osservando lo stato della sua camicia, lo aveva guardato con un mezzo
sorriso,
quasi a prenderlo in giro, prima di affrontare l’argomento per il quale
aveva
chiesto di vederlo.
Al termine
dell’incontro, credeva che avrebbe avuto un attimo di pace, ma era
dovuto intervenire a calmare il tenente Singer che stava facendo
un’ennesima
sfuriata.
E
mancava ancora più
di un’ora alla fine di quella giornata tremenda!
Un
urlo lo riscosse
dalle sue riflessioni: ancora la Singer?
Se stava
strapazzando qualcun altro, questa volta l’avrebbe messa agli arresti! Uscì come una furia
dall’ufficio, pronto ad
aggredire il tenente Singer, quando vide il tenente Sims in piedi sulla
scrivania. Quella mattina l’aveva trovata che strisciava a terra, ora
era in
piedi sul tavolo… Che fosse ora di andare a casa a farsi una bella
dormita?!?
“Tenente! Che ci fa lassù?”
“Signore…
ho visto
qualcosa muoversi lì dietro…” disse il tenente, indicando un punto a
terra,
verso una scrivania.
“Cosa
pensa che sia,
tenente?”
“Credo
sia un topo,
Signore…”
“Un
topo?” Ci
mancava pure il topo…
“Si,
signore. L’anno
scorso il sergente Galindez ne trovò uno, signore… e comprammo del
veleno per
topi da mettere in giro…”
“Si,
ma lo trovò
nell’archivio sotterraneo, tenente. Non qui negli uffici.” rispose
l’ammiraglio. “D’accordo, mi faccia controllare…” e così dicendo, si
avvicinò
al punto indicato dal tenente.
Quando vide cosa
aveva spaventato il tenente Sims, represse un sorriso e diede in
colpetto con
la punta della scarpa al “topo” in questione.
“E’
questo il topo
cui allude?”
“Credo
di sì”
rispose Harriet.
“Veramente
Signore…
sarebbe il mio piede…” disse Tiner, scivolando da sotto un tavolo.
“Ha
deciso di pulire
tutto l’ufficio con i suoi pantaloni, oggi, Tiner?” domandò
l’ammiraglio.
Tiner
si rialzò da
terra, imbarazzato.
“Tenente,
può
scendere dal tavolo, ora. E lei, Tiner, sa dirmi cosa diavolo sta
facendo
ancora per terra?”
“Signore…
stavo
sostituendo il cavo del modem che non funzionava…”
L’ammiraglio
scosse
la testa sconsolato e rientrò nel suo ufficio. Chissà se sarebbe
riuscito
finalmente a terminare quel documento che l’indomani avrebbe dovuto far
recapitare al segretario?
Per un’ora riuscì a
lavorare in pace; dopo aver terminato, controllò l’orologio e si
accorse che
ormai era giunta l’ora di andarsene. Stava spegnendo il computer,
quando sentì
bussare alla porta.
Chi diavolo era,
ora?
“Avanti!”
tuonò la
sua voce.
La
porta si aprì e
sulla soglia vide il capitano Rabb che si era gentilmente fermato per
far
entrare per prima il colonnello Mackenzie. Che
sollievo... Erano
solo loro!
“Capitano,
colonnello! Sono felice di rivedervi!”
I due ufficiali si guardarono sorpresi, poi si accomodarono sulle poltrone davanti alla scrivania del loro superiore, osservandolo con attenzione. Il capitano parlò per primo, scherzando:
“E’
sicuro di sentirsi bene, ammiraglio? E’ felice di rivedere anche me?”
Mac
sorrise al
capitano e all’ammiraglio e poi gli chiese: “E’ andato bene il suo
incontro col
segretario?”
“BENISSIMO! In confronto a tutto il
resto…”
“Problemi
in
ufficio, ammiraglio?” domandò il capitano.
“Problemi?
Lei,
capitano, mi crea problemi. Problemi che un ex-seal sa affrontare.
Oggi,
invece, è stato un incubo! Mi creda: dopo una giornata come quella di
oggi,
tutte le preoccupazioni che mi darà lei in futuro, mi sembreranno una
passeggiata!”
Il
volto del
capitano Rabb s’illuminò in uno dei suoi soliti sorrisi: l’ammiraglio
doveva
aver avuto una giornata davvero pesante.
“Che
ne dice di una birra
da McMurphy, signore?”
“Capitano,
non sa
quanto mi è mancato oggi! Ottima idea! Andiamocene da qui.” E così
dicendo,
prese il berretto e si diresse verso la porta, accompagnato dai due
ufficiali.
Un paio di birre e
un po’ di compagnia erano proprio quello che gli ci voleva. Forse la
serata
sarebbe stata migliore della giornata appena trascorsa.