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Autore: NoireNeige    03/02/2012    7 recensioni
"Ero un bambino piuttosto scontroso allora e l’idea di baciare una ragazza che stava così simpatica al bastardo non mi andava giù. Per questo quella volta arricciai il naso disgustato e mi voltai senza degnarla di uno sguardo. Ma ero arrossito. Ero un bambino scontroso ma pur sempre un bambino.
Ora se mi chiedesse di darle un bacio…"
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belgio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente!!Nuova fanfic nata completamente e totalmente a caso in questi lunghi mesi di astinenza da EFP!!

Ho notato che molte fan chiamano Belgio con il nome di Alice e visto che l'ho trovato carino l'ho lasciato così!

Buona lettura!!^^

Neige <3



Piacere Caldo Come Il Sole

                                                                                                                      By NoireNeige

«Romano, me lo daresti un bacio?»
Ecco qual è stata la prima cosa che mi ha detto.
Ero un bambino piuttosto scontroso allora e l’idea di baciare una ragazza che stava così simpatica al bastardo non mi andava giù. Per questo quella volta arricciai il naso disgustato e mi voltai senza degnarla di uno sguardo.
«sparisci strega amica del bastardo!» le avevo detto. Ma ero arrossito.
Ero un bambino scontroso ma pur sempre un bambino.
Me ne andai mangiando un pomodoro e mi promisi che non le avrei parlato mai più. Pensavo che sarebbe stato facile, visto che suo fratello aveva annunciato che sarebbero rimasti lì solo per pochi mesi…
Sono passati quindici anni e Alice è ancora qui. È rimasta sempre la stessa, bassina, allegra, pazza e con una detestabile voglia di ficcare il naso ovunque. Il problema è che io sono cresciuto, sono diventato un ragazzo e ho l’aspetto di un ventitreenne disoccupato.
Ora se mi chiedesse di darle un bacio…
Chi rifiuterebbe?
Non sono più il bambino capriccioso di tanto tempo fa e, anche se molte persone di mia conoscenza farebbero fatica a crederci, ho dei sentimenti.
Mi limitavo a guardarla da lontano, mentre parlava con Spagna. Andava bene così, pensavo, finchè nessuno avesse sospettato di quello che provavo.
Un giorno venne da me suo fratello, con aria di chi non aspettava altro che fare a botte. Mi spinse contro il muro tenendomi per il colletto della camicia e mi squadrò con aria minacciosa.
«Stai lontano da mi sorella. Ho visto come la guardi… non è cosa per te, Romano»
Quello avrebbe dovuto bastare a farmi passare la voglia di fare il “principe azzurro”, quindi decisi di farmi da parte. I miei sentimenti erano cresciuti lentamente, giorno per giorno, mentre io diventavo un uomo e lei restava sempre la stessa. Forse era davvero arrivato il momento di sopprimerli, come mi aveva gentilmente consigliato Paesi Bassi.
Così io continuai la mia vita da fallito e lei si fidanzò con il bastardo. Fu un duro colpo, ma incassai. Mi dissi che infondo non era un problema, perché quel capitolo della mia vita era finito. Chiuso. Eliminato. Ovviamente non era del tutto così, ma non lo sapevo ancora.
Mi complimentai con i due con il solito grugnito sfastidiato ma non ci fu verso di togliermi dalla testa la dolce risata di Alice. Quella che mi rivolse la prima volta che ci parlammo.
Dannazione, perché quel giorno rifiutai di baciarla? Non potevo immaginare che quell’incontro avrebbe segnato la mia vita così tanto.
Quando ormai mi ero rassegnato a non averla però, fu lei a venire da me.
Era sera, faceva caldo e me lo ricordo come se fosse ieri. Alice aveva chiesto a delle sua amiche di andare fin là, per festeggiare. Festeggiare cosa, poi?
… Ovviamente tenere rinchiuse in una stanza un gruppo di donne, pazze e fin troppo esaltate non può che portare guai. Guai seri.
Sentivo le loro urla attraverso le pareti, avevo cercato in tutti i modi di non pensare al fatto che lei fosse lì a pochi passi da me. Mi ero perfino chiuso in bagno. Ma la sua voce era la più alta di tutte le altre mentre cantava a squarciagola l’inno spagnolo – sbagliando apposta le parole – e gridava qualcosa sul suo nuovo fidanzato. Avrei riso di gusto pensando alla faccia del bastardo che sicuramente sentiva quelle allegre discussioni tanto quanto me, ma ero troppo concentrato nel scacciare certi pensieri che, mano a mano che la notte calava, si facevano strada dentro di me.

Non pensarci Romano, lei non è cosa per te. Mi ripetevo. Continuamente.
Finchè le urla non cessarono all’improvviso. Il silenzio sembrava quasi irreale rispetto al chiassoso baccano che era regnato sovrano fino a quel momento. Io, che ero ancora sveglio, provai l’irrefrenabile voglia di aprirmi uno spiraglio attraverso la porta, per sapere cosa stesse accadendo, ma la parte razionale del mio cervello mi obbligò a restare a letto e a fare finta di nulla.
Qualcuno bussò alla porta. Prima credetti di sognare, poi quando i colpi divennero più forti e mi sembrò di sentire una risatina sommessa al di là del legno mi alzai e andai ad aprire.
Alice era lì, le guance arrossate per il troppo bere, che le davano un aspetto tenero da bambina, gli occhi appena lucidi e le labbra incurvate in un sorriso. Aveva lo sguardo di una persona incapace di pensare autonomamente e la cosa mi spaventava. Dondolava la testa con fare strascicato e solo quando si mosse per entrare nella mia stanza mi resi conto che non aveva la solita giacca, ma semplicemente una canotta nera, strappata sotto il seno. Aggrottai le sopracciglia, sconvolto e inebetito.
«A-Alice… perché i tuoi vestiti sono ridotti in quel modo?»
Se pensavo che avrebbe avuto le capacità per rispondermi, mi sbagliavo. Belgio rise e mi si avvicinò un po’ barcollante.
«Un errore… è stato… solo…» frasi sconnesse senza senso uscivano dalla sua bocca schiusa. Posai lo sguardo sulle sue labbra rosee e carnose e dovetti deglutire un paio di volte.
Lei mise le braccia attorno al mio collo.
«Romano me lo daresti un bacio?Eh?» mi chiese ingenuamente. Non aveva idea di cosa quella frase avrebbe scaturito in me. Sussultai e alzai lo sguardo per non cedere alle sue lusinghe, ma meccanicamente le mie mani si posarono sulla sua esile vita.
Dopo qualche minuto mi resi conto che Alice stava cominciando ad indietreggiare e io la seguivo come un obbediente burattino. Scossi la testa, mi sentivo ubriaco quasi più di lei.
«Alice non…»
Mi mise un dito sulle labbra e si lasciò cadere sul letto, spingendomi contro di lei. I nostri visi furono sul punto di sfiorarsi. La presi per le spalle con l’intenzione di allontanarmi ma qualcosa nel mio cervello mi costrinse a fare l’esatto contrario. Quindi accontentai il suo desiderio, la baciai.
Lei ne sembrò felice, fin troppo visto che pochi secondi dopo la mia camicia era già per terra.

Che diavolo stai facendo? Mi chiedevo mentre, invece di toglierla semplicemente, le strappavo quello che rimaneva della canottiera. Lei rise.
Perché rideva, maledizione?!?Rendeva le cose ancora più difficili di quanto non lo fossero già.
Lentamente le sfiorai il reggiseno nero mentre lei emetteva un mugolio di piacere, quindi pensai bene di toglierle anche quello. Ormai il danno era fatto, tanto valeva andare fino in fondo.
Quando la mia pelle andò a stretto contatto con i suoi seni piccoli e sodi ebbi un fremito in tutto il corpo e mi irrigidì contro di lei. La sua pelle era morbida e fresca, nonostante il suo viso arrossato bruciasse ancora.
Mi guardò sorridendo appena, quasi timidamente e mi diede un leggero bacio sulla bocca. Catturai il suo labbro inferiore e ricambiai mettendoci tutta la passione che avevo represso in quegli anni, poi mi spostai verso la clavicola, assaporando ogni minima parte di lei. Con tutto me stesso… o meglio, con tutto quello che restava di me e del mio autocontrollo.
Il resto fu piacere caldo come il sole.

**

La mattina seguente mi svegliai lentamente, con il corpo indolenzito avvolto strettamente nelle lenzuola. Avevo il viso voltato verso l’armadio scuro e non sapevo cosa –o meglio chi- avrei trovato di fianco a me se mi fossi voltato.
Quando finalmente mi decisi a girare il viso verso la finestra , da cui entrava la solita luce accecante che tanto mi ricordava la terra spagnola bruciata dal caldo sole, rimasi quasi deluso.
Alice non c’era. Nel punto esatto dove l’avevo guardata per gran parte della nottata finchè il suo respiro non era diventato regolare e sommesso, ora c’era solo un groviglio informe di coperte bianche profumate di pulito. Mi stropicciai gli occhi con il pollice e l’indice della mano destra mentre un leggero mal di testa mi colpiva le tempie facendomi storcere il naso per il fastidio.
Perché si era alzata prima di me, se solo la sera prima non si reggeva nemmeno in piedi dopo aver bevuto tutte quelle bottiglie?Secondo i miei calcoli, avrebbe dovuto essere distrutta…
Diamine, ma che ore erano?!?
Il mio sguardo si mosse automaticamente verso l’orologio appeso al muro, vicino alla porta.
11.30. Quand’era stata l’ultima volta che avevo dormito così tanto?
Scossi la testa e mi misi a sedere arruffandomi i capelli spettinati. Mi alzai e mi rivestii in fretta, trovando strano il fatto che la mia camicia preferita fosse letteralmente sparita, ma non diedi troppo peso alla cosa, assorto nei miei pensieri. Non riuscivo a smettere di riflettere su quello che era successo quella notte.
A questo punto ero decisamente confuso. Alice non aveva mai smesso di piacermi e non mi interessava sapere come avrebbe reagito il bastardo se avesse saputo dell’accaduto. Dovevo parlare con lei, dovevo chiarire una volta per tutte.
Lasciai la mia stanza e uscii all’aria aperta, sperando di trovare un po’ d’aria fresca, ma ovviamente fui subito investito dal solito clima caldo. Per carità, non era male, ma in quel momento avevo assolutamente bisogno di qualcosa di forte che mi risvegliasse dal coma in cui sembravo essere caduto.
Mi fermai nel cortile e guardai dritto davanti a me, dove solo in quel momento mi accorsi che Alice mi stava fissando, immobile. Ricambiai lo sguardo senza muovere un muscolo e riacquistai la mia lucidità appena riuscii a specchiarmi nei suoi occhi verdi e gioiosi.
Aveva qualcosa in mano e me la stava porgendo gentilmente. La mia camicia.
«l’ho usata sta mattina per tornare in camera mia. La mia canottiera non è più indossabile» spiegò lei con semplicità, ma non sorrise. Se io mi sentivo scosso in quel modo, non osavo immaginare quanto potesse esserlo lei.
«Mh» riuscì soltanto a dire, poi la presi e riabbassai il braccio lungo il mio fianco destro. Avrei voluto dirle qualcos’altro, ma non mi veniva in mente nulla. Cosa si fa in questi casi?
Lei mi precedette e mi rivolse un sorriso appena accennato. Non era uno dei suoi soliti sorrisi, sembrava quasi triste e seppi subito il perché.
«Romano… quello che è successo ieri… mi dispiace tanto di averti illuso in questo modo… ma vedi, io…»
«Non mi sono mai illuso» si affrettò a rispondere la mia bocca, prima che lei potesse finire di parlare. Sentivo la mia voce distante, solo dopo qualche secondo mi resi conto che ero davvero stato io a parlare. Alice mi strofinò un braccio senza che il suo sorriso malinconico si spegnesse.
«Mi sento male per te… se posso fare qualcosa…» mormorò lei.
«Non ti ho mai chiesto di amarmi, Alice» le dissi sforzandomi di continuare a fissarla negli occhi «Tu stai con Antonio» aggiunsi poi, senza conoscere il vero motivo per cui pronunciai quella constatazione. Forse per rispetto nei confronti del bastardo, o forse solo per auto convincermi di quel dato di fatto.
«Si, sto con lui» ripetè lei in un soffio, che fu portato via dall’unica folata di vento di tutto l’arco della mattinata.
Non c’era posto per me. Non in quel momento.
Belgio abbassò le spalle arrendendosi anche lei all’evidenza. Ero sicuro che ci fosse un motivo preciso per cui era venuta da me quella notte e non fosse andata da Antonio. Preferii non chiederglielo. Preferii aspettare finchè non fosse arrivato il momento di fare spazio anche ai miei sentimenti nella sua vita.
Non si poteva dire che fossi distrutto psicologicamente. Avrei vissuto lo stesso, come avevo sempre fatto. Guardandola da lontano, sotto gli occhi minacciosi di suo fratello, che ogni giorno mi avrebbero fatto un po’ meno paura. Sempre di meno.
L’unico problema ora era come fingere. Come non far capire a nessuno cosa era capitato, in modo che lei potesse vivere felicemente la sua vita, senza che io diventassi un problema. Almeno finchè non fosse arrivata l’ora per me di farmi avanti seriamente.
«Come, Alice?In che modo nasconderemo la verità?» le chiesi, quasi curioso di conoscere la sua idea.
Finalmente mi rivolse uno dei suoi famosi sorrisi sbarazzini e si voltò lasciando ondeggiare i capelli color del grano. Guardai il suo profilo mentre si allontanava quasi saltellando, le mani congiunte dietro la schiena, pronta a farmi sapere cosa volesse fare. Quando si voltò era arrivata all’altezza del portico. In lontananza sentii la voce di Antonio che mi chiamava ma non smisi di fissarla.
Lei scoppiò a ridere, chinandosi verso il basso con finta maliziosità e mi urlò «Romano me lo daresti un bacio?»
Mi ci vollero alcuni secondi per comprendere cosa stava cercando di dirmi, poi ricambiai il sorriso, seppur con una certa malinconia nel cuore.
Certo, non poteva essere più semplice. Che cosa avremmo dovuto cambiare in noi perché tutto potesse finire nel modo giusto?Nulla. Assolutamente nulla.
L’avrei guardata da lontano, ancora…non avrei mai smesso, se ce ne fosse stato bisogno. Perché Alice non sarebbe cambiata mai. E io l’avrei aspettata.
Finalmente distolsi lo sguardo dalla sua figura e mi ritrovai a fissare i campi verdi e color terra, toccati dal sole che ogni giorno accendeva i miei giorni, come Belgio.
«sparisci strega amica del bastardo… giusto?» sussurrai a me stesso e, inaspettatamente, un’altra folata di vento portò via le mie parole.
Lontano.

***


Cosa diavolo sia venuto fuori non lo so. Fatto sta che doveva essere un rating rosso e non lo è ç_ç 

Mi piace la RomanoXBelgio...però penso che per loro sia complicato stare insieme.

Spero vi sia piaciuta e ringrazio chi leggerà e recensirà ^^

Un Bacio

NoireNeige

 

   
 
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