I'll always be there
La
prima volta che vidi Sirius Black ero al binario 9 e tre
quarti: mancavano ancora quindici minuti alla partenza del treno,
quando una
bambina vestita in modo alquanto bizzarro,
mentre parlava con due ragazze un po’ più grandi,
mi finì praticamente addosso.
-Attento
a dove vai!- mi aveva rimproverato la ragazza più
alta, quella che somigliava di più al mostriciattolo che mi
aveva urtato.
-Attenta
ci deve stare lei- avevo risposto indicandola.
Dopo
una frazione di secondo, la
mia testa era stata spiaccicata in uno dei pilastri della stazione
dalla
graziosa ragazzina.
-Femminuccia
sarai tu!- mi aveva
detto quello che avevo appena scoperto essere un ragazzo con uno strano
taglio
di capelli, facendo un brutto gesto con le mani.
“Cominciamo bene” era
stato il mio primo pensiero.
Rividi
quello stesso ragazzino
solo una volta arrivati di fronte ai cancelli di Hogwarts: impossibile
non
riconoscerlo! E questo non solo per i riccioli perfetti, neppure per la
vocina
gracchiante che si sentiva lontano un miglio; piuttosto, non passava
inosservato perché non faceva che vantarsi con gli altri del
primo anno di
sapere già tutto sulla scuola.
Confesso
che un po’ lo invidiai:
io avevo letto il libro “Scuola di Hogwarts”,
eppure non sapevo molte delle
cose che lui raccontava divertito.
-…E
di sicuro finirò a Serpeverde
anch’io!- aveva detto spavaldo, al termine del suo racconto,
spiegando che era
il posto adatto a tutti i maghi purosangue come lui.
A
rispondergli era stato un
ragazzino alto ed occhialuto –Anche io sono un purosangue! E
finirò a Grifondoro,
come tutta la mia famiglia- affermò, con sguardo fiero,
mentre sistemava gli
occhiali sul naso.
La discussione si spense, perché Sirius aveva abbassato lo sguardo, senza sapere cosa replicare.
Di lì a poco avrei capito che neppure lui sapeva perché tutti i maghi purosangue che conosceva erano di serpeverde.
Al momento dello smistamento, dopo che sia il ragazzo con gli occhiali, sia io eravamo stati assegnati a Grifondoro, era stato chiamato anche lui.
Allora
seppi il suo nome: Sirius
Black.
Quando
il cappello parlante aveva
emanato il proprio verdetto, il giovane era rimasto sconcertato: subito
pensai “Ben ti sta”
e forse lo pensai a voce
troppo alta perché vidi le persone intorno a me ridere
piuttosto di gusto, mentre Sirius veniva a sedersi al nostro tavolo,
senza dire
neppure una parola.
Ancora non sapevo quanto quella scelta avrebbe
cambiato non solo il suo
destino, ma anche il mio.
Si
vociferava che il preside, tale
Albus Silente, fosse un tipo alquanto logorroico e già in
treno ci era stato
detto che il suo discorso di benvenuto sarebbe durato ore intere:
ebbene, il
nostro fu l’unico anno in cui Silente ebbe appena il tempo di
prendere parola.
Ad
interromperlo era stata una
donnona infuriata, le
cui fattezze
ricordavano una regina vittoriana, ma il cui movimento, vagamente
simile a
quello di un soldato, tradiva una rabbia sproporzionata: Walburga Black.
Non
ci eravamo ancora resi conto
di quel che succedeva, quando Sirius venne trascinato per un braccio
fuori
dalla sala.
Osservammo
la scena con una certa
curiosità, sorridendo nel vederlo
incespicare
per reggere il passo troppo svelto della mamma: eravamo rimasti tutti
in
silenzio e non era difficile recepire brandelli della loro
conversazione anche
oltre l’immenso portone.
Per
farla breve: Lady Walburga
minacciava di mandare Silente oltre il velo se non avesse cambiato casa
al
figlio; poi, arresasi all’idea che il preside non sarebbe
tornato sui suoi
passi, aveva iniziato a riempire di improperi il figlio, lanciandogli
contro
maledizioni in tutte le lingue.
Sirius
non era tornato a tavola.
Quel giorno constatai con
rammarico che ci fossero croci ancor più ingombranti della
mia da portare sulle
spalle: se io avevo la mia famiglia a consolarmi quando mi svegliavo
dopo ogni
luna piena, Sirius conviveva con la solitudine da quando era nato.
Rientrai
nel dormitorio insieme a
James e un tale Peter, i miei nuovi compagni di stanza, ridendo di
gusto. James
davanti a noi si fermò sulla porta della stanza e Peter gli
finì praticamente
addosso.
-è
addormentato?!- constatò,
permettendoci di entrare ed indicando il ragazzo che, ancora vestito,
giaceva
immobile su un letto, dandoci le spalle.
Peter
aveva aperto la bocca, pronto a parlare, ma lo precedetti.
-è
sveglio- risposi a
James, avvicinandomi all’altro ragazzo –Sei
sveglio, vero?- chiesi sedendomi
accanto a lui, fissando i suoi occhi grandi, liquidi per il pianto e le
sue guance
arrossate.
Quello era stato l’inizio della più grande amicizia di tutti i tempi…
NdA
Ha scelto da sola di venire così! Lo giuro...
Ammetto che sono profondamente ispirata da Sirius Black in questo periodo e che sto costruendo della mente la mia prossima long fic, ma per potrerla scrivere dovrò aspettare a metà febbraio, quando, finiti gli esami, potrò dedicarmi a lei come si deve!
Questa fic ha voluto che la scrivessi, ma non ne sono granchè entusiasta... Nonostante ciò gradirei davvero sapere cosa ne pensate! (invito velato a RECENSIRE...se non si fosse capito) .
Chiby