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Autore: indiceindaco    03/02/2012    2 recensioni
Il Circo, si sa, è l'insieme di meraviglia, stupore e sogni. Che succede quando genitori e figli condividono un'esperienza del genere? E se a condividere, seppur brevemente, questa brillante meraviglia fossero un bambino un po' speciale ed un padre che desidera solo la normalità?
Il Circo è così splendido e vero da poterci ingannare, ma la realtà è sempre lì, pronta per trafiggerci.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiude gli occhi, lentamente, per poi riaprirli di scatto. Le lettere scintillanti sembrano essersi marchiate nella sua mente. Si è soffermato più a lungo sull’ultima parola: le pieghe della “erre”, l’accento come un cappello caldo sulla “e”, il solco che fiammeggia nella “v”, le curve sinuose della “esse”. Quella manciata di sillabe, a pensarci non sono altro che segni uno dietro l’altro, sembrano abbracciarlo. Non ha mai studiato francese, non conosce il significato di quelle parole, non sa nemmeno leggerle. Ma sente che sono disperatamente sue. Come se tempo prima, arrampicandosi nella scala a chiocciola del proprio DNA, fosse rimasto bloccato a causa di un piolo spezzato. Ed eccolo lì, quel piolo, in bella vista, splendente nel buio della notte. Quell’insegna è il suo gene mancante. Il suo contatto saltato.

***

Danny è un bambino speciale, dice sempre la Signora Hampton.  Fino ai quattro anni e mezzo, il piccolo non aveva ancora detto una parola che fosse una.
Danny aveva vissuto come protetto da una bolla impermeabile a qualsiasi interazione umana.
Il padre aveva spesso proposto di interpellare uno specialista ed intorno al secondo compleanno del piccolo aveva convinto la moglie che qualcosa non andava.
-Signora, ogni bambino è differente. Io non posso dirle quando suo figlio parlerà. Posso assicurarle che quando avrà qualcosa da dire, lo farà.
La Signora Hampton non si fidava del dottore: non faceva altro che rigirarsi gli occhialini tra le mani, pulirli con una pezzuola color cachi e giocare con le asticelle flessibili. La Signora Hampton mal tollerava tutto quel muoversi nervosamente.
Il tempo passava e Danny non aveva ancora trovato qualcosa per cui valesse la pena infrangere la propria bolla impermeabile. Così i genitori si decisero di parlargli di continuo e di portarlo ogni mese a “controllo”.
In una mattina di luglio, tre settimane prima del suo quinto anno di vita, Danny disse:
-Innaffiatoio.
Era in giardino, seduto sull’erba secca, accanto alla sua mamma, che gli parlava di quanto importante fosse irrigare il prato durante quei giorni afosi.
Disse quell’unica parola con una piega imbronciata, tutto impettito, affondando le manine nella terra asciutta.
La madre, che fingeva di non vedere il torcersi delle mani a cui il figlio era avvezzo, lo stritolò tra le braccia, piangendo di gioia ed il giorno dopo, insieme al signor Hampton, lo portò dal vecchio dottore.
-Ha parlato, le dico! Ha detto “innaffiatoio”!- sbraitava la mamma di Danny.
-Signora, suo figlio deve aver ripetuto una parola che ha sentito dire a lei.- rispose pacato il dottore.
-Sì, ma ha parlato!
-Vede, questo fenomeno si chiama ecolalia. I bambini affetti da autismo sono soliti ripetere parole, suoni o frasi sentite pronunciare da altri.- disse stancamente lo specialista.
Il Signor Hampton abbassò gli occhi, studiando la punta delle proprie scarpe.
Quando alla Signora Hampton si riempirono gli occhi di lacrime, Danny stava ancora giocando a stropicciarsi le manine sudate.
-Lei mi sta dicendo che il mio bambino è malato?- disse la mamma di Danny in un singhiozzo.
-Suo figlio è autistico, da circa due mesi ne nutro il sospetto e adesso è chiaro che…- il dottore deglutì rumorosamente- Vede, è come se in Denny ci fosse qualcosa di rotto, come un disco incantato, e lui…
La Signora Hampton lo guardò con furia, le lacrime secche sulle sue guance, afferrò una delle manine di Danny, e soffiò:
-In mio figlio non c’è nulla di rotto! Danny è un bambino speciale.
 
***
 
Danny sta fermo lì, da cinque minuti buoni, a guardare quelle lettere e sorride. Sembra che dentro di lui, insieme a quelle lampadine, si sia acceso qualcos’altro. Il padre poggia una delle sue grandi mani sulla sua spalla:
-Vuoi entrare Danny? Vuoi che papà ti porti al circo? Vuoi andare al Circo?
Danny sposta la sua attenzione sul padre, sbattendo le palpebre ancora una volta e poi dice, lentamente:
-Circo.
Il Signor Hampton sorride, gli accarezza la testa e annuisce.
-Sì, Danny, Circo.- dice l’uomo indicando il tendone.
Danny si aggrappa disperatamente alla manica della giacca del suo papà e con la forza di un bimbo di nove anni lo trascina verso il cancello.
È chiaro che adesso il Signor Hampton porterà il suo bambino al Circo dei Sogni.
 
***
 
La Signora Hampton non poteva avere bambini. Le avevano proposto di portare Danny in una clinica, per studiare il suo caso. All’epoca non si sapeva nulla circa l’autismo.
La Signora Hampton non si sarebbe mai fatta portar via il suo piccolo.
-Pensaci, Cristina, potrebbe progredire, passare allo stadio dello sviluppo successivo. Hanno detto che Danny avrà per sempre un anno. Vuoi che tuo figlio sia un vegetale per tutta la vita?
-Danny non è un vegetale. Lui è speciale!- aveva risposto la Signora Hampton guardando in tralice il marito.
-Cristina, ti prego…- l’uomo la supplicava da più di un mese, ma lei era irremovibile. Nessuno le avrebbe portato via il figlio, mai.
-Robert, i figli stanno con le loro mamme, non in cliniche per svitati.
-Sarà per sempre come se vivesse oltre una parete isolante, Cristina!
-Lui è speciale, ti dico. Lui sente, capisce, più delle persone normali. Quando lui ti guarda con quegli occhi, sai che qualcosa sta succedendo tra voi, come se ci fosse una connessione invisibile. Lo sapresti, se tu non avessi paura di nostro figlio!- disse in lacrime la Signora Hampton.
-Cristina, io non ho paura di Danny!- rispose Robert, passando indice e pollice sugli occhi.
-Allora perché vuoi mandarlo via? Perché vuoi nasconderlo in una clinica?
-Perché gli altri non capiranno mai che Danny è speciale, gli altri non guarderanno mai oltre il proprio naso. E sai cos’è che vedranno? Un bambino diverso, un bambino malato…un bambino autistico! E nient’altro.
Il Signor Hampton tremava, tratteneva le lacrime ed era avvilito.
E quando la Signora Hampton lo lasciò da solo in cucina dicendo:
-Non mi importa, l’importante è che ci sia io a sapere quanto lui sia speciale.
Le lacrime bagnarono la cravatta nuova del Signor Hampton.
 
***
 
Alla sinistra dell’ingresso del tendone bianco e nero c’è una calca di bambini urlanti ed eccitati e di genitori sorridenti. Robert e Danny sono in disparte, quando un ragazzone alto e sporco di fuliggine si avvicina loro.
Ha degli strani attrezzi in una mano ed una bottiglia colma di liquido scuro nell’altra.
-Vedrete che non vi pentirete di essere venuti!- dice il ragazzone facendo un mezzo inchino e guardando Danny negli occhi.
Il Signor Hampton si appresta a spiegare brevemente che suo figlio…
Non ne ha il tempo, il ragazzone si è scostato di poco e con un sorso del liquido scuro, soffia dolcemente su uno degli attrezzi allungati che tiene nella mano destra.
Gli occhi di Danny si riempiono del riflesso del fuoco, la piccola bocca aperta in segno di sorpresa. Ghirigori di calore si disegnano nella sua mente, avviluppandosi ed esplodendo giocosamente. Quel rosso, nella mente di Danny, si trasforma in giallo, verde, blu, viola. Un mondo sembra aprirsi, ed in un attimo gli occhi di Danny sembrano lo sguardo di un altro. Tutto si spegne rapidamente ed il ragazzone passa una mano sui capelli di del bimbo, dileguandosi in fretta.
Anche il Signor Hampton ha la bocca spalancata per la meraviglia.
Da bambino andava spesso al Circo, con il fratellino più piccolo.
Gli piacevano i trapezisti, sospesi nell’aria, sorridenti al pericolo della caduta ed ancorati al filo sottile della vita. Gli piaceva che proprio mentre tristemente pensava “non ce la farà”, il trapezista con un avvitamento si salvava. E il cuore del piccolo Signor Hampton compiva un balzo, ogni volta, e rideva a crepapelle sulle sue labbra.
Ciò che ha meravigliato l’adulto Hampton era stato, però, lo sguardo di suo figlio.
Non ha mai visto quegli occhi così presenti.
L’oceano che Danny si porta negli occhi sembra un mare gelato, sembra infranga le sue onde in una terra che mai è stata bagnata, è distante, come se quegli occhi guardassero aldilà della realtà.
Così oltre da restarne terrorizzati ed ammutoliti per sempre.
Ma lì, nel chiarore della notte, vicino ad un tendone bicromatico, all’esplodere del fuoco, anche lo sguardo di Danny sembrava essere esploso.
Era stato vivace, liquido, un oceano solcato da mille navi, come se per la prima volta avesse visto la vita e ne fosse rimasto incantato, come se non avesse più paura, era stato vicino, talmente vicino da poter essere afferrato e fatto evadere dalla sua bolla, sempre più spessa. Per un attimo Danny aveva smesso di essere speciale, in quel senso che metteva in imbarazzo il Signor Hampton, ed aveva avuto gli occhi di un bambino qualsiasi. Gli occhi dei tanti bimbi che in quel momento fremevano di aspettativa, immaginando il mondo aldilà del tendone. Gli occhi dei bambini che non hanno paura e non vivono da un’altra parte, lontani da loro stessi.
Danny, per un secondo soltanto, era stato un bambino normale.
Il Signor Hampton avrebbe voluto che quell’istante fosse durato per sempre.
Ma proprio mentre realizzava quella lieve metamorfosi aveva pensato “non ce la farà” e Danny non aveva fatto nessuna piroetta, nessun avvitamento, per riuscire ad ancorarsi al trapezio. Si era lasciato scivolare giù, nel baratro, ancora. Ed il cuore del Signor Hampton compiva un balzo e moriva lentamente, di nuovo, il suo cuore sulle sue labbra.
Un’amara disillusione si raggruma sul fondo del suo palato, mentre quella tiepida speranza è schiacciata da un’unica verità: quello era davvero Le Cirque des Rêves.
Ed il suo si era infranto, ancora una volta.
  
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