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Autore: mael_    04/02/2012    1 recensioni
"« Non dovresti arrabbiarti, non sei etero come non lo sono io, sei gay, Sebastian, GAY!» Urlò, non sapeva il motivo di tutta quell'ira, sapeva solo che in quel momento voleva sentire le sue labbra, il suo corpo. Voleva lui ma non osava pretenderlo, non era affatto giusto. Lui deglutì. « Non ne sono più tanto sicuro. » Sussurrò. "
Una one-shot su questa coppia, so che ce ne sono già molte, ma non avevo nulla da fare e il cervello ha sfornato questa cosina.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Santana Lopez, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non solo amici di letto...

Al suono di un cigolio, Santana, alzò lo sguardo di scatto e diede una botta con la mano al piumone del suo letto, mordendosi il labbro. Sua madre fece capolino e guardò all'interno della camera.

«Santana, tesoro, cosa vuoi per colazione?» chiese dolcemente alla figlia, sorridendo.

Qualcosa si mosse nel letto e l'ispanica sgranò gli occhi, sorrise cercando di non dar a vedere cosa stesse succedendo, diede un'altra botta al piumone e poi rannicchiò le gambe sotto di esso.

«Mmhh, vanno bene uova e pancetta» fece con una voce stridula e preoccupata.

La donna inarcò un sopracciglio e poi arricciò le labbra, non provò a chiedere cosa succedesse alla figlia, sapendo che quella non le avrebbe risposto, perciò sorrise e chiuse la porta, la quale emise un altro cigolio.

Santana tirò un sospiro di sollievo e si accasciò all'indietro sulla spalliera del letto. Qualcosa, o meglio, qualcuno strisciò nel letto fino a tirare la testa fuori dalle coperte e poggiarla sulla pancia di Santana. Sebastian la guardò e sorrise maliziosamente, teneva i capelli scompigliati, aveva indosso una canottiera e dei pantaloncini blu, la cosa che risaltava però appena lo si guardava, erano gli occhi quel colore chiaro, smeraldo. Aveva un respiro affannato, solo quando si affievolì riuscì a parlare, o meglio, farfugliare.

«Sei una droga» sussurrò a denti stretti e rifece quel sorriso voglioso.

Santana roteò gli occhi e lo guardò infastidita. Notando quell'insoddisfazione, Sebastian mosse la mano e vide quel che voleva vedere, infatti la moretta non trattenne un gemito a quella mano che la toccava e si morse il labbro.

«Ma quale droga e droga, Sebastian» mormorò tornando seria in volto, convincendosi che quel che faceva non gli piacesse.

«Ammettilo che ti piace» le fece muovendo ancora la mano, o meglio, le dita.

Era un mese che si vedevano, ma non parlavano, facevano tutt'altro, erano diventati amici, non quel tipo d'amici che si vedono e chiacchierano su cosa gli è successo nel periodo in cui non s'erano visti, loro erano amici di letto, solo quello.

«Sono lesbica, come fa a piacermi?!» mentì.

A lei piaceva eccome quel suo tocco maschile che non sentiva da tanto, da quando si era accorta del suo amore per Brittany, insomma. L'ultima persona con cui era andata a letto era Noah Puckerman, e lui ci sapeva fare, ma Sebastian aveva qualcosa in più. Forse, questa cosa in più, era il fatto che Santana fosse consapevole che lui era un gay convinto, ma che comunque davanti ad una ragazza bella come lei si era lasciato trasportare dall'etero che tuttavia era in sé, alla fine Santana era così affascinante che anche un gay le andava dietro, ciò le piaceva, la divertiva.

«Non so, spiegamelo tu. Ricordo perfettamente che il giorno dopo Smooth Criminal, quando ci siamo incontrati per strada, l'abbiamo fatto in una cabina telefonica, e l'iniziativa fu tua» disse lui facendo spallucce, poi la guardò. Gli piaceva il suo atteggiamento, gli piaceva quando mentiva, sapeva bene che a lei piaceva il suo tocco, però smise di malavoglia. Santana lo guardò negli occhi e arricciò le labbra.

«E l'idea di farlo nel sottopassaggio?» lo attaccò ghignando.

Avrebbero potuto continuare per due ore per quanto quel mese era stato intenso, ognuno dei due ricordava perfettamente quando e dove l'avevano fatto, e soprattutto ricordavano chi aveva dato l'idea, così da potersi punzecchiare ogni qual volta ce ne fosse bisogno.

«Che mi dici della sala professori della Dalton, eh?» se la ricodavano bene. Santana, prima dell'ora di pranzo, aveva detto a Sebastian di entrare e dire che c'era un problema e che tutti i professori dovevano uscire, poi chiusero a chiave -rubata agilmente nello studio della preside- e, non avendo nulla da fare, beh... si divertirono per un'ora piena.

«Andiamo alla mia preferita, no? La scrivania della Pillsbury» quella era stata epica per entrambi, dopo essersi intrufolati nella scuola a mezzanotte avevano avuto la brillante idea di sporcare il prezioso lavoro di anni di pulizia di quella povera psicologa adolescenziale, che aveva trovato un misero lavoro a Lima. Insomma, Sebastian aveva avuto l'idea, ma avrebbe voluto averla Santana per quanto quella roscia le stesse sul cavolo. Il bello di quella notte lussuriosa è che non pulirono né la scrivania, né a terra, anzi, le avevano lasciato anche un regalino -il reggiseno a pois di Santana-.

«Sei così disperata che mi hai chiesto di farlo nelle quinte dell'auditorium della tua scuola»

Lei rise in un modo isterico e incrociò le gambe. «Farfuglia quanto vuoi, Smythe, non mi piace punto e basta».

Per quanto potesse piacerle il corpo di una donna -più precisamente, quello di Brittany- non poteva negare che le piacesse Sebastian, c'era un'attrazione fisica straordinaria, sin dal primo momento che lui l'aveva sfiorata intonando le prime parole di Smooth Criminal. Il castano si mise in ginocchio, la guardò inarcando un sopracciglio e fece spallucce coprendola distrattamente con le coperte.

«E sia, se non ti piace posso anche andarmene» fece per alzarsi, ma, prontamente, Santana lo bloccò e lo tirò a sé baciandolo.

Sospirando Sebastian si divincolò. «Basta, Lopez, la pacchia è finita» Stavolta si alzò e andò verso la scrivania, si chinò a terra e prese i suoi vestiti cominciando ad indossarli.

«Cos'è, fingi? Ti metti nei panni del marititono geloso?» Chiese lei alzandosi, si cercò le mutande, le indossò e si girò verso lui poggiando le mani sui fianchi.

«No, hai detto che non ti piace, in sostanza non ti piaccio, non ha senso continuare a vederci in questo modo, non credi?»

Quella risata di poco prima rieccheggiò nuovamente nell'aria. « Non dovresti arrabbiarti, non sei etero come non lo sono io, sei gay, Sebastian, GAY!» urlò, non sapeva il motivo di tutta quell'ira, sapeva solo che in quel momento voleva sentire le sue labbra, il suo corpo. Voleva lui ma non osava pretenderlo, non era affatto giusto.

Lui deglutì. «Non ne sono più tanto sicuro» sussurrò, voleva che non lo sentisse ma doveva darle una risposta, indossò la felpa mentre Santana gli chiedeva di ripetere, cosa che non fece, le disse che non aveva detto nulla di importante, mentiva.

«Sei un codardo, bastardo e pure stronzo. Dimmi che cazzo hai detto» Fece lei a denti stretti. Non era la prima volta che usava le parolacce con lui, non si scandalizzava più di tanto, ma comunque sbuffò.

«Non ne sono più tanto sicuro!» gridò stavolta girandosi verso di lei. Quelle semplici parole arrivarono a Santana come un calcio allo stinco, indietreggiò di un passo vedendo la sua ira e lo guardò indossare le scarpe, prendere il cappotto e aprire la finestra della sua camera. «Arrivederci, Lopez, o meglio, addio»

No, non voleva sentire quelle parole. «Come fai a saperlo?»

Quando sentì quelle parle Sebastian si girò. «È perché... Perché mi fai impazzire»  confessò, poi fece per uscire e avventurarsi in una scalata della grondaia, ma lei lo bloccò tirandogli un calcio allo stinco, a parole però. «Non ne sono sicura nemmeno io» sussurrò abbassando lo sguardo, giunse le mani dietro alla schiena e si morse il labbro.

Lui la guardò, uno sguardo che non aveva mai fatto, uno sguardo felice misto a sorpresa, misto ad una nuova emozione, un nuovo sentimento, che fosse amore?

«Vieni qui, etero del cazzo» le disse prendendola per la magliettina che indossava, trasportandola poi in un bacio pieno di passione e quel nuovo sentimento.

« Santana?! E' pronta la colazione! » Era troppo impegnata per dare retta alla madre che la chiamava, infatti le uova e la pancetta si freddarono e rimasero lì più del dovuto. 

Autrice:
Okay, scusatemi tanto, so perfettamente che stanno facendo già milioni di fanfic su questa coppia ma dato che il mio pc è andato in tilt e non potendo continuare "Non può finire per un gioco così stupido" ho deciso di cimentarmi in una one-shot sulla Sebtana. Behh, spero vi piaccia! Potrebbe essere leggermente -mooolto- incasinata, l'ho scritta in un giorno alla cazzo, ma davvero molto alla cazzo. xDD
grazie per aver letto. **
E.
  
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