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Autore: Perla_Nera    04/02/2012    0 recensioni
Sophie Aubert trova in soffitta uno strano baule d'argento contenente una lettera torturata dal tempo. Questa è stata scritta molti anni prima da una lontana parente che le svela la passata esistenza di un circo notturno destinato a risorgere. Il destino è pronto ad accogliere Sophie e i sogni incolore che la chiusura del circo ha fatto svanire via nel tempo.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-La nuit des rêves-



S
e stai scorrendo con gli occhi queste mie parole, significa che c’è speranza.
Ti prego di continuare a leggere perché ciò di cui narrerò è estremamente importante. Non sei una persona qualunque se, in questo istante, tieni tra le mani questa lettera. Non sei ordinario e banale ma, nella maggior parte dei casi, questo ancora non lo sai.
Il mio nome è Celia Bowen ma sono stata conosciuta maggiormente con lo pseudonimo di Miranda. La mia vita è stata dedicata ad un luogo denso di magia e mistero. Un luogo di cui pochi, ne hanno conosciuto i segreti.
Era una gelida notte invernale, di quelle in cui l’aria sembra penetrare la pelle e ibernare il corpo in pochi istanti. Non sapevo dove stessi andando, ma riuscii ad intuire certamente da chi. La mia giaccia blu mi proteggeva dal fresco serale e stringevo le braccia al petto, come a trattenere quella bolla di calore. L’auto andò via e mi ritrovai accanto all’uomo, calvo e barbuto, alla mia destra, accompagnatore estraneo di quel viaggio di sola andata. La sua mano prese posto sulla mia spalla invitandomi, quindi, a mantenere quella esatta posizione.
Una recinsione di ferro battuto incorniciava quelli che erano molteplici tendoni incolore. Strisce bianche e nere ne decoravano il tessuto che sembrava trovare il suo continuo persino sul terreno, impolverato e verniciato a caso.
Non eravamo soli. C’era una gran folla che sembrava in febbricitante attesa per qualcosa, a me, ancora sconosciuto. Una donna, poco distante dalla mia posizione, tratteneva tra le braccia un bimbo che, eccitato, scalciava per raggiungere il grande cancello dalle volute scure. Non era l’unico marmocchio in quel luogo, anzi. I gridolini dei più piccoli parevano rompere l’atmosfera, fatta di aspettativa e impazienza. Uomini e donne sussurravano tra loro i dubbi che li attanagliavano.
- Ma da dove esce fuori?
- Non c’era prima…
- Non ho visto alcuna locandina!
- Tu sai che stregoneria è questa? E’ sbucato fuori dal nulla.
Ricordo ancora ciò che le mie orecchie, nascoste dai folti ricci neri, riuscirono ad udire.
Mi feci posto tra la gente, raggiungendo la prima fila. L’uomo che era al mio fianco strinse la mia spalla inutilmente e fu costretto a seguirmi sino a lì. Riuscii ad osservare, così, qualcosa che era rimasto nascosto alla mia visuale. Un cartello, anch’esso incolore, bianco e nero, con su scritto:

Apre al Crepuscolo
Chiude all’Alba
 
Mai sentita una cosa simile, pensai in quell’istante. Una folata di vento mi fece rimpiccolire nel cappotto e vidi l’uomo, accanto a me, imbarazzato, indeciso se stringermi di più a lui per evitare che gelassi. Sorrisi di quel momento, notando la difficoltà del barbuto.
I miei occhi scuri tornarono al mistero che avevo di fronte. Notai, così, un grande orologio posto al di là della recensione che destò in me un’insensata curiosità. Il mio sguardo cadde simultaneamente sul brandello di sole arancio, ancora visibile dietro i tendoni. Pochi furono i minuti d’attesa affinché, la fioca luce del mattino, lasciasse finalmente spazio all’ombra della notte.
Quando ancora nulla acquistava movimento, una sensazione solleticante arrivò sotto il mio naso. Era un profumo  accogliente e invitante. L’odore del caramello sembrò riempire l’atmosfera e lo immaginai uscire come una nube di fumo, da sotto i tendoni immobili.
Credetti di essere l’unica ad aver percepito un sommesso scoppiettio, forse frutto della mia immaginazione, proprio come il fuoriuscire di quella dolce fragranza; invece la folla si fece silenziosa e gli occhi di tutti puntarono, contemporaneamente, la luce che riempì il buio della notte.
Sembravano lucciole le miliardi di luci che, come una scia di stelle, correvano dall’alto al basso, illuminando le tende. Non furono però le uniche a brillare. Tra le volute di ferro della recinsione presero vita quelle che parevano lettere sbucate fuori dal nulla, proprio come il circo. Furono l’argento e il fumo i colori che presero il dominio, imponenti sfavillavano all’ingresso destando, quasi, timore alla folla che precedevo.
Provai a decifrare la dicitura. Feci simultaneamente, senza neppure accorgermene, un passo avanti, come a concentrarmi meglio sulla lettura di quelle lettere, ma l’uomo al mio fianco riuscì, stavolta, a trattenermi. Inclinai un po’ il capo e diedi il tempo all’ultima luce di terminare il suo percorso. Una l, e, s, poi uno spazio e poi ancora, C… Meravigliata riuscii poi a leggere per intero: Le Cirque des rêves.
Tutto accadde in pochissimi secondi. La folla cominciò ad emettere i primi sussurri, le risate sommesse e i gridolini di entusiasmo. Qualcuno cominciò a muoversi infondo, curioso di avvicinarsi di più al circo. I bambini volevano correre all’ingresso, trattenuti, però, dai genitori ancora un po’ preoccupati dal mistero di quella notte.
Tra le nubi di fumo del gelo invernale che esplosero al di là del cancello, cominciò a delinearsi una figura scura. Era ancora un’ ombra. Sembrava alta e avanzava veloce verso l’entrata. Pian piano che si muoveva nella direzione del cancello potei delinearne i tratti. Era un uomo, dai baffi folti e scuri, con un alto cappello indosso. Il suo abito elegante e lucido, sfavillava di un nero profondo e indistinguibile dal buio. Il papillon al collo era di un bianco puro e abbagliante. I suoi occhi erano incastonati sotto doppie sopracciglia imbrunite. I suoi passi, silenziosi sul terriccio, scoccavano a tempo, mimando il ritmo della lancetta dell’imponente orologio.
Era a pochi metri, fermo dietro le inferriate della recinsione. La sua mano, imprigionata da un guanto di velluto bianco, afferrò il cancello, aprendolo senza difficoltà nonostante sembrasse alquanto pesante. Uscì poggiando i suoi piedi sul suolo esterno al confine. Non parlò. Dalle sue labbra non uscì nulla e ciò che non spiegò attraverso queste riuscì a mimarlo il suo corpo.
Il suo inchino fu leggiadro e lento. Portò il cappello al petto e, allungando il braccio, aprì la mano per indicare il suo invito. La folla era immobile, incuriosita e intimorita allo stesso tempo. Titubante feci i primi passi insieme all’accompagnatore estraneo, lasciando il bisbiglio di voci alle mie spalle. Passai accanto all’uomo ancora inchinato fissando la sua aura magica e di mistero. I suoi occhi finirono sui miei, gentili e cordiali, e ammiccò procurando sul mio viso una nuova curiosità.
Ci avvicinammo alla biglietteria e l’adulto prese a discutere con un uomo dietro lo sportello invisibile, circa il dover incontrare qualcuno per consegnargli qualcosa. In quel momento potei confermare la mia meta, il mio destino.
Seguimmo l’uomo, sorpassando i tendoni e attraversando alcuni alberi scuri nella notte. Come per magia apparve ai nostri occhi una tenda non molto ampia. Mentre quello che scoprii essere un avvocato mi lasciava lì, il mio cuore cominciò a pulsare forte nel petto. Capii che avrei incontrato il mio destinatario dopo pochi minuti, seguendo il direttore in un ufficio che, prontamente, cerco di offrirmi un tè con doppia dose di zucchero. Non accettai, così come feci alla sua richiesta di levar via il cappotto, e lasciai raffreddare il liquido nella tazza adagiata sulla scrivania. Mi guardai intorno e trovai una sedia che feci subito mia. Il mio sguardo era rivolto a contemplare i mie stivali e il graffio sulla punta che, in quel momento, notavo per la prima volta.
- C’è anche un… pacco per voi, signore-.
Furono queste parole e i suoi passi pesanti ad avvertirmi del suo arrivo. Il direttore ci lasciò soli e quello che l’intestazione della lettera al mio petto chiamava Prospero l’Incantatore, cominciò a rovistare tra alcune lettere.
Incuriosita dal suo aspetto alzai lo sguardo, notando in lui qualcosa di non così tanto estraneo. I miei stessi ricci incorniciavano il suo volto e, dalla sua espressione, i miei occhi parevano averlo trapassato. Posò di getto la pila di lettere sulla scrivania per poi serrare la porta d’ingresso. Continuò ad osservarmi strappando, in seguito, la lettera spillata al mio cappotto blu.
Il suo sguardo scorreva sulle parole  rinchiuse in quel pezzo di carta stropicciato, fino a quando un risolino echeggiò nel silenzio che s’era venuto a creare.
- Avrebbe dovuto chiamarti Miranda. Suppongo non fosse abbastanza intelligente per pensarci-.
Ed è lì che accadde. Non so dirti se fu la prima volta che ebbi una razione simile, ma è sicuramente la più lontana nel tempo che ricordo. Il suo tono mi parve presuntuoso e saccente e, forse, fu quello che scatenò in me il rossore alle gote.
Abbassai simultaneamente lo sguardo alla tazza sulla scrivania. Sentii le fibre del mio corpo distendersi come fossero risucchiate da un vortice di calore. Gli occhi misero straordinariamente meglio a fuoco l’immagine, nonostante non avessi alcun problema di vista.
La tazza si ruppe. Il tè scivolò sul piano di legno. Stava per sfiorare il pavimento, quando però tutto tornò al suo posto. Il liquido e i cocci si riunirono perfettamente come per magia.
Mio padre mi guardò estasiato, con un espressione di meraviglia. Ma potei giurare di aver notato un pizzico di orgoglio nei suoi occhi.
Si, hai capito bene. Prospero l’Incantatore era mio padre, il mago de “Le Cirque des reves”. Lui ha migliorato la mia arte, ha potenziato le mie capacità e mi ha mostrato quanto in realtà eravamo simili. Ho potuto così dedicarmi a quel circo notturno per tutta una vita.
Se ci fosse il tempo necessario ti racconterei della pelle nuda e buia, più nera dell’oscurità, illuminata da milioni di luccichii simili a stelle argentee, dell’Imperatrice della notte, non una semplice donna ma una statua umana; ti descriverei nel dettaglio il labirinto costellato da fiori e picche, carte da gioco anche sulle lanterne che al passaggio accompagnano il tuo cammino dondolando; potrei far prendere vita nella tua mente le miriadi di piume che fluttuano nella stanza sulla botola e che, come per magia, evaporano via dal pavimento; potrei parlarti dell’Albero dei desideri, dove ogni desiderio è alimentato da quello di qualcun altro, quando, per accendere la tua candela, rubi dalla fiamma accanto; e poi ancora, del Giardino dei Ghiacci, L’occhio delle stelle, Il dedalo della nube…
Un luogo magico e incantato, dal bianco sfavillante e dal nero profondo della notte. Un gioco di sogni e desideri che prendono vita prepotentemente sotto tendoni incolore.  Una volta entrati non si sa più riconoscere se il sogno è all’esterno o all’interno del confine in ferro battuto.
Purtroppo, però, se davvero starai leggendo queste mie parole significa che il circo non esiste più. Il legame che lo teneva in vita sarà a questo punto dissolto nel tempo.
Se mi rivolgo a te, Sophie, c’è un motivo concreto.
 
A quelle parole la ragazza dai lunghi capelli color cioccolato sgranò gli occhi incredula. Il fatto che quella donna di nome Celia o Miranda che fosse, conoscesse il suo nome, senza mai averla incontrata, la lasciò di sasso, immobile come una statua di cera.
Inginocchiata sul pavimento polveroso della soffitta, chinò le mani alle gambe piegate che, tremanti, tenevano strette quella lettera. In quell’istante i suoi occhi scuri si illuminarono e, dentro di sé, nacque una nuova e ricercata consapevolezza. Non era folle quindi, non erano frutto dell’immaginazione quelle che nascose per molti anni della sua vita come strane coincidenze. L’illusione che la sua mente creava attraverso gli oggetti, le persone e le azioni, non era poi così tanto un’illusione allora.
Si guardò intorno preoccupata senza motivo. Non c’era nessun altro ma la sensazione che avvertiva allo stomaco, stava come ad indicare il timore della scoperta di un segreto. Le pareva di aver messo alla luce i suoi pensieri più celati. Spinta da una curiosità crescente riprese la lettura, con un barlume di speranza dentro sé: Sophie non voleva pensare che quel luogo non esistesse più, non poteva credere che non avrebbe mai visto quel circo della notte che, le parole di una qualche lontana parente, avevano cautamente descritto.
 
La speranza grazie alla quale il circo dei sogni può riprendere vita nasce da te e dagli artisti predestinati sparsi per il mondo. Trovali, parla loro dei tendoni e dell’atmosfera incantata, riunisci tutti e costruite insieme quella magia sepolta, forse, da troppo tempo.
Nel baule, dove hai trovato la lettera, ci sono degli indirizzi.
 
Sophie abbassò nuovamente il foglio, liberandolo stavolta dalla presa stretta delle mani. I suoi occhi, entusiasti e speranzosi, guardarono nel piccolo baule argenteo. Diversi lembi di carta si nascondevano uno sotto l’altro, simili a piccoli biglietti da visita. Un sorriso, un po’ titubante, si dipinse sul viso della ragazza che avrebbe scommesso oro sul fatto che, pochi minuti prima, il baule conteneva solo ed esclusivamente la lettere che stava leggendo. Li sfiorò piano, quasi per paura che sparissero. Con difficoltà, distolse il suo sguardo rivolgendo nuovamente l’attenzione alle parole scritte da Celia.
 
Potrai imparare tanto. La magia e l’incanto misterioso del circo della notte risiedono dentro te e sono convita che, nel tuo animo, sai che non puoi sfuggire al tuo destino, perché infondo non vuoi.
Fa si che le Cirque des reves torni a risplendere nell’oscurità, perché non si può smettere di sognare per sempre.
 
Con affetto e speranza,



Miranda
 
 
 
 
 
   
 
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