Come tanti
piccoli cristalli
«Stai
bene?» chiese qualche minuto dopo aver visto riaprirsi
i suoi occhi. Non riusciva a parlare con facilità a causa
delle bende e delle
ferite sul volto, complici della morfina che probabilmente gli avevano
iniettato nel corpo. Era stanco, ma non si trattava solo di quello: si
sentiva
anche maledettamente frustrato. Non solo aveva perso contro il nemico,
un certo
Gamma, deludendo così il Decimo e Reborn, ma era anche stato
salvato da
quell’esaltato di Hibari.
«Sì,
sto bene, e tu?»
E
per di più aveva messo in pericolo la vita di
quell’idiota.
Ricordava
con precisione ogni singolo dettaglio di
quell’impetuosa battaglia, carica di un’arroganza
superba che gli era sempre
appartenuta. Ricordava i suoi insulti, le sue parole aggressive, il
volto
dell’altro per la prima volta spoglio di un sorriso solare,
sostituito da un
senso di offesa che si manifestava su ogni parte del corpo, su ogni
gesto, su
ogni parola. Che da quell’offesa poi si fosse generato
dell’astio ne era certo,
non poteva essere altrimenti, ma si sentiva mortificato e insieme
orgoglioso
per essere l’unico oggetto di quel sentimento.
«Anche»
rispose semplicemente, cominciando a spostare gli
occhi su e giù per la stanza, ben attento a non incrociare
quelli dello
spadaccino. In quel luogo era tutto così fottutamente
bianco, dalle pareti, ai
letti, alle coperte, a quei macchinari che con quell’odioso
rumore chiarivano
che sì, erano ancora vivi. Diamine, stavano parlando
stranamente senza
insultarsi – che poi, ad insultare era sempre e solo lui
–, non ci voleva una
macchina per capire che fossero vivi.
Almeno
quei bip continui e costanti lo aiutavano in qualche
modo a scandire il tempo, e a ricordargli che quello non era il
purgatorio,
l’inferno, o tantomeno il paradiso, a cui tra
l’altro non aveva mai realmente creduto,
ma l’infermeria del loro rifugio. Avevano rischiato di non
vederlo più quel
rifugio, di non sentire più alcun rumore, quindi, tutto
sommato, quei bip non
erano così fastidiosi. E pensare che in fin dei conti, la
colpa era solamente
sua.
«Scusa»
sentenziò brevemente dando le spalle all’altro
guardiano, in una mossa impacciata, infantile. Erano passati almeno una
decina
di bip da quando gli aveva risposto.
«E
per cosa?»
Non
lo vide, ma capì che il sorriso gli era tornato.
«Perché
sono stato un idiota, non sono riuscito a sconfiggere
quel tipo, ti ho insultato mentre tu cercavi solo di aiutarmi, ho fatto
di
testa mia mentre tu mi hai salvato due volte.»
Si
era girato, e lo guardava finalmente negli occhi.
«Hai
ragione, ho un carattere di merda.»
Yamamoto
rise. Era una risata pura, cristallina, di quelle
che solo lui sapeva fare, così sincera che per un momento il
guardiano della
Tempesta si sentì preso in giro.
«Non
ho usato quelle parole. Ho detto che intendo sistemare
il tuo brutto caratteraccio...»
«E
che sei stufo delle mie cazzate1» lo
interruppe
«Me
lo ricordo, ma non credo sia così semplice.»
Gokudera
fissò l’altro ancora per qualche secondo, poi
distolse lo sguardo. I suoi erano
occhi che non riusciva ad affrontare, detenevano in loro
un’essenza di verità
contro cui non poteva scontrarsi. Erano occhi che lo spogliavano
lasciandogli
addosso i vestiti.
«Ricordi
anche cos’altro ho detto?»
Scosse
la testa sorpreso. Quelle parole lo avevano preso alla sprovvista:
pensava che
quella sua ultima frase, così d’impatto e detta
con tono serioso, avesse posto
fine alla loro breve conversazione. O meglio, lo sperava. Aveva capito
fin
dall’inizio che non sarebbe stata una normale chiacchierata
con un amico, erano
successe troppe cose che non capiva, erano state dette troppe parole, e
ad ogni
frase dell’altro sentiva un pezzo di anima uscir fuori,
svincolarsi dal corpo e
mostrarsi al mondo. E lui stava tentando in tutti i modi di
trattenerla,
artigliandola con le unghie, facendole male –
all’esterno si sarebbe rotta, ne
era certo –, ma bastavano poche parole per fargli cessare
ogni tentativo di
difesa.
«Ho
detto che dovresti aprire il tuo cuore anche ad altre persone, oltre
che a
Tsuna.»
Ecco
ne era sicuro, si era appena frantumata. Yamamoto
gliel’aveva tirata fuori con forza, e lei –
l’anima – era andata in mille
pezzi, come tanti piccoli cristalli. E l’aspetto peggiore era
che non sarebbe
riuscito a ricomporla, il Super-Attak non funziona per certe cose,
perché
dopotutto quello scemo sapeva di cosa stesse parlando.
«Sì,hai
proprio ragione.»
Passarono
solo pochi secondi prima che si ricordasse le
parole dell’Arcobaleno.
«Senti»
cominciò un po’ imbarazzato «Prima
Reborn sosteneva che tu avessi detto tante
cose belle, che hai chiesto di non riferirmi2...
Si può sapere di
cosa diavolo parlava?!»
Yamamoto
rise ancora, come suo solito, e, incurante della scomodità,
si alzò dal letto
portandosi dietro la flebo. Avrebbe
desiderato una finestra, la luce artificiale gli dava
fastidio e, tra
l’altro, creava pessime atmosfere, ma capì di
doversi accontentare. Gokudera
gli dava nuovamente le spalle, il corpo coperto da un velo
d’orgoglio e
vergogna, il cuore rinchiuso in una lastra di cinico ghiaccio. Un
giorno lo
avrebbe sciolto quel ghiaccio, ne era convinto, e avrebbe distrutto
quel
morboso masochismo per cui l’uomo è portato ad
amare il proprio dolore, ma per
ora si accontentava di sdraiarsi accanto al guardiano, senza che
potesse
opporre resistenza, accarezzandogli gli argentei capelli.
«Questo
è un segreto.»
1
Nella traduzione ufficiale, quella del 17° volume Yamamoto
dice “Intendo sistemare questo tuo brutto caratteraccio. Sono
stufo delle tue
cazzate”, mentre in un’altra traduzione
“Voglio farti cambiare quel cazzo di atteggiamento
una volta per tutte. Più ci penso e più mi fa
incazzare”.
2 Dal capitolo 155, Reborn: "Yamamoto ha detto la stessa cosa. Ha detto anche molte altre belle cose che ha chiesto di non riferire a Gokudera".
Salve a tutti! Cominciamo dicendo ho letto da poco questi capitoli - solitamente preferisco arrivare a un buon punto del manga prima di scrivere, ma temevo di dimenticare l'idea - e la mia mente malata non ha potuto non vederci dello shonen-ai. Ho amato questi due fin dall'inizio, davvero, e la mia prima fiction sul fandom non poteva che riguardarli. Spero di trovare il tempo di scrivere nuovamente di loro e di altre coppie, o più in generale di scrivere, anche perché mi servirebbe molto esercitarmi. Lo so che questa shot è un'emerita cazzata, ma predonatemi.
Un bacio, Kiyomi.