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Autore: memi    14/09/2006    4 recensioni
“Ma le illusioni sono solo fragili castelli di carta e, in quanto tali, cadono. E allora scoprirebbe che io non sono quel tipo di uomo che credeva lei. E mi guarderebbe con sguardo amareggiato, chiedendosi in che cosa avesse sbagliato, scavando nel passato fino a raggiungerne la causa. Ma si sorprenderebbe nel scoprire che il tempo è passato, veloce, come un fulmine, e che io sono cresciuto. In fretta, forse. Nel modo sbagliato, di certo.”
Sull'omonima canzone di Francesco Renga, una breve one-shot sui pensieri di Yamato in una piovosa giornata verso una delle persone più importanti per lui.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tracce di Te

 

Piove.

Ho sempre pensato che la pioggia fosse rilassante, un ritmico scroscio che si affloscia man mano. Eppure oggi no, oggi è terribile. Talmente tanto che fingo di non udire il suo melanconico richiamo. È una dolce litania che ti invita a pensare. Ma io non voglio farlo.

Basterebbe solo sgombrare la mente.

E allora, come un vigliacco, preferisco rifugiarmi nelle vellutate illusioni che porta con sé la dolciastra bevanda contenuta nel delicato bicchiere stretto tra le mie mani. Una sorsata di vino e come per magia ecco scomparire ogni pensiero. L’anestetizzante perfetto per me. Anche se so che lei non approverebbe.

“Sei troppo giovane per bere vino, Yamato”, mi direbbe.

E io rimarrei lì ad ascoltarla, giurandole di non farlo più solo perché è lei a chiedermelo. Ma poi, com’è inevitabile, ci ricascherei ancora. È difficile dire di no ad un narcotizzante così efficace nel lenire le ferite. Eppure per lei lo farei, passerei sopra ogni principio pur di renderla orgogliosa di me. Smetterei di sorseggiare questa artefatta bevanda, smetterei di comportarmi da codardo nascondendomi ai miei stessi pensieri pur di vederla sorridermi perché, anche se solo per un istante, sarei l’uomo che lei ha sempre voluto.

Ma le illusioni sono solo fragili castelli di carta e, in quanto tali, cadono. E allora scoprirebbe che io non sono quel tipo di uomo che credeva lei. E mi guarderebbe con sguardo amareggiato, chiedendosi in che cosa avesse sbagliato, scavando nel passato fino a raggiungerne la causa. Ma si sorprenderebbe nel scoprire che il tempo è passato, veloce, come un fulmine, e che io sono cresciuto. In fretta, forse. Nel modo sbagliato, di certo.

Perché a quindici anni non si beve vino, giusto madre?

Eccomi, bicchiere tra le dita
E gente sconosciuta intorno a noi
Venderei a pezzi la mia vita
Per essere un minuto come vuoi

Ma guardami, non sono l'uomo che credevi tu
Povera madre
Sì, lo so… il tempo passa e non ce la fai più
Ad aspettare

Qui non c'è mai nessuno che mi parli di te
Io mi perdo nel fumo di mille parole
Per fingere che…
E cerco ancora qualcosa nel silenzio che c'è
Lungo questo cammino io trovo di nuovo
Le tracce di te

Mi dispiace, madre, se ti ho delusa.

Mi dispiace, madre, se non sono quello che tu avresti voluto.

E mi dispiace, madre, se ti faccio aspettare tanto in quel limbo in cui ti ho relegata.

Sai… di te ho sempre quel ricordo:
Seduta mi accarezzi il volto e poi
Resti lì, con quel sorriso sordo
Di chi sa che ha finito i giorni suoi

Quando anch'io avrò qualcosa forse smetterò
Di farmi male
Ora no… starò seduto dentro a questo bar
Ad aspettare

Qui non c'è mai nessuno che mi parli di te
Io mi perdo nel fumo di mille parole
Per fingere che…
E cerco ancora qualcosa nel silenzio che c'è
Lungo questo cammino io trovo di nuovo
Le tracce di te

Si dice che il tempo concilia le idee.

Forse per questo mi ritrovo a soffermarmi sui miei polverosi ricordi. Li avevo chiusi in un angolo, li avevo segregati in uno scrigno chiuso custodito nei meandri del mio cuore spezzato.

La pioggia li ha liberati.

E allora ripenso a quando mi prendevi tra le braccia, da piccolo, prima della separazione. E ricordo il profumo di lavanda dei tuoi capelli, così intenso che mi stordiva e mi rilassava nel contempo. E le tue mani, che mi accarezzavano con dolcezza i capelli dorati. E la tua voce, che mi sussurrava lenti nenie per farmi addormentare. E il tuo sorriso, semplice come te.

Ma il tempo passa, madre, e tu non mi prendi più tra le braccia da troppo, e non mi accarezzi, e non mi canti dolci canzoni. E di quei ricordi non ne rimane che l’amaro sapore di un passato sfumato, persi nelle profondità della memoria umana.

Eccomi, allora, di nuovo a vagare nel fiume di mille parole non dette che alimenta i miei giorni. Ancora qui, a rispecchiarmi in questo bicchiere consunto e a deprecare la vita che mi ha portato via da te troppo presto. Perché, quel che se ne dice, con la separazione niente è stato più come prima. Anche se tu abiti a pochi isolati da qui. Anche se vedo Takeru tutti i giorni.

“Noi saremo sempre una vera famiglia, Yamato. La separazione non cambierà le cose”, mi dissi quel giorno, ma io non mi fidai.

Noi non saremo mai più stati come una vera famiglia. Tu non mi avresti aspettato sulla porta di ritorno da scuola e non mi avresti più preparato la cena la sera, come invece continuava a fare la madre a Taichi. E lo invidiavo, Taichi, perché la sua famiglia era riunita sotto un unico tetto mentre la mia si era frammentata.

Ma poi il tempo è passato, passato, passato. E io sono cresciuto, madre.

E benché io non sia come tu avresti voluto, nonostante io continui a perdermi nel fumo lasciato dai ricordi, sebbene non vi è più nessuno a parlarmi di te…ciò nonostante, madre, ci sono ancora tracce di te.

Le sento bruciarmi la pelle, sferzarmi il respiro, incrinarmi il battito cardiaco.

Eppure mi danno nuova vita, mi stimolano a cercare di catturare la fitta tela di silenzio nel tentativo di trovarvi ancora qualcosa, un frammento che mi parli di te.

E quando finalmente avrò trovato tracce di te… Allora, forse, smetterò di farmi del male, e smetterò di ingoiare i pensieri attraverso il sapore del vino, e smetterò di affondarmi nel vuoto lasciato da questo stesso silenzio.

Ma per ora aspetto, aspetto, e continuerò ad aspettare fino a quando non saprò di aver trovato qualcosa di te.

Almeno questo posso promettertelo, mamma.

 

Yamato Ishida

 

 

Piccolo grillo che ho voluto togliermi mentre ascoltavo, per l’appunto, la malinconica canzone “Tracce di Te” © copyright di Francesco Renga.

Nulla di particolarmente impegnativo, sono solo quelli che potrebbero essere i pensieri di Yamato in un’uggiosa giornata verso una delle persone più importanti per lui: la madre. Ascoltando la canzone ho provato ad immaginare come debba sentirsi, cosa possa provare in una situazione del genere e…beh, questo è ciò che ne è venuto fuori.

In particolare, volevo mettere in evidenza come i pensieri di Yamato si siano trasformati da impersonali che erano all’inizio in cui si rivolgeva ad una terza persona innominata, mutandosi nel cammino con l’aggiunta del nominativo “madre” fino a toccare l’apice con l’ultima parola, “mamma”. Spero di esserci riuscita!

Ovviamente Digimon e tutti i suoi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà del rispettivo autore e della casa editrice, e non vengono quivi utilizzati a scopi di lucro.

Inoltre volevo ringraziare tutte le persone che continuano a seguirmi e a leggere le mie fanfiction, cogliendo al volo l’occasione per rassicurarle su “Good Boys” il cui nuovo capitolo sarà presto on-line.

Grazie e a presto!

Baci.

Memi

 

  
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